Il basket dei 24 secondi

Il basket dei 24 secondi

Parlando della pallacanestro di area FIBA si possano individuare alcuni turning points, ovvero alcuni cambiamenti regolamentari che hanno notevolmente cambiato il GIOCO.

La conseguenza è che ne sono state modificati gli approcci tecnici e tattici delle varie squadre e giocatori, nonché le strategie nella costruzione delle squadre.

Vediamo…

…quali sono, a mio avviso, quelli più determinanti.

Le modifiche nel tempo
  • 1984 introduzione del tiro da 3 punti;
  • 2004 il passaggio per i campionati FIBA dalla regola dei 30 secondi a quella dei 24 secondi.
    • Infatti, mentre in NBA, dopo un primo periodo in cui non vi erano limiti di tempo per concludere un’azione di attacco, nella stagione 1954/55 si decise immediatamente per i 24 secondi.
      • Nei paesi Europei, ma più in generale in quelli di area FIBA, ci fu prima il limite dei 30 secondi per poi adeguarsi alla regola NBA;
  • 2010 arretramento linea dei tre punti alla distanza di 6,75 mt e modifica delle dimensioni dell’area dei 3 secondi;
  • 2014 reset del cronometro a 14 secondi dopo un rimbalzo offensivo;
  • 2018 l’introduzione del concetto “passo zero”
    • ovvero la possibilità di compiere, in determinate circostanze, un passo senza mettere la palla a terra che non rientri nel conto per il fischio della violazione di passi.

Tralasciando per ora, ne parleremo magari nei prossimi articoli, i significativi effetti degli altri cambiamenti regolamentari (alla lista precedente aggiungerei anche l’introduzione dello “SMILE”).

Le conseguenze del cambiamento del limite di tempo

In queste righe vorrei sottolineare come il cambiamento del limite di tempo per l’azione offensiva abbia influenzato a tal punto la pallacanestro “moderna” da pensare ad un vero e proprio spartiacque!

Le conseguenze sono state diverse e di grande impatto.

Esse hanno riguardato per esempio:

  • la preparazione fisica;
  • la ricerca di giocatori con “nuove” caratteristiche fisiche e tecniche;
  • giochi di attacco più rapidi e più efficaci nei primissimi secondi;
  • difese più aggressive e con un grado di concentrazione più elevato e pronte da subito;
  • la costruzione dei roster delle squadre, in particolare l’utilizzo e l’importanza delle panchine (il cosiddetto SUPPORTING CAST).
Osservazioni personali

Parto proprio da quest’ultimo aspetto per condividere con voi alcune mie riflessioni.

La mia passione per questo sport è nata ben prima del 2004, quando le squadre erano composte da un quintetto base ben definito ed una panchina in cui era facile identificare il sesto uomo.

Quest’ultimo poteva tranquillamente far parte dello starting five, ma uscendo dal “pino” aveva un impatto sulla partita ancora maggiore tale da cambiarla.

Starting five
Foto di cottonbro

Il resto dei panchinari (il roster era di 10 giocatori) era soprattuto giocatori di ruolo (Role Player) con compiti ben specifici, spesso con mansioni chiaramente difensive, con l’obiettivo di far rifiatare il titolare e di supporto anche morale per i primi cinque.

In seguito l’evoluzione della pallacanestro ha influenzato la costruzione del roster.

Con la riduzione di ben 6 secondi per concludere un attacco, si è visto notevolmente velocizzare il gioco con una diminuzione dei tempi di esecuzione sia fisici che mentali, tale da richiedere sforzi più intensi con conseguenti riposi brevi ma più frequenti.

Ecco la necessità di avere 12 giocatori, ma soprattutto aumentare le cosiddette rotazioni e avere un maggior apporto dai giocatori definiti rincalzi.

Nasce anche una vera e propria nuova definizione, quella di “SECOND UNIT”, cioè quintetti che iniziano la partita subentrando, ma che hanno la possibilità di giocare diversi minuti e quindi essere determinanti.

Ovviamente parte tutto da un concetto di tempo ridotto, ma non è solo una questione fisica:

non invadendo competenze altrui, non credo di essere smentito dicendo che i lavori di endurance in pres-season sono stati sempre di più sostituiti da lavori più intensi e anaerobici e da una maggiore attenzione allo sviluppo della resistenza veloce.

Infatti essendo uno sport di situazioni, l’aspetto tecnico ha risentito in maniera importante di questo cambiamento.

Analizziamo più nel dettaglio alcuni effetti

COSTRUZIONE GIOCATORI

In giro per i campi europei, a tutti i livelli, si vedono sempre più dei veri atleti.

Giocatori che potrebbero competere in qualsiasi disciplina di atletica leggera per le loro capacità anche purtroppo a scapito di una tecnica e una conoscenza dei fondamentali non precisa.

Questo è il vero obiettivo dei nostri settori giovanili, ovvero formare giocatori che sappiano abbinare a doti fisiche e atletiche di primo livello una tecnica altrettanto eccellente.

Come?

Prima insegnando in maniera precisa il gesto, aumentando solo in seguito la velocità di esecuzione e di pensiero!

Sì di pensiero, perché il tempo per leggere la situazione e prendere una decisione si è notevolmente accorciato!

Facciamo solo un esempio pratico: Il tiro.

E’ fondamentale avere una tecnica che ci permetta di avere un rilascio della palla efficace ed efficiente, con la palla che esce dalle mani con la giusta rotazione e parabola, con la corretta coordinazione piedi, gambe, braccia e mani.

Ciò è possibile con ripetizioni e una metodologia di allenamento che gli allenatori ben conoscono.

E’ necessario, però, che, una volta acquisita la tecnica, essa venga eseguita in tempi rapidissimi.

  • Quanto tempo ha il giocatore per eseguire un tiro prima di essere ostacolato?
  • E quanto per mettere i piedi “a posto”?
  • Quanti tiri sono effettivamente liberi o senza la pressione del difensore?
  • Quanto tempo ha per decidere il tipo di tiro da effettuare in relazione alla situazione di gioco?

Pochissimo, sicuramente molto meno di quanto ne aveva con i 30 secondi a disposizione per concludere l’azione d’attacco.

Sicuramente ha meno libertà di movimento dovendo affrontare difese più atletiche che riempiono gli spazi molto più velocemente. (Basti pensare ai “CLOSE OUT”).

GIOCHI OFFENSIVI

Prima della variazione regolamentare era norma sviluppare giochi d’attacco nei cui primi secondi c’era soprattutto un movimento di palla non sempre accompagnato da quello dei giocatori, o comunque non tale da creare un vantaggio immediato da poter sfruttare andando a canestro o concludendo.

Il vero pericolo per le difese infatti arrivava negli ultimi secondi dell’azione

“la difesa deve lavorare il più tempo possibile”

Con i 24 secondi c’è stato uno sviluppo di set offensivi che dai primissimi istanti dell’azione permettono di mettere sotto pressione la difesa (concretizzare i vantaggi).

Alcuni consentono di raggiungere una conclusione dopo un solo passaggio e un movimento di un solo giocatore (si vedono sempre più isolamenti), altri hanno obiettivi chiari ed immediati che coinvolgono non tutti gli attaccanti (pensiamo a come nascono diversi pick&roll centrali).

Così come, (per necessità o per “pigrizia” di noi allenatori?), non è inusuale avere diverse chiamate dello stesso gioco a secondo del giocatore che vogliamo coinvolgere limitando, così, al minimo il tempo di esecuzione, ma anche la capacità di scelta dei nostri atleti.

Scelte che potrebbero rallentare l’esecuzione del gioco, con la conseguenza in questo caso, personale considerazione, di un impoverimento della qualità dell’attacco e del giocatore stesso.

Lo SWITCH tra le due fasi del gioco

Con un attacco pericoloso già nei primi secondi, con una ricerca sempre maggiore di attaccare in contropiede, attraverso anche transizioni offensive sempre più efficaci, è fondamentale avere giocatori in grado di passare da una fase all’altra immediatamente.

Da qui l’attenzione per le transizioni difensive e per costruire una mentalità difensiva che non sia passiva, ma anzi permetta di aggredire l’attacco nei primissimi metri del campo (con difese tutto campo, raddoppi, blitz sulla palla…)

In particolare le qualità atletiche di ormai tutti i giocatori, indipendentemente dai ruoli, e i meno secondi a disposizione dell’attacco, permettono di utilizzare cambi difensivi anche tra diversi ruoli.

Molto efficaci per spezzare il flusso in attacco e costringerlo a soluzioni rapide e meno efficaci, condizionato anche dalla SHOT CLOCK VIOLATION.

cambio difensivo
Le cosiddette SPECIAL PLAYS

Per le scelte difensive dette in precedenze, ma anche per gli ulteriori cambiamenti regolamentari (pensiamo il reset ai 14 secondi), non possono mancare nel playbook delle varie squadre quelle situazioni a gioco rotto o quelle rimesse, sia laterali che da fondo, per la ricerca di una conclusione veloce.

Ciò ha permesso una notevole specializzazione per queste chiamate “speciali”.

Conslusione

Il basket per sua natura e per come è stato ideato, è sempre incline ai cambiamenti, avvicinandosi a quelle che sono le richieste di modernità.

Si può tranquillamente affermare che sia uno sport “progressista”.

Così come lo devono essere tutti i suoi attori protagonisti, pronti ad adeguare la propria metodologia di lavoro, come abbiamo visto, sia dal punto di vista atletico che tecnico (non tralasciando il lavoro degli arbitri, a cui è richiesto di adattarsi ad un gioco più veloce e con più contatti).

In particolare con l’introduzione dei 24 secondi, il gioco ne ha sicuramente guadagnato in spettacolarità.

basket prima
da Ufficio Stampa FIP prima partita in Italia di pallacanestro (8 giugno 1919)

Sicuramente risulta essere più moderno e fruibile per un pubblico sempre più alla ricerca della giocata spettacolare e poco amante dei tempi morti.

Possiamo senza dubbio riconoscere e affermare che esista una pallacanestro ante e una post 2004.

di Sergio Luise

La chimica dei fattori interni

La chimica dei fattori interni

Uno dei più classici oggetti che fanno parte della vita di un allenatore e che lo accompagna non solo la domenica, è il taccuino.

Sul taccuino l’allenatore ci scrive DI TUTTO.

Non si può fidare della sua sola memoria, e allora il taccuino serve a raccogliere ogni tipo di informazione che gli servirà a definire meglio il suo lavoro quotidiano e i suoi obiettivi.

Su quei taccuini si sono…

…vinte più partite di molte faticose sedute di allenamento e in quelle pagine non ci sono soltanto schemi ed esercizi.

Ci sono anche frasi e annotazioni che aiutano il coach a focalizzare meglio i suoi obiettivi.

Gli sbagli

Nei lunghi decenni in cui ho avuto la fortuna di allenare, trascrivevo ogni anno alla prima pagina di ogni nuovo taccuino la seguente frase, mutuata da un sillogismo aristotelico:

Allenare è scegliere. Scegliere è escludere. Escludere è sbagliare = Allenare è sbagliare.

Questo monito serviva a ricordarmi, ogni giorno della mia carriera, che un allenatore è, prima di tutto, quello che sbaglierà più di tutti.

La ragione di questo è molto semplice.

Il dubbio
Foto di Nathan Cowley

Il basket è lo sport in cui per eccellenza un allenatore opera delle scelte continuativamente:

mentre qui possiamo, sì e no, limitarci a dare dei piccoli input, soggettivi e limitati alla sola esperienza di chi scrive.

Le gerarchie

La dinamica insita nelle scelte di chi far giocare prima, chi dopo, e chi solo se scende la Madonna, la definizione di chi giocherà i minuti decisivi, sono decisioni connesse ad un altro sacramento non scritto che vige nello sport in generale e in particolare nel basket:

la presenza di gerarchie indispensabili.

Ogni squadra ha la sua intrinseca chimica dei fattori interni, nella quale si può intravedere chiaramente un mix tra giocatori di esperienza, giocatori di media affidabilità, la presenza di una o più star, e giovani.

Questo mix definisce le dinamiche di una squadra e la àncora ad un principio gerarchico che è necessario conoscere, definire e condividere.

Qui pure si aprirebbe un capitolo che si trova a metà strada tra la chimica e le dinamiche di gruppo.

La chiarezza

È altamente raccomandabile che l’allenatore chiarisca preliminarmente alla squadra il criterio gerarchico da lui individuato per risolvere immediatamente la prima e più importante minaccia a cui il gruppo è sottoposto:

non creare false aspettative e quindi ingenerare un processo di delusioni/demotivazioni.

Ciascun giocatore deve sapere esattamente il suo peso all’interno della squadra: “l’accettazione di quel ruolo (non in senso tecnico ma come rilevanza) definirà il grado di compattezza di tutto l’assieme”.

Giocatore esperto
Foto di Gustavo Linhares

Se sono un giocatore importante devo sapere che la squadra, l’allenatore e i compagni, si aspettano da me:

  • che giochi un certo minutaggio
  • che mi assuma determinate responsabilità
  • che porti sulle mie spalle un certo peso sul buon andamento della partita
    • e che sia pronto a farmi pienamente carico di tutto questo.

Se sono un giocatore giovane, arrivato per fare esperienza, devo sapere:

  • di non aspettarmi grandi minutaggi
  • che dovrò faticare per conquistare la fiducia di tutti
  • che devo aiutare gli altri ad allenarsi bene
    • tutto quello che verrà di più sarà guadagnato.
Il motivo della gerarchia

Dentro queste gerarchie si suddividono proporzionalmente anche le percentuali di merito/demerito che vanno redistribuite di pari passo con i successi o gli insuccessi della squadra.

La pallacanestro da questo punto di vista raramente ha commesso errori nell’attribuzione esatta delle responsabilità, nel fermo convincimento che è poi tutta la squadra a far fronte comune davanti ai successi o agli insuccessi.

La definizione delle gerarchie aiuta l’allenatore anche a compiere le scelte migliori nei famosi frangenti decisivi delle partite.

Se devo scegliere a chi affidare la conclusione che mi farà andare in paradiso o all’inferno, credo sia difficile che quella conclusione possa metterla nelle mani di un giovane con poca esperienza:

verosimilmente mi affiderò alle mani di chi quelle situazioni le ha già vissute molte volte.

Questo è quello che capita nella stragrande maggioranza delle squadre.

L’eccezione che conferma la regola

Poi un giorno, un allenatore di Caserta che allena la squadra della sua città, arriva a giocarsi una finale scudetto in trasferta a Milano, e sul time out della quinta e decisiva partita, a meno di due minuti dal termine della gara che avrebbe assegnato l’unico scudetto della storia ad una squadra del Sud, si avvicina non al giocatore esperto, ma ad un ragazzo poco più che ventenne e gli chiede:

Nando secondo te cosa facciamo adesso in difesa: uomo o uno tre uno?”.

di Dino De Angelis

Caratterisctiche individuali giocatori

Le caratteristiche individuali

…dei giocatori avversari

Nell’articolo precedente ho trattato quella parte del lavoro di noi allenatori che riguarda la diffusione e la condivisione dei giochi avversari, le varie modalità in cui avvengono, gli obiettivi che ci prefiggiamo di ottenere e la collocazione temporale all’interno di una settimana lavorativa.

Come detto più volte, proposte molto soggettive.

In questo nuovo contributo vorrei porre l’attenzione, invece, sull’importanza che assumono le caratteristiche individuali dei giocatori avversari.

Individual skills / Stats

Buona parte, infatti, delle informazioni degli avversari che lo staff tecnico trasmette alla propria squadra, riguardano le cosiddette individual skills accompagnate dalle “stats”.

caratteristiche individuali

Le prime rappresentano non solo ciò che il giocatore “sa fare”:

  • quindi i suoi pregi e i suoi difetti dal punto di vista tecnico;
  • il suo ruolo tattico

“ma anche”:

  • ciò che egli rappresenta per la propria squadra;
    • se è un punto di riferimento in attacco o in difesa;
    • se è un leader o un gregario;
    • se è un “go to guy” o un “teamworker”.
teamwork
foto di Andrea Piacquadio

Ovviamente la visione delle partite è altrettanto importante come quando bisogna redigere il playbook della squadra avversaria ed è facilmente intuibile che, in questo caso, il numero delle partite visionate è di fondamentale importanza.

Poche potrebbero dare false indicazioni (fake news), mentre un numero adeguato ci permette di avere maggiore certezza nello scegliere cosa condividere con i propri atleti dei futuri avversari.

Spesso gioca un aspetto fondamentale la conoscenza diretta del giocatore e, se non è possibile riscontrarla all’interno dello staff, ecco che ritornano d’aiuto le telefonate fatte, magari, in passato con altri colleghi che ci permettono di aggiungere anche delle note caratteriali al profilo dell’avversario.

Le seconde, ovvero le statistiche, nel basket moderno acquistano anno dopo
anno, stagione dopo stagione, sempre più rilevanza.

Esse sono, non solo di supporto al giudizio circa l’efficacia, ma, grazie ai dati numerosi ed approfonditi che siamo mi grado di ricavare dai vari siti specializzati, anche indicative circa le abitudini dei singoli giocatori.

Esempio

oggi di un avversario possiamo sapere, con un’elevata accuratezza:

  • quante volte attacca il ferro con la mano destra;
    • quante con la sinistra;
  • in che percentuale utilizza quel tipo di conclusione
  • se è in uscita dal lato destro piuttosto che sinistro
  • cosa fa dopo un blocco
  • cosa preferisce fare negli ultimi secondi dell’azione e così via!

Tutto merito della famosa arte di scoutizzare una partita.

scouting

Vi sono colleghi all’interno degli staff tecnici che si sono specializzati in questo compito.

Il report

Ritorniamo ora al materiale che si sceglie di condividere con la propria squadra.

Come per i giochi avversari, non c’è una regola valida per tutti e per tutte le
situazioni.

Ogni staff ha le sue regole e abitudini, riporto le mie.

Nell’organizzare le informazioni da trasmettere alla squadra parto da una quasi certezza:

la prima voce del report che i giocatori vanno a guardare sono le stats degli avversari, in particolare dei giocatori che immaginano di dover marcare!

Ed è questo il motivo per cui è fondamentale la scelta e la modalità dei “numeri” che si propongono.

Essi devono essere di supporto e non dare cattive indicazioni, meglio
non fornirli se non siamo sicuri di ciò che evidenziamo!

Dobbiamo avere chiaro in mente il messaggio che vogliamo condividere e l’obiettivo che vogliamo raggiungere.

Report
  • Inutile sottolineare le buone percentuali di un giocatore da tre punti
    • se i suoi tentativi non sono significativi
  • Al contrario, è un errore non mettere in guardia sulla pericolosità di un tiratore che in carriera ha avuto sempre alte percentuali
    • magari meno fino a quel punto della stagione e quindi riportare anche i dati delle altre annate oltre a quella attuale.

Il sapere quali sono le soluzioni più efficaci a seguito di un preciso movimento o di uno schema, hanno più valenza di una “fredda” media aritmetica.

Il tutto deve essere coerente con le indicazioni che diamo per presentare le caratteristiche di un giocatore avversario e con le immagini che nelle varie riunioni presentiamo alla squadra.

non credo sia un messaggio chiaro riportare clip in cui un giocatore mostra una skill che statisticamente non è un dato significativo.

Organizzazione del report

Le indicazioni scritte preferisco siano dei flash, molto sintetiche, in stile linguaggio sms, devono catturare l’attenzione di una generazione abituata a vedere video più che leggere.

Le clips devono essere mirate, di ogni singolo giocatore.

Devono:

  • mostrare le caratteristiche principali, legate alle statistiche;
  • più brevi possibile
    • giusto il tempo d’ individuare il giocatore e di capire in che contesto tecnico e tattico si sviluppano;
  • mostrare anche i punti deboli
    • che messaggio diamo alla squadra se mostriamo solo canestri di un avversario?!.
Influenza della categoria del campionato

In un campionato di medio livello troveremo giocatori con qualità e difetti ben riconoscibili su cui speculare e dove la conoscenza specifica di ogni avversario può veramente fare la differenza e indirizzare il risultato di una partita.

Diverso il discorso quando il livello sale.

In questo caso dovremo confrontarci con giocatori dal talento elevato con un bagaglio tecnico importante e completo, magari roster molto lunghi e con infinite possibilità.

Nel primo caso credo che il tempo da dedicare al trasferimento delle informazioni individuali debba coprire una fetta importante del lavoro di uno staff.

Credo sia importante coinvolgere i singoli giocatori informandoli il prima possibile dei propri diretti avversari, farlo nei primissimi giorni della settimana dedicati alla squadra avversaria, anche prima dei riferimenti agli schemi.

Nel secondo caso, invece, si parla di limitare la pericolosità di un avversario, magari necessita di un lavoro di squadra piuttosto che singolo, non si parlerà più di speculare sui difetti, ma bensì di accorgimenti tattici, di una difesa di squadra e quindi di collaborazioni.

giocatore
Foto di Wallace Chuck

É opportuno, quindi, informare e coinvolgere tutta la squadra, operare delle scelte di cui siano consapevoli tutti i giocatori dedicandovi del tempo sul campo importante.

Conclusione

In ogni caso, alla base di qualsiasi ragionamento e programmazione, non bisogna mai dimenticare che la pallacanestro è un Gioco di squadra, per il sottoscritto la più alta espressione.

Non si vincerà o perderà mai per un solo giocatore, ma ricordare, invece, che il valore di un gruppo coeso è sempre superiore alla somma dei valori dei singoli giocatori.

di Sergio Luise

Novità

Novità!

Siamo davvero onorati di annunciare,  ai tanti visitatori del nostro blog, che uno dei più stimati professori del mondo sportivo ci ha regalato la possibilità di pubblicare i suoi pensieri, riflessioni o osservazioni.

E’ una grande gioia  confermare che la nostra biblioteca virtuale si arricchirà di articoli firmati dal prof. Maurizio Mondoni.

Maurizio Mondoni. nato a Cremona, è:

Oltre ad essere professore universitario nei corsi di laurea in Scienze motorie e scienze della formazione è collaboratore di diverse testate giornalistiche sportive e riviste specializzate di:

  • Minibasket e di Pallacanestro
  • riviste di didattica
  • Metodologia dell’insegnamento
  • allenamento, di Gioco e Animazione Motoria
  • biomeccanica.

Relatore di numerosi:

Allenatore di squadre di basket maschili e femminili e:

autore di moltissimi libri

Mondoni - io sto con i bambini

Un ringraziamento da tutti noi

Trentesimo anno

30 – Trenta

È giunto anche per me l’anno n. 30.

Ho speso questi anni in palestre, campi di calcio, di tennis, di pallacanestro, piscine e piste di atletica leggera con bimbi, ragazzi e adulti, prestando il mio umile servizio di educatore – istruttore e preparatore fisico.

È stato, è e sarà sempre bello poterlo fare fin quando sarò in condizione. 

Quest’anno, più che mai, sento l’esigenza di condividere con tutti i miei amici e chi segue il mio blog, l’inizio del nuovo anno sportivo.

Dopo tanti campionati vissuti con lo Scafati basket, sarò il preparatore fisico della Virtus Arechi Salerno società che con la sua professionalità, organizzazione, serietà e voglia di crescere è riuscita a darmi i giusti stimoli e la giusta adrenalina.

Allenare i miei atleti  mi rende sempre più voglioso di programmare, sperimentare e rendere i loro allenamenti quanto più efficienti e funzionali possibili.

Ancora una volta  è ora di scendere in campo . 

Riunione tecnicaRiunione tecnica

Funzionalità di una riunione tecnica…

…tra staff e giocatori

L’argomento che il nostro coach, Sergio Luise, tratterà fa parte di un aspetto del lavoro di allenatore professionista che meriterebbe diversi approfondimenti, ognuno dei quali potrebbe essere il principale tema di
successivi articoli.

Sergio dice che:…

“Si potrebbe, infatti, riflettere sull’effettiva funzionalità di trasmettere ai giocatori i report tecnici della squadra avversaria, cosa trasmettere,
quando trasmettere e ovviamente come trasmetterli”.

La mia opinione

A volte si attribuisce troppa importanza, da parte di noi allenatori, alla condivisione con i giocatori di ciò che fanno gli altri.

Già nell’organizzazione della settimana durante la pre-season diverso spazio viene riservato a quelle che noi chiamiamo riunioni tecniche, ovvero, lo sharing di clips, prontamente realizzate dallo staff, alla squadra.

Clips che possono essere di natura diversa:

  • degli allenamenti;
  • della propria squadra durante una partita;
  • individuali dei propri giocatori;
  • individuali riferite alla squadra avversaria.
Condivisione clip

Sono proprio quest’ultime che permettono ai propri giocatori di conoscere il più possibile degli avversari, sia dal punto di vista tecnico che tattico.

Ogni stagione, nel programmare il lavoro settimanale, mi faccio alcune domande:

  • cosa facciamo vedere alla nostra squadra degli avversari?
  • In che momento della settimana?
  • Quanto tempo dedicare a cosa fanno gli altri?
  • Cosa voglio che memorizzino da utilizzare durante una partita?

Non si hanno risposte univoche

  1. Dipende dal tipo di roster che si ha a disposizione;
  2. Dal livello di conoscenza della pallacanestro dei propri giocatori
    • (magari una squadra esperta riconosce più facilmente le situazioni di gioco);
  3. dal vissuto insieme della propria squadra
    • (una squadra nuova ha probabilmente più bisogno di lavorare sulle proprie situazioni).

Ci sarebbe, appunto, da scrivere diversi articoli per esprimere meglio i vari punti di vista!

Idea su come agevolare la memorizzazione delle situazioni di gioco d’attacco della squadra avversaria.

Il grosso del lavoro è ovviamente svolto dallo staff nei giorni precedenti, spesso anche nella settimana precedente, rispetto al momento in cui si decide di esporlo alla squadra.

Dopo aver analizzato diverse partite, si esegue lo scout dei giochi degli avversari, si opera dello screening e si decide cosa proporre.

Normalmente è la seconda parte della settimana il momento in cui vengono trasferite le informazioni, anche se personalmente, preferisco, dalle primissime ore di allenamento, estrapolare un paio di situazioni di attacco degli avversari e lavorarci su

(in questa fase parliamo di lavori a secco, arrivando al massimo al 2 vs 2, senza specificare le chiamate o l’intera esecuzione del gioco!).

In pratica si lavora su PRINCIPI.

Foto di Mídia
Entriamo, ora, nel vivo del trasferimento delle informazioni ai giocatori

Ogni allenatore, ogni staff tecnico, ha un suo modus operandi, per me, come dicevo prima, molto dipende anche dal tipo di squadra che si sta allenando.

Primo momento

Preferisco, a metà settimana, lavorare in maniera analitica (non oltre il 4 vs 4) “spezzettando” i giochi avversari e focalizzando l’attenzione dei miei giocatori solo sul movimento:

Pick & roll
Pick & roll – May 3, 2015; Oakland, CA, USA; Golden State Warriors forward Draymond Green (23) sets a screen on Memphis Grizzlies forward Tony Allen (9) as guard Klay Thompson (11) dribbles the ball during the first quarter in game one of the second round of the NBA Playoffs at Oracle Arena. Mandatory Credit: Cary Edmondson-USA TODAY Sports

mostrando loro come si arriva alla situazione tattica.

Mi piace, se le condizioni lo permettono, mostrare con le clips quello che poi andremo a proporre sul campo.

Non chiedo loro di memorizzare la chiamata, né tutta l’esecuzione, ma chiedo la massima attenzione sulle nostre scelte tattiche riguardo all’obiettivo del gioco.

Se voglio fare più riunioni video alla settimana, preferisco siano molto brevi, obiettivo memoria visiva!

Secondo momento

Avvicinandoci al giorno della partita mostreremo loro i giochi scelti in maniera completa, tutta la loro esecuzione e il loro sviluppo.

La riunione sarà più lunga, può anche presentare giochi non provati precedentemente, enfatizzando però sempre l’obiettivo del movimento offensivo.

Sul campo lavoreremo 5 vs 5.

Tutti i giocatori proveranno attacco e difesa, mostrando le varie opzioni del set offensivo.

Rinforzeremo le nostre scelte anche facendo riferimento alle caratteristiche individuali degli avversari, dando gli accoppiamenti.

In questo caso si chiederà al giocatore di memorizzare anche la chiamata.

Di quanti giochi?

Avendo lavorato molto per obiettivi durante la settimana non voglio siano troppe le chiamate da ricordare,

preferisco un maggior sforzo circa il riconoscere la situazione di attacco e quindi operare la scelta difensiva allenata!

In ogni caso, dalla prima riunione incentrata sui giochi avversari, si fornisce anche del materiale in cui vengono disegnati i movimenti avversari, oltre a ritrovarli nello spogliatoio affissi nelle varie bacheche.

Conclusione

All’inizio della mia carriera l’unico metodo era distribuire del materiale cartaceo, dove oltre i disegni vi erano anche spiegazioni circa le varie scelte.

Ora si utilizzano applicazioni, software, che permettono lo sharing dei montaggi video (lavoriamo sempre di più con giovani abituati più a vedere che a leggere.. è fondamentale adeguarsi!).

Questa è solo una proposta di lavoro.

Proposta da modellare sulle qualità degli avversari e soprattutto sulle capacità della propria squadra, ma mi piacerebbe, invero,

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Foto di Amine M’Siouri

suscitare delle riflessioni su quanto sia utile il mostrare ciò che fanno gli altri, su quale aspetto tecnico/tattico mettere maggior attenzione (magari più spazio alle caratteristiche individuali?!) e su quanto tempo della nostra settimana dedicargli.

di Sergio Luise

Time out

Il Time out nel basket

“Chiama un time out!”, “quando lo chiami il time out?!”.

Sono tra le frasi più urlate dagli spettatori a noi allenatori durante la partita, a testimonianza dell’importanza che lo stesso pubblico
attribuisce a questo aspetto del GIOCO.


Facciamo però un passo indietro.

Il significato sportivo del termine Time Out è sospensione del tempo, ed era proprio questo il motivo per cui fu inserito nelle regole del nostro sport,
ovvero dare la possibilità di riposo ai giocatori.

Era quindi una pausa momentanea dal GIOCO.

L’evoluzione della pallacanestro ha reso, invece, questa interruzione del “giocato” una fase concreta della partita, tanto da essere un’arma tattica che tutti noi allenatori dobbiamo essere in grado di sfruttare a pieno.

Il primo aspetto da tener conto è il numero di time out che ogni squadra ha a disposizione.

Excursus tra i vari campionati.
Logo della Federazione Internazionale Pallacanestro

Area FIBA

  • Si hanno un massimo di 5 time out di 60 secondi per ogni team.
  • Sono così distribuiti: 2 nei primi 2 quarti e 3 nei secondi.
  • Negli ultimi 2 minuti della partita se ne possono chiamare massimo 2, più un altro per ogni eventuale supplementare.
  • E’ solo la panchina (allenatore o vice allenatore) a poterlo chiamare.

NBA

  • La situazione è molto diversa.
  • Si hanno un massimo di 7 time out per squadra, ognuno con durata di 75 secondi.
  • Possibilità di chiamare massimo 2 time out negli ultimi 3 minuti, più altri 2 per ogni eventuale supplementare.
  • Oltre la panchina (allenatore o vice allenatore) la richiesta può avvenire anche direttamente dal giocatore che possiede la palla.

Attenzione però, secondo la regola “televison time out“, durante ogni quarto ad ogni squadra viene obbligatoriamente assegnato un time out per ragioni televisivi anche se non chiamato dalle squadre stesse!

Proprio la gestione del numero dei time out, comporta una prima decisione strategica da parte dello staff.

È fondamentale, infatti, avere sempre ben presente quanti ne restano a disposizione, ipotizzando un loro utilizzo nei momenti decisivi della partita.

Questa scelta dipende molto dal feeling che lo staff tecnico ha con la partita e con i momenti di essa, rimanere senza può costare il risultato finale.

Quando chiamarlo?

Non c’è un’unica risposta a questa domanda.

  • Può esserci la volontà di modificare il ritmo della squadra avversaria, interrompendo per esempio un break positivo, ma può anche essere la soluzione per cambiare tatticamente delle scelte che non pagano e che hanno bisogno di essere mostrate con “calma“.
  • Altro significato è il time out chiamato in prossimità degli ultimi secondi di un quarto o per gestire meglio il possesso previa una violazione di tempo, in cui sfruttando una rimessa a favore si mostrano alla squadra le cosiddette situazioni speciali (a.t.o. plays).

Non sempre però la tattica è la protagonista della sospensione, ci sono time out il cui obiettivo è essenzialmente psicologico, dare una scossa ad una squadra o a singoli giocatori in difficoltà.

E’ in questo caso che la conoscenza dei caratteri dei propri uomini è fondamentale per andare a toccare le giuste corde per avere una reazione.

C’è chi ha bisogno del bastone e chi della carota!

La mia esperienza

Nella mia esperienza da assistente ho lavorato con head coach ai quali piaceva avere un mini time out con l’intero staff prima di comunicare con la squadra, richiedendo quindi sintesi e chiarezza nell’esposizione delle idee proposte, altri invece volevano avere tutto chiaro prima di rivolgersi al tavolo per chiamare la sospensione.

Da capo allenatore io ho sempre preferito la prima soluzione, sfruttavo quel momento anche per lasciare dei secondi sola la squadra affinché parlassero tra loro.

Sergio Luise 3
Sergio Luise in un time out

Non raramente, se c’è un’intesa consolidata all’interno dello staff, il capo allenatore lascia condurre il time out al vice, soprattutto se l’indicazione da presentare alla squadra è un’idea dell’assistente.

Importante, comunque, che non ci sia un un’accavallarsi di voci. I giocatori in quei pochi secondi devono avere la massima concentrazione, recepire poche cose ma chiare.

Peggio di non avere time out a disposizione è averlo ma con una squadra che ritorna in campo confusa!

Strategie

Alcune volte si sfruttano i pochi metri che separano le panchine dal campo per suggerire all’orecchio del giocatore le ultime indicazioni mentre il tavolo ha fischiato la fine della sospensione.

Fondamentale ottimizzare tutti i secondi!

Ci sono allenatori, poi, che:

  • preferiscono sedersi.
  • Altri che guardano negli occhi i propri giocatori prima di parlare.
  • Altri che utilizzano solo raramente la lavagnetta.
Conclusione

Ognuno ha la sua tecnica e il suo modus operandi, l’importante è organizzare e sapere cosa si vuol trasmettere in quel momento, senza lasciare nulla all’improvvisazione o chiamare il time out perché lo chiede il
pubblico.

Bisogna sempre essere consapevoli di ciò che si sta facendo.

“Finalmente lo hai chiamato!!”…direbbe qualcuno dagli spalti…

di Sergio Luise

Storia della preparazione atletica

Storia della preparazione atletica

Nuovo concetto di allenamento e suoi principi
Evoluzione preparazione fisica

La storia della preparazione atletica vede la sua comparsa, in modo sistematico, nel calcio intorno agli anni ’60; successivamente ha avuto una forte diffusione anche nelle altre discipline sportive.

La metodica di allenamento deriva…

dall’atletica leggera che, a quel tempo, era l’unico sport che aveva mutuato una cultura strutturata.

atletica-leggera

Questo intervento ha comportato un approccio aspecifico all’attività portando ad una stabilizzazione delle capacità degli atleti e ad una aumento del numero di infortuni.

Negli anni ’80 anche altri sport si affacciano ad un approccio “atletico “ ma con metodiche che nulla avevano a che fare con il modello prestativo.

Negli anni ’90, con la scoperta dei lavori di forza, anche per la pallacanestro, il preparatore ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato.

Ciò nonostante, le metodiche non erano ancora specifiche anzi derivavano dai body builders con le stesse conseguenze derivanti dall’applicazione dei metodi dell’atletica leggera.

Da pochi anni è iniziata una piccola rivoluzione nell’area della preparazione fisica con l’introduzione di un concetto più moderno: “L’ALLENAMENTO FUNZIONALE”.

Alcuni studiosi hanno dimostrato quanto siano importanti gli aspetti coordinativi del gesto specifico rispetto all’esclusivo lavoro di aumento della forza muscolare, attraverso esercizi che niente hanno a che fare con i movimenti tecnici o la posizione che un cestista assume in campo.

L’allenamento funzionale quindi affiancherà l’allenamento tecnico – tattico del cestista attraverso programmi personalizzati e specifici.

Allenamento funzionale
PRINCIPI DI ALLENAMENTO

L’allenamento nasce dal modello di prestazione tipico del cestista e si sviluppa seguendo dei criteri che tengono in considerazione i requisiti fisici dell’individuo e la sua volontà.

Modello prestativo:

  • Energetico (fonti energetiche maggiormente utilizzate)
  • Biomeccanico (gesto che viene svolto, con partciolare riferimento al rapporto degli arti e anche delle componenti cinematiche e dinamiche)
  • Neuromuscolare (Percentuali di forza impresse e tempo di applicazione)

I parametri che definiscono il modello prestativo sono:

  • Durate della gara
  • Presenza di variazioni
  • Intensità e durata delle variazioni
  • Frequenza del gesto
  • Tempo di applicazione del gesto
  • Adattamento
  • Periodizzazione e progressione

Oltre agli elementi aggiuntivi che sono il riposo e la nutrizione.

L’obiettivo finale dell’allenamento è la gara, oltre per lo scopo agonistico ma anche perché è fondamentale conoscere, osservare e appuntare il comportamento dell’atleta in fase di gara in quanto ci indica la strada da percorrere per programmare l’allenamento.

Gara

(cit e rif.. Prof. Roberto Colli e prof. Gianni Cedolini)

Gruppo giovanile

La gestione

…di un gruppo del settore giovanile
“Debutta la rubrica dedicata ai lettori che decidono di contribuire offrendo a tutta la nostra comunità la propria riflessione, opinione, idea su di un argomento a loro più vicino.
Questa è la volta di Francesco Callipo (giovane allenatore di pallacanestro).
Grazie per aver “rotto il ghiaccio”. T.M.

Francesco Callipo
Francesco Callipo

All’inizio del percorso formativo e di sviluppo di un giovane atleta l’impatto con il gruppo squadra può essere determinante, sulla velocità di apprendimento e sulla definizione di alcuni aspetti caratteriali del ragazzo, quali autocontrollo e impulsività, equilibrio e aggressività, leadership e disponibilità.

A partire dal Minibasket arrivando al Settore Giovanile, quasi la totalità dei ragazzi mantiene, come è normale che sia, un’impostazione individualista degli aspetti legati al gioco.

Gioco di squadra

In questo senso il Gruppo, il gioco di squadra e le attività di collaborazione possono, anzi, devono costituire un impatto emotivo che stimoli il giovane a sviluppare nuove capacità relazionali e diverse abilità nella gestione della propria emotività.

Il ruolo dell’allenatore deve essere quello di generare costantemente stimoli ai singoli atleti per provocare reazioni che li inducono a cercare delle motivazioni.

L’allenatore dovrà trasmettere all’allievo, con empatia e determinazione, le seguenti competenze:

  • Requisiti comportamentali – attitudinali, cercando di migliorare la loro soglia dell’attenzione. Saranno così in grado di recepire e processare le indicazioni che gli vengono fornite.
  • Requisiti fisici, che devono essere specifici, funzionali e mirati al fisico di ognuno, dedicandogli almeno 1/3 del lavoro settimanale. Col tempo, devono anche imparare a gestire il dolore o una limitazione, per evitare che, in futuro, non riesca a fronteggiare un problema di natura fisica che lo freni in fase di sviluppo.
  • Requisiti tecnici, nello specifico, avere la padronanza dello spazio e del tempo, ovvero sapere dove andare e quando farlo.Superato il minimo disagio, che tale reazione genera, il ragazzo si aprirà completamente al gruppo, per diventarne parte integrante con i propri pregi e difetti.Inoltre potrà, indirettamente, insegnare agli altri e, direttamente, imparare da tutti.

Superato il minimo disagio, che tale reazione genera, il ragazzo si aprirà completamente al gruppo, per diventarne parte integrante con i propri pregi e difetti.

Inoltre potrà, indirettamente, insegnare agli altri e, direttamente, imparare da tutti.

Mettersi in gioco

Affinchè tutto ciò avvenga, è fondamentale che i ragazzi siano sempre disposti a mettersi in gioco.

L’Allenatore ha la responsabilità di doversi guadagnare la fiducia degli atleti, per potergli dare sempre sicurezza e loro, in cambio non negheranno la propria disponibilità all’apprendimento e alla partecipazione.

Elemento di base, solido e determinante, è la Credibilità che l’allenatore riesce ad ottenere attraverso i comportamenti e le scelte, che devono essere sempre coerenti e adatte per ogni singolo atleta, anche se dovessero andare controcorrente.

Per il bene del ragazzo, per la sua maturazione prima e per il miglioramento del gruppo dopo, è di vitale importanza che acquisisca la consapevolezza che un “no” non è sintomo di fallimento, bensì è parte integrante del percorso di crescita.

In ogni caso, alla base ci siamo noi Allenatori, i quali con il comportamento, l’etica del lavoro e la tenacia sportiva trasmettiamo dei messaggi agli atleti che apprendono, modificano e ripropongono o in maniera positiva (superando gli ostacoli) o negativa (diventando poi abitudini difficili da cambiare).

Essenziale sarà lo stabilire regole di comportamento, piani di allenamento, attività di potenziamento, osservazione del gruppo e verifica degli obiettivi durante tutto l’arco dell’anno.

Fissare dei focus raggiungibili, passo dopo passo, magari con traguardi intermedi e soffermarsi ogni tanto a verificare come procedono le attività, senza timore di tornare indietro, se non si è contenti dei risultati prefissati.

Non sempre la colpa è della squadraforse i compiti devono essere proposti in maniera diversa.

Per questo è necessario continuare a condividere con il gruppo le proprie idee, spiegando la scelta di un certo tipo di lavoro, riconoscendo in ognuno di loro il miglioramento individuale.

Citando le parole del Coach Ettore Messina, “Ci vuole il tempo che ci vuole”, al di là se il ragazzo sia alle prime armi di un gruppo Under 13 o sia un giocatore di Serie A.

Ettore Messina
Ettore Messina. È tra gli allenatori europei di pallacanestro più titolati, potendo vantare nel suo palmarès ben ventotto trofei con i club, compresi quattro campionati italiani, sei campionati russi, quattro Eurolega, una Coppa delle Coppe e tre VTB United League

Non è semplice, al giorno d’oggi, stare al passo con i ragazzi che sono in continua evoluzione, parallelamente alla tecnologia che li circonda, abituati ad avere tutto e subito, ed a voler raggiungere l’obiettivo nell’immediato, senza avere costanza e pazienza.

Bisogna instaurare un rapporto di fiducia e stima reciproca con gli allievi, in modo tale che, nei momenti di difficoltà, avranno un punto di riferimento che possa alimentare in loro la voglia di continuare nello sport.

Dalla parte degli ultimi per farli sentire primi

Ultimi primi

di Francesco Callipo

Condizioni sulla sicurezza

Alcuni giocatori pensano, erroneamente, che giocare molte partite sia tutto ciò di cui hanno bisogno per restare in forma.

Il giocare, semplicemente, una partita non stimola adeguatamente quelle qualità fisiche necessarie per elevare le abilità specifiche del basket o a qualsiasi altro sport ad un livello più alto.

Oltre alle componenti di buona forma fisica e buona prestazione atletica, un giocatore…

di pallacanestro o un atleta in genere, deve adottare la filosofia dell’allenamento totale che include tutte quelle variabili atletiche che tratteremo nei prossimi approfondimenti compresa la sicurezza.

sicurezza

Prima di realizzare un qualsiasi programma di allenamento bisogna assicurarsi di mirare ai maggiori benefici fisici diminuendo al massimo le circostanze negative che potrebbero causare infortuni. Questo fa parte in effetti delle responsabilità dell’allenatore e del preparatore fisico, ma anche gli atleti devono fare la loro parte ed usare del buon senso.

Elenco alcune, generali, misure di sicurezza da seguire durante un programma di allenamento che come al solito possono sembrare banali ma che non si può, per nessun motivo, evitare:

  • Eseguire protocolli di propriocezione e mobilità;
  • Effettuare sempre una giusta attivazione, lo stretching (in dinamicità), prima dell’allenamento, ed il defaticamento dopo la seduta.
    • Al di là del condizionamento fisico di fondo, è fondamentale preparare il corpo all’attività sportiva con un incremento graduale e complessivo dell’impegno muscolare cardiovascolare che costituisce il “riscaldamento”.
      • Messo a regime, il corpo sopporta molto meglio carichi di lavoro intensi ma anche il graduale ritorno alle situazioni di riposo.
        • Attraverso un progressivo rallentamento dell’attività e attraverso il recupero di un tono muscolare più rilassato è un utile strumento di prevenzione dei danni da sport;
  • Evitare per qualsiasi motivo tiri a freddo dalla lunga distanza o qualsiasi gesto tecnico che necessita di un evidente sforzo muscolare;
  • Tenere il campo da gioco libero da ostacoli e pulito in caso di parquet;

L’interazione tra l’atleta e il terreno di gioco è stata studiata approfonditamente dalla biomeccanica con il duplice scopo di ottimizzare l’espressione del gesto sportivo e di ridurre l’incidenza di traumatismi.

mobilità

L’introduzione di materiali sintetici sempre più perfezionati ha modificato sensibilmente la natura e l’incidenza dei traumi di gioco.

D’altra parte i nuovi terreni hanno un differente comportamento dal punto di vista dell’aderenza della scarpa al terreno, che inizialmente ha prodotto un aumento dei traumi distorsivi.

Alcuni studi indicano nell’insieme un beneficio in termini di ridotta incidenza degli infortuni, attribuibile ai terreni sintetici rispetto a quelli naturali, soprattutto negli sport di squadra. Dobbiamo tenere conto, oltre che dei traumi acuti, dell’insidia delle lesioni micro traumatiche ripetute.

Un terreno rigido come un pavimento in cemento e linoleum assorbe ben poca dell’energia scaricata in salti ripetuti e perciò favorisce microtraumi del piede, dell’arto inferiore e della colonna. Ben diverso è l’effetto di un parquet elastico. La superficie inoltre può essere più o meno sdrucciolevole.

campo in cemento
fondo in cemento
campo in parquet
fondo in parquet
carpo in erba
fondo in erbetta

Alcune Federazioni sportive hanno adottato come regola la posa temporanea di terreni sintetici in tutte le competizioni (avviene per esempio nella pallavolo), con lo scopo di ottimizzare la presa del terreno e ridurre i possibili traumatismi

campo sintetico
fondo in sintetico
  • Far utilizzare scarpe che diano una corretta stabilità laterale, sufficiente ammortizzamento dei talloni e buon supporto plantare;
  • ll carico di lavoro va adeguato gradualmente alle capacità prestative del soggetto.

Questa affermazione apparentemente banale presuppone però una solida base di conoscenze tecniche che serve a poter giudicare il singolo atleta nello specifico momento.

L’uso di tabelle di lavoro standard può essere una piattaforma di partenza, ma rischia di non rispondere adeguatamente alle esigenze specifiche. Tanto un carico troppo lieve, quanto uno eccessivamente gravoso sono potenziali fonti di infortunio nella pratica dello sport.

Se un gran numero di giocatori è coinvolto nell’esercizio, bisogna comunicare efficacemente per evitare collisioni e quindi per quanto non completamente necessari, attrezzi come i coni, cinesini e gli adesivi che indicano i punti di tiro e le corsie di passaggio sul pavimento, aiutano ad eliminare la confusione e servono a mantenere il movimento fluido e sicuro.

Un aspetto, fondamentale, che, purtroppo, non viene preso molto in considerazione è quello di consentire un adeguato riposo e recupero agli atleti a secondo della forma dei singoli ed al livello di tolleranza dei lavori svolti nelle sedute.

Riposo

Riferimenti a G. Brittnham e Jurgen Weineck

Tiziano Megaro

Mi presento

Ciao! Sono Tiziano

Il (solo) responsabile di questo blog . TrainingConcept.it

Ho scritto questa presentazione nel 2014, riproposta a tutti con la presentazione di questo spazio dopo 6 anni e ancora piuttosto attuale:..

  • scrivo un po’ per scherzo, un po’ per passione, un po’ per divertimento ma molto per dare e farmi dare una mano a chi lavora nel mondo dello sport o della scuola e ha a che fare con il fisico e con la salute di tante persone;
  • non sopporto quelli che “intorbidiscono l’acqua per farla sembrare profonda”;
  • ho una laurea in Scienze motorie, ma ciò che mi ha formato veramente, è stato lavorare sui campi con i tanti atleti in 30 anni di attività (atletica leggera, pallavolo, calcio, tennis e tanto nella pallacanestro);
  • abuso di internet dal 1995 (grazie a mio fratello), ma ammiro quelli che lo odiano per farli ricredere e capire che usato bene è una ricchezza da tenersi stretto;
  • sono stato proprietario di palestra, direttore di centri sportivi, proprietario di società di servizi per lo sport ed il turismo, animatore Valtur, allenatore/istruttore (atletica, pallavolo, pallacanestro) oltre che educatore;
  • sono insegnante di scienze motorie e attività per il sostegno e preparatore fisico;
  • odio dover leggere “le condizioni e la privacy” quando si sottoscrive un contratto perché è sempre scritto con un carattere piccolo e spesso illeggibile;
  • amo tutto ciò che ha a che fare con il mare;
  • ho pensato di far partire questo blog per svariati motivi più o meno seri.

Ecco una mia “bio” più istituzionale per i più curiosi.

Mi trovi su linkeldin, su facebook, su twitter e su Instagram ma è qui che scrivo in maniera più professionale e seria.

Se sei alla ricerca di qualcuno con cui scambiare punti di vista, con cui riflettere su argomenti in tema con il blog, in maniera totalmente gratuita, scrivici pure.

Sergio Luise 3

Sergio Luise

È facile instaurare un rapporto di complicità professionale quando ci si rende conto che le cose che accomunano le persone sono tante. Con Sergio credo sia accaduto proprio questo.

Di origini campane, allenatore di pallacanestro, formatosi…

tecnicamente alla JuveCaserta, prima nel settore giovanile e poi come assistente in prima squadra di coach Lele Molin e Pino Sacripanti, Sergio Luise annovera nel suo curriculum anche un’ottima esperienza da capo allenatore in serie B a Vasto. Nelle ultime due stagioni agonistiche è stato assistente di coach Marco Calvani a Recanati, poi alla Viola Reggio Calabria e successivamente  per due anni al Basket Scafati.

Ciò che mi ha colpito di più di lui è la disponibilità verso nuove idee, opportunità e alternative e la cura nel selezionarle.

Il suo spiccato self-control e la sua elevata empatia ne fanno una persona capace, perspicace, brillante ed avveduta.

Aver accettato di dare una mano per far si che questo progetto abbia successo è per me motivo di orgoglio.

Grazie Sergio!

Domenico Sorgentone

Domenico  è uno che lo sport, in particolare la pallacanestro, l’ha vissuta davvero.

Di Roseto degli Abruzzi, nel corso della sua carriera, ha allenato un bel po’ di squadre, tra le tante : Vasto, Roseto, Chieti, Porto Sant’Elpidio, Scafati, Palermo, Bisceglie, Ribeira, Foligno, Atri, vincendo ben 11 campionati.

Una visione dell’allenamento a 360° con l’oggettiva bravura di far funzionare in maniera efficace ogni staff che lo coadiuva.

In uno degli 11 campionati vinti ci sono stato anche io, condividendo un anno sportivo con un allenatore del suo calibro.

E’ garantito che i suoi articoli saranno di notevole contenuto perché dettati dall’esperienza, dal buon senso, dalla generosità e dalla profonda cultura di cui Domenico è ricco.

Onorato per aver accettato di dare il tuo apporto, grazie Domenico.

Tipi di mobilità articolare

Tengo a sottolineare che i miei articoli si basano sia su un’ampia bibliografia, sia sul lavoro che ininterrottamente da trent’anni continuo a svolgere in palestra.

Il primo input che mi viene di lanciare, per poter poi approfondire grazie ai vostri interventi, è quello di evidenziare i vari tipi di mobilità articolare…

che viene suddivisa in:

  • Generale
  • Speciale
  • Attiva
  • Passiva
  • Statica
Mobilizzazione articolare

Si parla di mobilità articolare generale quando esiste un livello sufficientemente sviluppato di mobilità nei principali sistemi articolari (articolazioni delle spalle e dell’anca, colonna vertebrale). Si tratta comunque di un criterio relativo, perché il grado di sviluppo della mobilità generale può essere più o meno elevato a seconda del livello delle esigenze (atleta di alto livello o dilettante).

Invece si parla di mobilità articolare speciale quando viene riferita ad una determinata articolazione. Ad esempio, il giocatore di pallacanestro ha bisogno di una mobilità accentuata nelle articolazioni della spalla e dell’anca.

La mobilità articolare attiva è la massima escursione di movimento in una articolazione che il giocatore può raggiungere contraendo i muscoli agonisti (Gli agonisti sono i muscoli responsabili per primi della generazione del movimento) – e parallelamente estendendo gli antagonisti. (Gli antagonisti agiscono in opposizione al movimento generato dagli agonisti e sono responsabili del ritorno dell’arto alla posizione iniziale).

Invece la mobilità articolare passiva è la massima escursione del movimento in una articolazione che il giocatore può raggiungere per l’azione di forze esterne (forza di gravità, attrezzi, azione di un compagno) solo attraverso la capacità di allungamento o di rilassamento dei muscoli antagonisti. (La mobilità articolare passiva è sempre maggiore di quella attiva).
La differenza, sostanziale, tra mobilità articolare passiva e attiva viene definita riserva di movimento ed indica fino a che punto la mobilità articolare attiva può essere migliorata potenziando gli agonisti od aumentando la capacità di allungamento degli antagonisti.

Con mobilità articolare statica s’intende la capacità di mantenere una posizione di allungamento per un determinato periodo di tempo.
Esso svolge un ruolo determinante nello stretching.

teamwork - pre raduno

Il pre – raduno dell’assistant coach

In questo articolo affronterò un aspetto del mio lavoro che ritengo avere un significato ed un’importanza fondamentale nell’organizzazione e nella realizzazione di una stagione lavorativa: il lavoro svolto ancora prima dell’inizio del raduno.

Faccio riferimento ad un periodo di circa 2 mesi, immediatamente dopo la formazione dello staff tecnico e ben lontani dal campo e dalla palestra in cui la conoscenza e l’intesa tra il capo allenatore ed i suoi assistenti viene affinata e, dalla quale, attraverso il confronto, vengono pensate e gettate le fondamenta della squadra.

L’allenatore, di concerto con i suoi collaboratori,…

stabilisce le linee guida sia tecniche che gestionali, l’organizzazione delle settimane lavorative, il numero di allenamenti, gli orari, il numero degli atleti del settore giovanile aggregati alla prima squadra, in particolar modo, durante il periodo della preparazione pre – season.

Tanti sono gli incontri, anche con i dirigenti che lavorano a più stretto contatto con lo staff, con il fine di creare un corpo unico, punto focale per il raggiungimento degli obiettivi.

lavoro di squadra

Le riunioni e l’organizzazione del lavoro sulle quali in questo contesto voglio porre maggiormente l’attenzione e sottolineare, avendo un ruolo fondamentale per la riuscita positiva della stagione, sono quelle che avvengono nei primissimi giorni dopo la formazione dello staff: la scelta del roster.

È un momento molto delicato, dove gli eventuali errori che possono verificarsi nella scelta dei giocatori, si ripercuoteranno con conseguenze negative per tutto l’anno; sbagliare la chimica di una squadra può essere fatale, non avendo tempo per porvi rimedio.

In uno sport di squadra, in questo caso la pallacanestro, ma, passatemi la mia affermazione critica “a causa della presunta -cultura- sportiva italiana”, il risultato deve essere immediato.

Si parla di pochi mesi se non settimane e, molto spesso, non si ha nemmeno il tempo per rimediare ad un errore di costruzione pagando con il posto di lavoro, il cosiddetto ESONERO.

Ciò nonostante è un lavoro molto stimolante, dove si uniscono speranze e convinzioni, dove nelle menti degli allenatori e dei suoi assistenti si forma il disegno del team e di come si vorrebbe che si giocasse.

Si visionano parecchi video, è il momento in cui si traggono i frutti di un lavoro che ormai tutti gli allenatori e gli assistenti svolgono durante l’anno, il lavoro di scouting!

scouting

Ognuno ha il suo sistema per dar vita ad un vero e proprio database.

I giocatori vengono divisi in base ai ruoli, alla nazionalità o in altri casi per passaporto, in base ai campionati in cui hanno giocato, per poi assegnarli un giudizio sulle proprie caratteristiche e sulla loro possibile adattabilità al campionato.

Discorso leggermente diverso per gli atleti seguiti da diversi anni, a cui viene assegnato, oltre a quanto detto prima, anche un giudizio riguardo i loro miglioramenti e la loro crescita. Può verificarsi che non sono adatti o pronti in un determinato anno, ma che diventano i prescelti per un altro.

É il momento di intensificare, con cadenza quotidiana, i contatti con le varie agenzie di procuratori che forniscono le loro liste di giocatori e i video dei loro assistiti. È il momento di continui confronti e di redarre report da presentare ai dirigenti responsabili.

Giornate lunghe, spesso finiscono a notte fonda, alcune positive, molte altre deludenti per non essere riusciti a “firmare” un obiettivo, ma sempre utili per accrescere le proprie conoscenze in termini di giocatori.

Negli ultimi anni la difficoltà di reperire video e immagini di giocatori è notevolmente ridotta. Non è più una sorpresa ritrovarsi a visionare highlights o partite con poco significato. Qui la critica, sempre costruttiva, è verso i procuratori che, nel tentativo di promuovere i loro clienti , esaltano in maniera troppo evidente le gesta, rischiando di essere poco attendibili e funzionali alla causa.

Credo, invece, sia importante verificare anche il perché un determinato giocatore abbia giocato male e in che modo sia stato messo in difficoltà.

Per ovviare un pò a questa problematica entra in gioco la rete di contatti con altri colleghi o dirigenti di fiducia che ogni allenatore deve avere per poter prendere informazioni (reciproche) anche e soprattutto personali su un possibile acquisto.

La differenza, in un gioco di squadra, la fa il gruppo, la chimica che si riesce ad instaurare, insomma: il giusto equilibrio tra ruoli e uomini.

L’assistente deve operare una prima scrematura dei vari profili da sottoporre al capo allenatore e al manager e tutto ciò richiede una totale fiducia nelle capacità del collaboratore. Da qui la necessità di scoutizzare in maniera autonoma i giocatori e di redigere report precisi che forniscano una valutazione ben codificata (si possono usare punteggi, stelline e stilare classifiche ruolo per ruolo).

É fondamentale, quindi, il confronto sincero e schietto, in alcuni casi anche intenso, ma sempre nel rispetto dei ruoli e degli obiettivi comuni.

Basketball_Positions

Fatta la squadra, si prendono contatti con i giocatori singolarmente, fornendo loro utili informazioni tecniche e tabelle di lavoro personalizzato affinché si presentino al raduno già con una condizione generale “accettabile”. Il tempo è tiranno in molti casi come in questo.

Ultimo aspetto a cui voglio far riferimento è l’organizzazione delle amichevoli e dei tornei preseason, lavoro più arduo di cui si possa pensare.

Negli ultimi anni si deve sempre più convivere con esigenze economiche restrittive nel trovare non meno di 10 partite amichevoli prima del campionato, ricerca che impiega molto tempo e fatica.

Anche in questo caso i contatti con colleghi e dirigenti ci vengono in soccorso, ed è bene mantenerli ed alimentarli durante tutto l’anno, sia per una miglioria reciproca che per interessi lavorativi di entrambi.

Spero sia stato in grado di far capire che mole di lavoro bisogna affrontare, dove si avverte la responsabilità di ciò che si sta facendo, si ha la percezione di dover sbagliare il meno possibile e, aspetto quasi incredibile, è un lavoro che molto spesso le società di appartenenza non riconoscono contrattualmente.

Infatti, nella maggior parte dei nostri contratti, si fa riferimento al raduno come inizio della stagione, dimenticando di tutto ciò che viene prima, che, come più volte sottolineato, ha un valore estremamente importante.

Credo sia il periodo lavorativo più condizionante, in cui si pongono le basi affinché si possa avere una stagione di successo.

successo

tipi di mobilità articolare

La mobilità nei giocatori

Prevenzione dei traumi e delle lesioni da sport

“La mobilità articolare è la capacità e la qualità dell’atleta che gli permette di eseguire movimenti con grande ampiezza di oscillazione in una o più articolazioni con le proprie forze o grazie all’intervento di forze esterne”

Un concetto con lo stesso significato di mobilità articolare è quello di flessibilità.

L’articolarità e la capacità di allungamento vanno considerati invece componenti della mobilità articolare e quindi due concetti subordinati ad essa.

La mobilità articolare è un presupposto elementare per un’esecuzione qualitativamente e quantitativamente migliore di un movimento. La sua formazione ottimale, rispetto alle esigenze…

della pallacanestro, svolge un’azione positiva complessa sullo sviluppo dei fattori fisici della prestazione (forza, rapidità, ecc.) o delle abilità motorie di tipo sportivo (ad esempio i vari fondamentali tecnici). Inoltre influisce sullo sfruttamento completo del potenziale di prestazione esistente, sulla preparazione di allenamento e, in misura notevole, sulla prevenzione degli infortuni strettamente correlata con essa. Si tratta di funzioni molto importanti per il gioco della pallacanestro.

Se viene migliorata la mobilità articolare i movimenti possono essere eseguiti con maggiore forza e rapidità, perché viene opposta una minore resistenza da parte dei muscoli antagonisti.

Nella pallacanestro troviamo un tipo di sollecitazione che è caratterizzato, per la maggior parte, da brevi scatti, improvvisi cambi di direzione, arresti, salti, passaggi e tiri. Si tratta di movimenti molto dinamici, spesso aciclici, che esigono non soltanto una muscolatura molto potente, ma anche un’elevata elasticità e capacità di allungamento e rilassamento dei muscoli interessati, qualità che garantiscono una buona tollerabilità del carico e sono un elemento di prevenzione degli infortuni.

L’efficacia dell’allenamento della mobilità articolare per la prevenzione degli infortuni si può ricavare da tutta una serie di studi (cfr. Moller – Schober).

Secondo i su citati studiosi una buona rielaborazione del carico, tra gli altri fattori, è caratterizzata da una capacità individuale ottimale di rilassamento muscolare, che ad esempio viene influenzata positivamente dallo stretching.

Perciò una misura importante, ed indispensabile, di ogni preparazione immediata all’allenamento o alla gara, è rappresentata da un addestramento della mobilità articolare diretto a migliorare l’elasticità e la capacità di allungamento e di rilassamento.

Se si considera che il giocatore di pallacanestro mostra una tendenza alla formazione di squilibri muscolari il lavoro sulla mobilità articolare, integrato nell’allenamento indirizzato ad allungare i muscoli accorciati, rappresenta un’importante misura di prevenzione che impedisce l’insorgere di processi degenerativi a livello articolare e che si formano stereotipi motori sbagliati od alterati.

Un’efficace prevenzione degli infortuni, con azione sia a breve che a lungo termine, offre la possibilità di sfruttare completamente il potenziale individuale di prestazione e favorisce un migliore atteggiamento verso l’allenamento: se gli atleti non incorrono in infortuni per lunghi periodi di tempo possono sfruttare il loro potenziale in quanto si allenano regolarmente, senza interruzioni, e possono così sviluppare senza condizionamenti negativi la loro capacità di prestazione.

Gli atleti che non hanno problemi muscolari, di legamenti e di tendini, mostrano un atteggiamento mentale positivo verso un allenamento duro ed a lungo termine.

L’atleta eternamente infortunato, alla fine, comincia a dubitare che il suo duro lavoro d’allenamento paghi, visto che ogni volta deve ricominciare da capo, e diventa sempre più incline alla rassegnazione, a tutto discapito della sua motivazione verso l’allenamento.

Allenare in modo ottimale la mobilità articolare è possibile solo se si conoscono sufficientemente le sue basi anatomiche e fisiologiche.

Sergio Luise

È facile instaurare un rapporto di complicità professionale quando ci si rende conto che le cose che accomunano le persone sono tante. Con Sergio credo sia accaduto proprio questo.

Sergio Luise 3

Di origini campane, allenatore di pallacanestro, formatosi tecnicamente alla JuveCaserta, prima nel settore giovanile e poi come assistente in prima squadra di coach Lele Molin e Pino Sacripanti, Sergio Luise annovera nel suo curriculum anche un’ottima esperienza da capo allenatore in serie B a Vasto. Nelle ultime due stagioni agonistiche è stato assistente di coach Marco Calvani a Recanati, poi alla Viola Reggio Calabria e successivamente per due anni al Basket Scafati.

Ciò che mi ha colpito di più di lui è la disponibilità verso nuove idee, opportunità e alternative e la cura nel selezionarle.

Il suo spiccato self-control e la sua elevata empatia ne fanno una persona capace, perspicace, brillante ed avveduta.

Aver accettato di dare una mano per far si che questo progetto abbia successo è per me motivo di orgoglio.

Grazie Sergio!

Domenico Sorgentone

Domenico  è uno che lo sport, in particolare la pallacanestro, l’ha vissuta davvero.

Di Roseto degli Abruzzi, nel corso della sua carriera, ha allenato un bel po’ di squadre, tra le tante: Vasto, Roseto, Chieti, Porto Sant’Elpidio, Scafati, Palermo, Bisceglie, Ribeira, Foligno, Atri, vincendo ben 11 campionati.

Una visione dell’allenamento a 360° con l’oggettiva bravura di far funzionare in maniera efficace ogni staff che lo coadiuva.

In uno degli 11 campionati vinti ci sono stato anche io, condividendo un anno sportivo con un allenatore del suo calibro.

E’ garantito che i suoi articoli saranno di notevole contenuto perché dettati dall’esperienza, dal buon senso, dalla generosità e dalla profonda cultura di cui Domenico è ricco.

Onorato per aver accettato di dare il tuo apporto, grazie Domenico

Coppa Italia

About me

Chi è Tiziano Megaro
prof. Tiziano Megaro

Il (solo) responsabile di questo blog, TrainingConcept.it

Ho scritto questa presentazione nel 2014, riproposta a tutti con la presentazione di questo spazio dopo 6 anni e ancora piuttosto attuale:

  • scrivo un po’ per scherzo, un po’ per passione, un po’ per divertimento ma molto per dare una mano a chi lavora nel mondo dello sport o della scuola e ha a che fare con il fisico e con la salute di tante persone;
  • non sopporto quelli che “intorbidiscono l’acqua per farla sembrare profonda”;
  • Ho una laurea in Scienze motorie, ma ciò che mi ha formato veramente, è stato lavorare sui campi con i tanti atleti in 30 anni di attività (atletica leggera, pallavolo, calcio, tennis e tanto nella pallacanestro)
  • abuso di internet dal 1995 (grazie a mio fratello), ma ammiro quelli che lo odiano per farli ricredere e capire che usato bene è un bene da tenersi stretto (giro di parole voluto);
  • amo tutto ciò che ha a che fare con il mare
  • odio dover leggere “le condizioni e la privacy” quando si sottoscrive un contratto perché è sempre scritto con un carattere piccolo e spesso illeggibile
  • sono stato proprietario di palestra, direttore di centri sportivi, proprietario di società di servizi per lo sport ed il turismo, animatore Valtur, allenatore + istruttore (atletica, pallavolo, pallacanestro) ed anche educatore;
  • Sono insegnante di scienze motorie e attività per il sostegno (mio attuale lavoro) e preparatore fisico.
  • Ho pensato di far partire questo blog per svariati motivi più o meno seri;

Ecco una mia “bio” più istituzionale per i più curiosi.

Mi trovi su linkeldin, su facebook, su twitter e su Instagram ma è qui che scrivo in maniera più professionale e seria.

Se sei alla ricerca di qualcuno con cui scambiare punti di vista, con cui riflettere su argomenti in tema con il blog, in maniera totalmente gratuita, scrivimi pure.