Coordinazione

La coordinazione e gli schemi motori fondamentali

Spesso la coordinazione è ritenuta un equivalente dell’agilità, essa è la capacità di sincronizzare tutte le componenti e le doti atletiche dell’individuo. La coordinazione implica, così, il concetto di sinergia.

Un esempio che mi ha colpito nel mio percorso di studi ed in particolare sulla coordinazione è stato quello fatto dal quotatissimo…

prof. Isaia Di Cesare (scomparso qualche anno fa).

“Consideriamo un atleta che voglia imparare a fare il giocoliere usando 3 palle.

Senza adeguate istruzioni prima, l’atleta probabilmente non riuscirebbe a far roteare simultaneamente tutte le 3 palle in aria.

Invece bisogna mostrargli come viene eseguito questo esercizio con una breve dimostrazione (anche in maniera rallentata ma in modo didatticamente chiaro).

In seguito s’insegnerà a gettare in aria una sola pallina, seguita poi dalla seconda una volta che l’esercizio con la prima sia stato imparato.
Questa progressione graduale continuerà finchè l’atleta non sarà in grado di eseguire il gioco delle tre palline”.

prof. Isaia Di Cesare
Con questa metodologia quando si deve insegnare un movimento o un’azione e aderire cosi al concetto di sinergia, bisogna:
  • Mostrare e far capire l’intero movimento;
  • Scomporre il movimento nelle sue parti;
  • Padroneggiare ogni singola parte dell’intero movimento;
  • Riassemblare le parti per creare un movimento completo e migliorato.

Far allenare alla coordinazione di movimento consente l’armoniosa integrazione di tutti i movimenti in un’azione fluida, controllata ed efficace.

Praticando ogni movimento, o meglio ancora, ogni parte di ogni movimento, l’atleta intensificherà molto lo sforzo totale.

Coordinazione di movimento

Tutto ciò serve a capire che l’agilità e la coordinazione possono essere apprese. Un atleta può migliorare efficacemente le proprie prestazioni e diminuire il rischio d’infortunio semplicemente migliorando agilità e coordinazione.

La prossima volta che guarderete una partita di pallacanestro vi invito ad osservare le schiacciate, i passaggi da dietro la schiena ed i tiri da 3 punti e fate uno sforzo per seguire le tracce dei movimenti di un giocatore, meglio ancora se si ha la possibilità di vederlo a rallentatore, prendendo nota come un giocatore si sposta da un punto A ad un punto B.

Se si osserva attentamente vedrete i fondamentali movimenti come saltare, operare i rimbalzi, correre, schivare e caracollare (volteggiare) in avanti, indietro e di lato.

Gli schemi motori fondamentali sono esercizi evolutivi che i bambini imparano da subito e che saranno utili come movimenti fondamentali per più avanzate e specifiche capacità sportive.

L’abilità a muoversi in modo efficace ed esplosivo è essenziale per una prestazione vincente nel basket.

Gli atleti naturali eseguono questi fondamentali schemi di movimento con un alto grado di profitto. Tali giocatori sono notevolmente esplosivi, ma i loro movimenti in campo sembrano fluidi e senza sforzo.

Questo perché gli allenamenti specifici sono continui e costanti.

Per la maggior parte degli esercizi in campo, come per la pallacanestro, richiedono movimenti come lo sprintare, gli spostamenti laterali di forza (scivolamenti), gli spostamenti indietro o difensivi, il correre indietreggiando, ed una gran varietà di salti.

Esplosivo

Bisogna quindi allenare questi movimenti sostituendo quelli generali ad altri analitici, modificando continuamente la sequenza per mettere alla prova la capacità atletica di adattamento ad un costante mutevole stress fisico dell’atleta.  

di Tiziano Megaro

Allenamento donna

Triade della donna

Esercizio fisico amatoriale – agonistico

Aumenta l’interesse delle donne per queste discipline

Grazie ai cambiamenti sociali degli ultimi trent’anni, l’interesse da parte delle donne nei confronti dell’esercizio fisico, amatoriale e agonistico, e in particolare per le attività di tendenza come il CROSSFIT, il POWERLIFTING, la corsa ad ostacoli (SPARTAN RACE), risulta essere più coinvolgente.

Il più delle volte, le motivazioni che portano una donna ad iscriversi in palestra sono date da un fattore…

estetico o da un fattore competitivo estremo, solo secondariamente per stare bene o per motivi di salute.

Nonostante sia ben noto il ruolo benefico dell’esercizio nella promozione della salute fisica e mentale, l’attuale tendenza generale è volta a volerne aumentare considerevolmente, durata, frequenza ed intensità.

Talvolta però l’atleta, nella convinzione di migliorare le proprie prestazioni, eccede con l’esercizio fisico e scompensa con il ridotto introito alimentare, arrivando a sbilanciare il fabbisogno energetico fino a compromettere il normale funzionamento del ciclo mestruale.

Triade
Foto di Andrea Piacquadio
Cosa è la Triade?

Nel 1992 la Task Force on Women’s Issues of the American College of Sports Medicine, definisce la “Triade dell’atleta femminile” (TRIADE) la combinazione di:

  1. Bassa disponibilità di energia (con o senza disturbi del comportamento alimentare).
  2. Ridotta densità minerale ossea (BMD) manifestata con osteoporosi e osteopenia.
  3. Inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadico (HPG) e alterazione degli ormoni FSH e LH con conseguente disfunzione mestruale fino all’amenorrea vera e propria (FHA).

Viene definita “amenorrea delle atlete”, l’assenza di mestruazioni spontanee che si protrae per almeno 3 mesi.

Le amenorree delle atlete possono essere classificate in:

  • «Amenorree primitive», ovvero quando la donna non presenta la comparsa del menarca (prima mestruazione);
  • «Amenorree secondarie», nel caso in cui la mestruazione scompaia dopo un periodo più o meno lungo di flussi mestruali spontanei.
Davide-Antoniella-Functional-training
Il prof. Davide Antoniella
Vediamo differenze e cause delle amenorree delle atlete

L’amenorrea da esercizio fisico, assieme all’amenorrea da disturbi alimentari (come da bulimia e da anoressia nervosa), fa parte delle amenorree ipotalamiche funzionali.

Quest’ultime vanno differenziate dalle amenorree ipotalamiche da causa organica, che comprendono quelle secondarie a patologia tumorale, ischemica o flogistica.

Le cause più accreditate che possono determinare lo stato di amenorrea sono:

  • Inadeguata alimentazione.
  • Modificazioni ormonali dovute all’esercizio fisico, perché alterano la produzione di GnRH, importante “regolatore” del ciclo mestruale e di cortisolo (ormone dello stress).

La prevalenza di amenorrea tra le atlete non è ben documentata, ma è stimata tra il 5% e il 40% (2-3% della popolazione generale) a seconda del tipo di disciplina sportiva e del livello competitivo.

Gli sport più a rischio sono quelli che richiedono

intensità particolarmente elevata:

molta resistenza, come le gare di fondo:

oppure quelli come:

che invece richiedono un aspetto fisico particolarmente definito con bassissime percentuali di grasso.

Anche lo stress emotivo è associato all’amenorrea (FHA) ed è stato considerato sia causa sia effetto della condizione.

Donna in allenamento
Come si manifesta la Triade dell’atleta femminile?

Il primo campanello d’allarme solitamente riguarda l’alimentazione.

Il rapporto con il cibo ritenuto troppo calorico, diventa una vera e propria ossessione fino a manifestare, in alcuni casi, sintomi anoressici.

Dal punto di vista clinico, i sintomi più significativi della scarsa disponibilità di energia legata anche a questo atteggiamento, sono i suoi effetti sul ciclo mestruale e sulla salute delle ossa.

Com’è noto, l’esercizio fisico incentiva l’attività degli osteoblasti, ovvero le cellule che producono matrice ossea, ma la carenza di estrogeni ne peggiora la struttura trabecolare.

Barrack et al. (2010) hanno dimostrato come le atlete di endurance (40%) abbiano, infatti, una densità ossea più bassa rispetto alle ballerine o alle ginnaste (10%).

Molti sono anche gli studi che hanno evidenziato quanto la quantità di massa scheletrica acquisita durante l’adolescenza, sia uno dei fattori più importanti nel determinare l’osteoporosi e il rischio di fratture nel corso della vita.

Approssimativamente il 50% della massa ossea viene acquisita proprio in questo periodo;

l’aumento maggiore è tra 11 e 14 anni e solo a 18 anni le donne riescono a raggiungere il 95% della loro densità ossea (BMD) totale.

Il picco di massa ossea al collo del femore avviene all’età di 16 anni ma, nella colonna lombare, la massa ossea continua ad aumentare fino al terzo decennio di vita.

Durante i periodi di limitata disponibilità di combustibile, l’energia viene deviata o ripartita lontano dalla crescita e dalla riproduzione al fine di dare priorità ai compartimenti vitali per la sopravvivenza dell’individuo.

Questo dimostra l’enorme importanza di considerare l’allenamento in funzione delle fasi di crescita e di quanto sia fondamentale dosare attentamente l’attività motoria per quanto riguarda volume, intensità, tipo, recupero, progressione, frequenza e durata.

triade 2
Diversi studi hanno dimostrato come ci siano numerose conseguenze se questa condizione interessa un lungo periodo
  1. Aumentato rischio di infortuni muscolo-scheletrici
  2. Alterazioni cardio-circolatorie
  3. Fratture da stress
  4. Profilo lipidico anormale
  5. Disfunzioni endoteliali
  6. Perdita irreversibile di massa ossea
  7. Depressione
  8. Ansia
  9. Scarsa autostima
  10. Aumentata mortalità (Weiss Kelly et al. 2016)

La combinazione di questi fattori influirà inevitabilmente sulle prestazioni e sulla qualità della vita aumentando il rischio di lesioni, depressione, irritabilità, diminuendo coordinazione, forza muscolare e concentrazione

alterando lo sviluppo psico-fisico in fase di crescita e attivando processi degenerativi che a lungo termini porteranno ad aumentare il rischio delle malattie legate all’invecchiamento.

di Davide Antoniella

Organizzazione lavoro

ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO DI STAFF

Seconda parte
(questo è il link alla prima parte “creare uno staff e lavorarci assieme”)

E’ il momento di entrare nell’ambito delle dinamiche collaborative all’interno dello staff nei vari periodi dell’anno.

Fare la squadra

Su ogni obiettivo di “mercato” cerco di incrociare informazioni, valutazioni (frutto di esperienze sul campo o di scouting video approfondito) ed idee con i miei assistenti per quanto riguarda la parte tecnica e col mio preparatore per gli aspetti fisico-atletici.

Studiare il gioco della squadra ed impostare il precampionato

Centrati gli obiettivi si passa ad una fase estremamente approfondita di conoscenza delle caratteristiche tecniche dei giocatori che formeranno la squadra.

Laddove possibile, per ogni giocatore, cerco col mio staff di scoutizzare più di un’annata e di individuare tutte quelle soluzioni che, inserite in un contesto collettivo, possano esaltarne le prestazioni individuali.

scouting 2
scouting

Sempre attraverso la collaborazione di tutti si fanno le scelte relative agli attacchi da utilizzare, ai concetti difensivi e, più in generale, alle regole che dovranno diventare patrimonio della squadra.

Quello che nasce in questa fase va comunque testato sul campo e non bisogna esitare a tornare sui propri passi nel caso ci si accorga che qualcosa è migliorabile o addirittura sbagliata.

Nulla è più coerente che cambiare le proprie idee sulla scorta di esperienze che smentiscano le certezze teoriche.

Contestualmente si lavora per organizzare il precampionato.

Con l’intero staff:

  • decidiamo quanti giorni prima delle gare ufficiali iniziare,
  • stabiliamo l’alternanza di lavoro tacnico-fisico,
  • i lavori congiunti e i giorni di riposo,
  • determiniamo i carichi di lavoro legandoli agli obiettivi tecnici stabiliti col club,
  • con gli assistenti programmo le date delle gare amichevoli,
  • stabiliamo gli obiettivi tecnico tattici dell’intero periodo e quelli settimanali
    • inserendoli in una logica di compatibilità col lavoro fisico.

A proposito dei carichi di lavoro  vorrei focalizzare un aspetto che differenzia di tanto la realtà del basket attuale da quella di ieri.

E’ innegabile che aumentare i carichi in certi periodi del precampionato possa inficiare il rendimento tecnico in alcune partite amichevoli ed a volte si rischia davvero di avere la squadra talmente “imballata” da subire sonore lezioni.

Questo ieri rappresentava un fattore di minimo rischio mentre oggi, nell’era del tutto e subito, può aprire profonde lacerazioni nel rapporto tra allenatore e club.

Io credo che il coach debba avere ben chiaro quello che è l’obiettivo finale senza farsi condizionare troppo ma è innegabile che il problema spesso esiste per cui sono convinto che vada fatto un ragionamento con se stessi  per stabilire se e fino a che punto si sia in grado di gestire situazioni simili.

Precampionato

La prima settimana di lavoro è solitamente conforme a quella prestabilita ma è frequente l’esigenza di  dover attualizzare le settimane successive in base ad una serie di criteri come:

  • la presenza o meno di infortunati,
  • il grado di  metabolizzazione del lavoro fisico fatto precedentemente o di assimilazione dei concetti tecnici,
  • l’esigenza di accelerare/decelerare a seconda delle risposte date dal campo,
  • la necessità di individualizzare i lavori di alcuni giocatori troppo indietro e troppo avanti.
programma allenamenti
da aiaroma.it

Tutto ciò deve essere frutto di analisi settimanali che lo staff deve assolutamente affrontare nella sua interezza.

Campionato

Inizia la fase più tattica.

Lo scouting degli avversari e la preparazione delle partite rappresentano una parte fondamentale e spesso decisiva del lavoro di staff.

Credo che il basket sia molto cambiato rispetto a un decennio fa o più.

Prima era frequente incontrare squadre capaci di fare scelte difensive diverse sulle stesse situazioni a seconda del giocatore, del lato di campo e di altri parametri di volta in volta analizzati.

Oggi questo è impossibile per l’eterogeneità anagrafica dei giocatori che compongono la squadra e per il processo di crescita tecnico-tattica degli stessi.

Credo sia molto più efficace avere poche regole, precise e facilmente metabolizzabili.

Di partita in partita si faranno piccoli adattamenti senza mai uscire dalle regole.

Sulla base di questo concetto  va impostato il lavoro di scouting e di valutazione delle scelte con gli assistenti ed il preparatore

In queste due fasi, PRECAMPIONATO e CAMPIONATO, il lavoro di staff si sviluppa in tre momenti differenti:

  • FUORI DAL CAMPO
  • IN CAMPO
  • IN PARTITA
Fuori dal campo
Scouting prossimi avversari

L’assistente addetto deve visionare almeno due gare dei prossimi avversari e produrre un report video che mi piace avere a disposizione subito dopo la partita precedente.

(Durante la settimana va scremato e mostrato alla squadra nella forma più breve e impattante possibile).

Deve contenere tutti gli attacchi usati in transizione e metà campo (da questi si estrapoleranno i 4/5 più usati su cui si lavorerà durante la settimana), le scelte difensive della squadra analizzata e le caratteristiche dei giocatori.

Scouting propria partita

A volte, se le circostanze lo richiedono, è opportuno produrre un video su se stessi.

Personalmente reputo che questo non vada fatto sistematicamente ma solo se c’è da enfatizzare qualche aspetto estremamente importante sia in negativo per correggere che in positivo per rafforzare la fiducia in qualcuno o qualcosa.

Programmazione

Con lo staff vanno valutate e decise le scelte tecnico-tattiche e programmata la settimana di lavoro.

Di giorno in giorno vanno preparati i piani di allenamento.

Infine, sulla base delle scelte tattiche e delle relative verifiche sul campo, si appronta il piano di partita definitivo.

IN CAMPO
Allenamenti

Gli assistenti devono conoscere a fondo il piano di allenamento e condurne parte a seconda delle capacità di ognuno.

Entrambi gli assistenti sulle 2 metà campo ed il primo assistente sul lavoro a tutto campo.

Il preparatore fisico avrà il proprio spazio in fase di attivazione e in eventuali lavori differenziati.

E’ ovvio che la profondità degli interventi degli assistenti dipenderà dalle capacità ed esperienza degli stessi.

Questo sia negli allenamenti di squadra che negli individuali e in quelli a gruppi per ruolo.

Se si hanno assistenti all’altezza si può anche assegnar loro la preparazione e lo sviluppo di una singola tematica tattica durante il corso dell’intero anno.

IN PARTITA
Riscaldamento

Lo conduce il preparatore o solo un assistente, sempre lo stesso.

Partita

Chiedo agli assistenti di parlarmi costantemente comunicando osservazioni e idee.

La stessa cosa dovrà fare il preparatore relativamente alla sfera fisica e alla fatica che “vede sulla faccia dei giocatori”.

Si può anche assegnare ad ogni assistente il compito di guardare  l’attacco o la difesa e, contestualmente, la redditività dei nostri attacchi e quella degli avversari.

Time out/Intervalli

Indicativamente:

  • i primi 20” per parlare con gli assistenti ed i restanti 40” per comunicare con la squadra nei time out;
  • 40” circa con gli assistenti e il resto  con la squadra durante gli intervalli tra quarti;
  • alla fine dei primi 20’ di gara ci si può dilungare un po’ di più ma non tanto da bloccare troppo la squadra in spogliatoio.

Ribadisco di essere assolutamente conscio che non in molte realtà è davvero possibile creare uno staff totalmente in grado di rendere pratiche le idee che ho esposto.

Io stesso, pur avendo avuto la fortuna di collaborare spesso  con assistenti e preparatori di buon livello, non ho sempre avuto la possibilità di lavorare con uno staff completo.

Lapalissianamente concludo,

meglio scegliere bravi tecnici e brave persone che bravi tecnici e basta.

di Domenico Sorgentone

Principio di allenamento nel basket

PRINCIPI DI ALLENAMENTO NEL BASKET

SPECIFICITA’ E SOVRACCARICO PROGRESSIVO

Una conoscenza adeguata dei principi fisiologici impliciti nell’allenamento e nella competizione del basket è molto valida per allenatori e giocatori.

Non basta essere bene allenati; gli atleti devono affinare il proprio…

…corpo specificatamente per il basket.

Se si vuole migliorare il proprio tiro libero, cosa si fa, si gioca a golf? No.

Si effettueranno tanti liberi.

Lo stesso principio si applica al proprio allenamento fisico.

Mediante uno specifico adattamento il corpo cambia metabolicamente e/o meccanicamente (abilità di movimento) in risposta a una specifica esigenza.

Un atleta può essere ben allenato, ma è allenato specificatamente per il basket?

Ecco la premessa di specificità dell’allenamento.

Il basket è principalmente uno sport anaerobico ma richiede anche la collaborazione del sistema aerobico.

Un allenamento specifico per il basket, perciò, prevede l’utilizzo di uno schema che solleciti la produzione di energia anaerobica.

Per migliorare la capacità energetica si dovranno eseguire, quindi, brevi esercizi di grande intensità tutti adattati alla specificità dello sport in questione.

Le esercitazioni sul campo non sollecitano soltanto il sistema di energia anaerobica, ma molte di esse implicano capacità come:

un allenamento totale e specifico per il basket.

Il sovraccarico progressivo

Siccome le reazioni fisiologiche all’allenamento sono molto prevedibili e se il corpo è attentamente e progressivamente messo alla prova, avverranno appropriati adattamenti ed il corpo diventerà più forte.

Le reazioni fisiologiche all’allenamento sono molto prevedibili.

Se il corpo è attentamente e progressivamente messo alla prova, avverranno appropriati adattamenti ed il corpo diventerà più forte.

Questo è il concetto di sovraccarico progressivo.

Quando il corpo sperimenta uno stress fisico, a condizione che lo stress non sia troppo forte, il corpo stesso si adatterà a quello stress.

Esempio

L’adattamento può implicare una crescita muscolare (ipertrofia) frutto di ripetute sedute di allenamento di resistenza o può implicare una migliorata efficienza cardiorespiratoria frutto di allenamento aerobico.

Man mano che aumenta il livello di lavoro, aumenta anche la propria capacità di lavorare più a lungo e duramente.

Per contro, un periodo di inattività che produca un declino della capacità fisica influenzerà negativamente la forma e le prestazioni del giocatore.

Se si concede una lunga vacanza, all’atleta, durante il periodo di sosta e l’atleta fa poco o niente allenamento, si potrebbe sperimentare un effetto “contro allenante”.

contro allenante
Foto di Victor Freitas

Il corpo reagirà proprio come un braccio che è stato ingessato per alcuni mesi.

La sua capacità fisica diminuisce, perde la sua vitalità.

Mantenendosi in forma si potrà ottenere il massimo del proprio potenziale fisico.

Cosa più importante è che, sia che si sta in periodo di sosta, in periodo pre – agonistico o nella stagione agonistica, se si è ben allenati, il giocatore sarà meno soggetto ad infortuni oltre a ridurre la gravità del problema nel caso in cui incorra. 

In questo senso mantenere un buon allenamento di base funzionerà a proprio vantaggio se si ha intenzione di avere una lunga e tranquilla carriera nella pallacanestro.

Il principio del concetto

Per raggiungere un livello ottimale di tensione fisica, bisogna ricordare il principio del sovraccarico progressivo.

Man mano che il proprio livello di forma migliora, gradualmente, si aumenterà l’intensità della sollecitazione fisica a cui si sta sopponendo il proprio corpo.

Le tre variabili maggiori per determinare uno stress adeguato sono:

  • l’intensità
  • la frequenza
  • la durata

Manipolando queste variabili in maniera programmata e ponderata si otterranno i risultati sperati.

L’intensità

L’intensità è probabilmente il più importante di questi tre fattori.

L’intensità di una sessione di allenamento può essere commisurata sia dal grado di difficoltà che da considerazioni di tempo.

Data la natura anaerobica del basket, gran parte dello sforzo si esercita in brevi scatti, con brevi interruzioni all’interno.

Come abbiamo già detto e ridetto, in alcuni precedenti articoli, anche il sistema aerobico necessita di una grande attenzione.

Un sistema aerobico efficiente aiuterà il corpo a tollerare meglio aumenti del livello di acido lattico, faciliterà la sua eliminazione e aumenterà la velocità di recupero.

Questo a sua volta permetterà al giocatore di effettuare prestazioni ottimali più a lungo.

La frequenza cardiaca

Fondamentale avere, per qualsiasi tipo di allenamento, il ritmo cardiaco sempre sotto controllo.

Qualunque metodo si userà l’utilità di conoscere il ritmo cardiaco ottimale dell’atleta e il ritmo cardiaco di riserva è oltremodo importante per regolare l’intensità dell’allenamento ad un livello appropriato.

Durante l’esercizio anaerobico il ritmo cardiaco arriverà al 95% del massimo o ancora più su.

Le frequenze cardiache di 180 battiti al minuto sono comuni tra atleti, sani, impegnati nell’allenamento anaerobico.

E’ ovvio che un ritmo di lavoro di tale intensità non può essere sostenuto a lungo.

In modo facile molti giocatori imparano velocemente a moderarsi durante allenamenti particolarmente gravosi.

Un occasionale controllo del battito cardiaco subito dopo un esercizio rivelerà se essi stanno esercitando il massimo sforzo.

Durante le esercitazioni i giocatori spesso sbagliano più tiri che durante l’allenamento abituale.

Alcuni allenatori dovrebbero ricordare che, man mano che l’intensità di un esercizio aumenta, accuratezza e coordinazione diminuiscono.

Se è vero che lo sbagliare i tiri durante una esercitazione non dovrebbe essere incoraggiato è anche vero che l’allenatore dovrebbe essere sempre consapevole dello scopo di quella attività.

Conclusione
Riposo
riposo

Intensità e riposo devono essere commisurate alle esigenze dell’atleta ed ai requisiti della pallacanestro.

L’intensità degli esercizi determina:

– se il sistema di energia, che viene stimolato durante l’allenamento, è anaerobico o aerobico.

– il rapporto lavoro/riposo varieranno moltissimo secondo il periodo dell’anno.

(Cit. Johnson, B. Greg)

di Tiziano Megaro

Preparazione atletica nelle donne

Differenze nella Preparazione Atletica delle Donne

Terza parte (per la prima e la seconda parte clicca qui)

Per quanto riguarda la mobilità articolare le donne presentano un maggior sviluppo di essa e una migliore predisposizione al suo miglioramento perché posseggono minor massa muscolare e quindi minor tono.

Le diverse fasi ormonali influenzano la capacità di carico delle articolazioni, l’aumento degli estrogeni induce lassità legamentosa e diminuzione della stiffness dei tendini (Hewett 2000).

Nell’ovulazione invece una diminuzione degli estrogeni induce un…

… aumento della forza e una diminuzione della capacità di rilassamento muscolare.

Mobilità articolare
Foto di Angela Roma
Valutare la mobilità articolare e la capacità di carico in fase di crescita

In particolar modo gli estrogeni, possono influenzare la capacità di carico dell’articolazione, influenzando la capacità tensiva dei legamenti e dai tendini.

Gli estrogeni aumentano, in maniera transitoria, la lassità legamentosa, che può essere responsabile di una maggiore incidenza di infortuni e alcuni studi hanno rilevato che nei legamenti ci sono recettori per tali ormoni.

Nella fase di calo estrogenico, dopo l’ovulazione si è riscontrato

che può aumentare la forza e diminuire la capacità di rilassamento.

E’ importante sottolineare che nella donna l’andamento ormonale del ciclo può condizionare le capacità di prestazione, rendendo utile spesso una pianificazione degli allenamenti in considerazione delle diverse situazioni ormonali.

Nella prima fase del ciclo, le donne si trovano sotto l’influenza crescente degli estrogeni, che comportano un effetto anabolico, mentre nella seconda parte la dominanza è dei gestageni, che hanno una azione soprattutto catabolica.

Nell’allenamento è importante considerare i vari fattori che possono causare disturbi mestruali nelle atlete e che possono essere ricapitolati in:

  • intensità dell’esercizio fisico;
  • specificità dell’allenamento;
  • indice di massa corporeo (BMI) basso;
  • età precoce dell’inizio della pratica sportiva agonista;
  • basso introito calorico energetico.

L’interazione di fattori di carattere:

  • fisico
  • genetico
  • nutrizionale
  • ormonale
  • psicologico

contribuisce a modificare l’assetto ormonale della donna atleta e, dunque, la regolarità del ciclo mestruale.

La principale attenzione viene rivolta ad un andamento irregolare del ciclo mestruale, detto oligomenorrea, che si definisce come un intervallo tra 2 cicli > di 40 giorni, o la mancanza del flusso mestruale per un periodo di almeno 90 giorni, in questo caso si parla di amenorrea.

Il rom articolare da posturafacile.it
Mantenimento del ROM articolare

L’esercizio di intensità moderata non ha alcun effetto significativo sul regolare andamento dei cicli mestruali, mentre allenamento e attività agonistica intensi e pesanti possono indurre, in alcune atlete, amenorrea

(soppressione del flusso mestruale).

Le donne possono essere più soggette a una continua tachicardia che può dipendere dal malfunzionamento della tiroide o da bassi livelli di progesterone.

In questo caso gli attacchi sono più frequenti nella seconda parte del ciclo mestruale. Anche eccessivi livelli di adrenalina possono  scatenare tachicardia e ansia.

Il progesterone ha la caratteristica di trasmettere la calma, infatti la somministrazione di questo ormone può determinare la comparsa di sonnolenza.

Non a caso durante la gravidanza molte donne riferiscono uno stato di quiete e di tranquillità promosso proprio dall’aumento di progesterone. 

In più, il progesterone ha un leggero effetto sedativo che può causare degli stati di leggera depressione, soprattutto nel momento che precede le mestruazione.

Da una serie di studi è emerso che i sintomi della depressione e dell’ansia nella donna possono essere ridotti eseguendo con costanza un allenamento di forza.

Parte dei vantaggi psicologici associati a questo tipo di allenamento ha a che fare con il rilascio delle endorfine, ormoni che agiscono sul cervello e comportano un miglioramento dell’umore, una risposta immunitaria maggiore, una percezione alterata del dolore e una riduzione degli effetti dello stress (Thorén, P., Floras, J. S., Hoffmann, P., & Seals, D. R. 1990).

Mestruazioni: vantaggi per la salute e svantaggi per estetica

La maggior produzione femminile d’estrogeni comporta diversi vantaggi per la salute ma diversi svantaggi estetici.

Oltre alla differenza della % di grasso, il sistema cardiovascolare femminile è più protetto fino alla menopausa.

Gli estrogeni vasodilatano il letto venoso ed aumentano la permeabilità capillare.

Questo porta la donna a soffrire facilmente di ritenzione idrica e ad accumulare liquidi negli arti quando l’allenamento è eccessivo o non compensato correttamente dall’alimentazione.

Per quanto riguarda l’incidenza dell’attività fisica moderata sulle mestruazioni, non risulta avere degli  effetti significativi nel turbare il ciclo.

Conclusioni

Tuttavia è stato osservato che un pesante allenamento intensivamente condotto può indurre amenorrea, soprattutto in atlete dedite alle corse di resistenza e alla ginnastica.

L’amenorrea è temporanea e scevra di complicazioni se l’attività intensa viene cessata.

Alcune atlete possono essere predisposte ad andare incontro all’anemia da carenza di ferro, dovuta a eccessive perdite di sangue mestruale e all’adozione di un programma di allenamento fisico assai esigente.

Le complicazioni della gravidanza e del parto sono meno frequenti nelle atlete che nelle donne sedentarie.

La gravidanza, di per sé, non influisce negativamente sull’attività atletica o sulla prestazione di esercizio e viceversa.

Dopo il parto la prestazione ritorna ai livelli a questo precedenti, o addirittura li supera, entro uno o due anni.

Benché gli effetti della pillola anticoncezionale sull’esercizio fisico non siano ancora precisamente noti, è impressione generale che essa possa alterare la prestazione.

di Davide Antoniella

Differenza preparazione atletica nelle donne

Differenza nella preparazione atletica delle donne

SECONDA PARTE

(la parima parte è possibile leggerla cliccando qui)

Benché la forza assoluta della donna rappresenti solo i due terzi di quella dell’uomo, la qualità delle fibre muscolari, per quanto concerne la capacità di erogare forza, è indipendente dal sesso.

In riferimento allo sviluppo della forza, gli incrementi relativi sono gli stessi, o perfino migliori, di quelli dell’uomo.

Le donne risultano avere muscoli più…

…deboli nel torace, nelle braccia e nelle spalle mentre la differenza e minore negli arti inferiori.

Gli uomini hanno maggiore potenza muscolare nelle gambe, espressa in kg, rispetto alle donne, quando il carico da spostare è basso.

La differenza scompare quando si usano carichi elevati (Bosco e coll.1995-1996).

Controllo dei R.O.M. articolari per una corretta applicazione degli esercizi di forza
Forza
  • La forza max isometrica è del 30% inferiore nella donna rispetto all’uomo
    • rapportata però alla massa magra comporta valori di forza uguali tra i 2 sessi. 
  • Quella (la forza) max aumenta nello stesso modo sia nell’uomo che nella donna
    • la differenza è che le donne dopo 7 settimane al massimo devono cambiare strategia di lavoro (Hakkinen).
  • La forza max è determinante nelle donne
    • in cui la correlazione tra forza max e forza esplosiva è elevata, più che negli uomini. (Hakkinen)

Il fenomeno  dell’ipertrofia a parità di lavoro è meno pronunciata nella donna, a causa dei suoi più bassi livelli di testosterone

Nella donna la forza massima è molto più legata alla sezione trasversale del muscolo, quindi molto più al fattore ipertrofia e deve continuare a stimolarlo e non abbandonarlo mai anche quando si fanno periodi dove si allenano maggiormente le qualità neuromuscolari.

Le caratteristiche contrattili dei muscoli del’uomo sono migliori di quelle della donna, come pure il controllo neuromuscolare e la capacità di coordinazione (Davies e coll.1986).

Estensori – flessori

Dopo la maturazione si ha un aumento del rapporto estensori/flessori cioè i muscoli flessori sono molto più deboli degli estensori.

Nelle giovani donne questo rapporto è molto più sbilanciato rispetto ai maschi della stessa età.

L’accelerazione di questo squilibrio avviene nei momenti immediatamente precedenti e immediatamente successivi all’apparizione del menarca.

Questa differenza si ripercuote in tutte le attività esplosive e di balzo.

Le bambine pre-puberi e post-puberi hanno negli atterraggi dai salti un minor piegamento e una maggiore adduzione. 

Questo determina l’elevato numero degli infortuni al ginocchio senza contatto fisico

Cause

La maggior parte di questi avvengono dopo atterraggio da salto in condizioni di ginocchio varo o valgo o nei cambi di direzione. 

La causa è di tipo NEUROMUSCOLARE:

  • diversa attivazione del quadricipite rispetto al bicipite femorale nelle donne
  • Ischiocrurali nettamente inferiori e in ritardo di attivazione.

L’’attivazione anticipata del quadricipite aumenta lo stress sul legamento crociato, non sufficientemente compensato dalla carenza di forza e dal ritardo di attivazione dei muscoli ischiocrurali. 

La co-contrazione protettiva di muscoli agonisti e antagonisti dipende dalla repentina attivazione neuromuscolare.

LASSITÀ LEGAMENTOSA e POCA STIFFNESS contrastano con la stabilità articolare

L’allenamento modifica le strategie di atterraggio in particolare aumenta la flessione del ginocchio e diminuisce le forze di reazione al suolo. (Hewett 1996)

L’allenamento della forza risulta inoltre di fondamentale importanza per il mantenimento dello stato di salute del sistema scheletrico

E’ stato dimostrato che gli stimoli meccanici ricevuti durante l’allenamento con sovraccarichi (e parzialmente anche durante altri tipi di allenamento) riescono a rallentare il processo di invecchiamento dello scheletro (McArdle W.D. et al. 1998).

In effetti, la fisiologica stimolazione meccanica indotta dall’esercizio, si rivela particolarmente utile nel limitare la perdita di matrice ossea, nel migliorare le strutture ossee e nello stimolare l’incremento della massa ossea stessa (Voloshin A.S. 2000).

La spiegazione del benefico effetto dell’esercizio fisico risiederebbe nel fatto che la struttura ossea sottoposta ad un alto livello di stress meccanico, come nel caso dell’esercizio con sovraccarichi, sarebbe in grado di sopprimere il meccanismo di rimodellamento osseo facilitandone in tal modo il processo conservativo (McArdle W.D. et al. 1998).

Gli studiosi, infatti, sono tutti concordi nello stabilire che l’elemento essenziale della morfogenesi di un osso sta nelle stimolazioni meccaniche alle quali è sottoposto (Voloshin A.S. 2000), particolarmente nelle alternanze di pressione, riposo e trazione (Valobra G.N. 2000).

Dati e conclusioni

Per quanto riguarda i dati di cui disponiamo finora in merito all’allenamento sportivo indicano che la frequenza, la durata e l’intensità di questo hanno effetti simili in entrambi i sessi.

In altre parole possono essere indotte modificazioni fisiologiche e biochimiche comparabili, risultanti in un’accresciuta capacità di lavoro sia nell’uno che nell’altro sesso adottando programmi similari ma individualizzati.

Modello  da Behnke, “ Le maggiori differenze tra uomo e donna”
  1. Statura media inferiore di 7-11 cm
  2. Peso tessuto osseo inferiore di 4 kg, vale a dire del 12% – 15%3)
  3. Valori inferiori di emoglobina ematicaVo2 max minore, limitazione biochimica (capacità di usare l’ossigeno perprodurre energia)
  4. Metabolismo basale inferiore del 5% – 10% (consumo delle calorie a riposo)
  5. Minori mitocondri per miofibrilla (cellula muscolare)
  6. Meno massa corporea, in media – 11 kg – 13,5 kg
  7. Minore massa magra – 13 kg (ma la % è simile all’uomo)
  8. Meno muscolo – 11 kg (44,7% nell’uomo 36% nella donna)
  9. Più grasso + 4,5 kg – 7 kg rispetto all’uomo.

di Davide Antoniella

Agilità

L’AGILITA’

NELLA PALLACANESTRO


Dopo la velocità, continuiamo il nostro viaggio trattando un’altra dote atletica necessaria per diventare un giocatore di basket quantomeno completo.

Un sistema per muoversi più liberamente con maggiore agilità e velocità è quello di sviluppare una buona elasticità.

Inoltre, la capacità di fornire…

…prestazioni senza timori di infortunio si risolve in azioni più poderose.

Cosa origina la potenza?

Il livello di estensione di una banda elastica stabilisce la quantità di energia immagazzinata e la possibilità di emissione di forza.

Per il muscolo non è l’estensione, ma piuttosto la velocità dell’allungamento che determina l’originarsi della potenza.

Quando però un muscolo è allungato fino ai suoi limiti estremi, l’essere in grado di resistere ai rigori di questo allungamento massimale ed eseguire un movimento di grande potenza senza infortunarsi è molto importante per una resistenza e produttività a lungo termine.

L’ampliamento della gamma di movimenti è un fattore molto importante per diventare un atleta completo.

L’importanza dell’agilità

Strettamente collegata con l’equilibrio, l’agilità è necessaria agli atleti per regolare gli spostamenti del centro di gravità mentre in velocità variano le posizioni del corpo.

L'agilità
Foto di Tima Miroshnichenko

L’agilità è la capacità di cambiare direzione senza diminuire la velocità.

Un esempio

Immaginiamo un uomo alto circa 2 metri, di 115 Kg, che può sollevare 180 Kg da seduto e 500 Kg in piedi, che ci sprinta in piena velocità davanti a noi e che improvvisamente devia a razzo verso destra o verso sinistra apparentemente senza diminuire il passo.

La maggior parte dei giocatori deve decelerare considerevolmente per assumere un po’ di controllo prima di un rapido cambio di direzione.

Ridurre la decelerazione è un fattore chiave per migliorare l’agilità.

La capacità di cambiare direzione rapidamente spiega in larga misura perché in atletica i saltatori possono balzare così in alto.

Il saltatore, in questo caso, stabilisce la sua velocità durante l’approccio al salto e poi trasferisce questa velocità orizzontale in sollevamento verticale nei due rapidi passi prima del punto di battuta.

Saltatore

Queste stesse caratteristiche possono essere inserite nei movimenti sul campo di basket.

Conclusione

Bisogna includere degli esercizi che richiedono veloci cambi di direzione nello schema quotidiano di allenamento:

con l’allenamento frequente a cambiare direzione con movimenti in avanti, indietro, laterali e verticali, si migliorerà l’agilità dell’atleta.

Prossimamaente tenteremo d’illustrare – presentare esercizi dediti al miglioramento di questa dote atletica con la speranza di avere uno scambio con i tanti lettori del nostro blog.

di Tiziano Megaro


Check - up 360

Importanza di un check-up a 360°

L’importanza di un check-up a 360° e la creazione di un documento che accompagni il soggetto durante le attività con un costante monitoraggio di ogni fase di crescita, di  pianificazione coordinata e mirata degli allenamenti, dell’alimentazione e delle necessità rilevate, permette…

  • di favorire uno sviluppo armonico
  • una precisa preparazione per la miglior performance
  • di contrastare molte patologie oggi esistenti 

affrontando tutte le età con un maggior benessere psico-fisico.

La sintesi dei dati emersi dal check-up, una volta analizzati e comparati tra loro dagli specialisti coinvolti, rappresenterà uno strumento per salvaguardare lo sviluppo armonico, individuare le capacità attitudinali e mirare agli obiettivi prefissati.

check - up

Queste informazioni servono a redigere un report personalizzato in cui vengono messe in evidenza le risposte ottenute e le aree che necessitano di un eventuale intervento:

  • preventivo
  • migliorativo
  • terapeutico
L’azione

L’intervento è multi-modale ed integrato e si compone di elementi medici, motori e psicologici e deve essere affidato a un team esperto in grado di seguire qualsiasi  persona non come un insieme di sintomi, organi, obiettivi tra loro scollegati.

Il check-up per troppo tempo è stato considerato utile solo per sportivi agonisti, già meno con sportivi amatoriali e pochissimo con frequentatori di palestre e assolutamente evitato con persone normali.

Oggi si parla di check-up a tutte le età e in tutti i settori sportivi, motori, medici e nella medicina anti-aging.

Questo ha permesso di comprendere l’importanza della pratica sportiva e dell’attività motoria.

Ottimizzazione del movimento

Il movimento non provoca così automaticamente benefici, ma in conseguenza di atteggiamenti sbagliati:

  • alcool e fumo
  • alimentazione sbilanciata
  • stress
  • cattiva gestione degli allenamenti nello sport agonistico di alto livello o amatoriale

causa anche danni e patologie cardiovascolari, cronico-degenerative, autoimmunitarie.

patologie cardio
Foto di EVG Culture

Affinché sia conseguito l’obiettivo della salute potenziata è indispensabile che l’attività fisica sia il più possibile personalizzata in modo da basarsi sulle caratteristiche del soggetto.

Inoltre, deve essere superata l’idea che a un maggior volume di attività fisica corrisponda maggior beneficio.

Anti – aging

Infatti, durante un allenamento l’organismo è sottoposto a uno stress che per essere positivo e comportare dei benefici fisiologici e di composizione corporea, deve essere equilibrato alle capacità soggettive e anche al riposo, durante il quale le modificazioni avvengono.

Spesso si ritiene anche erroneamente che lo sport amatoriale sia il meno pericoloso in quando dovrebbe richiedere bassi livelli di attività, mentre da molti viene praticato senza controlli, con carichi elevati, in età avanzate alzando enormemente gli effetti negativi e i rischi.

L’anti-aging ha introdotto il concetto di check-up anti-aging e fonda il suo programma sulla comprensione delle origini evoluzionistiche dell’invecchiamento.

Sostiene, infatti, che

il cosiddetto normale invecchiamento è un processo attraverso il quale la salute viene inesorabilmente compromessa, rendendo il soggetto più suscettibile alle malattie croniche.

Sostiene inoltre che

la vera salute non è semplicemente l’assenza di malattia, ma piuttosto la presenza di un benessere fisico, mentale ed emozionale.

Il proposito

L’obiettivo di questa nuova branca della medicina è quindi quello di fornire strategie scientificamente validate per frenare il processo dell’invecchiamento, per prevenire le malattie croniche e ottimizzare la qualità della salute.

E’ possibile stabilire quanto si sta realmente invecchiando e quale sia la corrispondenza tra la propria età anagrafica e l’età biologica.

Conoscere il proprio orologio biologico, entrare nella diagnostica precoce nonché il grado di alterazione dei markers biologici dell’invecchiamento, per elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, che consentirà di migliorare la funzionalità dei sistemi dell’organismo e di rallentare, entro certi limiti, sono alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento.

anti - aging
Foto di Daniel Torobekov
Nello specifico

L’esercizio fisico equilibrato può essere considerato una vera e propria terapia.

La proprietà spiccatamente pleiotropiche sarà in grado cioè di andare a incidere contemporaneamente, sia in campo preventivo che terapeutico, su numerosi fattori di rischio o aspetti patologici.

E’ fondamentale analizzare e conoscere approfonditamente gli effetti dell’allenamento sul corpo umano per poter poi applicare la corretta attività  fisica.

Da questo emerge la necessità di un check-up, condotto da seri professionisti esperti, che deve prevedere analisi mediche, sportive e psicologiche per elaborare corretti protocolli personalizzati a seconda delle necessità e degli obiettivi da raggiungere.

I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.

La prescrizione ottimale è determinata da una valutazione oggettiva:

analisi cliniche
Foto di Chokniti Khongchum

I protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido, applicando semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi, ma analizzando a fondo i risultati e incrociando i dati e le conclusioni dei vari specialisti.

La valutazione medica può comprendere:
  • Compilazione di questionari
  • Anamnesi completa
  • Esame fisico
  • ECG a riposo a 12 derivazioni
  • Pressione del sangue a riposo (anche con variazione di posizioni)
  • Analisi del sangue
  • Una prova da sforzo graduale con controllo elettrocardiografico
  • Accertamenti specifici a seconda delle necessità.

All’Istruttore spetterà il compito di erogare i protocolli, spiegarli con linguaggio accessibile, misurare i cambiamenti e comunicarli al medico, stabilire (con il medico) gli obiettivi, gestire l’attività di counseling.

Ruolo e valutazione dell’istruttore

Può comprendere:

  1. Anamnesi per raccogliere dati e avere informazioni da integrare e confrontare con quelle mediche
  2. Antropometria e plicometria da integrazione e comparazione di analisi clinica strumentale della composizione corporea e tomografica della bioimpedenza cellulare
  3. Analisi posturale con semplici sistemi di valutazione globale e analitica solo quando la globalità indica un malfunzionamento
  4. Esame della funzionalità dell’apparato locomotore e della locomozione con semplici test biomeccanici e di mobilità articolare
  5. R.O.M. (Range Of Motion) articolari e test di mobilità articolare e funzionalità articolare generali con studio biomeccanico degli esercizi e delle posture in relazione al soggetto
  6. Test submassimali organici e di forza all’aperto e in palestra per calcolare frequenza cardiaca, consumo di ossigeno, soglie, squilibri muscolari, valori di forza, confronti delle modalità di attivazione nervosa dei diversi muscoli coinvolti nel movimento e monitorare i cambiamenti e miglioramenti.
analisi
Foto di RF._.studio
Conclusioni

La specificità dei test e le varie strumentazioni sono utilizzate a secondo delle necessità individuali per poter applicare al meglio i protocolli di allenamento nel rispetto delle esigenze morfo-bio-strutturali evitando infortuni, sovraccarichi e con il massimo gradimento del soggetto.

Questo si intende per applicazione di protocolli studiati e individualizzati frutto di un attenta analisi dei dati forniti da un check up fatto da esperti nei vari settori.

di Davide Antoniella

Smettere di allenarsi

Cosa succede quando smetti di allenarti?

Se ti alleni tutto l’anno, può capitare che un giorno salti una sessione di allenamento, ma se salti 2-3 settimane di seguito cosa succede?

Se smetti di allenarti per più di una settimana, inizierai a sperimentare gli effetti del “Detraining”, un fenomeno nel quale si perdono i benefici dell’allenamento e di conseguenza la…

…sospensione prolungata degli allenamenti riduce il livello della tua preparazione fisica.

La perdita della “forma fisica” dipende da molteplici fattori:

  •   il livello di allenamento
    • Più sei allenato, più tempo impiegherai per andare “fuori forma”. 
I cambiamenti

Quando smetti di allenarti avvengono in te molti cambiamenti fisiologici e inizi a perdere:

  • i progressi cardio-vascolari che avevi ottenuto (ad esempio il cuore inizia a perdere la sua capacità di gestire volumi aumentati di sangue e l’abilità a pompare sangue più efficientemente);
  • l’abilità del corpo di utilizzare i carboidrati come “carburante” e la migliorata capacità muscolare di utilizzare l’ossigeno
    • cioè cala il volume massimo di ossigeno consumato in un minuto (V02 max);
  • i miglioramenti acquisiti sulla pressione del sangue, sui livelli di colesterolo e di glicemia e se facevi allenamenti di forza, il tuo volume muscolare, la tua forza e la resistenza si ridimensioneranno;
  • in 2-4 settimane la maggior parte delle capacità aerobiche guadagnate in 2-3 mesi di allenamento;
  • la forza, la potenza e la resistenza muscolare e sebbene la forza possa essere mantenuta fino alle 3-4 settimane di inattività, la potenza e la resistenza potrebbero ridursi significativamente.
Gestisci meglio il Detraining

Il “Detraining” ha effetti negativi sulla composizione corporea ed è associato all’aumento di peso e alla diminuzione del metabolismo basale.

Diversi fattori possono contribuire all’aumento del grasso corporeo quando smetti di allenarti.

Quando perdi massa muscolare il tuo fabbisogno calorico diminuisce in contemporaneoa anche il metabolismo basale perché i tuoi muscoli riducono la capacità di bruciare calorie.

Inoltre, non stai più bruciando la stessa quantità di calorie perché ti stai allenando di meno,

quindi se non adatti il tuo piano alimentare le calorie in più che introduci saranno immagazzinate nel corpo come grassi e di conseguenza aumenterai di peso.

E dopo?

E’ difficile prevedere quanto tempo ci vorrà per ritornare al tuo livello di forma fisica precedente e una cosa che giocherà sicuramente in tuo favore è la tua “memoria muscolare”.

I tuoi muscoli hanno delle cellule speciali che “ricordano” i movimenti che facevi durante l’allenamento, quindi quando tornerai ad allenarti dopo un lungo periodo di stop, riacquisterai la tua forma fisica più velocemente.

Però ti consiglio di:

  • ricominciare ad allenarti in maniera “soft” per evitare infortuni;
  • aspettare 3-4 settimane prima di arrivare a seguire i tuoi allenamenti abituali;
  • avere pazienza e perseveranza e credere che ritornerai più forte di prima.

Resilienza!

di Maurizio Mondoni

Importanza test di forza

IMPORTANZA DEI TEST DI FORZA

Per forza muscolare s’intende la capacità di un muscolo singolo o di un gruppo muscolare di vincere una resistenza.

La resistenza può essere costituita dal peso del proprio corpo, da un peso esterno, oppure da una forza che si oppone alla contrazione muscolare.

La fisica ci dice che la Forza è data dall’espressione tra una massa e la sua accelerazione (F=m*a) e che questo evento inneschi una serie di…

…reazioni a catena che dipendono da fattori quali:

Il prof. Carmelo Bosco sosteneva che la classificazione della forza deve avvenire attraverso l’analisi dei due elementi fondamentali che sono:

  • il carico (la massa)
  • la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione)
    • a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso e lo spostamento ottenuto.

L’identificazione del massimale è un preciso riferimento della quantità di forza esprimibile in un determinato movimento monoarticolare, multiarticolare o di un determinato gruppo muscolare.

Allenare la forza

L’allenamento della forza è importante per migliorare le prestazioni, per raggiungere equilibrio nelle riabilitazioni e riatletizzazioni  ed è  in grado di contrastare  efficacemente la perdita di massa muscolare producendo  risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici .

Stimola, inoltre, la capacità  neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari  e questo consente sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di  denervazione.

Atleta pallavolo

L’inattività con il passare degli anni aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.

Gli allenamenti della forza negli anziani e nei soggetti affetti da sindrome metabolica possono essere eseguiti in totale sicurezza.

Se ben programmati e  attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di  massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.

La valutazione

La valutazione della forza è indispensiabile al fine di poter eseguire un corretto approccio dell’allenamento basato su principi scientifici.

Una corretta valutazione dei livelli di forza permetterà di elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare:

La valutazione della forza clinico-funzionale

La valutazione della forza clininico – funzionale è di fondamentale importanza per identificare l’attitudine di un soggetto e per il monitoraggio degli adattamenti fisiologici all’esercizio fisico mettendo in evidenza le aree che necessitano di intervento e le modalità più idonee per attuarlo permette inoltre di impostare i giusti carichi di lavoro .

La coordinazione è importante soprattutto nella valutazione della forza dinamica massimale ed essa sarà sempre legata ad uno specifico movimento perché in  parte la forza è un’abilità.

Per questo quando si valuta un movimento va sempre presa in considerazione sia la parte quantitativa (il valore numerico estratto dalla prova) che quella qualitativa (la correttezza del gesto).

Se si elimina dalla valutazione l’attenzione alla correttezza tecnica del gesto si rischia di rendere la prova non valida e inoltre si espone la persona ad infortuni anche gravi.

Cos’è indispensabile per i test (obiettivo – soggetto – test)
  • una conoscenza approfondita del gesto ed esperienza nell’applicazione del test
  • una corretta valutazione della relazione
  • una capacità di osservazione delle fasi dell’esecuzione
  • una corretta interpretazione dei dati
  • un corretto incrocio dei dati con gli altri test

I test   devono analizzare le condizioni di partenza e in itinere.

Per avere efficacia devono essere:

  • ATTENDIBILI
    • riprodurre ciò che misurano,
  • VALIDI 
    • rispettare il significato predittivo scopo
  • OBIETTIVI
    • operatori diversi risultati analoghi
  • RIPRODUCIBILI
    • misurare stessa cosa e condizione
  • SPECIFICI
    • soggetto e tipo attività
  • TECNICI
    • mantenere costanti le variabili

Questo è il motivo perchè devono essere effettuati da professionisti che hanno esperienza nell’analisi tecnica del gesto proposto, nella capacità di osservazione delle dinamiche di esecuzione del gesto nonche’ di eventuali compensazioni che potrebbero inficiare il risultato finale.


Le regole per una buona valutazione sono semplici:
  • Sapere cosa valutare
  • Scegliere il metodo (test) giusto per la valutazione
  • Scegliere il mezzo (esercizio) giusto per la valutazione
  • archiviare i risultati
  • riassumerli sotto forma di grafici per avere una visione d’insieme dei progressi ottenuti

Secondo Bosco (2001) il test è specifico se riproduce e soddisfa le condizioni della prestazione in termini di coerenza biomeccanica, coordinativa e metabolica.

 Valutazione dei test di forza:
Nello specifico

La forza massima, si esprime quando si muove un carico, il più alto possibile, senza limitazioni di tempo e senza la possibilità di modularne la velocità di spostamento.

Quella esplosiva, anche se in modo improprio, si può definire come la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocità possibile.

L esplosivo-elastica, si esprime quando si vuole muovere un carico il più velocemente possibile e il movimento inizia con una fase eccentrica alla quale segue immediatamente quella concentrica

La forza esplosivo-elastico-riflessa, come quella elastica, si esprime in un doppio ciclo stiramento-accorciamento, ma in questo caso di ampiezza limitata e di velocità particolarmente elevata.

La resistenza alla forza veloce non è altro che la capacità di esprimere elevati sviluppi di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo

La resistenza muscolare è la capacità del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza prolungati per lungo tempo.

La valutazione può essere  in condizione di:
  • Forza espressa in situazione statica
  • Forza espressa in situazione dinamica – con o senza carico
I metodi di valutazione della forza: 
  • manuali TMM (test muscolare manuale)
  • pratici  in palestra a corpo libero o con uso di pesi liberi e macchine
  • strumentali basati sui dinamometri , cella di carico, accelerometro,  sistemi optoelettronici, videografici, handgrip, pedane

Il presupposto di ogni controllo efficace dell’allenamento è quello di disporre di valori affidabili di test (Bartonietz 1992) : 

Valutazione funzionale + Pianificazione dell’allenamento = CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO

I test costituiscono un controllo periodico molto efficace e grazie all’analisi dei loro risultati è possibile elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, mettendo in relazione la performance con le strategie di lavoro adottate.

di Davide Antoniella

Test sportivo

Test organico e baropodometrico

Come servizio innovativo della corsa per prevenire infortuni e migliorare le performance

Per una corretta programmazione degli allenamenti di tipo organico è di fondamentale importanza effettuare test incrementali che permettano di identificare il punto ZERO (livello di partenza), ricercando:…

Il test

Il test organico combinato, con esame dinamico baropodometrico al tapis roulant, permette di ottenere una valutazione simultanea dei parametri fisiologici:

Dopo un’attenta anamnesi personale, un analisi degli sport praticati, dei traumi subiti e le operazioni alle articolazioni a cui si è stati sottoposti, si prosegue con la valutazione:

  • posturale attraverso test specifici di allineamento;
  • flessibilità e forza muscolare degli arti inferiori e del bacino
    • in piedi, da fermi o in movimento.

Successivamente viene effettuata una ripresa video su un tapis roulant dotato di sensori sensibili alla pressione.

test 1 corsa

È importante combinare il test organico all’esame baropodometrico  sia con sportivi che con amatori e con chiunque effettua attività organica, compreso i bambini.

test 2
Il tapis roulant baropodometrico

Il tapis roulant baropodometrico rivestito di sensori sotto il tappeto di camminamento, consente una accurata analisi delle pressioni plantari.

Rileva la distribuzione del carico a terra durante le fasi della camminata e della corsa in condizione di comfort e di incremento di intensità, esaminando come l’apparato locomotore compie ogni singolo movimento nella sua dinamicità.

L’utilizzo di telecamere sincronizzate consente anche una dettagliata valutazione dell’atteggiamento posturale durante il movimento mettendo in evidenza come si sposa il peso, l’appoggio e i tempi di carico durante la camminata.

Davide a lavoro
Il prof. Davide Antoniella presso il suo studio

Si evidenzia la percentuale di appoggio sull’avampiede e sul retropiede ed eventuali casi di pronazione e supinazione.

Finalità del test

Questo test permette di fare delle valutazioni anatomiche e funzionali del piede e di altri distretti corporei ad esso connessi.

Permette, inoltre, di:

L’esame pertanto è utile nel descrivere la morfologia, la funzione e disfunzione del piede e dei segmenti corporei ad esso interconnessi (caviglia, ginocchio, anca)

L’esame si rivela utile prima, dopo e durante la fase riabilitativa.

Il piano di lavoro programmato per l’attività organica, qualsiasi obiettivo si abbia, sottopone le  strutture osteomuscolari e articolari a continui sovraccarichi per la ripetitività del gesto atletico;

soprattutto se quest’ultimo non viene eseguito nella maniera corretta o se vengono utilizzate calzature non specifiche.

Se il soggetto non distribuisce in modo corretto il proprio baricentro, le pressioni all’interno del piede e tra un piede e l’altro o se non ha una buona mobilità può provocare danni alle articolazioni.

Il programma seppur basato su test organici precisi    sarà del tutto inefficace se non supportato da una corretta analisi baropodometrica, perché può attivare le disfunzioni più comuni di un podista:

test 3

L’esame  combinato con le altre valutazioni ,  potrà pertanto fornire elementi importanti riguardo  sovraccarichi anatomici e funzionali, idoneità della calzature sportive ed eventualmente delle ortesi plantari testandone l’idoneità.

L’esame baropodometrico eseguito in questa maniera diventa una gait analysis ovvero la valutazione della biomeccanica dell’apparato locomotore.

Conclusioni

Correre con la consapevolezza di farlo nel modo corretto, dal punto di vista della postura e della dinamica, indossando la tipologia di calzatura più idonea, è fondamentale per prevenire gli infortuni e correggere le cause dei propri disturbi.

Tale valutazione ha quindi e soprattutto una funzione preventiva permettendo di  poter personalizzare il programma di allenamento, gli esercizi propriocettivi  e di stretching dei diversi distretti muscolari in modo funzionale.

In oltre si affina la tecnica, migliorando  il  passo,   evitando lesioni muscolari e osteoarticolari e

permettendo di migliorare la performance sportiva per raggiungere gli obiettivi nel modo più corretto, protettivo, tutelativo, cautelativo possibile.

di Davide Antoniella

Ciclo mestruale

Donna: ciclo mestruale e preparazione fisica

Le donne che praticano attività fisica con continuità aumentano, nonostante permanga il gap di genere: secondo il CONI, nel 2016, la differenza maggiore è stata del 22.9% nella fascia d’età tra i 18 e i 19 anni (Centro Studi CONI, 2017).

Il ciclo mestruale è senza dubbio uno dei processi che più differenziano la fisiologia della donna da quella dell’uomo:…

non testimonia solo la corretta funzionalità del sistema riproduttivo, ma spesso viene visto come indice dello stato di salute della donna.

Antoniella con allieva
Il prof. Antoniella con un’allieva
Regolamentazione e controllo

Il suo controllo è regolato da un complesso apparato neuro-endocrino che coinvolge oltre all’ovaio anche sistema nervoso centrale, ipotalamo e adenoipofisi.

Combinare il calendario del ciclo mestruale con quello degli allenamenti o delle competizioni è uno dei problemi che ogni mese assillano l’atleta donna.

I volumi d’allenamento, le richieste estetiche sport-specifiche e lo stress psicologico possono rompere l’equilibrio ormonale nelle atlete d’élite, essenziale per la periodicità del ciclo.

Gli effetti esercizio-indotti sono solitamente reversibili e tendono a ripristinare il rilascio pulsatile di GnRH e delle altre gonadotropine tramite riposo, adeguato apporto calorico e aumento della massa grassa.

I numerosi piani pluriennali di allenamento ad elevata intensità, la specializzazione precoce ed i contesti sportivi incentrati sui risultati possono ledere lo sviluppo psicofisico dell’atleta che, soprattutto in età puberale, è molto delicato.

Le richieste prestative sembrano stressare maggiormente le donne rispetto agli uomini, sia fisicamente che psicologicamente.

Lo stress psicofisico può essere valutato primariamente attraverso l’intensità d’esercizio

Se questa è di livello moderato, ciò si traduce in un rilascio endogeno di endorfine che contribuisce ad attenuare gli aspetti negativi del ciclo, in particolare in fase mestruale.

Le atlete di endurance, le ginnaste e le ballerine sono le sportive più studiate, poichè hanno dimostrato maggiormente un ciclo mestruale alterato.

È stato visto come nelle atlete di endurance, l’esercizio aerobico prolungato induca un innalzamento a breve termine delle concentrazioni di testosterone indipendentemente dalla fase mestruale (O’Leary et al., 2013).

È interessante notare come atlete predisposte geneticamente ad una maggior concentrazione endogena di androgeni tendano a praticare sport in cui questo profilo ormonale comporti una buona performance.

Le ginnaste di alto livello invece presentano alti livelli di cortisolo con abolizione del suo ciclo circadiano e conseguente squilibrio all’interno dell’asse ormonale.

In queste attività, inoltre, è auspicabile una bassa percentuale di massa grassa ed il ridotto introito calorico provoca notevoli variazioni nei livelli di adiponectina, leptina e grelina che il solo esercizio fisico non sarebbe in grado di modificare.

Roberta Bacchetti
L’atleta Roberta Bacchetti di Rugby a 7 sport misto di contatto e di situazione

Alti livelli di adiponectina, secreta dal tessuto adiposo, coincidono con un maggior stato infiammatorio ed una ridotta disponibilità energetica.

Esercizio intenso, riduzione della massa corporea e della percentuale di massa grassa tendono a modificare i livelli fisiologici di leptina e grelina.

Questi due ormoni concorrono a regolare la secrezione degli ormoni sessuali e una loro continua variabilità tende a sopprimere il controllo neuroendocrino del ciclo (Ackerman et al., 2012).

Nel lungo periodo, la condizione in cui l’assetto ormonale si discosti dai livelli fisiologici può portare ad un menarca ritardato, oligomenorrea, amenorrea o addirittura alla cosiddetta triade dell’atleta donna.

Quest’ultima condizione presenta amenorrea combinata con scarsa disponibilità energetica e densità ossea ridotta.

Diversi studi hanno dimostrato come ci siano numerose conseguenze se questa condizione interessa il lungo periodo:

  • aumentato rischio di infortuni muscoloscheletrici;
  • fratture da stress;
  • profilo lipidico anormale;
  • disfunzioni endoteliali;
  • perdita irreversibile di massa ossea;
  • depressione;
  • ansia;
  • scarsa autostima;
  • aumentata mortalità

(Weiss Kelly et al., 2016)

Conclusione

Secondo diversi studi, gli sport in cui endurance e composizione corporea predominano c’è un’aumentata predisposizione al rischio.

In queste tipologie di attività, le atlete che presentano disturbi mestruali e ridotta massa grassa adottano strategie alimentari per ridurre l’introito calorico, come l’uso abituale di bevande non caloriche e una dieta incentrata su frutta e verdura (Maïmoun et al., 2014).

Il disturbo mestruale è associato quindi anche ad un disturbo alimentare.

Donne e sport di endurance
Donne e sport di endurance: occorre una preparazione fisica adeguata

Per quanto riguarda il metabolismo osseo, sono da valutare sia l’entità del disturbo mestruale, sia il carico iterativo sport specifico (Maïmoun et al., 2016).

Com’è noto, l’esercizio fisico incentiva l’attività degli osteoblasti:

  • questa tipologia di cellule viene stimolata soprattutto nelle attività in cui c’è un maggior stress meccanico (ginnastica);
  • l’attività osteogenica si riduce così in attività come il nuoto e in minor misura nella corsa e nella danza.

Barrack et al. (2010) hanno dimostrato come le atlete di endurance (40%) abbiano una densità ossea più bassa rispetto alle ballerine o alle ginnaste (10%). Inoltre, la carenza di estrogeni peggiora la struttura trabecolare delle ossa meno coinvolte nell’attività praticata.

Le donne presentano quindi un profilo ormonale molto sensibile al livello di allenamento, allo stato nutrizionale e psicologico.

Una preparazione fisica adeguata ed etica dovrebbe passare per un monitoraggio costante e globale dello stato di salute dell’atleta, specie nelle categorie giovanili.

di Davide Antoniella

Forza tridimensionale

La forza tridimensionale e funzionale negli sport di situazione

L’effettore finale del movimento è il sistema muscolare, che trova nelle sue unità funzionali, i sarcomeri, i protagonisti del suo accorciamento in toto, spiegabile grazie alla teoria dello scorrimento dei filamenti.

I sarcomeri in quanto singola unità, devono sommarsi tra loro per creare il substrato strutturale motorio.

Sistema muscolare

Deve far riflettere come a partire da un evento “banale” quale lo scorrimento di Actina e Miosina, possa derivare una variabilità gestuale estremamente complessa. Per cui la chiave dell’allenamento o della prevenzione di un evento traumatico, deve orientarsi ad ottimizzare tutto quello che precede e consegue la formazione dei ponti trasversali a livello del muscolo e non concentrarsi sul mero rinforzo locale.

A questo possiamo poi aggiungere la maggiore complessità degli sport situazionali, grazie all’interazione del soggetto in questione con gli eventuali compagni di squadra, con l’avversario/i, con le infinite possibilità di variabili legate al gioco e di tutto ciò che ne consegue.

La sommazione dei sarcomeri, da un punto di vista teorico, si effettua in duplice modalità. La sommazione in serie e la sommazione in parallelo.

Se si considera il comportamento di due sarcomeri e si valuta il risultato complessivo di questi, le caratteristiche del movimento derivato di tale organizzazione sarà peculiare.

La sommazione in parallelo porterà ad un quadro di caratteristiche orientate ad un’espressione di forza maggiore, la sommazione in serie darà vantaggio sulla velocità di accorciamento (1).

La forza che il muscolo può esprimere non dipende esclusivamente dall’attività muscolare “pura”, ma può avere man forte dalle strutture passive perimuscolari.

La forza generata dal tessuto contrattile può esprimersi grazia a una duplice modalità di trasmissione, la quale, può essere di tipo diretto o indiretto.

Per cui possiamo avere (2):
  • Trasmissione Miotendinea, che si esprime agli estremi del muscolo.
  • Trasmissione Miofasciale, che può avere luogo lungo tutta la lunghezza del sarcomero.

Considerando il modello dello scorrimento dei filamenti e che a livello tendineo il movimento autorizzato sarà una trazione longitudinale al ventre muscolare, all’interno del ventre stesso le forze in gioco saranno di tipo tridimensionale.

I responsabili strutturali di questo sistema accessorio a quello longitudinale possono essere riconducibili all’Epimisio, Perimisio ed Endomisio. Per cui la forza, oltre che nascere dal sistema esclusivamente attivo, può nascere, grazie alle intime relazioni strutturali, anche dallo stroma connettivale (3).

epimisio endomisio perimisio
epimisio, endomisio e perimisio

La forza espressa da un singolo sarcomero dipende dal grado di sovrapposizione dei filamenti di actina e miosina. Essa è maggiore a lunghezze intermedie e tende a diminuire a mano che ci allontana da questa lunghezza ottimale.

Sulla base di questo sistema ausiliario di trasmissione di forza, un antagonista muscolare può essere fondamentale per l’ottimizzazione della produzione di forza da parte un dato muscolo, in quanto elemento di stabilizzazione.

In base a tale discorso si può capire come la forza sia angolo e gesto specifica, e di come più ci si allontani dalle caratteristiche tecniche di riferimento, più sarà difficile che la capacità allenante di un dato esercizio possa essere utile al miglioramento della performance.

Questo potrebbe indurre a far credere che esercizi aspecifici o di isolamento abbiano poco senso nell’ambito degli sport di situazione, ovviamente è un’affermazione che va contestualizzata al livello del soggetto (4).

Più un atleta è specializzato e più sarà preponderante la ricerca di una relativa specificità

Negli atleti evoluti si favorirà sempre più un approccio tendente all’ottimizzazione coordinativa gestuale, più che del miglioramento di parametri fisiologici. La stessa considerazione può essere usata per gli esercizi multiarticolari, nei quali potrebbe esservi uno stimolo eccessivo per determinati distretti ed irrisorio per altri.

Anche in tal caso la risposta va cercata nelle esigenze del singolo tramite una valutazione delle esigenze (5).

Considerare il vissuto dell’individuo, i traumi, infortuni, postura dinamica, caratteristiche trasversali, unitamente alle richieste dello sport praticato, è un primo approccio da considerare come riferimento operativo. 

Atleta forza tridimenzionale
CONCLUSIONI

A partire da questo piccolo cappelletto introduttivo, i riferimenti da considerare per orientare il lavoro possono essere riassunti dai seguenti punti:

  • Colloquio conoscitivo dell’atleta. (Considerare il suo vissuto, il suo stile di vita, la storia dei traumi, le sue esigenze)
  • Valutazione posturale soprattutto dinamica.
  • Valutazione delle richieste sport-specifiche. (Soprattutto angoli di lavoro, tipologie di forza maggiormente necessari, tempi di applicazione della forza, traumatismi principali della disciplina svolta)
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Bibliografia

  • C.Bosco. La forza muscolare. Aspetti fisiologici ed applicazioni pratiche.
  • Huub Maas and Thomas G. Sandercock. Force Transmission between Synergistic SkeletalMuscles through Connective Tissue Linkage.
  • Huub Maasa, Guus C. Baana, Peter A. Huijing. Muscle force is determined also by muscle relative position: isolated effects.
  • Schoenfeld BJ, Contreras BM. Is functional training really functional? ACSM Certified News 2010.
  • Schoenfeld BJ, Contreras BM. Do single-joint exercises enhance functional fitness? Strength Cond J 2012.

Autori: Antonio Di Stasio e Dario Mirra

Storia della preparazione atletica

Storia della preparazione atletica

Nuovo concetto di allenamento e suoi principi
Evoluzione preparazione fisica

La storia della preparazione atletica vede la sua comparsa, in modo sistematico, nel calcio intorno agli anni ’60; successivamente ha avuto una forte diffusione anche nelle altre discipline sportive.

La metodica di allenamento deriva…

dall’atletica leggera che, a quel tempo, era l’unico sport che aveva mutuato una cultura strutturata.

atletica-leggera

Questo intervento ha comportato un approccio aspecifico all’attività portando ad una stabilizzazione delle capacità degli atleti e ad una aumento del numero di infortuni.

Negli anni ’80 anche altri sport si affacciano ad un approccio “atletico “ ma con metodiche che nulla avevano a che fare con il modello prestativo.

Negli anni ’90, con la scoperta dei lavori di forza, anche per la pallacanestro, il preparatore ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato.

Ciò nonostante, le metodiche non erano ancora specifiche anzi derivavano dai body builders con le stesse conseguenze derivanti dall’applicazione dei metodi dell’atletica leggera.

Da pochi anni è iniziata una piccola rivoluzione nell’area della preparazione fisica con l’introduzione di un concetto più moderno: “L’ALLENAMENTO FUNZIONALE”.

Alcuni studiosi hanno dimostrato quanto siano importanti gli aspetti coordinativi del gesto specifico rispetto all’esclusivo lavoro di aumento della forza muscolare, attraverso esercizi che niente hanno a che fare con i movimenti tecnici o la posizione che un cestista assume in campo.

L’allenamento funzionale quindi affiancherà l’allenamento tecnico – tattico del cestista attraverso programmi personalizzati e specifici.

Allenamento funzionale
PRINCIPI DI ALLENAMENTO

L’allenamento nasce dal modello di prestazione tipico del cestista e si sviluppa seguendo dei criteri che tengono in considerazione i requisiti fisici dell’individuo e la sua volontà.

Modello prestativo:

  • Energetico (fonti energetiche maggiormente utilizzate)
  • Biomeccanico (gesto che viene svolto, con partciolare riferimento al rapporto degli arti e anche delle componenti cinematiche e dinamiche)
  • Neuromuscolare (Percentuali di forza impresse e tempo di applicazione)

I parametri che definiscono il modello prestativo sono:

  • Durate della gara
  • Presenza di variazioni
  • Intensità e durata delle variazioni
  • Frequenza del gesto
  • Tempo di applicazione del gesto
  • Adattamento
  • Periodizzazione e progressione

Oltre agli elementi aggiuntivi che sono il riposo e la nutrizione.

L’obiettivo finale dell’allenamento è la gara, oltre per lo scopo agonistico ma anche perché è fondamentale conoscere, osservare e appuntare il comportamento dell’atleta in fase di gara in quanto ci indica la strada da percorrere per programmare l’allenamento.

Gara

(cit e rif.. Prof. Roberto Colli e prof. Gianni Cedolini)

Condizioni sulla sicurezza

Alcuni giocatori pensano, erroneamente, che giocare molte partite sia tutto ciò di cui hanno bisogno per restare in forma.

Il giocare, semplicemente, una partita non stimola adeguatamente quelle qualità fisiche necessarie per elevare le abilità specifiche del basket o a qualsiasi altro sport ad un livello più alto.

Oltre alle componenti di buona forma fisica e buona prestazione atletica, un giocatore…

di pallacanestro o un atleta in genere, deve adottare la filosofia dell’allenamento totale che include tutte quelle variabili atletiche che tratteremo nei prossimi approfondimenti compresa la sicurezza.

sicurezza

Prima di realizzare un qualsiasi programma di allenamento bisogna assicurarsi di mirare ai maggiori benefici fisici diminuendo al massimo le circostanze negative che potrebbero causare infortuni. Questo fa parte in effetti delle responsabilità dell’allenatore e del preparatore fisico, ma anche gli atleti devono fare la loro parte ed usare del buon senso.

Elenco alcune, generali, misure di sicurezza da seguire durante un programma di allenamento che come al solito possono sembrare banali ma che non si può, per nessun motivo, evitare:

  • Eseguire protocolli di propriocezione e mobilità;
  • Effettuare sempre una giusta attivazione, lo stretching (in dinamicità), prima dell’allenamento, ed il defaticamento dopo la seduta.
    • Al di là del condizionamento fisico di fondo, è fondamentale preparare il corpo all’attività sportiva con un incremento graduale e complessivo dell’impegno muscolare cardiovascolare che costituisce il “riscaldamento”.
      • Messo a regime, il corpo sopporta molto meglio carichi di lavoro intensi ma anche il graduale ritorno alle situazioni di riposo.
        • Attraverso un progressivo rallentamento dell’attività e attraverso il recupero di un tono muscolare più rilassato è un utile strumento di prevenzione dei danni da sport;
  • Evitare per qualsiasi motivo tiri a freddo dalla lunga distanza o qualsiasi gesto tecnico che necessita di un evidente sforzo muscolare;
  • Tenere il campo da gioco libero da ostacoli e pulito in caso di parquet;

L’interazione tra l’atleta e il terreno di gioco è stata studiata approfonditamente dalla biomeccanica con il duplice scopo di ottimizzare l’espressione del gesto sportivo e di ridurre l’incidenza di traumatismi.

mobilità

L’introduzione di materiali sintetici sempre più perfezionati ha modificato sensibilmente la natura e l’incidenza dei traumi di gioco.

D’altra parte i nuovi terreni hanno un differente comportamento dal punto di vista dell’aderenza della scarpa al terreno, che inizialmente ha prodotto un aumento dei traumi distorsivi.

Alcuni studi indicano nell’insieme un beneficio in termini di ridotta incidenza degli infortuni, attribuibile ai terreni sintetici rispetto a quelli naturali, soprattutto negli sport di squadra. Dobbiamo tenere conto, oltre che dei traumi acuti, dell’insidia delle lesioni micro traumatiche ripetute.

Un terreno rigido come un pavimento in cemento e linoleum assorbe ben poca dell’energia scaricata in salti ripetuti e perciò favorisce microtraumi del piede, dell’arto inferiore e della colonna. Ben diverso è l’effetto di un parquet elastico. La superficie inoltre può essere più o meno sdrucciolevole.

campo in cemento
fondo in cemento
campo in parquet
fondo in parquet
carpo in erba
fondo in erbetta

Alcune Federazioni sportive hanno adottato come regola la posa temporanea di terreni sintetici in tutte le competizioni (avviene per esempio nella pallavolo), con lo scopo di ottimizzare la presa del terreno e ridurre i possibili traumatismi

campo sintetico
fondo in sintetico
  • Far utilizzare scarpe che diano una corretta stabilità laterale, sufficiente ammortizzamento dei talloni e buon supporto plantare;
  • ll carico di lavoro va adeguato gradualmente alle capacità prestative del soggetto.

Questa affermazione apparentemente banale presuppone però una solida base di conoscenze tecniche che serve a poter giudicare il singolo atleta nello specifico momento.

L’uso di tabelle di lavoro standard può essere una piattaforma di partenza, ma rischia di non rispondere adeguatamente alle esigenze specifiche. Tanto un carico troppo lieve, quanto uno eccessivamente gravoso sono potenziali fonti di infortunio nella pratica dello sport.

Se un gran numero di giocatori è coinvolto nell’esercizio, bisogna comunicare efficacemente per evitare collisioni e quindi per quanto non completamente necessari, attrezzi come i coni, cinesini e gli adesivi che indicano i punti di tiro e le corsie di passaggio sul pavimento, aiutano ad eliminare la confusione e servono a mantenere il movimento fluido e sicuro.

Un aspetto, fondamentale, che, purtroppo, non viene preso molto in considerazione è quello di consentire un adeguato riposo e recupero agli atleti a secondo della forma dei singoli ed al livello di tolleranza dei lavori svolti nelle sedute.

Riposo

Riferimenti a G. Brittnham e Jurgen Weineck

tipi di mobilità articolare

La mobilità nei giocatori

Prevenzione dei traumi e delle lesioni da sport

“La mobilità articolare è la capacità e la qualità dell’atleta che gli permette di eseguire movimenti con grande ampiezza di oscillazione in una o più articolazioni con le proprie forze o grazie all’intervento di forze esterne”

Un concetto con lo stesso significato di mobilità articolare è quello di flessibilità.

L’articolarità e la capacità di allungamento vanno considerati invece componenti della mobilità articolare e quindi due concetti subordinati ad essa.

La mobilità articolare è un presupposto elementare per un’esecuzione qualitativamente e quantitativamente migliore di un movimento. La sua formazione ottimale, rispetto alle esigenze…

della pallacanestro, svolge un’azione positiva complessa sullo sviluppo dei fattori fisici della prestazione (forza, rapidità, ecc.) o delle abilità motorie di tipo sportivo (ad esempio i vari fondamentali tecnici). Inoltre influisce sullo sfruttamento completo del potenziale di prestazione esistente, sulla preparazione di allenamento e, in misura notevole, sulla prevenzione degli infortuni strettamente correlata con essa. Si tratta di funzioni molto importanti per il gioco della pallacanestro.

Se viene migliorata la mobilità articolare i movimenti possono essere eseguiti con maggiore forza e rapidità, perché viene opposta una minore resistenza da parte dei muscoli antagonisti.

Nella pallacanestro troviamo un tipo di sollecitazione che è caratterizzato, per la maggior parte, da brevi scatti, improvvisi cambi di direzione, arresti, salti, passaggi e tiri. Si tratta di movimenti molto dinamici, spesso aciclici, che esigono non soltanto una muscolatura molto potente, ma anche un’elevata elasticità e capacità di allungamento e rilassamento dei muscoli interessati, qualità che garantiscono una buona tollerabilità del carico e sono un elemento di prevenzione degli infortuni.

L’efficacia dell’allenamento della mobilità articolare per la prevenzione degli infortuni si può ricavare da tutta una serie di studi (cfr. Moller – Schober).

Secondo i su citati studiosi una buona rielaborazione del carico, tra gli altri fattori, è caratterizzata da una capacità individuale ottimale di rilassamento muscolare, che ad esempio viene influenzata positivamente dallo stretching.

Perciò una misura importante, ed indispensabile, di ogni preparazione immediata all’allenamento o alla gara, è rappresentata da un addestramento della mobilità articolare diretto a migliorare l’elasticità e la capacità di allungamento e di rilassamento.

Se si considera che il giocatore di pallacanestro mostra una tendenza alla formazione di squilibri muscolari il lavoro sulla mobilità articolare, integrato nell’allenamento indirizzato ad allungare i muscoli accorciati, rappresenta un’importante misura di prevenzione che impedisce l’insorgere di processi degenerativi a livello articolare e che si formano stereotipi motori sbagliati od alterati.

Un’efficace prevenzione degli infortuni, con azione sia a breve che a lungo termine, offre la possibilità di sfruttare completamente il potenziale individuale di prestazione e favorisce un migliore atteggiamento verso l’allenamento: se gli atleti non incorrono in infortuni per lunghi periodi di tempo possono sfruttare il loro potenziale in quanto si allenano regolarmente, senza interruzioni, e possono così sviluppare senza condizionamenti negativi la loro capacità di prestazione.

Gli atleti che non hanno problemi muscolari, di legamenti e di tendini, mostrano un atteggiamento mentale positivo verso un allenamento duro ed a lungo termine.

L’atleta eternamente infortunato, alla fine, comincia a dubitare che il suo duro lavoro d’allenamento paghi, visto che ogni volta deve ricominciare da capo, e diventa sempre più incline alla rassegnazione, a tutto discapito della sua motivazione verso l’allenamento.

Allenare in modo ottimale la mobilità articolare è possibile solo se si conoscono sufficientemente le sue basi anatomiche e fisiologiche.

Il core training

Core training

Da alcuni anni il termine core training è entrato a far parte del lessico di molti allenatori e terapisti. E’ credenza diffusa che questa metodologia di allenamento possa contribuire a migliorare le prestazioni in molti sport e ridurre l’incidenza d’infortuni.

Nonostante la sua popolarità, però, la letteratura scientifica non è in grado di offrire conclusioni definitive circa la reale efficacia di tale mezzo di allenamento che, sicuramente dannoso non è, se inserito in una programmazione adeguata agli obiettivi dell’allenamento.

Letteralmente nella lingua inglese CORE ha il significato di…

NUCLEO. Per muscolatura del nucleo (core muscles) si intende l’insieme dei muscoli, superficiali e profondi, che stabilizzano, allineano e muovono il tronco, in special modo gli addominali e i muscoli della schiena.

I muscoli maggiori sono i muscoli del pavimento pelvico, gli addominali laterali, il muscolo multifido, muscoli obliqui interni ed esterni dell’addome, muscolo retto dell’addome, sacrospinale (sacrospinalis), diaframma e muscolo lunghissimo. I muscoli minori sono: il grande dorsale, i glutei e il trapezio.

Push - up

L’argomento sarebbe davvero esteso se volessimo trattarlo nello specifico e ad ampio raggio (cosa che faremo successivamente) ma mi soffermo per sommi capi al “core training in pratica”.

I mezzi e gli strumenti oggi a disposizione per il core training sono molti e i professionisti dell’allenamento si trovano spesso a dover scegliere tra un gran numero di proposte operative.

Innanzitutto è possibile classificare gli esercizi in ampie categorie a seconda dei movimenti coinvolti:

  • Stabilizzazione: esercizi statici con elementi di stabilizzazione
  • Flesssione ed estensione: esercizi sul piano sagittale che enfatizzano i movimenti di flessione ed estensione
  • Rotazione: esercizi sul piano trasversale che enfatizzano i movimenti di torsione
  • Lanci e prese: esercizi dinamici che fanno lavorare il core su tutti e tre i piani dello spazio

Bisogna ricordare che non esiste un singolo esercizio in grado di attivare e allenare tutti i muscoli del core, ma solo una loro combinazione è realmente efficace per determinare degli adattamenti.
Gli strumenti a disposizione per l’allenamento sono numerosi e quasi tutti utili se usati correttamente. Quelli più, comunemente, usati sono:

  • Carico naturale
  • Palle mediche
  • Superfici instabili
  • Palle zavorrate (es. kettlebell) o pesi liberi
  • Elastici

E’ opportuno conoscere bene i vantaggi e gli svantaggi di ogni strumento applicandoli in modo adeguato e quando possibile combinandoli per raggiungere gli obiettivi dell’allenamento.

Per quanto riguarda la metodologia ci sono alcuni principi da seguire che potrebbero aiutare a pianificare correttamente l’allenamento.

Innanzitutto la scelta degli esercizi dipende, come detto in precedenza, dalla disciplina sportiva.

E’ fondamentale variare lo stimolo e creare un’opportuna progressione dei carichi di lavoro. In generale è opportuno cambiare una variabile per volta, modificando con gradualità i seguenti parametri:

  • Piani di movimento: una giusta progressione deve portare a eseguire esercizi sui tre piani dello spazio;
  • Ampiezza: negli esercizi dinamici l’escursione di movimento deve essere la più ampia controllabile;
  • Carico: aumentare in modo progressivo il carico aggiungendo e combinando i mezzi di allenamento mantenendo comunque il controllo del movimento;
  • Velocità di esecuzione: la velocità di movimento deve essere la massima controllabile dal soggetto;
  • Durata, frequenza e densità: numero di serie e ripetizioni, frequenza dell’allenamento e tempi di recupero.

In conclusione, nonostante la mancanza di solidi riscontri scientifici, il core training continua ad essere ampiamente utilizzato nella pratica sportiva e riabilitativa, lasciando aperto il dibattito sull’utilità di questo tipo di metodica.

E’ stato fatto riferimento a citazioni dei seguenti professori: Lorenzo Pugliese, Giuseppe Bellistri, Antonio La Torre ed il prof. Gambetta

Che cos’è la riabilitazione

Riabilitazione in acqua
Esercizi in acqua

Riabilitazione può essere definita

un processo di soluzioni dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.

La riabilitazione non è quindi sinonimo di fisioterapia o rieducazione neuromotoria ma è parte integrante di un percorso riabilitativo, che rientra all’interno di un progetto comune in cui l’obiettivo finale del percorso, è il miglioramento della qualità di vita del soggetto.

Le problematiche possono raggrupparsi in rapporto ai settori che investono e possono sorgere:..

  1. nel campo prettamente meccanico del movimento con espressioni morfo-funzionali che investono il soma e l’apparato locomotorio;
  2. nel campo dell’ergonomia imputabile a qualche handicap dei meccanismi biochimici e metabolici che determinano le capacità di rendimento aerobico e/o anaerobico di un individuo;
  3. nel campo omeostatico della motricità a causa di un disarmonico equilibrio neuro-vegetativo;
  4. nel campo neuro e psicomotorio,
  5. nel campo traumatologico

La Rieducazione Funzionale e la Riabilitazione sono rivolte a tutti i soggetti che necessitano di programmi specializzati e personalizzati per il trattamento di patologie traumatiche o degenerative e il recupero dopo interventi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico

Le tecniche di riabilitazione sono ben supportata da letteratura scientifica e da studi di efficacia su i vari interventi riabilitativi e come sono in grado di migliorare le performance motorie, la capacità di effettuare le varie attività quotidiane, di ridurre le disabilità e nel migliorare la partecipazione sociale. L’efficacia è dimostrata in tutti i setting riabilitativi se ben organizzata e programmata.

Per far questo la medicina riabilitativa deve prendere in considerazione:

  1. la valutazione del grado di difficoltà sia per quello che riguarda la diagnosi, sia per quanto concerne l’analisi delle componenti nei confronti della limitazione funzionale;
  2. il giudizio prognostico sul tempo e grado di recupero;
  3. l’impostazione del programma riabilitativo;
  4. l’applicazione pratica delle tecniche terapeutiche, compito per lo più riservato al personale terapista che deve agire sotto il controllo costante del medico e in collaborazione con lo specialista motorio.
  5. l’attività didattica indirizzata a chiarire bene al soggetto la differenza fra guarigione biologica e ripresa funzionale, dove per ripresa funzionale si intende il recupero della piena capacità motoria e tecnico-coordinativa dei gesti e della piena potenzialità e sicurezza mentale sui movimenti

Le terapie devono essere considerate sotto numerosi aspetti che sono:

  1. prevenzione delle complicanze;
  2. riduzione degli aspetti sintomatologici invalidanti per evitare le compensazioni (miglioramento del tono muscolare, ripristino del raggio di escursione articolare, ripresa delle capacità condizionali e coordinative)
  3. e ove necessario terapie conservative e protettive mediante l’applicazione di tutori bendaggi elastici etc.….
  4.  massima sinergia con il recupero fisico – motorio

Per potere contrastare in modo ottimale la varietà di sintomi e di problemi che si presentano durante il decorso di una riabilitazione è necessario un approccio interdisciplinare che coinvolge varie figure professionali – l’equipe riabilitativa – e variabili interventi riabilitativi.

  • Il medico è il coordinatore responsabile della condotta terapeutica da seguire e il consulente della condotta educativa.
  • Il fisioterapista è corresponsabile della condotta terapeutica, realizza le indicazioni del medico e mette in atto tutte le applicazioni che mirano alla riabilitazione del paziente.
  • Lo specialista motorio ha facoltà di operare nell’ambito dell’emergenza motoria delle capacità umane con strategie educativo-motorie rivolte agli aspetti qualitativi del movimento, alle abilità motorie relazionali e a quelle sportive, alla coordinazione motoria, alla prevenzione motoria, alla scarsa coordinazione, alle espressioni relazionali, ai disequilibri stato-cinetici, alla dinamica motoria nel suo complesso, ecc.., applicando attività motoria o attività motoria adattata in rapporto allo stato della persona .

In sintesi, deve mettere in atto tutte le sue conoscenze per migliorare ogni capacità del motorio che risulta deficitaria, somministrando alla persona attività motoria, più “volgarmente” ginnastica, anche con attrezzature e/o apparecchiature strumentali che non siano classificate mediche o fisioterapiche

Nel percorso di recupero che va dal momento dell’infortunio al ritorno all’attività, si definiscono diverse fasi affrontate dalle diverse figure professionali.

  • Riabilitazione ambulatoriale
    • supporto psicologico e impostazione di terapie fisiche, manuali, posturali, ecc.
  • Riabilitazione in acqua
    • articolarità, esercizi propedeutici alla deambulazione, tonificazione e potenziamento muscolare eseguiti in ambiente protettivo. Lavori aerobici-anaerobici
  • Riabilitazione in palestra
    • test di valutazione funzionale, tonificazione generale, recupero della deambulazione, lavori aerobici, esercizi propriocettivi
  • Riabilitazione all’aperto o in campo
    • programmi di tonificazione, coordinazione e destrezza specifica. Questa divisione deve comunque rimanere solo una convezione, che serve a pianificare e ad individuare le figure professionali preposte allo sviluppo e alla programmazione del percorso di recupero, nei suoi obiettivi

Un ruolo importante per una corretta evoluzione delle varie fasi è svolto dalla valutazione funzionale, strumento indispensabile per programmare, individualizzare monitorare e correggere le proposte di recupero

Le fasi del recupero funzionale sono:

  • Infortunio
  • Diagnosi
  • Cura (eventuale intervento chirurgico)
  • Riabilitazione
  • Riatletizzazione
  • Ritorno incondizionato all’attività

Entrando nello specifico è importante individuare un progetto riabilitativo che rispetti il succedersi di 5 fasi fondamentali:

  1. controllo del dolore e della infiammazione
  2. recupero dell’articolarità e della flessibilità
  3. recupero della forza e della resistenza muscolare
  4. recupero della coordinazione
  5. recupero del gesto.

Fase 1 – CONTROLLO DEL DOLORE E DELLA REAZIONE INFIAMMATORIA

È la fase dedicata all’avviamento di un programma di riabilitazione e si esplica nella risoluzione della sintomatologia dolorosa. In alternativa ai farmaci, in alcuni casi costituiscono un valido presidio le terapie fisiche

Fase: 2 RECUPERO DELL’ARTICOLARITÀ

L’obiettivo di questa fase è il raggiungimento del completo arco di movimento di un’articolazione o il ripristino di un movimento specifico senza dolore.

Fase 3: RECUPERO DELLA FORZA E DELLA RESISTENZA MUSCOLARE

Qui si lavora per il ripristino della forza con carichi progressivi che devono essere dosati come una vera e propria medicina. Il muscolo non deve diventare solo forte, ma deve sapersi allungare e proteggere l’articolazione. Soprattutto deve recuperare la sua giusta potenza

Fase 4: RECUPERO DELLA COORDINAZIONE

Ogni trauma o lesione che interessi i tessuti osteoarticolari determina alterazioni della percezione di cinestesia e Propriocezione, che deve essere ripristinata perché il recupero funzionale sia davvero completo.

Cos'è la riapbilitazione

Fase 5: RECUPERO DELL’ABILITÀ GESTO-SPECIFICA, DEL QUOTIDIANO

In questa fase emerge l’importanza dell’intervento di sedute sul campo per gli atleti o gli esercizi gesti specifici che simulano le attività di vita quotidiana per i pazienti non sportivi. In questa fase si viene a stabilire un netto collegamento con la fase precedente: solide basi neuromotorie presuppongono ottimi risultati gesto-specifici.

Quest’ultima fase è chiamata “Riatletizzazione” è l’ultima fase del percorso rieducativo, nella quale, sfruttando i principi dell’allenamento, si raggiunge il completo recupero delle capacità condizionali e delle abilità sport-specifiche dell’atleta o il recupero della gestualità quotidiana nel non sportivo. L’obiettivo finale, ovvero il completo recupero della gestualità e una condizione atletica che permetta il ritorno all’attività, non deve mai essere perso di vista, da nessuna delle figure professionali che in condizione ideale, lavorano e collaborano a stretto contatto, sotto il coordinamento funzionale del responsabile del percorso di recupero.

Troppo spesso vengono completamente eliminate alcune fasi e rapporti di collaborazioni tra figure professionali.

La riabilitazione è certo un discorso molto vasto, che si occupa di un’ampia gamma di problemi ma sicuramente ciò che accomuna tutte le casistiche sono la corretta diagnosi, la valutazione individuale e il rispetto dei tempi di recupero fisiologici del corpo.

È fondamentale non “correre troppo” con i tempi.

Sicuramente un atleta è più facile da recuperare perché’ la capacità di allenamento, l’abitudine muscolare ai carichi, e la capacità di recepire e ascoltare il proprio corpo sono più attive.

In realtà con gli atleti spesso si hanno tempi più brevi nel recupero dettati da una frequenza delle sedute maggiore, una maggior capacità all’allenamento, una diversa base muscolare, ma la differenza con una persona comune è solo in questo non nel percorso riabilitativo.

Inoltre nell’ambito sportivo la riabilitazione viene rispettata molto più diligentemente che nella popolazione normale. Questo enorme errore porta spesso a recidive, a lesioni su lesioni preesistenti, a fattori compensativi che determineranno alterazioni in altre strutture.

Anche nell’atleta questo può verificarsi ma è determinato da un altro motivo

una messa in campo precoce spesso per esigenze di risultato

Inoltre bisogna considerare che proporre schemi riabilitativi standardizzati, protocolli prestabiliti risulta essere non solo noioso ma spesso poco efficace perché non tengono conto che ogni persona reagisce e recupera in modo diverso da qualunque altra, anche se il problema fisico è lo stesso. Questo dipende da molteplici fattori, fisici, fisiologici, caratteriali e psicologici; ed è importante saperli valutare in modo corretto, proprio per personalizzare e finalizzare al meglio gli step del recupero.

La predisposizione personale, le caratteristiche psicologiche, la soglia del dolore, la motivazione, non sono elementi secondari che permettono di applicare gli stessi protocolli.

Quando un atleta o una persona comune subisce un infortunio è fondamentale rispettare tutti i fattori descritti e personalizzare la riabilitazione seguendo le tempistiche dettate dalla diagnosi e dalla valutazione del soggetto.

Possiamo così riassumere le componenti importanti di ogni RIABILITAZIONE:

  1. Diagnosi e analisi funzionale
  2. Identificazione della fase precedentemente in cui realmente si trova l’infortunato.
  3. Determinazione di un piano riabilitativo
  4. Determinazione del carico giornaliero di lavoro che il soggetto può sostenere, in modo da evitare sovraccarico o sottocarico.
  5. Descrizione al soggetto della differenza fra guarigione biologica e ripresa funzionale
  6. Impostazione nel periodo post-recupero di un programma di mantenimento preventivo dopo avere completato la fase di rientro all’attività.
  7. Lavorare in stretta collaborazione tra, medico, fisioterapista, specialista motorio e qualsiasi altra figura professionale necessaria.