Se ti alleni tutto l’anno, può capitare che un giorno salti una sessione di allenamento, ma se salti 2-3 settimane di seguito cosa succede?
Se smetti di allenarti per più di una settimana, inizierai a sperimentare gli effetti del “Detraining”, un fenomeno nel quale si perdono i benefici dell’allenamento e di conseguenza la…
…sospensione prolungata degli allenamenti riduce il livello della tua preparazione fisica.
La perdita della “forma fisica” dipende da molteplici fattori:
il tempo lontano dalla palestra, dal campo di allenamento, dalla piscina
i progressi cardio-vascolari che avevi ottenuto (ad esempio il cuore inizia a perdere la sua capacità di gestire volumi aumentati di sangue e l’abilità a pompare sangue più efficientemente);
l’abilità del corpo di utilizzare i carboidrati come “carburante” e la migliorata capacità muscolare di utilizzare l’ossigeno
cioè cala il volume massimo di ossigeno consumato in un minuto (V02 max);
i miglioramenti acquisiti sulla pressione del sangue, sui livelli di colesterolo e di glicemia e se facevi allenamenti di forza, il tuo volume muscolare, la tua forza e la resistenza si ridimensioneranno;
in 2-4 settimane la maggior parte delle capacità aerobiche guadagnate in 2-3 mesi di allenamento;
la forza, la potenza e la resistenza muscolare e sebbene la forza possa essere mantenuta fino alle 3-4 settimane di inattività, la potenza e la resistenza potrebbero ridursi significativamente.
Gestisci meglio il Detraining
Il “Detraining” ha effetti negativi sulla composizione corporea ed è associato all’aumento di peso e alla diminuzione del metabolismo basale.
Diversi fattori possono contribuire all’aumento del grasso corporeo quando smetti di allenarti.
Quando perdi massa muscolare il tuo fabbisogno calorico diminuisce in contemporaneoa anche il metabolismo basale perché i tuoi muscoli riducono la capacità di bruciare calorie.
Inoltre, non stai più bruciando la stessa quantità di calorie perché ti stai allenando di meno,
quindi se non adatti il tuo piano alimentare le calorie in più che introduci saranno immagazzinate nel corpo come grassi e di conseguenza aumenterai di peso.
E dopo?
E’ difficile prevedere quanto tempo ci vorrà per ritornare al tuo livello di forma fisica precedente e una cosa che giocherà sicuramente in tuo favore è la tua “memoria muscolare”.
I tuoi muscoli hanno delle cellule speciali che “ricordano” i movimenti che facevi durante l’allenamento, quindi quando tornerai ad allenarti dopo un lungo periodo di stop, riacquisterai la tua forma fisica più velocemente.
Però ti consiglio di:
ricominciare ad allenarti in maniera “soft” per evitare infortuni;
aspettare 3-4 settimane prima di arrivare a seguire i tuoi allenamenti abituali;
avere pazienza e perseveranza e credere che ritornerai più forte di prima.
la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione)
a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso e lo spostamento ottenuto.
L’identificazione del massimale è un preciso riferimento della quantità di forza esprimibile in un determinato movimento monoarticolare, multiarticolare o di un determinato gruppo muscolare.
L’allenamento della forza è importante per migliorare le prestazioni, per raggiungere equilibrio nelle riabilitazioni e riatletizzazioni ed è in grado di contrastare efficacemente la perdita di massa muscolare producendo risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici .
Stimola, inoltre, la capacità neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari e questo consente sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di denervazione.
L’inattività con il passare degli anni aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.
Gli allenamenti della forza negli anziani e nei soggetti affetti da sindrome metabolica possono essere eseguiti in totale sicurezza.
Se ben programmati e attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.
La valutazione
La valutazione della forza è indispensiabile al fine di poter eseguire un corretto approccio dell’allenamento basato su principi scientifici.
Una corretta valutazione dei livelli di forza permetterà di elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare:
di rallentare, entro certi limiti, alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento e alle patologie
La valutazione della forza clinico-funzionale
La valutazione della forza clininico – funzionale è di fondamentale importanza per identificare l’attitudine di un soggetto e per il monitoraggio degli adattamenti fisiologici all’esercizio fisico mettendo in evidenza le aree che necessitano di intervento e le modalità più idonee per attuarlo permette inoltre di impostare i giusti carichi di lavoro .
La coordinazione è importante soprattutto nella valutazione della forza dinamica massimale ed essa sarà sempre legata ad uno specifico movimento perché in parte la forza è un’abilità.
Per questo quando si valuta un movimento va sempre presa in considerazione sia la parte quantitativa (il valore numerico estratto dalla prova) che quella qualitativa (la correttezza del gesto).
Se si elimina dalla valutazione l’attenzione alla correttezza tecnica del gesto si rischia di rendere la prova non valida e inoltre si espone la persona ad infortuni anche gravi.
Cos’è indispensabile per i test (obiettivo – soggetto – test)
una conoscenza approfondita del gesto ed esperienza nell’applicazione del test
una corretta valutazione della relazione
una capacità di osservazione delle fasi dell’esecuzione
una corretta interpretazione dei dati
un corretto incrocio dei dati con gli altri test
I test devono analizzare le condizioni di partenza e in itinere.
Per avere efficacia devono essere:
ATTENDIBILI
riprodurre ciò che misurano,
VALIDI
rispettare il significato predittivo scopo
OBIETTIVI
operatori diversi risultati analoghi
RIPRODUCIBILI
misurare stessa cosa e condizione
SPECIFICI
soggetto e tipo attività
TECNICI
mantenere costanti le variabili
Questo è il motivo perchè devono essere effettuati da professionisti che hanno esperienza nell’analisi tecnica del gesto proposto, nella capacità di osservazione delle dinamiche di esecuzione del gesto nonche’ di eventuali compensazioni che potrebbero inficiare il risultato finale.
Le regole per una buona valutazione sono semplici:
Sapere cosa valutare
Scegliere il metodo (test) giusto per la valutazione
Scegliere il mezzo (esercizio) giusto per la valutazione
archiviare i risultati
riassumerli sotto forma di grafici per avere una visione d’insieme dei progressi ottenuti
Secondo Bosco (2001) il test è specifico se riproduce e soddisfa le condizioni della prestazione in termini di coerenza biomeccanica, coordinativa e metabolica.
La forza massima, si esprime quando si muove un carico, il più alto possibile, senza limitazioni di tempo e senza la possibilità di modularne la velocità di spostamento.
Quella esplosiva, anche se in modo improprio, si può definire come la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocità possibile.
L‘ esplosivo-elastica, si esprime quando si vuole muovere un carico il più velocemente possibile e il movimento inizia con una fase eccentrica alla quale segue immediatamente quella concentrica
La forza esplosivo-elastico-riflessa, come quella elastica, si esprime in un doppio ciclo stiramento-accorciamento, ma in questo caso di ampiezza limitata e di velocità particolarmente elevata.
La resistenza alla forza veloce non è altro che la capacità di esprimere elevati sviluppi di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo
La resistenza muscolare è la capacità del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza prolungati per lungo tempo.
Forza espressa in situazione dinamica – con o senza carico
I metodi di valutazione della forza:
manuali TMM (test muscolare manuale)
pratici in palestra a corpo libero o con uso di pesi liberi e macchine
strumentali basati sui dinamometri , cella di carico, accelerometro, sistemi optoelettronici, videografici, handgrip, pedane
Il presupposto di ogni controllo efficace dell’allenamento è quello di disporre di valori affidabili di test (Bartonietz 1992) :
Valutazione funzionale + Pianificazione dell’allenamento = CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO
I test costituiscono un controllo periodico molto efficace e grazie all’analisi dei loro risultati è possibile elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, mettendo in relazione la performance con le strategie di lavoro adottate.
(iniziamo con l’ultimo articolo che DAVIDE aveva preparato per noi)
La sedentarietà, insieme all’eccessivo apporto calorico, all’alimentazione spesso sbilanciata e all’accumulo di stress, ha portato a un aumento delle malattie definite del BENESSERE o SINDROME METABOLICA.
Per questo la sempre maggior attenzione da parte dei mass media verso i tragici eventi, che coinvolgono giovani e meno giovani, ha sensibilizzato la pubblica opinione.
Un fattore molto importante per prevenire e curare la sindrome metabolica e molte patologie cardio-respiratorie è l’attività fisica.
È noto da tempo che l’esercizio fisico svolge un ruolo fondamentale nelle malattie cronico-degenerative.
La strategia fondamentale per salvaguardare lo stato di salute è basata sulla prescrizione d’attività fisica utile a migliorare l’efficienza cardio-respiratoria, la composizione corporea.
In altre parole è stato riscontrato il valore dell’attività fisica per quanto riguarda il miglioramento della forza.
E’ stato dimostrato, tramite dati sperimentali, che lo svolgimento di attività fisica regolare è associata a benefici per la salute
anche quando l’allenamento rimane invariato.
Dai dati forniti dal Dipartimento sulla Salute e i Servizi Americani, dalla Società Chirurgica di Atlanta, dai Centri di Cura e Prevenzione delle Malattie Croniche e da numerosi articoli emergono i seguenti benefici:
Attività di Prevenzione primaria (interventi richiesti per prevenire disfunzioni cardiache).
Attività di Prevenzione secondaria (interventi da predisporre dopo una disfunzione cardiovascolare per prevenirne un’altra).
Un’intensa attività fisica è associata a diminuita incidenza di mortalità per cause coronariche e di comparsa di malattie cardiovascolari e coronariche, tumori del colon e diabete di tipo 2.
La morte per ragioni cardiovascolari, o per altre cause sopra elencate, è ridotta nei pazienti con infarto del miocardio che si sottopongono ad un programma di riabilitazione cardiaco mediante esercizi fisici.
In modo particolare se concomitante ad una riduzione dei fattori di rischio.
Gli stessi pazienti non mostrano, tuttavia, una riduzione del numero di reinfarti non mortali.
L’attività motoria produce anche altri benefici:
diminuita ansietà e depressione;
maggiore capacità di svolgere il lavoro e le attività ricreative;
aumentato senso del benessere.
Foto di Marta Wave
A questi possiamo aggiungere:
diminuzione del grasso corporeo ;
ipertrofia muscolo scheletrico;
aumento del carico di rottura delle ossa, legamenti, tendini.
In assenza di patologie cardiovascolari significative, i rischi prodotti dall’esercizio fisico sono estremamente bassi.
Un ampio studio retrospettivo eseguito nei centri YMCA ha rivelato un caso di arresto cardiaco e un caso di morte rispettivamente ogni 2.253.267 e 2.897.057 ore di attività svolta.
Una recente pubblicazione conclude che approssimativamente 0,75 maschi e 0,13 femmine ogni 100.000 muoiono in un anno durante un’attività fisica.
Pertanto, l’incidenza delle complicazioni cardiovascolari durante l’attività fisica, è maggiore nelle persone con disturbi cardiovascolari rispetto a quelle sane.
Quindi, oggi, l’introduzione delle moderne procedure (rivascolarizzazioni, terapie farmacologiche) ha notevolmente ridotto la frequenza di eventi cardio-circolatori.
In Pazienti sottoposti a riabilitazione cardiaca una complicazione cardiovascolare importante si presenta ogni 60.000 ore.
E’ inoltre interessante notare come il rischio di complicazione non cambi nelle sessioni svolte nella mattinata, rispetto a quelle svolte nel pomeriggio.
Di seguito riporto una tabella del rischio di comparsa di complicazioni cardiovascolari.
CONDIZIONI ASSOCIATE ALLA COMPARSA DI COMPLICAZIONI CARDIOVASCOLARI
(Adattato da Haskell W.L. cardiovascular complications during exercise training of cardiac patients)
STATO CLINICO
Infarti molteplici di miocardio.
Ridotta frazione di eiezione ventricolo sinistro (< 30%).
Angina pectoris instabile o a riposo.
Importanti aritmie a riposo.
Lesione della coronarica discendente anteriore sinistra con una significativa occlusione (≥ 70%).
Aterosclerosi in molteplici vasi, evidenziata con angiografia.
PARTECIPAZIONE ALL’ATTIVITÀ FISICA
Mancata esecuzione di appropriate attività di riscaldamento e raffreddamento.
Superamento dei valori di frequenza cardiaca prescritta dai programmi.
Molte sono le ricerche di laboratorio, studi epidemiologici, che hanno dimostrato l’importanza dell’attività fisica associata ad uno stile di vita che miri alla salute, al benessere e alla riduzione dei fattori di rischio.
Oggi si sente parlare molto di Fitness Metabolico.
Gli esercizi di Fitness Metabolico sono esercizi tradizionali di facile esecuzione e monitoraggio, con la differenza che la tipologia, l’intensità, sono determinati da un’attenta analisi medica e bio-funzionale-articolare dell’istruttore per proporre programmi di allenamento altamente personalizzati con fasi cardiovascolari, di forza e endurance, di flessibilità e ludiche.
Il Fitness metabolico è prevenzione e benessere attraverso la pratica di una adeguata attività motoria e si occupa di creare una vera e propria cultura motoria e un corretto stile di vita.
È importante l’assoluto rispetto dei ruoli.
I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.
VO2 misurata direttamente o stimata mediante un test da sforzo incrementale
dei parametri di forza stimati con test sub massimali.
Però i protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido.
Bisogna evitare di applicare semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi.
L’istruttore eroga i protocolli, li spiega con linguaggio accessibile, misura i cambiamenti e li comunica al medico, stabilisce (su indicazioni mediche) gli obiettivi, gestisce l’attività di Counseling nei confronti del soggetto.
Allo stesso modo le proposte devono avere l’obiettivo di salvaguardare la salute, riducendo i rischi di malattie e garantendo la sicurezza durante lo svolgimento dell’esercizio.
Personalizzare il protocollo significa considerare: modalità, intensità, durata, frequenza e progressione dell’attività.
L’istruttore dovrà osservare:
Risposte fisiologiche e percettive all’esercizio.
Adattamenti all’allenamento fisico a seconda dell’intensità e della frequenza di svolgimento.
Controlli dei progressi valutando le risposte HR e RPE.
Il livello di gradimento affinchè le proposte soddisfino gli interessi, le capacità e i limiti individuali per non demotivare il soggetto.
I protocolli sono ispirati a gradualità e progressività secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con impegni minimi ma costanti e intensità commisurate alla fisiologia del soggetto.
Il Fitness Metabolico deve essere informazione, cultura, rapporti istituzionali.
L’obiettivo è:
Migliorare il livello di salute e benessere per milioni di persone.
Ridurre la spesa sanitaria nazionale attraverso un cambiamento di stile di vita.
Sviluppare il settore Fitness Metabolico formando operatori specializzati.
Le componenti da considerare nel Fitness Metabolico devono includere:
Composizione corporea
Efficienza cardio-respiratoria
Forza muscolare
Resistenza
Flessibilità
Il miglioramento di queste ultime tre componenti sono il risultato dell’applicazione di 2 principi fondamentali: sovraccarico e specificità’.
In particolare il sovraccarico stabilisce che affinchè un tessuto o un organo migliorino la loro funzione devono sopportare un carico di lavoro al quale normalmente non sono abituati.
Una prescrizione d’esercizio definisce l’intensità, la durata, e la frequenza d’allenamento ed è l’interazione di queste tre che determina il sovraccarico.
Il principio della specificità stabilisce che gli effetti dell’allenamento sono specifici dell’esercizio proposto e dei muscoli coinvolti.
Quindi un programma di fitness basato su una varietà e semplicità degli esercizi coinvolgerà un maggior numero di gruppi muscolari e porterà l’effetto su obiettivi adatti allo scopo del fitness metabolico.
In breve una volta formulata la prescrizione degli esercizi il programma si sviluppa nelle seguenti fasi:
Riduce l’incidenza dei danni muscolo-scheletrici aumentando l’estensibilità del tessuto connettivo, migliorando l’efficienza delle articolazioni al movimento e alla funzione e aumentando la performance muscolare.
Diminuisce l’incidenza della depressione ischemica del segmento ST che può rappresentare una minaccia di aritmia ventricolare e di disfunzioni transienti globali del ventricolo sx conseguenti ad un esercizio intenso e improvviso.
Sviluppa l’efficienza cardio respiratoria e prevede dai 20’ ai 60’ di attività aerobica continua o intermittente.
Coinvolge grandi gruppi muscolari ed è ritmica e dinamica.
Questa fase è combinata salvo precise controindicazioni ad allenamento della forza per avere maggior effetti.
Per questi esercizi sono necessari test sub massimali.
Le indicazioni orientano ad utilizzare carichi non superiori al 35% del max per arti inferiori e del 50% per arti superiori.
Gli esercizi devono essere di facile esecuzione e di tipo monopodalico per evitare grossi carichi e sovraccaricare l’apparato cardio-circolatorio.
L’allenamento deve essere ritmico, svolto ad una velocità da moderata a bassa, coinvolgere una serie completa di movimenti e non modificare il ritmo della normale respirazione.
Esercizi condotti con espirazioni forzate, apnee, (manovra di VALSALVA) possono causare un aumento violento della pressione sanguigna sistolica e diastolica.
Occorre attenzione nell’allenamento dei movimenti eccentrici e isometrici rispetto ai concentrici.
FASE LUDICA
Deve essere piacevole, modificando regole dei giochi per diminuire la richiesta di abilità, di competizione, di costi energetici e di risposta della frequenza cardiaca.
DEFATICAMENTO
Prevede esercizi di bassa intensità (camminare, stretching o esercizi alternativi tipo yoga).
Deve facilitare gli adattamenti circolatori e riportare i valori vicino ai livelli di riposo
Aumenta il ritorno venoso, riducendo la possibilità di ipotensione post-esercizio e di capogiri, facilita la dissipazione del calore corporeo, promuove una più rapida eliminazione dell’acido lattico rispetto al recupero stazionario, combatte gli effetti potenziali e negativi dovuti all’aumento delle catecolamine nel plasma nel periodo che segue l’esercizio.
In particolare l’ultimo aspetto può ridurre l’incidenza, soprattutto nei pazienti con patologie cardiache, delle pericolose aritmie ventricolari.
Causa potenziale di morte cardiaca improvvisa.
Non defaticare significa aumentare le cause di complicazioni cardiovascolari causate da una diminuzione transitoria del ritorno venoso che potrebbe ridurre il flusso sanguigno coronarico.
In altre parole per i pazienti cardiopatici in riabilitazione è anche consigliato una fase di RECUPERO per normalizzare tutti i parametri (esercizi respiratori e rilassamento).
È importante considerare che la maggior parte degli effetti benefici ottenuti con l’allenamento recedono al livello a questo precedenti qualora intervenga un periodo di inattività che duri da 4 a 8 settimane con incidenze diverse sui vari miglioramenti ottenuti.
Sono fattori indispensabili per un corretto approccio funzionale:
l’individualizzazione del programma la profonda conoscenza anatomo-fisiologica-biomeccanica delle metodiche di allenamento laz collaborazione specialista motorio-medico
In media, la donna è più bassa e più leggera, con una maggior percentuale di tessuto adiposo e una minor massa muscolare, rispetto all’uomo.
Mediamente un uomo possiede dal 10 al 20% di massa grassa mentre una donna…
…dal 15 al 25%.
Rapporto tra massa magra e grassa
Questo si rispecchia anche nell’utilizzo del glucosio e ne deriva un’importante ruolo dell’allenamento nell’indirizzare questo substrato energetico verso il tessuto adiposo o i muscoli.
Pertanto, entrambi, possiedono dei recettori per il glucosio di tipo GLUT-4, dipendenti dall’insulina, quando questa viene stimolata il glucosio viene indirizzato in questi tessuti.
Nelle donne, in cui la massa grassa è maggiore, tenderà ad andare verso il tessuto adiposo.
Per questo, un allenamento della forza innanzitutto aumenta la densità dei recettori GLUT-4 nel tessuto muscolare richiamando glucosio ed inoltre migliora a lungo andare la composizione corporea andando a variare il rapporto tra massa magra e grassa in favore alla magra.
Classificazioni
Body fat percentages for males and females and their classification
(Percentuali di grasso corporeo per maschi e femmine e loro classificazione)
Males
Females
Rating
5-10
8-15
Athletic
11-14
16-23
Good
15-20
24-30
Acceptable
21-24
31-36
Overweight
>24
>37
Obese
(Tieni presente che queste sono solo stime grezze. Il termine atletico in questo contesto si riferisce agli sport dove il basso contenuto di grasso corporeo è un vantaggio)
Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)
Age
Up to 30
30-50
50+
Females
14-21%
15-23%
16-25%
Males
9-15%
11-17%
12-19%
Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)
Sport
Male
Female
Sport
Male
Female
Baseball
12-15%
12-18%
Rowing
6-14%
12-18%
Basketball
6-12%
20-27%
Shot Putters
16-20%
20-28%
Body building
5-8%
10-15%
Skiing (X country)
7-12%
16-22%
Cycling
5-15%
15-20%
Sprinters
8-10%
12-20%
Football (Backs)
9-12%
No data
Soccer
10-18%
13-18%
Football (Linemen)
15-19%
No data
Swimming
9-12%
14-24%
Gymnastics
5-12%
10-16%
Tennis
12-16%
16-24%
High/long Jumpers
7-12%
10-18%
Triathlon
5-12%
10-15%
Ice/field Hockey
8-15%
12-18%
Volleyball
11-14%
16-25%
Marathon running
5-11%
10-15%
Weightlifters
9-16%
No data
Racquetball
8-13%
15-22%
Wrestlers
5-16%
No data
Alcune delle differenze di prestazione tra uomini e donne si spiegano proprio in ragione di queste differenze di composizione e di dimensioni corporee.
Tale convinzione trova conferma nel fatto che nei ragazzi e nelle ragazze prepuberi le differenze di prestazione e quelle di dimensione corporea sono minime.
Concentrazione muscolare
Le donne hanno una concentrazione muscolare di ATP (Adenosina trifosfato) + PC uguale a quella degli uomini, ma a causa della loro minor massa muscolare, i loro depositi complessivi di questi fosfageni sono più esigui.
Tuttavia, le prestazioni femminili sulle distanze più brevi (esempio 100 metri), nelle quali il sistema ATP + PC costituisce la più importante fonte di energia, si avvicinano a quelle maschili.
La capacità di resistenza alla fatica di un muscolo è un indicatore della capacità di recupero e può differire.
In generale, i muscoli maschili sono soggetti maggiormente a fatica, rispetto alle donne.
Le differenze
Studi condotti sui muscoli flessori del gomito ed estensori del ginocchio, mostrano una significativa perdita di attivazione dell’unità motorie nei maschi rispetto le femmine in seguito a un affaticamento protratto nel tempo.
Negli studi, la forza scende al 93% del massimo nelle donne, contro l 80% negli uomini dopo 1 minuto di esercizio.
Le donne hanno una resistenza alla fatica di circa 15 minuti, mentre gli uomini circa 8 minuti e dopo aver raggiunto l’esaurimento, il recupero avviene più velocemente nelle donne.
La fatica sembra anche essere muscolo-specifica, come evidenziato da analisi sia sul bicipite femorale che sui muscoli estensori della zona lombare.
Nelle donne la stanchezza è simile in entrambi i gruppi muscolari, mentre gli uomini subiscono un affaticamento maggiore nella zona lombare rispetto al bicipite femorale.
Le donne tendono ad avere più bassi livelli di acido lattico nel sangue, in seguito ad un esercizio massimale, rispetto agli uomini.
Quindi, anche in questo caso, uno dei motivi di questo fenomeno risiede nella minor massa muscolare femminile.
La massima potenza aerobica (VO2 MAX) della donna è inferiore a quella dell’uomo.
La differenza sembra essere dovuta soprattutto a fattori inerenti alle dimensioni corporee, ivi compresi una minor dotazione di emoglobina, un volume di sangue circolante inferiore e un più piccolo volume cardiaco.
Ciò è confermato dal fatto che le differenze di VO2 MAX sono irrilevanti tra ragazzi e ragazze, cioè nell’età in cui anche le differenze di dimensione corporee sono minime.
Il sesso è anch’esso un fattore che può influenzare l’EPOC, Excess Postexercise Oxygen Consumption, (volgarmente detto “afterburn”), traducibile in italiano come Consumo di Ossigeno in Eccesso Post-allenamento.
E’ l’indice di misurazione dell’aumento del consumo di ossigeno a seguito della intensa attività, destinato a soddisfare il “debito di ossigeno” del corpo).
La ricerca dimostra che il dispendio energetico delle donne, a riposo e durante l’esercizio, varia con la fase mestruale.
In genere, il dispendio energetico a riposo è più basso una settimana prima dell’ovulazione e il più alto durante i 14 giorni di fase luteale dopo l’ovulazione, quindi di conseguenza influendo sull’EPOC. (Fox,Bowers,Foss)
Conclusione
Per quanto riguarda le prestazioni della donna si avvicinano di più a quelle dell’uomo nel nuoto piuttosto che nella corsa e nei salti.
Nella corsa sono più vicine a quelle degli uomini negli sprint, mentre nel nuoto nelle attività di resistenza.
Nelle prestazioni di corsa di resistenza, essendo costretta ad usare l’intero suo peso corporeo, la donna si trova in evidente svantaggio nei riguardi del VO2 MAX.
Le specialità nelle quali i risultati femminili sono i peggiori in confronto ai maschi, sono quelle che prevedono tempi di prestazione tra 1 e 4 minuti, quindi in quelle specialità che richiedono un forte impegno del sistema dell’acido lattico.
“La mobilità articolare è la capacità e la qualità dell’atleta che gli permette di eseguire movimenti con grande ampiezza di oscillazione in una o più articolazioni con le proprie forze o grazie all’intervento di forze esterne”
Un concetto con lo stesso significato di mobilità articolare è quello di flessibilità.
L’articolarità e la capacità di allungamento vanno considerati invece componenti della mobilità articolare e quindi due concetti subordinati ad essa.
La mobilità articolare è un presupposto elementare per un’esecuzione qualitativamente e quantitativamente migliore di un movimento. La sua formazione ottimale, rispetto alle esigenze…
della pallacanestro, svolge un’azione positiva complessa sullo sviluppo dei fattori fisici della prestazione (forza, rapidità, ecc.) o delle abilità motorie di tipo sportivo (ad esempio i vari fondamentali tecnici). Inoltre influisce sullo sfruttamento completo del potenziale di prestazione esistente, sulla preparazione di allenamento e, in misura notevole, sulla prevenzione degli infortuni strettamente correlata con essa. Si tratta di funzioni molto importanti per il gioco della pallacanestro.
Se viene migliorata la mobilità articolare i movimenti possono essere eseguiti con maggiore forza e rapidità, perché viene opposta una minore resistenza da parte dei muscoli antagonisti.
Nella pallacanestro troviamo un tipo di sollecitazione che è caratterizzato, per la maggior parte, da brevi scatti, improvvisi cambi di direzione, arresti, salti, passaggi e tiri. Si tratta di movimenti molto dinamici, spesso aciclici, che esigono non soltanto una muscolatura molto potente, ma anche un’elevata elasticità e capacità di allungamento e rilassamento dei muscoli interessati, qualità che garantiscono una buona tollerabilità del carico e sono un elemento di prevenzione degli infortuni.
L’efficacia dell’allenamento della mobilità articolare per la prevenzione degli infortuni si può ricavare da tutta una serie di studi (cfr. Moller – Schober).
Secondo i su citati studiosi una buona rielaborazione del carico, tra gli altri fattori, è caratterizzata da una capacità individuale ottimale di rilassamento muscolare, che ad esempio viene influenzata positivamente dallo stretching.
Perciò una misura importante, ed indispensabile, di ogni preparazione immediata all’allenamento o alla gara, è rappresentata da un addestramento della mobilità articolare diretto a migliorare l’elasticità e la capacità di allungamento e di rilassamento.
Se si considera che il giocatore di pallacanestro mostra una tendenza alla formazione di squilibri muscolari il lavoro sulla mobilità articolare, integrato nell’allenamento indirizzato ad allungare i muscoli accorciati, rappresenta un’importante misura di prevenzione che impedisce l’insorgere di processi degenerativi a livello articolare e che si formano stereotipi motori sbagliati od alterati.
Un’efficace prevenzione degli infortuni, con azione sia a breve che a lungo termine, offre la possibilità di sfruttare completamente il potenziale individuale di prestazione e favorisce un migliore atteggiamento verso l’allenamento: se gli atleti non incorrono in infortuni per lunghi periodi di tempo possono sfruttare il loro potenziale in quanto si allenano regolarmente, senza interruzioni, e possono così sviluppare senza condizionamenti negativi la loro capacità di prestazione.
Gli atleti che non hanno problemi muscolari, di legamenti e di tendini, mostrano un atteggiamento mentale positivo verso un allenamento duro ed a lungo termine.
L’atleta eternamente infortunato, alla fine, comincia a dubitare che il suo duro lavoro d’allenamento paghi, visto che ogni volta deve ricominciare da capo, e diventa sempre più incline alla rassegnazione, a tutto discapito della sua motivazione verso l’allenamento.
Allenare in modo ottimale la mobilità articolare è possibile solo se si conoscono sufficientemente le sue basi anatomiche e fisiologiche.
un processo di soluzioni dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.
La riabilitazione non è quindi sinonimo di fisioterapia o rieducazione neuromotoria ma è parte integrante di un percorso riabilitativo, che rientra all’interno di un progetto comune in cui l’obiettivo finale del percorso, è il miglioramento della qualità di vita del soggetto.
Le problematiche possono raggrupparsi in rapporto ai settori che investono e possono sorgere:..
nel campo prettamente meccanico del movimento con espressioni morfo-funzionali che investono il soma e l’apparato locomotorio;
nel campo dell’ergonomia imputabile a qualche handicap dei meccanismi biochimici e metabolici che determinano le capacità di rendimento aerobico e/o anaerobico di un individuo;
nel campo omeostatico della motricità a causa di un disarmonico equilibrio neuro-vegetativo;
nel campo neuro e psicomotorio,
nel campo traumatologico
La Rieducazione Funzionale e la Riabilitazione sono rivolte a tutti i soggetti che necessitano di programmi specializzati e personalizzati per il trattamento di patologie traumatiche o degenerative e il recupero dopo interventi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico
Le tecniche di riabilitazione sono ben supportata da letteratura scientifica e da studi di efficacia su i vari interventi riabilitativi e come sono in grado di migliorare le performance motorie, la capacità di effettuare le varie attività quotidiane, di ridurre le disabilità e nel migliorare la partecipazione sociale. L’efficacia è dimostrata in tutti i setting riabilitativi se ben organizzata e programmata.
Per far questo la medicina riabilitativa deve prendere in considerazione:
la valutazione del grado di difficoltà sia per quello che riguarda la diagnosi, sia per quanto concerne l’analisi delle componenti nei confronti della limitazione funzionale;
il giudizio prognostico sul tempo e grado di recupero;
l’impostazione del programma riabilitativo;
l’applicazione pratica delle tecniche terapeutiche, compito per lo più riservato al personale terapista che deve agire sotto il controllo costante del medico e in collaborazione con lo specialista motorio.
l’attività didattica indirizzata a chiarire bene al soggetto la differenza fra guarigione biologica e ripresa funzionale, dove per ripresa funzionale si intende il recupero della piena capacità motoria e tecnico-coordinativa dei gesti e della piena potenzialità e sicurezza mentale sui movimenti
Le terapie devono essere considerate sotto numerosi aspetti che sono:
prevenzione delle complicanze;
riduzione degli aspetti sintomatologici invalidanti per evitare le compensazioni (miglioramento del tono muscolare, ripristino del raggio di escursione articolare, ripresa delle capacità condizionali e coordinative)
e ove necessario terapie conservative e protettive mediante l’applicazione di tutori bendaggi elastici etc.….
massima sinergia con il recupero fisico – motorio
Per potere contrastare in modo ottimale la varietà di sintomi e di problemi che si presentano durante il decorso di una riabilitazione è necessario un approccio interdisciplinare che coinvolge varie figure professionali – l’equipe riabilitativa – e variabili interventi riabilitativi.
Il medico è il coordinatore responsabile della condotta terapeutica da seguire e il consulente della condotta educativa.
Il fisioterapista è corresponsabile della condotta terapeutica, realizza le indicazioni del medico e mette in atto tutte le applicazioni che mirano alla riabilitazione del paziente.
Lo specialista motorio ha facoltà di operare nell’ambito dell’emergenza motoria delle capacità umane con strategie educativo-motorie rivolte agli aspetti qualitativi del movimento, alle abilità motorie relazionali e a quelle sportive, alla coordinazione motoria, alla prevenzione motoria, alla scarsa coordinazione, alle espressioni relazionali, ai disequilibri stato-cinetici, alla dinamica motoria nel suo complesso, ecc.., applicando attività motoria o attività motoria adattata in rapporto allo stato della persona .
In sintesi, deve mettere in atto tutte le sue conoscenze per migliorare ogni capacità del motorio che risulta deficitaria, somministrando alla persona attività motoria, più “volgarmente” ginnastica, anche con attrezzature e/o apparecchiature strumentali che non siano classificate mediche o fisioterapiche
Nel percorso di recupero che va dal momento dell’infortunio al ritorno all’attività, si definiscono diverse fasi affrontate dalle diverse figure professionali.
Riabilitazione ambulatoriale
supporto psicologico e impostazione di terapie fisiche, manuali, posturali, ecc.
Riabilitazione in acqua
articolarità, esercizi propedeutici alla deambulazione, tonificazione e potenziamento muscolare eseguiti in ambiente protettivo. Lavori aerobici-anaerobici
Riabilitazione in palestra
test di valutazione funzionale, tonificazione generale, recupero della deambulazione, lavori aerobici, esercizi propriocettivi
Riabilitazione all’aperto o in campo
programmi di tonificazione, coordinazione e destrezza specifica. Questa divisione deve comunque rimanere solo una convezione, che serve a pianificare e ad individuare le figure professionali preposte allo sviluppo e alla programmazione del percorso di recupero, nei suoi obiettivi
Un ruolo importante per una corretta evoluzione delle varie fasi è svolto dalla valutazione funzionale, strumento indispensabile per programmare, individualizzare monitorare e correggere le proposte di recupero
Le fasi del recupero funzionale sono:
Infortunio
Diagnosi
Cura (eventuale intervento chirurgico)
Riabilitazione
Riatletizzazione
Ritorno incondizionato all’attività
Entrando nello specifico è importante individuare un progetto riabilitativo che rispetti il succedersi di 5 fasi fondamentali:
controllo del dolore e della infiammazione
recupero dell’articolarità e della flessibilità
recupero della forza e della resistenza muscolare
recupero della coordinazione
recupero del gesto.
Fase 1 – CONTROLLO DEL DOLORE E DELLA REAZIONE INFIAMMATORIA
È la fase dedicata all’avviamento di un programma di riabilitazione e si esplica nella risoluzione della sintomatologia dolorosa. In alternativa ai farmaci, in alcuni casi costituiscono un valido presidio le terapie fisiche
Fase: 2 RECUPERO DELL’ARTICOLARITÀ
L’obiettivo di questa fase è il raggiungimento del completo arco di movimento di un’articolazione o il ripristino di un movimento specifico senza dolore.
Fase 3: RECUPERO DELLA FORZA E DELLA RESISTENZA MUSCOLARE
Qui si lavora per il ripristino della forza con carichi progressivi che devono essere dosati come una vera e propria medicina. Il muscolo non deve diventare solo forte, ma deve sapersi allungare e proteggere l’articolazione. Soprattutto deve recuperare la sua giusta potenza
Fase 4: RECUPERO DELLA COORDINAZIONE
Ogni trauma o lesione che interessi i tessuti osteoarticolari determina alterazioni della percezione di cinestesia e Propriocezione, che deve essere ripristinata perché il recupero funzionale sia davvero completo.
Fase 5: RECUPERO DELL’ABILITÀ GESTO-SPECIFICA, DEL QUOTIDIANO
In questa fase emerge l’importanza dell’intervento di sedute sul campo per gli atleti o gli esercizi gesti specifici che simulano le attività di vita quotidiana per i pazienti non sportivi. In questa fase si viene a stabilire un netto collegamento con la fase precedente: solide basi neuromotorie presuppongono ottimi risultati gesto-specifici.
Quest’ultima fase è chiamata “Riatletizzazione” è l’ultima fase del percorso rieducativo, nella quale, sfruttando i principi dell’allenamento, si raggiunge il completo recupero delle capacità condizionali e delle abilità sport-specifiche dell’atleta o il recupero della gestualità quotidiana nel non sportivo. L’obiettivo finale, ovvero il completo recupero della gestualità e una condizione atletica che permetta il ritorno all’attività, non deve mai essere perso di vista, da nessuna delle figure professionali che in condizione ideale, lavorano e collaborano a stretto contatto, sotto il coordinamento funzionale del responsabile del percorso di recupero.
Troppo spesso vengono completamente eliminate alcune fasi e rapporti di collaborazioni tra figure professionali.
La riabilitazione è certo un discorso molto vasto, che si occupa di un’ampia gamma di problemi ma sicuramente ciò che accomuna tutte le casistiche sono la corretta diagnosi, la valutazione individuale e il rispetto dei tempi di recupero fisiologici del corpo.
È fondamentale non “correre troppo” con i tempi.
Sicuramente un atleta è più facile da recuperare perché’ la capacità di allenamento, l’abitudine muscolare ai carichi, e la capacità di recepire e ascoltare il proprio corpo sono più attive.
In realtà con gli atleti spesso si hanno tempi più brevi nel recupero dettati da una frequenza delle sedute maggiore, una maggior capacità all’allenamento, una diversa base muscolare, ma la differenza con una persona comune è solo in questo non nel percorso riabilitativo.
Inoltre nell’ambito sportivo la riabilitazione viene rispettata molto più diligentemente che nella popolazione normale. Questo enorme errore porta spesso a recidive, a lesioni su lesioni preesistenti, a fattori compensativi che determineranno alterazioni in altre strutture.
Anche nell’atleta questo può verificarsi ma è determinato da un altro motivo
una messa in campo precoce spesso per esigenze di risultato
Inoltre bisogna considerare che proporre schemi riabilitativi standardizzati, protocolli prestabiliti risulta essere non solo noioso ma spesso poco efficace perché non tengono conto che ogni persona reagisce e recupera in modo diverso da qualunque altra, anche se il problema fisico è lo stesso. Questo dipende da molteplici fattori, fisici, fisiologici, caratteriali e psicologici; ed è importante saperli valutare in modo corretto, proprio per personalizzare e finalizzare al meglio gli step del recupero.
La predisposizione personale, le caratteristiche psicologiche, la soglia del dolore, la motivazione, non sono elementi secondari che permettono di applicare gli stessi protocolli.
Quando un atleta o una persona comune subisce un infortunio è fondamentale rispettare tutti i fattori descritti e personalizzare la riabilitazione seguendo le tempistiche dettate dalla diagnosi e dalla valutazione del soggetto.
Possiamo così riassumere le componenti importanti di ogni RIABILITAZIONE:
Diagnosi e analisi funzionale
Identificazione della fase precedentemente in cui realmente si trova l’infortunato.
Determinazione di un piano riabilitativo
Determinazione del carico giornaliero di lavoro che il soggetto può sostenere, in modo da evitare sovraccarico o sottocarico.
Descrizione al soggetto della differenza fra guarigione biologica e ripresa funzionale
Impostazione nel periodo post-recupero di un programma di mantenimento preventivo dopo avere completato la fase di rientro all’attività.
Lavorare in stretta collaborazione tra, medico, fisioterapista, specialista motorio e qualsiasi altra figura professionale necessaria.