“Non la verità di cui ci si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi determina il valore dell’individuo…L’illusione del possesso rende pigri e presuntuosi; solo la ricerca tiene desti e insonni”.
La ricerca scientifica attribuisce una stretta relazione tra il corpo e la psiche, l’uno non esiste senza l’altra.
E’ una crudeltà separare ciò che è unito per natura ma, nonostante questo, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti nella scuola italiana si muovono pochissimo. Ed è così che…
…si creano dei corti circuiti nell’apprendimento, a volte irreparabili.
L’animazione alla divergenza restituisce il corpo al movimento e il movimento alla psiche.
Il sistema scolastico, se vuole veramente formare la persona nella sua interezza, non può più rinunciare all’educazione motoria delegandola alle società sportive.
La socializzazione dei bambini nella scuola dell’infanzia si facilita con la corretta comunicazione non verbale dell’insegnante fatta di sorrisi e gesti accoglienti e si misura dall’ampiezza dell’apertura delle braccia che vogliono dire con chiarezza:
sei il benvenuto in questa scuola!
da informa giovani Ancona
Tutto parte da un dialogo centrato sul movimento.
L’insegnante è il digitus pueri, indica ai bambini la strada giusta da seguire cercando di fargli evitare buche, scivoloni e sbandamenti.
Nella scuola primaria, allo stesso modo, l’educazione motoria deve essere promossa per insegnare comportamenti organizzati, finalizzati e regolati, capaci di indirizzare l’istintiva esuberanza dei bambini.
Gli studenti imparano a stare meglio insieme vivendo negli spazi laboratoriali, allontanandosi ogni tanto dalla staticità dei banchi.
Le stesse attività considerate “di testa” come la lettura e la scrittura sono apprendimenti complessi che necessitano “del corpo”, dell’integrità delle aree motorie.
Per saper leggere è necessaria una buona organizzazione spazio-temporale e per saper scrivere una corretta postura e una coordinazione oculo-manuale, sono poi indispensabili una equilibrata lateralizzazione, un controllo neuromuscolare, un senso del ritmo, in sintesi:
Quando il laboratorio linguistico si incontra con quello motorio i risultati sono straordinari:
una corretta educazione motoria di base,
una buona percezione del proprio corpo
permettono al bambino di controllare, coordinare ed equilibrare i gesti motori per avviarsi ad un sereno apprendimento della lettura e della scrittura.
Legge e poi scrive, prima e meglio, il bambino che pratica un’attività motoria.
Le fasi del progetto di ricerca-azione prevedono:
un’analisi dei bisogni e delle esigenze di formazione in relazione al contesto scolastico;
l’individuazione dei traguardi, degli obiettivi e dei risultati di apprendimento;
la pianificazione delle attività, dell’ambiente di apprendimento, della gestione del gruppo, delle scelte didattiche;
la realizzazione dell’attività progettata e suddivisa in fasi di sviluppo;
il monitoraggio e la verifica del processo di apprendimento;
la documentazione e la valutazione dei risultati.
Il processo di insegnamento-apprendimento sarà basato su un approccio ludico che dia voce all’energia vitale positiva degli allievi capace di attivare e sostenere la loro maturazione e la loro socializzazione.
I docenti devono costantemente vivificare questa energia con la proposta di attività piacevoli, divertenti e, nello stesso tempo, formative.
Imparare giocando
Diventa sempre più necessario realizzare una “scuola ludica” nella quale il tradizionale schema di “imparare con fatica” si trasformi in “fare con piacere” e “apprendere con gioia”.
In tal modo la scuola può porre davvero l’alunno al centro del suo processo di formazione perché crea le condizioni ideali affinché ciascuno diventi attore della propria crescita, evidenziando le sue caratteristiche, le sue preferenze o, per dirla con Gardner, le sue intelligenze dominanti.
Una scuola così intesa apre percorsi educativi di grande interesse perché gli strumenti:
della conoscenza,
le abilità tecniche,
le competenze
vengono conquistate attraverso azioni di ricerca, di libera espressione creativa, di personale valutazione critica e non mediante l’azione ripetitiva e l’atteggiamento passivo di chi deve solo ascoltare per ripetere ciò che ha appreso.
La stessa dinamica educativa che, da sempre, ha caratterizzato un particolare modello di scuola caratterizzato da:
spiegazione,
approfondimento,
interrogazione,
valutazione
trova, così, le sue spinte di azione in:
identificazione di un problema,
ricerca degli elementi necessari per risolverlo,
valutazione dei risultati raggiunti
per l’assunzione concorde di un nuovo problema da affrontare.
Conclusioni
La società a tecnologia avanzata e a rapido sviluppo delle conoscenze nella quale viviamo pone alla scuola sfide continue che non possono essere ignorate trincerandosi nel valore della tradizione e nella visione quasi mistica dell’educazione.
La scuola dove configurarsi sempre più come un laboratorio ludico, dove ogni alunno possa fare le proprie esperienze nel confronto e, perché no, anche nello scontro con i compagni, ma sempre
in un clima di rispetto reciproco e di collaborazione.
(iniziamo con l’ultimo articolo che DAVIDE aveva preparato per noi)
La sedentarietà, insieme all’eccessivo apporto calorico, all’alimentazione spesso sbilanciata e all’accumulo di stress, ha portato a un aumento delle malattie definite del BENESSERE o SINDROME METABOLICA.
Per questo la sempre maggior attenzione da parte dei mass media verso i tragici eventi, che coinvolgono giovani e meno giovani, ha sensibilizzato la pubblica opinione.
Un fattore molto importante per prevenire e curare la sindrome metabolica e molte patologie cardio-respiratorie è l’attività fisica.
È noto da tempo che l’esercizio fisico svolge un ruolo fondamentale nelle malattie cronico-degenerative.
La strategia fondamentale per salvaguardare lo stato di salute è basata sulla prescrizione d’attività fisica utile a migliorare l’efficienza cardio-respiratoria, la composizione corporea.
In altre parole è stato riscontrato il valore dell’attività fisica per quanto riguarda il miglioramento della forza.
E’ stato dimostrato, tramite dati sperimentali, che lo svolgimento di attività fisica regolare è associata a benefici per la salute
anche quando l’allenamento rimane invariato.
Dai dati forniti dal Dipartimento sulla Salute e i Servizi Americani, dalla Società Chirurgica di Atlanta, dai Centri di Cura e Prevenzione delle Malattie Croniche e da numerosi articoli emergono i seguenti benefici:
Attività di Prevenzione primaria (interventi richiesti per prevenire disfunzioni cardiache).
Attività di Prevenzione secondaria (interventi da predisporre dopo una disfunzione cardiovascolare per prevenirne un’altra).
Un’intensa attività fisica è associata a diminuita incidenza di mortalità per cause coronariche e di comparsa di malattie cardiovascolari e coronariche, tumori del colon e diabete di tipo 2.
La morte per ragioni cardiovascolari, o per altre cause sopra elencate, è ridotta nei pazienti con infarto del miocardio che si sottopongono ad un programma di riabilitazione cardiaco mediante esercizi fisici.
In modo particolare se concomitante ad una riduzione dei fattori di rischio.
Gli stessi pazienti non mostrano, tuttavia, una riduzione del numero di reinfarti non mortali.
L’attività motoria produce anche altri benefici:
diminuita ansietà e depressione;
maggiore capacità di svolgere il lavoro e le attività ricreative;
aumentato senso del benessere.
Foto di Marta Wave
A questi possiamo aggiungere:
diminuzione del grasso corporeo ;
ipertrofia muscolo scheletrico;
aumento del carico di rottura delle ossa, legamenti, tendini.
In assenza di patologie cardiovascolari significative, i rischi prodotti dall’esercizio fisico sono estremamente bassi.
Un ampio studio retrospettivo eseguito nei centri YMCA ha rivelato un caso di arresto cardiaco e un caso di morte rispettivamente ogni 2.253.267 e 2.897.057 ore di attività svolta.
Una recente pubblicazione conclude che approssimativamente 0,75 maschi e 0,13 femmine ogni 100.000 muoiono in un anno durante un’attività fisica.
Pertanto, l’incidenza delle complicazioni cardiovascolari durante l’attività fisica, è maggiore nelle persone con disturbi cardiovascolari rispetto a quelle sane.
Quindi, oggi, l’introduzione delle moderne procedure (rivascolarizzazioni, terapie farmacologiche) ha notevolmente ridotto la frequenza di eventi cardio-circolatori.
In Pazienti sottoposti a riabilitazione cardiaca una complicazione cardiovascolare importante si presenta ogni 60.000 ore.
E’ inoltre interessante notare come il rischio di complicazione non cambi nelle sessioni svolte nella mattinata, rispetto a quelle svolte nel pomeriggio.
Di seguito riporto una tabella del rischio di comparsa di complicazioni cardiovascolari.
CONDIZIONI ASSOCIATE ALLA COMPARSA DI COMPLICAZIONI CARDIOVASCOLARI
(Adattato da Haskell W.L. cardiovascular complications during exercise training of cardiac patients)
STATO CLINICO
Infarti molteplici di miocardio.
Ridotta frazione di eiezione ventricolo sinistro (< 30%).
Angina pectoris instabile o a riposo.
Importanti aritmie a riposo.
Lesione della coronarica discendente anteriore sinistra con una significativa occlusione (≥ 70%).
Aterosclerosi in molteplici vasi, evidenziata con angiografia.
PARTECIPAZIONE ALL’ATTIVITÀ FISICA
Mancata esecuzione di appropriate attività di riscaldamento e raffreddamento.
Superamento dei valori di frequenza cardiaca prescritta dai programmi.
Molte sono le ricerche di laboratorio, studi epidemiologici, che hanno dimostrato l’importanza dell’attività fisica associata ad uno stile di vita che miri alla salute, al benessere e alla riduzione dei fattori di rischio.
Oggi si sente parlare molto di Fitness Metabolico.
Gli esercizi di Fitness Metabolico sono esercizi tradizionali di facile esecuzione e monitoraggio, con la differenza che la tipologia, l’intensità, sono determinati da un’attenta analisi medica e bio-funzionale-articolare dell’istruttore per proporre programmi di allenamento altamente personalizzati con fasi cardiovascolari, di forza e endurance, di flessibilità e ludiche.
Il Fitness metabolico è prevenzione e benessere attraverso la pratica di una adeguata attività motoria e si occupa di creare una vera e propria cultura motoria e un corretto stile di vita.
È importante l’assoluto rispetto dei ruoli.
I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.
VO2 misurata direttamente o stimata mediante un test da sforzo incrementale
dei parametri di forza stimati con test sub massimali.
Però i protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido.
Bisogna evitare di applicare semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi.
L’istruttore eroga i protocolli, li spiega con linguaggio accessibile, misura i cambiamenti e li comunica al medico, stabilisce (su indicazioni mediche) gli obiettivi, gestisce l’attività di Counseling nei confronti del soggetto.
Allo stesso modo le proposte devono avere l’obiettivo di salvaguardare la salute, riducendo i rischi di malattie e garantendo la sicurezza durante lo svolgimento dell’esercizio.
Personalizzare il protocollo significa considerare: modalità, intensità, durata, frequenza e progressione dell’attività.
L’istruttore dovrà osservare:
Risposte fisiologiche e percettive all’esercizio.
Adattamenti all’allenamento fisico a seconda dell’intensità e della frequenza di svolgimento.
Controlli dei progressi valutando le risposte HR e RPE.
Il livello di gradimento affinchè le proposte soddisfino gli interessi, le capacità e i limiti individuali per non demotivare il soggetto.
I protocolli sono ispirati a gradualità e progressività secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con impegni minimi ma costanti e intensità commisurate alla fisiologia del soggetto.
Il Fitness Metabolico deve essere informazione, cultura, rapporti istituzionali.
L’obiettivo è:
Migliorare il livello di salute e benessere per milioni di persone.
Ridurre la spesa sanitaria nazionale attraverso un cambiamento di stile di vita.
Sviluppare il settore Fitness Metabolico formando operatori specializzati.
Le componenti da considerare nel Fitness Metabolico devono includere:
Composizione corporea
Efficienza cardio-respiratoria
Forza muscolare
Resistenza
Flessibilità
Il miglioramento di queste ultime tre componenti sono il risultato dell’applicazione di 2 principi fondamentali: sovraccarico e specificità’.
In particolare il sovraccarico stabilisce che affinchè un tessuto o un organo migliorino la loro funzione devono sopportare un carico di lavoro al quale normalmente non sono abituati.
Una prescrizione d’esercizio definisce l’intensità, la durata, e la frequenza d’allenamento ed è l’interazione di queste tre che determina il sovraccarico.
Il principio della specificità stabilisce che gli effetti dell’allenamento sono specifici dell’esercizio proposto e dei muscoli coinvolti.
Quindi un programma di fitness basato su una varietà e semplicità degli esercizi coinvolgerà un maggior numero di gruppi muscolari e porterà l’effetto su obiettivi adatti allo scopo del fitness metabolico.
In breve una volta formulata la prescrizione degli esercizi il programma si sviluppa nelle seguenti fasi:
Riduce l’incidenza dei danni muscolo-scheletrici aumentando l’estensibilità del tessuto connettivo, migliorando l’efficienza delle articolazioni al movimento e alla funzione e aumentando la performance muscolare.
Diminuisce l’incidenza della depressione ischemica del segmento ST che può rappresentare una minaccia di aritmia ventricolare e di disfunzioni transienti globali del ventricolo sx conseguenti ad un esercizio intenso e improvviso.
Sviluppa l’efficienza cardio respiratoria e prevede dai 20’ ai 60’ di attività aerobica continua o intermittente.
Coinvolge grandi gruppi muscolari ed è ritmica e dinamica.
Questa fase è combinata salvo precise controindicazioni ad allenamento della forza per avere maggior effetti.
Per questi esercizi sono necessari test sub massimali.
Le indicazioni orientano ad utilizzare carichi non superiori al 35% del max per arti inferiori e del 50% per arti superiori.
Gli esercizi devono essere di facile esecuzione e di tipo monopodalico per evitare grossi carichi e sovraccaricare l’apparato cardio-circolatorio.
L’allenamento deve essere ritmico, svolto ad una velocità da moderata a bassa, coinvolgere una serie completa di movimenti e non modificare il ritmo della normale respirazione.
Esercizi condotti con espirazioni forzate, apnee, (manovra di VALSALVA) possono causare un aumento violento della pressione sanguigna sistolica e diastolica.
Occorre attenzione nell’allenamento dei movimenti eccentrici e isometrici rispetto ai concentrici.
FASE LUDICA
Deve essere piacevole, modificando regole dei giochi per diminuire la richiesta di abilità, di competizione, di costi energetici e di risposta della frequenza cardiaca.
DEFATICAMENTO
Prevede esercizi di bassa intensità (camminare, stretching o esercizi alternativi tipo yoga).
Deve facilitare gli adattamenti circolatori e riportare i valori vicino ai livelli di riposo
Aumenta il ritorno venoso, riducendo la possibilità di ipotensione post-esercizio e di capogiri, facilita la dissipazione del calore corporeo, promuove una più rapida eliminazione dell’acido lattico rispetto al recupero stazionario, combatte gli effetti potenziali e negativi dovuti all’aumento delle catecolamine nel plasma nel periodo che segue l’esercizio.
In particolare l’ultimo aspetto può ridurre l’incidenza, soprattutto nei pazienti con patologie cardiache, delle pericolose aritmie ventricolari.
Causa potenziale di morte cardiaca improvvisa.
Non defaticare significa aumentare le cause di complicazioni cardiovascolari causate da una diminuzione transitoria del ritorno venoso che potrebbe ridurre il flusso sanguigno coronarico.
In altre parole per i pazienti cardiopatici in riabilitazione è anche consigliato una fase di RECUPERO per normalizzare tutti i parametri (esercizi respiratori e rilassamento).
È importante considerare che la maggior parte degli effetti benefici ottenuti con l’allenamento recedono al livello a questo precedenti qualora intervenga un periodo di inattività che duri da 4 a 8 settimane con incidenze diverse sui vari miglioramenti ottenuti.
Sono fattori indispensabili per un corretto approccio funzionale:
l’individualizzazione del programma la profonda conoscenza anatomo-fisiologica-biomeccanica delle metodiche di allenamento laz collaborazione specialista motorio-medico
L’importanza di un check-up a 360° e la creazione di un documento che accompagni il soggetto durante le attività con un costante monitoraggio di ogni fase di crescita, di pianificazione coordinata e mirata degli allenamenti, dell’alimentazione e delle necessità rilevate, permette…
La sintesi dei dati emersi dal check-up, una volta analizzati e comparati tra loro dagli specialisti coinvolti, rappresenterà uno strumento per salvaguardare lo sviluppo armonico, individuare le capacità attitudinali e mirare agli obiettivi prefissati.
Queste informazioni servono a redigere un report personalizzato in cui vengono messe in evidenza le risposte ottenute e le aree che necessitano di un eventualeintervento:
preventivo
migliorativo
terapeutico
L’azione
L’intervento è multi-modale ed integrato e si compone di elementi medici, motori e psicologici e deve essere affidato a un team esperto in grado di seguire qualsiasi persona non come un insieme di sintomi, organi, obiettivi tra loro scollegati.
Il check-up per troppo tempo è stato considerato utile solo per sportivi agonisti, già meno con sportivi amatoriali e pochissimo con frequentatori di palestre e assolutamente evitato con persone normali.
Il movimento non provoca così automaticamente benefici, ma in conseguenza di atteggiamenti sbagliati:
alcool e fumo
alimentazione sbilanciata
stress
cattiva gestione degli allenamenti nello sport agonistico di alto livello o amatoriale
causa anche danni e patologie cardiovascolari, cronico-degenerative, autoimmunitarie.
Foto di EVG Culture
Affinché sia conseguito l’obiettivo della salute potenziata è indispensabile che l’attività fisica sia il più possibile personalizzata in modo da basarsi sulle caratteristiche del soggetto.
Inoltre, deve essere superata l’idea che a un maggior volume di attività fisica corrisponda maggior beneficio.
Infatti, durante un allenamento l’organismo è sottoposto a uno stress che per essere positivo e comportare dei benefici fisiologici e di composizione corporea, deve essere equilibrato alle capacità soggettive e anche al riposo, durante il quale le modificazioni avvengono.
Spesso si ritiene anche erroneamente che lo sport amatoriale sia il meno pericoloso in quando dovrebbe richiedere bassi livelli di attività, mentre da molti viene praticato senza controlli, con carichi elevati, in età avanzate alzando enormemente gli effetti negativi e i rischi.
L’anti-aging ha introdotto il concetto di check-up anti-aging e fonda il suo programma sulla comprensione delle origini evoluzionistiche dell’invecchiamento.
Sostiene, infatti, che
il cosiddetto normale invecchiamento è un processo attraverso il quale la salute viene inesorabilmente compromessa, rendendo il soggetto più suscettibile alle malattie croniche.
Sostiene inoltre che
la vera salute non è semplicemente l’assenza di malattia, ma piuttosto la presenza di un benessere fisico, mentale ed emozionale.
Il proposito
L’obiettivo di questa nuova branca della medicina è quindi quello di fornire strategie scientificamente validate per frenare il processo dell’invecchiamento, per prevenire le malattie croniche e ottimizzare la qualità della salute.
E’ possibile stabilire quanto si sta realmente invecchiando e quale sia la corrispondenza tra la propria età anagrafica e l’età biologica.
Conoscere il proprio orologio biologico, entrare nella diagnostica precoce nonché il grado di alterazione dei markers biologici dell’invecchiamento, per elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, che consentirà di migliorare la funzionalità dei sistemi dell’organismo e di rallentare, entro certi limiti, sono alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento.
Foto di Daniel Torobekov
Nello specifico
L’esercizio fisico equilibrato può essere considerato una vera e propria terapia.
La proprietà spiccatamente pleiotropiche sarà in grado cioè di andare a incidere contemporaneamente, sia in campo preventivo che terapeutico, su numerosi fattori di rischio o aspetti patologici.
E’ fondamentale analizzare e conoscere approfonditamente gli effetti dell’allenamento sul corpo umano per poter poi applicare la corretta attività fisica.
Da questo emerge la necessità di un check-up, condotto da seri professionisti esperti, che deve prevedere analisi mediche, sportive e psicologiche per elaborare corretti protocolli personalizzati a seconda delle necessità e degli obiettivi da raggiungere.
I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.
La prescrizione ottimale è determinata da una valutazione oggettiva:
della VO2 misurata indirettamente o direttamente mediante test da sforzo incrementale
dei parametri di forza stimati con test submassimali.
Foto di Chokniti Khongchum
I protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido, applicando semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi, ma analizzando a fondo i risultati e incrociando i dati e le conclusioni dei vari specialisti.
La valutazione medica può comprendere:
Compilazione di questionari
Anamnesi completa
Esame fisico
ECG a riposo a 12 derivazioni
Pressione del sangue a riposo (anche con variazione di posizioni)
All’Istruttore spetterà il compito di erogare i protocolli, spiegarli con linguaggio accessibile, misurare i cambiamenti e comunicarli al medico, stabilire (con il medico) gli obiettivi, gestire l’attività di counseling.
Ruolo e valutazione dell’istruttore
Può comprendere:
Anamnesi per raccogliere dati e avere informazioni da integrare e confrontare con quelle mediche
Antropometria e plicometria da integrazione e comparazione di analisi clinica strumentale della composizione corporea e tomografica della bioimpedenza cellulare
Analisi posturale con semplici sistemi di valutazione globale e analitica solo quando la globalità indica un malfunzionamento
Esame della funzionalità dell’apparato locomotore e della locomozione con semplici test biomeccanici e di mobilità articolare
R.O.M. (Range Of Motion) articolari e test di mobilità articolare e funzionalità articolare generali con studio biomeccanico degli esercizi e delle posture in relazione al soggetto
Test submassimali organici e di forza all’aperto e in palestra per calcolare frequenza cardiaca, consumo di ossigeno, soglie, squilibri muscolari, valori di forza, confronti delle modalità di attivazione nervosa dei diversi muscoli coinvolti nel movimento e monitorare i cambiamenti e miglioramenti.
Foto di RF._.studio
Conclusioni
La specificità dei test e le varie strumentazioni sono utilizzate a secondo delle necessità individuali per poter applicare al meglio i protocolli di allenamento nel rispetto delle esigenze morfo-bio-strutturali evitando infortuni, sovraccarichi e con il massimo gradimento del soggetto.
Questo si intende per applicazione di protocolli studiati e individualizzati frutto di un attenta analisi dei dati forniti da un check up fatto da esperti nei vari settori.
Come lo sport, a livello agonistico, può convivere con la scuola.
L’attività motoria rappresenta un elemento fondamentale della crescita psico-fisica dei più piccoli, nonché uno strumento primario per la tutela della salute dei giovani e meno giovani.
Tra i suo tanti benefici, aiuta a dosare l’energia e liberare la fantasia, maturando l’importanza dell’osservare gli altri e ad interagire con le differenze.
Le attività motorie e sportive,…
…in tal senso, possono contribuire allo sviluppo dell’autonomia personale e, parallelamente, alla formazione di una coscienza civica, in grado di influire sugli stili di vita con interventi educativi.
Equilibrio
Durante la mia carriera sportiva ho conosciuto molti ragazzi e ragazze che spesso non riescono a calibrare la propria vita tra la sfera sportiva e quella scolastica.
Sviluppano emozioni contrastanti:
gioia
soddisfazione
entusiasmo
ma anche:
sensi di colpa
di inadeguatezza
autosvalutazione di sé.
Purtroppo, ancora oggi, l’annosa rivalità tra i risultati sportivi e quelli scolastici è all’ordine del giorno.
Non è certo un limite il conseguire risultati in campo sportivo, semmai una risorsa.
Quest’ultima incide molto negli adolescenti che con fatica riescono ad avere fiducia delle proprie potenzialità e credere in se stessi.
Lo sport e la scuola sono le due colonne portanti per la costruzione di un individuo.
Gli ottimi risultati ottenuti da entrambi non possono far altro che accrescere la sua autostima giorno per giorno ma, in egual modo, qualora dovessero presentarsi delle difficoltà, questo potrebbe scaturire una condizione di malessere e di disagio psicologico
Un esempio
avere molti compiti spesso comporta a rinunciare ad una competizione importante oppure è la partecipazione ad un evento sportivo che può far tralasciare lo studio.
Il successo e il fallimento sono i principali elementi che alimentano lo sviluppo del Sé, la formazione dell’ identità personale.
Le ricerche
Numerose ricerche evidenziano che tanti bambini/e e ragazzi/e, che a scuola riportano delle difficoltà più o meno riconosciute, come un disturbo dell’apprendimento oppure la difficoltà di concentrazione, spesso trovano nello sport un aiuto e una sana alternativa che possa agevolarli nel campo scolastico.
Una ricerca del 2014 presso l’Harvard Medical School di Boston, in collaborazione con il Dana-Farber Cancer Institute, ha rilevato che appena il 54% delle scuole prevede lo svolgimento di attività motoria extracurricolare e solo 1 scuola su 3 ha coinvolto i genitori in iniziative favorenti una corretta alimentazione e l’attività motoria.
È molto importante offrire proposte operative finalizzate a sensibilizzare, sia gli alunni, sia le famiglie all’importanza del movimento e delle attività motorie per la crescita e la salute.
In termini scientifici, è importante stimolare attraverso la pratica sportiva la sintesi di una molecola neuroprotettiva (irisina) che potenzia le funzioni cognitive.
È una molecola scoperta recentemente prodotta dal muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico, spiegando gli effetti positivi dell’esercizio sul metabolismo dell’organismo in toto, che riduce la probabilità dell’insorgenza di malattie metaboliche, quali il diabete mellito, l’obesità e la sindrome metabolica.
Bisogna imparare a non mettere sempre a confronto scuola e sport, ma farle sussistere in un reciproco rapporto di compresenza.
Conclusione
I genitori, attraverso la loro educazione, devono trasmettere questo valore ai loro figli e aiutarli nell’organizzazione della loro giornata, sia scolastica che sportiva, dando un valore equiparato ad entrambe le discipline, senza mai influenzarlo o condizionarlo, bensì guidarlo nelle scelte.
In conclusione, credo che sia necessario stimolare nel ragazzo/a un’idea di “auto-esigenza”, cioè cercare di dare sempre il meglio di sé stessi, sapersi organizzare e, se necessario, fare piccoli sacrifici per raggiungere i propri obiettivi.
In questo modo accresce nel ragazzo la responsabilità delle proprie scelte e avere la maturità necessaria per affrontare le difficoltà, nel caso in cui dovessero presentarsi, senza ricorrere ad alibi morale o l’intervento di un adulto.
Lo stato di idratazione è un fattore molto importante, sia per la salute, sia per la prestazione sportiva.
Poiché l’organismo adulto contiene fino al 50-60% d’acqua, tutte le funzioni corporee dipendono dallo stato di idratazione. Infatti, nell’acqua extra- e intra-cellulare sono diluiti e trasportati molti elementi, tra cui grosse molecole e piccoli ioni.
L’acqua è determinante per la regolazione della temperatura corporea, la digestione e il trasporto degli elementi nutrizionali e delle sostanze di rifiuto. Un buono stato di idratazione è basilare per il mantenimento delle cellule, dei tessuti, degli organi, dei sistemi, degli apparati e di tutte le funzioni vitali.
Durante la prestazione sportiva l’organismo viene spinto oltre il limite di normalità. Ciò significa che senza una buona idratazione è impossibile esprimere al massimo le specifiche potenzialità atletiche.
In pratica:
> Stato di Idratazione = > Prestazione > Recupero
< Stato di Idratazione = < Prestazione < Recupero
L’importanza di questa relazione vale soprattutto per:
Discipline ad alta intensità.
Discipline di lunga durata.
Discipline che provocano una sudorazione intensa o soggetti predisposti.
Funzione dell’Acqua e del Sudore
Tralasciando le funzioni vitali esercitate dall’acqua per il corpo umano, soffermiamoci sul ruolo dell’idratazione nella performance sportiva.
Il movimento umano è basato sulla contrazione muscolare; alla fine di questo processo vengono prodotti calore e molecole di rifiuto.
Il trasporto dei nutrienti, dei sali e dei cataboliti si basa sul flusso sanguigno, mentre il calore viene disperso tramite la sudorazione.
Nonostante richiedano entrambi molta acqua, i due processi sono perfettamente in grado di coesistere.
D’altro canto, quando la regolazione termica impegna troppi liquidi, il volume del sangue diminuisce e la funzione di trasporto rimane compromessa lasciando “a secco” i tessuti.
Composizione, Dispersione e Performance
Il sudore è una soluzione idrosalina che contiene prevalentemente acqua, sodio e potassio; in misura inferiore magnesio e cloro. Viene prodotto dalle ghiandole sudoripare a partire dal plasma sanguigno.
La quantità media di sudore dispersa da un organismo in movimento è circa 1,5 litri/ora. D’altro canto, se la temperatura esterna è tale da richiedere un impegno fuori dal comune, l’escrezione può raggiungere i 4-5 litri/ora.
Il sudore non è l’unica via di espulsione dell’acqua; contribuiscono anche la diuresi e (in misura inferiore) la ventilazione polmonare. D’altro canto, il fisico è in grado di reagire alla disidratazione diminuendo la filtrazione renale e aumentando la sete.
La relazione tra perdita di liquidi e prestazione sportiva è molto stretta. Già con una deplezione pari al 2-3% rispetto al peso corporeo avviene un calo importante dei risultati.
Ad esempio, un un uomo adulto che pesa 70kg e perde 1,5-2,0 litri non è in grado di affrontare gli stessi sforzi rispetto al normale.
Migliorare l’Idratazione nello Sport
Non è certo una novità che per contrastare la sudorazione sia necessario bere di più.
In che modo?
Cosa Bere
Specifichiamo fin da subito che le bevande non sono tutte uguali.
Molti credono erroneamente che l’acqua rappresenti la bevanda migliore.
Tale supposizione è facilmente smentibile poiché, come abbiamo già visto, la composizione del sudore è diversa e più ricca rispetto all’acqua.
La bevanda ottimale dovrebbe contenere necessariamente potassio e magnesio.
Può essere prodotta anche a livello casalingo, miscelando vari ingredienti. Tuttavia, in commercio sono disponibili delle ottime formule che contengono tutti i nutrienti più utili.
Certi considerano l’utilizzo degli integratori alimentari idro-salini e/o multi vitaminici un atteggiamento “innaturale”. D’altro canto, analizzando lo sforzo atletico necessario alla maggior parte delle discipline, ci si rende conto che si tratta di attività tutt’altro che naturali (nessuna esclusa).
Gli integratori alimentari non possono certo sostituire una dieta sana ed equilibrata (cibi e bevande), ma consentono di fornire i principi nutrizionali “più critici” senza introdurre altri nutrienti dei quali talvolta non abbiamo bisogno (fibre, molecole antinutrizionali, grassi, proteine, zuccheri ecc).
Inoltre, bisogna considerare un altro fattore importantissimo, cioè il potenziale di assorbimento.
Alcuni pensano che l’acqua sia il liquido più facilmente assorbibile dall’organismo; non è corretto.
Infatti, le mucose assorbono meglio i liquidi a concentrazione isotonica o blandamente ipotonica. Per ottenere questa proprietà sono necessari diversi sali minerali e alcuni carboidrati.
Anche la temperatura è un fattore determinante per l’assorbimento. La bevanda dovrebbe essere molto fresca, facendo attenzione a non esagerare (ghiacciata non va bene!) scongiurando il rischio di crampi addominali, vomito, diarrea ecc.
Quanto Bere?
Può sembrare una banalità ma la risposta è: “né poco, né troppo”.
Bere poco favorisce la disidratazione e bere troppo causa altri problemi altrettanto nocivi.
L’eccesso di liquidi innesca la filtrazione renale. Tale processo richiede l’escrezione di sali minerali, soprattutto sodio e potassio.
Va ricordato che il sodio è generalmente presente in eccesso nella dieta, mentre il potassio in difetto.
Ecco che, nel tentativo di migliorare l’idratazione, bevendo troppa acqua si corre il rischio di peggiorare l’equilibrio salino compromettendo la prestazione sportiva.
Per evitare che ciò accada è sufficiente:
Ascoltare il senso della sete.
Bere poco più del volume di liquido espulso col sudore.
E’ sufficiente praticare una doppia pesata (prima e dopo l’allenamento) per conoscere l’entità della nostra sudorazione e compensarla negli allenamenti futuri.
Prediligere una bevanda idro-salina.
Per fare un esempio, se dopo un allenamento in palestra viene stimata una perdita di sudore pari a 2 litri, è necessario bere almeno 2,5-3,0 litri di liquido. E’ consigliabile che almeno 1/3 venga costituito da una bevanda idro-salina isotonica.
Quando Bere?
Comprendere quale sia il momento più adatto per bere non è semplice. Teoricamente, bisognerebbe prevenire la disidratazione bevendo molto, sia poco prima che durante l’attività. D’altro canto, entrano in gioco molte variabili di tipo soggettivo.
Non tutti sopportano i liquidi nello stomaco mentre praticano sport. Peraltro, le varie discipline possono risultare molto diverse tra loro.
Bere durante un allenamento di trekking è facile, pratico e presenta pochi effetti collaterali. Lo stesso non si può dire del nuoto di fondo o peggio dell’apnea subacquea profonda (durante la quale si trascorre molto tempo a testa in giù).
Immersi nell’acqua, soprattutto a testa in giù (come avviene nell’assetto costante dell’apnea subacquea profonda), avvengono facilmente: reflusso, rigurgito, nausea ecc.
Per evitare i molti inconvenienti del bere durante lo sport è necessario:
Bere a piccoli sorsi.
Prediligere bevande di facile assorbimento.
Evitare indumenti o imbragature scomodi o stretti.
Altre Considerazioni
Concludiamo rammentando che, oltre ai liquidi, l’attività motoria causa perdite anche di:
Nella scelta della bevanda, soprattutto in caso di attività molto intensa, prolungata e con sedute ravvicinate, è consigliabile prediligere un prodotto ricco di tutte le vitamine, potassio, magnesio, maltodestrine e nutrienti antiossidanti.
un processo di soluzioni dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.
La riabilitazione non è quindi sinonimo di fisioterapia o rieducazione neuromotoria ma è parte integrante di un percorso riabilitativo, che rientra all’interno di un progetto comune in cui l’obiettivo finale del percorso, è il miglioramento della qualità di vita del soggetto.
Le problematiche possono raggrupparsi in rapporto ai settori che investono e possono sorgere:..
nel campo prettamente meccanico del movimento con espressioni morfo-funzionali che investono il soma e l’apparato locomotorio;
nel campo dell’ergonomia imputabile a qualche handicap dei meccanismi biochimici e metabolici che determinano le capacità di rendimento aerobico e/o anaerobico di un individuo;
nel campo omeostatico della motricità a causa di un disarmonico equilibrio neuro-vegetativo;
nel campo neuro e psicomotorio,
nel campo traumatologico
La Rieducazione Funzionale e la Riabilitazione sono rivolte a tutti i soggetti che necessitano di programmi specializzati e personalizzati per il trattamento di patologie traumatiche o degenerative e il recupero dopo interventi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico
Le tecniche di riabilitazione sono ben supportata da letteratura scientifica e da studi di efficacia su i vari interventi riabilitativi e come sono in grado di migliorare le performance motorie, la capacità di effettuare le varie attività quotidiane, di ridurre le disabilità e nel migliorare la partecipazione sociale. L’efficacia è dimostrata in tutti i setting riabilitativi se ben organizzata e programmata.
Per far questo la medicina riabilitativa deve prendere in considerazione:
la valutazione del grado di difficoltà sia per quello che riguarda la diagnosi, sia per quanto concerne l’analisi delle componenti nei confronti della limitazione funzionale;
il giudizio prognostico sul tempo e grado di recupero;
l’impostazione del programma riabilitativo;
l’applicazione pratica delle tecniche terapeutiche, compito per lo più riservato al personale terapista che deve agire sotto il controllo costante del medico e in collaborazione con lo specialista motorio.
l’attività didattica indirizzata a chiarire bene al soggetto la differenza fra guarigione biologica e ripresa funzionale, dove per ripresa funzionale si intende il recupero della piena capacità motoria e tecnico-coordinativa dei gesti e della piena potenzialità e sicurezza mentale sui movimenti
Le terapie devono essere considerate sotto numerosi aspetti che sono:
prevenzione delle complicanze;
riduzione degli aspetti sintomatologici invalidanti per evitare le compensazioni (miglioramento del tono muscolare, ripristino del raggio di escursione articolare, ripresa delle capacità condizionali e coordinative)
e ove necessario terapie conservative e protettive mediante l’applicazione di tutori bendaggi elastici etc.….
massima sinergia con il recupero fisico – motorio
Per potere contrastare in modo ottimale la varietà di sintomi e di problemi che si presentano durante il decorso di una riabilitazione è necessario un approccio interdisciplinare che coinvolge varie figure professionali – l’equipe riabilitativa – e variabili interventi riabilitativi.
Il medico è il coordinatore responsabile della condotta terapeutica da seguire e il consulente della condotta educativa.
Il fisioterapista è corresponsabile della condotta terapeutica, realizza le indicazioni del medico e mette in atto tutte le applicazioni che mirano alla riabilitazione del paziente.
Lo specialista motorio ha facoltà di operare nell’ambito dell’emergenza motoria delle capacità umane con strategie educativo-motorie rivolte agli aspetti qualitativi del movimento, alle abilità motorie relazionali e a quelle sportive, alla coordinazione motoria, alla prevenzione motoria, alla scarsa coordinazione, alle espressioni relazionali, ai disequilibri stato-cinetici, alla dinamica motoria nel suo complesso, ecc.., applicando attività motoria o attività motoria adattata in rapporto allo stato della persona .
In sintesi, deve mettere in atto tutte le sue conoscenze per migliorare ogni capacità del motorio che risulta deficitaria, somministrando alla persona attività motoria, più “volgarmente” ginnastica, anche con attrezzature e/o apparecchiature strumentali che non siano classificate mediche o fisioterapiche
Nel percorso di recupero che va dal momento dell’infortunio al ritorno all’attività, si definiscono diverse fasi affrontate dalle diverse figure professionali.
Riabilitazione ambulatoriale
supporto psicologico e impostazione di terapie fisiche, manuali, posturali, ecc.
Riabilitazione in acqua
articolarità, esercizi propedeutici alla deambulazione, tonificazione e potenziamento muscolare eseguiti in ambiente protettivo. Lavori aerobici-anaerobici
Riabilitazione in palestra
test di valutazione funzionale, tonificazione generale, recupero della deambulazione, lavori aerobici, esercizi propriocettivi
Riabilitazione all’aperto o in campo
programmi di tonificazione, coordinazione e destrezza specifica. Questa divisione deve comunque rimanere solo una convezione, che serve a pianificare e ad individuare le figure professionali preposte allo sviluppo e alla programmazione del percorso di recupero, nei suoi obiettivi
Un ruolo importante per una corretta evoluzione delle varie fasi è svolto dalla valutazione funzionale, strumento indispensabile per programmare, individualizzare monitorare e correggere le proposte di recupero
Le fasi del recupero funzionale sono:
Infortunio
Diagnosi
Cura (eventuale intervento chirurgico)
Riabilitazione
Riatletizzazione
Ritorno incondizionato all’attività
Entrando nello specifico è importante individuare un progetto riabilitativo che rispetti il succedersi di 5 fasi fondamentali:
controllo del dolore e della infiammazione
recupero dell’articolarità e della flessibilità
recupero della forza e della resistenza muscolare
recupero della coordinazione
recupero del gesto.
Fase 1 – CONTROLLO DEL DOLORE E DELLA REAZIONE INFIAMMATORIA
È la fase dedicata all’avviamento di un programma di riabilitazione e si esplica nella risoluzione della sintomatologia dolorosa. In alternativa ai farmaci, in alcuni casi costituiscono un valido presidio le terapie fisiche
Fase: 2 RECUPERO DELL’ARTICOLARITÀ
L’obiettivo di questa fase è il raggiungimento del completo arco di movimento di un’articolazione o il ripristino di un movimento specifico senza dolore.
Fase 3: RECUPERO DELLA FORZA E DELLA RESISTENZA MUSCOLARE
Qui si lavora per il ripristino della forza con carichi progressivi che devono essere dosati come una vera e propria medicina. Il muscolo non deve diventare solo forte, ma deve sapersi allungare e proteggere l’articolazione. Soprattutto deve recuperare la sua giusta potenza
Fase 4: RECUPERO DELLA COORDINAZIONE
Ogni trauma o lesione che interessi i tessuti osteoarticolari determina alterazioni della percezione di cinestesia e Propriocezione, che deve essere ripristinata perché il recupero funzionale sia davvero completo.
Fase 5: RECUPERO DELL’ABILITÀ GESTO-SPECIFICA, DEL QUOTIDIANO
In questa fase emerge l’importanza dell’intervento di sedute sul campo per gli atleti o gli esercizi gesti specifici che simulano le attività di vita quotidiana per i pazienti non sportivi. In questa fase si viene a stabilire un netto collegamento con la fase precedente: solide basi neuromotorie presuppongono ottimi risultati gesto-specifici.
Quest’ultima fase è chiamata “Riatletizzazione” è l’ultima fase del percorso rieducativo, nella quale, sfruttando i principi dell’allenamento, si raggiunge il completo recupero delle capacità condizionali e delle abilità sport-specifiche dell’atleta o il recupero della gestualità quotidiana nel non sportivo. L’obiettivo finale, ovvero il completo recupero della gestualità e una condizione atletica che permetta il ritorno all’attività, non deve mai essere perso di vista, da nessuna delle figure professionali che in condizione ideale, lavorano e collaborano a stretto contatto, sotto il coordinamento funzionale del responsabile del percorso di recupero.
Troppo spesso vengono completamente eliminate alcune fasi e rapporti di collaborazioni tra figure professionali.
La riabilitazione è certo un discorso molto vasto, che si occupa di un’ampia gamma di problemi ma sicuramente ciò che accomuna tutte le casistiche sono la corretta diagnosi, la valutazione individuale e il rispetto dei tempi di recupero fisiologici del corpo.
È fondamentale non “correre troppo” con i tempi.
Sicuramente un atleta è più facile da recuperare perché’ la capacità di allenamento, l’abitudine muscolare ai carichi, e la capacità di recepire e ascoltare il proprio corpo sono più attive.
In realtà con gli atleti spesso si hanno tempi più brevi nel recupero dettati da una frequenza delle sedute maggiore, una maggior capacità all’allenamento, una diversa base muscolare, ma la differenza con una persona comune è solo in questo non nel percorso riabilitativo.
Inoltre nell’ambito sportivo la riabilitazione viene rispettata molto più diligentemente che nella popolazione normale. Questo enorme errore porta spesso a recidive, a lesioni su lesioni preesistenti, a fattori compensativi che determineranno alterazioni in altre strutture.
Anche nell’atleta questo può verificarsi ma è determinato da un altro motivo
una messa in campo precoce spesso per esigenze di risultato
Inoltre bisogna considerare che proporre schemi riabilitativi standardizzati, protocolli prestabiliti risulta essere non solo noioso ma spesso poco efficace perché non tengono conto che ogni persona reagisce e recupera in modo diverso da qualunque altra, anche se il problema fisico è lo stesso. Questo dipende da molteplici fattori, fisici, fisiologici, caratteriali e psicologici; ed è importante saperli valutare in modo corretto, proprio per personalizzare e finalizzare al meglio gli step del recupero.
La predisposizione personale, le caratteristiche psicologiche, la soglia del dolore, la motivazione, non sono elementi secondari che permettono di applicare gli stessi protocolli.
Quando un atleta o una persona comune subisce un infortunio è fondamentale rispettare tutti i fattori descritti e personalizzare la riabilitazione seguendo le tempistiche dettate dalla diagnosi e dalla valutazione del soggetto.
Possiamo così riassumere le componenti importanti di ogni RIABILITAZIONE:
Diagnosi e analisi funzionale
Identificazione della fase precedentemente in cui realmente si trova l’infortunato.
Determinazione di un piano riabilitativo
Determinazione del carico giornaliero di lavoro che il soggetto può sostenere, in modo da evitare sovraccarico o sottocarico.
Descrizione al soggetto della differenza fra guarigione biologica e ripresa funzionale
Impostazione nel periodo post-recupero di un programma di mantenimento preventivo dopo avere completato la fase di rientro all’attività.
Lavorare in stretta collaborazione tra, medico, fisioterapista, specialista motorio e qualsiasi altra figura professionale necessaria.
Sono Pasquale Iezza, cerco di svolgere al meglio il mio compito di Dirigente scolastico in una città collinare con un’aria purissima come i suoi bambini, Lettere, in provincia di Napoli.
Lavoro nella scuola da 35 anni e sono arrivato alla conclusione che è possibile creare nuovi giochisport.
Ho avuto questa intuizione sulla spiaggia di Vico Equense.
La mia schiena scottata dal sole era ormai diventata una perfetta piastra per la cucina cinese, potevo con semplicità trasformare un ghiacciolo…
in un gelato fritto. Sdraiato in quella posizione stavo osservando i nuovi esercizi di Acquagym che un bravo istruttore di educazione motoria faceva svolgere ad un gruppo di bagnanti. Ebbene sono rimasto quasi ipnotizzato dai movimenti, che avevano una cadenza fissa, divisa in otto tempi.
Alla quinta serie di esercizi stavo quasi per assopirmi e, per restare sveglio, e non farmi rosolare completamente dai raggi solari, attivai un residuo circuito cerebrale scuotendo repentinamente a destra e a sinistra la testa, come quando si oscilla velocemente il polso in modo da far ripartire gli orologi automatici.
Rimasi in uno stato di dormiveglia e fu proprio in quel momento, in uno stato di illuminazione, che pensai: “l’avventura delle idee deve partire dal movimento”.
Questo è stato il primo passo verso la creazione del nuovo giocosport: la Pallarmonica.
Il movimento è quasi sempre spezzettato in esercizi meccanici cadenzati in due, quattro, dodici e più spesso otto tempi, una successione precisa di azioni divise da seguire a ritmi regolari con un esperto di fitness da imitare a specchio.
Il frazionamento del movimento, il suo spezzettamento, e l’imitazione di un preciso modello da seguire, imbriglia l’ascolto del movimento libero, naturale, spontaneo, proprio di ogni persona.
La motricità così è paralizzata e perde la sua originalità, il suo pensiero, la sua emozione. Pensiero, emozione e movimento pagano, in parti uguali, i costi del condominio al nostro corpo, la coabitazione non è forzata, non si vive da separati in casa, ma loro stanno insieme in modo piacevole e produttivo.
Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.
Attraverso l’attività motoria una persona impara a percepirsi integralmente, ascolta le sensazioni, i pensieri, le emozioni, esplora il proprio corpo e le sue possibilità di relazionarsi al ritmo e all’armonia dell’ambiente esterno.
Il movimento permette l’unione del mondo interiore, affettivo ed emotivo, con quello esteriore, razionale e socio-ambientale. La mia visione scolastica innovativa è partita da questa giornata al mare.
La mattina dopo ho ideato un nuovo gioco sportivo, la PALLARMONICA, che facilita il superamento della divisione, tra ragazzi e ragazze, nella pratica delle attività motorie. La pallarmonica unisce creando armonia (da cui il nome del gioco).
L’armonia si realizza tra i giocatori della stessa squadra, obbligatoriamente un maschio ed una femmina (nel doppio due maschi e due femmine), che entrano in contatto, mano – mano oppure con una presa mano – avambraccio, per ricacciare la palla nel campo avversario e conquistare il punto.
Il gioco è semplice da imparare, è alla portata di tutti e favorisce l’inclusione, fondamentale è imparare a collaborare alla pari. Ho presentato la pallarmonica nelle classi quarte e quinte della scuola primaria e nelle classi prime della scuola secondaria di primo grado.
Il gioco ha suscitato da subito curiosità e tutti hanno voluto provare, attualmente è una delle pratiche sportive dell’Istituto e rientra nella programmazione degli insegnanti di educazione fisica.
L’intera comunità educante ha partecipato, nei vari anni scolastici, grazie a progetti promossi dal professore Tiziano Megaro, al primo torneo di pallarmonica cittadino.
Il nuovo giocosport è stato presentato, all’interno di una conferenza, alla tre giorni per la scuola a Città della Scienza a Napoli, per diffonderlo tra tutti i docenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado della Campania che avessero la voglia di esplorare e sperimentare nuove pratiche motorie.
La diffusione nelle scuole della pallarmonica, attraverso il supporto del portale “Movimento Divergente” (da configurare), sarà uno stimolo per motivare gli studenti a proporre altre idee relative a pratiche sportive originali e rispondenti ai loro bisogni motori.
Le nuove tecnologie permetteranno agli studenti, da subito curiosi, indagatori, costruttori, inventori, di avviare una ricerca sul movimento liberando la creatività e le loro intelligenze multiple.
Le proposte più votate sulla piattaforma verranno regolamentate e implementate nelle scuole del territorio nazionale.
…la lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”.
E’ un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione, produco il mio:…
“motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.
Il motionstorming è una tecnica che facilita la creazione di movimenti divergenti e quindi deve essere inserita in un programma di creatività motoria.
Il procedimento
Si forma un gruppo di 10-12 ragazzi, disposti in cerchio, coordinati da un insegnante.
Si parte da un movimento libero di un ragazzo, sul quale si innestano i movimenti degli altri.
La durata di ogni seduta sarà di circa un’ora.
Il ragazzo da cui si parte va al centro del cerchio ed esegue su un materassino un movimento libero, gli altri ragazzi, dopo un’attenta osservazione ed una ripetizione del movimento, producono azioni collegate a quello che hanno visto e vissuto.
I ragazzi si alzano a turno ed eseguono un movimento richiamato da quello del compagno.
L’insegnante deve stabilire un clima in cui ognuno possa esprimersi liberamente.
Nel gruppo ognuno dà il suo contributo creativo e trae spunti che possono arricchirlo individualmente.
Una volta completato il giro del gruppo l’insegnante, che ha annotato tutti i movimenti, cerca di vedere insieme ai ragazzi i punti di unione che si possono trovare tra di essi, in modo tale che si riesca a lavorare nella seconda fase su un campo più determinato.
Alla fine uscirà il movimento del gruppo, un’azione che tutti condivideranno, da eseguire coralmente.
Foto di Aissa Bouabellou
La variante
Dall’esecuzione collettiva, poi, si può pensare di creare un gioco, un’attività che coinvolga tutti.
In questa fase non c’è la regola di alzarsi uno alla volta, ma più persone possono sperimentare e condividere i propri movimenti, si creeranno così dei piccoli gruppi spontanei.
I movimenti prodotti da ognuno non vanno mai giudicati ed inibiti ma utilizzati, ripetuti, per crearne altri.
Per ogni movimento ci sarà un tempo determinato in modo che tutti possano esprimersi.
I gesti spezzati nella loro semplicità, vengono di nuovo uniti per comporre un originale mosaico di movimenti, più complessi e articolati, il movimento di ognuno si dilata e aiuta a strutturare il movimento del gruppo.
E’ un cammino progressivo verso se stessi e gli altri.
Conclusione
Questa fondamentale svolta ha portato a cercare nel movimento divergente l’equilibrio tra i due inquilini:
La divergenza fa confluire nella creatività il pensiero e l’emozione ed alla fine si determina nell’unione il giusto equilibrio dell’apparato fisico con quello psichico ed emotivo, del corpo con la mente.
I vari insegnamenti devono comunicare maggiormente tra di loro e non restare chiuse nel loro compartimento stagno.
Il tecnicismo, la specializzazione, il pensiero convergente, il ripetere meccanicamente cose già apprese, non ci permette di seguire un percorso diverso.
Lo sviluppo del pensiero divergente arricchisce le nostre competenze comunicative e la nostra efficacia espressiva
Spesso il pensiero divergente è usato come sinonimo di creatività ma la capacità di creare è qualcosa di più complesso in quanto in essa intervengono fattori socio-culturali ed altri aspetti della personalità non solo cognitivi ma anche affettivi ed emotivi.
E’ certo però che il pensiero divergente indica la giusta direzione da seguire per arrivare al nucleo centrale della creatività in quanto i suoi tratti caratteristici sono:
la fluidità
facilita lo spostamento di un’idea da un luogo all’altro e da una produzione all’altra;
la flessibilità
un pensiero elastico, capace di piegarsi, di adattarsi alle differenti situazioni;
l’originalità
che non dipende e non ha somiglianza con esempi, modelli ed idee precostituiti, convenzionali, ed ha quindi una sua novità, un suo carattere proprio;
l’elaborazione
l’insieme delle operazioni (l’associazione delle idee, l’astrazione, l’immaginazione costruttiva e riproduttiva, il giudizio, il ragionamento, ecc…), con le quali organizziamo e trasformiamo il materiale fornito dall’esperienza.
Il percorso specifico
I tratti tipici del pensiero divergente sono gli stessi della dimensione della creatività ecco perché per diversi autori il pensiero divergente indica il pensiero creativo.
Le nuove strade non escludono le vecchie, ma si possono unire con esse illuminando alcuni tratti del circuito cerebrale, rendendo così, il traffico più vario e veloce.
Percorrere una strada in un solo senso di marcia non permette il confronto e la scelta e questo ostacola la possibilità di essere divergenti.
La creatività non è una capacità di pochi artisti, pittori, musicisti, inventori, scienziati, ma è una possibilità per tutti, ognuno è in grado di trovare nuove e diverse associazioni tra le cose ogni giorno.
La creatività è una dote innata che tutti posseggono ma che non in tutti si manifesta immediatamente ed istintivamente.
Aiuta molto educare i bambini fin da piccolissimi alla ricerca personale, alla flessibilità, alla liberazione della creatività, perché loro, in particolare dagli zero ai tre anni, hanno una mente assorbente, “superassorbente”.
Si è dovuto aspettare l’arrivo di Maria Montessori che ha creato una “casa dei bambini”, un luogo di rivelazione e di espressione del bambino mediante:
una disciplina attiva che lo abitui ad essere padrone di sé, a sapersi imporre il limite dell’interesse collettivo e la forma delle buone maniere materiali;
la consapevolezza che il bambino ha un’intensa vita psichica, inconscia e subconscia e che è tanto grande nella sua piccolezza, è capace di intenzione e di pensiero, di azioni pratiche e creative;
la sua mente è assorbente, ma non come la spugna che lascia passare l’acqua e non la trattiene.
La mente del bambino, invece, arriva ad assorbire ed a conservare molte e difficili cose:
il linguaggio
le abitudini
i sentimenti
per cui occorre saper utilizzare questa forza creativa e inconscia.
Il movimento è essenziale alla vita; e l’educazione non può concepirsi come moderatrice o, peggio, inibitrice del movimento, ma solo come un aiuto a bene spendere le energie, e a lasciarle sviluppare normalmente”. “L’attività motrice, perciò, deve avere uno scopo ed essere connessa con l’attività psichica. Esiste una stretta relazione tra il movimento e l’intelligenza avida di imparare. I bambini disordinati nei loro movimenti non sono soltanto bambini che non hanno imparato a muoversi: sono soprattutto bambini dalla mente denutrita, che soffrono di fame mentale.
La curiosità del bambino è il vero motore dell’apprendimento e questa curiosità nasce dalla stimolazione, dalla motivazione e non dall’ esigenza di riempire la sua mente con informazioni che spesso non capisce e che fa fatica a ricordare.
Conclusione
La scuola è impegnata in una costante, continua, inarrestabile, ricerca per individuare le formule organizzative e gli interventi educativi più efficaci affinché i bambini possano svincolarsi dalla dipendenza delle cose già fatte, già pronte, ed aprirsi a nuove possibilità capaci di evolvere in un percorso che è sempre dinamico.
Foto di Max Fischer
Conoscere significa stabilire nessi, collegamenti, connessioni, essere capaci di fare sintesi in un mare di informazioni e questa capacità può essere insegnata solo a scuola e bisogna farlo il prima possibile.
I bambini devono essere educati fin dal momento della nascita, nei primi anni di vita, per alcuni neuro scienziati entro i tre anni si formano le sue modalità cognitive ed emotive che gli permetteranno di conoscere il mondo e di relazionarsi agli altri.
la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione)
a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso e lo spostamento ottenuto.
L’identificazione del massimale è un preciso riferimento della quantità di forza esprimibile in un determinato movimento monoarticolare, multiarticolare o di un determinato gruppo muscolare.
L’allenamento della forza è importante per migliorare le prestazioni, per raggiungere equilibrio nelle riabilitazioni e riatletizzazioni ed è in grado di contrastare efficacemente la perdita di massa muscolare producendo risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici .
Stimola, inoltre, la capacità neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari e questo consente sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di denervazione.
L’inattività con il passare degli anni aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.
Gli allenamenti della forza negli anziani e nei soggetti affetti da sindrome metabolica possono essere eseguiti in totale sicurezza.
Se ben programmati e attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.
La valutazione
La valutazione della forza è indispensiabile al fine di poter eseguire un corretto approccio dell’allenamento basato su principi scientifici.
Una corretta valutazione dei livelli di forza permetterà di elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare:
di rallentare, entro certi limiti, alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento e alle patologie
La valutazione della forza clinico-funzionale
La valutazione della forza clininico – funzionale è di fondamentale importanza per identificare l’attitudine di un soggetto e per il monitoraggio degli adattamenti fisiologici all’esercizio fisico mettendo in evidenza le aree che necessitano di intervento e le modalità più idonee per attuarlo permette inoltre di impostare i giusti carichi di lavoro .
La coordinazione è importante soprattutto nella valutazione della forza dinamica massimale ed essa sarà sempre legata ad uno specifico movimento perché in parte la forza è un’abilità.
Per questo quando si valuta un movimento va sempre presa in considerazione sia la parte quantitativa (il valore numerico estratto dalla prova) che quella qualitativa (la correttezza del gesto).
Se si elimina dalla valutazione l’attenzione alla correttezza tecnica del gesto si rischia di rendere la prova non valida e inoltre si espone la persona ad infortuni anche gravi.
Cos’è indispensabile per i test (obiettivo – soggetto – test)
una conoscenza approfondita del gesto ed esperienza nell’applicazione del test
una corretta valutazione della relazione
una capacità di osservazione delle fasi dell’esecuzione
una corretta interpretazione dei dati
un corretto incrocio dei dati con gli altri test
I test devono analizzare le condizioni di partenza e in itinere.
Per avere efficacia devono essere:
ATTENDIBILI
riprodurre ciò che misurano,
VALIDI
rispettare il significato predittivo scopo
OBIETTIVI
operatori diversi risultati analoghi
RIPRODUCIBILI
misurare stessa cosa e condizione
SPECIFICI
soggetto e tipo attività
TECNICI
mantenere costanti le variabili
Questo è il motivo perchè devono essere effettuati da professionisti che hanno esperienza nell’analisi tecnica del gesto proposto, nella capacità di osservazione delle dinamiche di esecuzione del gesto nonche’ di eventuali compensazioni che potrebbero inficiare il risultato finale.
Le regole per una buona valutazione sono semplici:
Sapere cosa valutare
Scegliere il metodo (test) giusto per la valutazione
Scegliere il mezzo (esercizio) giusto per la valutazione
archiviare i risultati
riassumerli sotto forma di grafici per avere una visione d’insieme dei progressi ottenuti
Secondo Bosco (2001) il test è specifico se riproduce e soddisfa le condizioni della prestazione in termini di coerenza biomeccanica, coordinativa e metabolica.
La forza massima, si esprime quando si muove un carico, il più alto possibile, senza limitazioni di tempo e senza la possibilità di modularne la velocità di spostamento.
Quella esplosiva, anche se in modo improprio, si può definire come la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocità possibile.
L‘ esplosivo-elastica, si esprime quando si vuole muovere un carico il più velocemente possibile e il movimento inizia con una fase eccentrica alla quale segue immediatamente quella concentrica
La forza esplosivo-elastico-riflessa, come quella elastica, si esprime in un doppio ciclo stiramento-accorciamento, ma in questo caso di ampiezza limitata e di velocità particolarmente elevata.
La resistenza alla forza veloce non è altro che la capacità di esprimere elevati sviluppi di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo
La resistenza muscolare è la capacità del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza prolungati per lungo tempo.
Forza espressa in situazione dinamica – con o senza carico
I metodi di valutazione della forza:
manuali TMM (test muscolare manuale)
pratici in palestra a corpo libero o con uso di pesi liberi e macchine
strumentali basati sui dinamometri , cella di carico, accelerometro, sistemi optoelettronici, videografici, handgrip, pedane
Il presupposto di ogni controllo efficace dell’allenamento è quello di disporre di valori affidabili di test (Bartonietz 1992) :
Valutazione funzionale + Pianificazione dell’allenamento = CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO
I test costituiscono un controllo periodico molto efficace e grazie all’analisi dei loro risultati è possibile elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, mettendo in relazione la performance con le strategie di lavoro adottate.
Saranno proposti, a puntate, alternandosi con i vari esperti della nostra piattaforma che hanno sposato, con grande generosità, la filosofia del nostro blog.
Il movimento è il modo più naturale che abbiamo per entrare in relazione con le cose che ci circondano.
Se si trovano in alto cerchiamo di…
arrivarci allungandoci o spiccando un salto, se sono in basso chinandoci con un piegamento, se sono vicine e davanti a noi camminando, se sono lontane e dobbiamo raggiungerle in fretta correndo.
Con il movimento instauriamo un dialogo con l’ambiente, ogni oggetto diventa accessibile, alla nostra portata.
Mettiamo un piede davanti all’altro ed usiamo una mano insieme all’altra per scoprire il mondo.
Il movimento ha la dinamicità dell’acqua che può essere solo contenuta in una forma, ma ha in più la forza di modificare con la sua energia creativa il contenitore.
Foto di Lukas
La nuova pedagogia del movimento divergente ha lo scopo di avviare un viaggio alla scoperta dell’intelligenza cinestetica, delle sue straordinarie potenzialità e dei suoi inesplorati sentieri.
Permette un collegamento tra il corpo, il mondo intorno a noi e le nostre emozioni.
Il movimento non ha confini e non deve avere frontiere, la sua ripartizione in punti ha solo lo scopo di condividere un’ipotesi di studio:
1) Il movimento automatico
Percorre le vie extrapiramidali e ci porta a dare una risposta meccanica, istintiva, agli stimoli ambientali.
Il midollo spinale è responsabile dei comportamenti automatici e stereotipati.
I riflessi spinali ci permettono una risposta quanto più rapida possibile in seguito a stimoli che segnalano situazioni potenzialmente pericolose per noi
se ad esempio la nostra mano è in contatto con una superficie bollente è fondamentale la reazione immediata dei muscoli senza aspettare l’elaborazione della corteccia cerebrale per evitare un’ustione;
2) Il movimento posturale
Elabora le impercettibili informazioni provenienti dai propriocettori sensoriali e dal midollo spinale;
permette la conoscenza del nostro corpo nello spazio per arrivare a mantenere, attraverso i riflessi posturali, la nostra posizione eretta mentre siamo in piedi o camminiamo;
I propriocettori sono i sensori delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini e rilevano la tensione muscolare e la posizione delle articolazioni;
Il segnale che parte dai propriocettori viene trasmesso fino al midollo spinale dal quale si origina un altro impulso nervoso che permette la contrazione involontaria della muscolatura.
3) il movimento convergente
Responsabile del movimento volontario, è più complesso perché integra le informazioni provenienti dai livelli inferiori e da quelli superiori del cervello.
Tutti i movimenti volontari del corpo sono guidati dal cervello, una delle parti più coinvolte nel controllo è la corteccia motoria.
Per realizzare i movimenti diretti verso una meta, la porzione anteriore del lobo frontale del cervello deve prima ricevere le informazioni dagli altri lobi, da quello parietale sulla posizione del corpo nello spazio e da quello temporale sulla memorizzazione delle azioni passate.
Il movimento convergente richiede una elaborazione percettiva, percorre le vie piramidali e ci permette di svolgere azioni volontarie che ripetute con l’allenamento, con l’imitazione di un modello, con l’addestramento, ci specializzano in una disciplina sportiva spesso unilaterale che sviluppa competenze specifiche a discapito di altre abilità motorie.
4) il movimento divergente
E’ la manifestazione espressiva, originale, articolata e consapevole delle nostre energie interiori.
E’ il movimento attento al nostro mondo interno in armonia con quello esterno.
Risana, in questo modo, le vecchie scissioni corpo-mente, ragione – sentimento, pensieri-affetto.
I nostri movimenti volontari non si dissociano dai nostri impulsi profondi.
Il pensiero, il movimento, l’emozione si uniscono in un unico flusso coinvolgendo ogni parte del cervello, si mettono in collegamento il sistema extrapiramidale e quello piramidale che in realtà non sono mai separati.
Il movimento divergente crea connessioni ripristinando il senso di unità. Le connessioni stabiliscono i nessi tra le sensazioni, le emozioni, le immagini e il pensiero, compreso quello laterale.
I gesti non sono frammentati, staccati, robotizzati, divisi perché vivono l’esperienza corporea nella sua pienezza migliorando il nostro modo di comunicare.
Il movimento divergente ci fa esplorare tutte le possibili combinazioni delle azioni motorie attraverso il gioco, una delle attività più serie che esistano, ricordandoci che non abbiamo un corpo, come se fosse un’automobile acquistata da poco, ma che siamo un corpo.
Le aree motorie oltre a quella motoria vera e propria sono quelle delle regioni corticali premotorie e quelle dell’area motoria supplementare.
I movimenti di tipo riflesso si fermano ai livelli inferiori, al midollo spinale, senza arrivare alla corteccia.
A completare il controllo del movimento ci sono poi il cervelletto e i nuclei della base, tra i quali c’è Putamen, una sorta di supereroe tuttofare a forma di guscio di noce.
La corteccia motoria è quella parte del cervello che pianifica, controlla ed esegue i movimenti volontari del corpo dall’alto del centro operativo del lobo frontale.
I movimenti involontari e volontari sono sempre integrati e il movimento divergente permette il loro naturale collegamento.
Il movimento divergente fa così il suo ingresso nelle scienze pedagogiche (Il Movimento divergente, Pasquale Iezza, Aranblu editore, 2001), un ingresso fondamentale perché fecondo di prospettive didattiche e formative nel mondo della scuola e dello sport.
E’ il movimento, apprendista meccanico, specializzato nelle giunzioni neuro-muscolari, nei cambi, nei circuiti e nei gangli di collegamento, ed ha un’officina con tutte le chiavi di accensione dei motoneuroni di qualsiasi cilindrata.
Ha facilitato nuove risposte a discipline sportive che sembravano codificate in modo permanente, basti solo pensare:
La storia della preparazione atletica vede la sua comparsa, in modo sistematico, nel calcio intorno agli anni ’60; successivamente ha avuto una forte diffusione anche nelle altre discipline sportive.
La metodica di allenamento deriva…
dall’atletica leggera che, a quel tempo, era l’unico sport che aveva mutuato una cultura strutturata.
Questo intervento ha comportato un approccio aspecifico all’attività portando ad una stabilizzazione delle capacità degli atleti e ad una aumento del numero di infortuni.
Negli anni ’80 anche altri sport si affacciano ad un approccio “atletico “ ma con metodiche che nulla avevano a che fare con il modello prestativo.
Negli anni ’90, con la scoperta dei lavori di forza, anche per la pallacanestro, il preparatore ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato.
Ciò nonostante, le metodiche non erano ancora specifiche anzi derivavano dai body builders con le stesse conseguenze derivanti dall’applicazione dei metodi dell’atletica leggera.
Da pochi anni è iniziata una piccola rivoluzione nell’area della preparazione fisica con l’introduzione di un concetto più moderno: “L’ALLENAMENTO FUNZIONALE”.
Alcuni studiosi hanno dimostrato quanto siano importanti gli aspetti coordinativi del gesto specifico rispetto all’esclusivo lavoro di aumento della forza muscolare, attraverso esercizi che niente hanno a che fare con i movimenti tecnici o la posizione che un cestista assume in campo.
L’allenamento funzionale quindi affiancherà l’allenamento tecnico – tattico del cestista attraverso programmi personalizzati e specifici.
PRINCIPI DI ALLENAMENTO
L’allenamento nasce dal modello di prestazione tipico del cestista e si sviluppa seguendo dei criteri che tengono in considerazione i requisiti fisici dell’individuo e la sua volontà.
Biomeccanico (gesto che viene svolto, con partciolare riferimento al rapporto degli arti e anche delle componenti cinematiche e dinamiche)
Neuromuscolare (Percentuali di forza impresse e tempo di applicazione)
I parametri che definiscono il modello prestativo sono:
Durate della gara
Presenza di variazioni
Intensità e durata delle variazioni
Frequenza del gesto
Tempo di applicazione del gesto
Adattamento
Periodizzazione e progressione
Oltre agli elementi aggiuntivi che sono il riposo e la nutrizione.
L’obiettivo finale dell’allenamento è la gara, oltre per lo scopo agonistico ma anche perché è fondamentale conoscere, osservare e appuntare il comportamento dell’atleta in fase di gara in quanto ci indica la strada da percorrere per programmare l’allenamento.