Esercizio di libera esplorazione

Esercizi di libera esplorazione: 50 idee

Secondo parte (esercizi di libera esplorazione del n. 26 al . n. 50)

Riprendendo e ripetendo il concetto della prima parte dell’articolo, gli esercizi di libera esplorazione motoria, di seguito elencati, non servono a dare delle risposte.

Ogni soluzione irrigidisce il movimento divergente, sono solo delle proposte che invitano a vedere il proprio corpo in movimento come il pennello di un artista.

Sono pensati per spingere i ragazzi ad ascoltare…

…l’energia dei propri impulsi spontanei profondi in modo da articolarli in movimenti espressivi, visibili e organizzati.

26. La rappresentazione

In circolo, si mette un oggetto al centro del cerchio ed ognuno,  a turno, si relaziona con esso in movimento, ci gioca come vuole:

è importante lasciare libera la fantasia per rappresentarsi l’oggetto in modi diversi.

27. Il sogno in movimento

Ognuno, a turno, racconta con i movimenti il proprio sogno nel cassetto, cosa vorrebbe fare da grande; gli altri devono cercare di indovinarlo.

E’ importante osservare tutte le fasi del movimento e le parti anatomiche che vengono utilizzate maggiormente.

28. Il blocco motorio

Ci si divide a coppie, un ragazzo fa un movimento e poi si blocca in un posizione statica; l’altro risponde a questo movimento, quando si ferma, a sua volta, può ripartire il compagno e così via.

Il mobile e l’immobile

Ogni ragazzo, su invito dell’insegnante, deve prima rappresentare

un oggetto immobile:

  • tavolino
  • sedia
  • spaventapasseri

e poi un oggetto mobile:

  • treno
  • aereo
  • carrello della spesa
  • ecc…

Ognuno deve sforzarsi di cercare soluzioni accettabili.

29. I due schieramenti

Si dividono i ragazzi in due squadre che si dispongono una di fronte all’altra.

Ogni squadra ha, di volta in volta, un capitano che esegue dei movimenti.

I componenti della sua squadra avanzano verso l’altro schieramento compiendo prima tre passi in avanti e poi eseguendo il movimento proposto dal capitano.

L’altra squadra, una volta osservato il movimento, deve rispondere con un’azione motoria eseguita dopo tre passi in avanti che abbia una qualche relazione con quella dell’altro schieramento.

Tutti devono essere capitani almeno una volta.

I due schieramenti imitano poi la danza tipica del popolo Maori, la Haka, resa celebre dalla nazionale di rugby della Nuova Zelanda: gli All Blacks.

30. Un cerchio per terra

Si dispongono a terra tanti cerchi quanti sono i ragazzi, ognuno all’interno del proprio.

Al via dell’insegnante tutti lasciano i propri cerchi e corrono esternamente ad essi, allo stop devono cercare di occupare il cerchio più vicino, nel frattempo ne è stato tolto uno.

Chi resta fuori viene eliminato e viene tolto un altro cerchio fino a quando ce ne sarà uno solo a terra.

31. Un cerchio alla testa

Ogni ragazzo ha un cerchio che fa rotolare liberamente nello spazio motorio.

Al via dell’insegnante ognuno deve lasciare il proprio cerchio e cercare di catturare quelli del compagno quando sono ancora in movimento, prima che cadano a terra, vince chi ne prende di più.

32. La sensazione in movimento

In circolo, l’insegnante dà ad ogni ragazzo un bigliettino sul quale è indicato un movimento, una sensazione da vivere, poi invita singolarmente i ragazzi a sentire quel movimento.

Le situazioni possono essere, ad esempio:

cammina come se fossi…

  • su un bel prato fiorito
  • sul ciglio di un burrone
  • su un campo minato
  • su un terreno pieno di chiodi
  • sulle uova
  • su una superficie elastica
  • sulle sabbie mobili
  • su un asse di equilibrio…

E’ importante che i ragazzi si immedesimino nella sensazione, vivano il movimento.

Ogni sensazione parte dall’interno e poi si manifesta.

E’ fondamentale imparare ad ascoltare il proprio corpo e le emozioni.

Quasi sempre siamo “sconnessi” e i pensieri ci impediscono di sentire quello che proviamo nel profondo di noi stessi.

33. La scelta

L’animatore dà ad ogni ragazzo un foglietto sul quale c’è scritta una cosa da fare e tutti eseguono i movimenti suggeriti.

In una seconda fase ognuno, osservando gli altri, deve scegliere qualcuno che può avere una qualche relazione con il suo movimento.

Ad esempio, se su un foglietto c’è scritto “rospo” e su un altro “rana” si dovrebbe formare la coppia.

E’ interessante notare i rapporti che si vengono a creare dove non c’è una precisa e scontata relazione.

34. L’interessamento

Ci si divide a coppie.

Uno dei due partner delle coppie, con cinque movimenti, deve cercare di interessare l’altro che l’osserva.

Si possono utilizzare attrezzi codificati e non.

Se scatta l’interessamento i due ragazzi si relazionano con quei movimenti.

Si scambiano poi i ruoli.

Se una coppia non trova stimolante nessun movimento costruito nel suo interno può inserirsi nei movimenti di un’altra coppia e relazionarsi con essa.

In questo modo si crea una relazione ed interazione espressiva con l’altro ed il gruppo.

35. Il marchingegno

In circolo, un ragazzo va al centro ed esegue un movimento automatico che ripete in continuazione.

Uno alla volta gli altri ragazzi possono inserirsi in questo movimento cercando di essere funzionali al marchingegno e ai suoi specifici ingranaggi.

Si può accompagnare ogni movimento con un suono o una parola.

Ognuno trova un’armonia tra il proprio sentire, pensare ed agire con quello dell’altro per costruire insieme la fantastica macchina.

36. L’intruso

In circolo, con gli occhi chiusi, ognuno si muove liberamente nello spazio.

L’animatore tocca sulla spalla un ragazzo che da quel momento deve compiere l’azione indicata su di un foglio.

A questo punto tutti possono aprire gli occhi e sempre muovendosi devono, cercare di capire chi sta eseguendo l’azione diversa e cosa sta rappresentando.

37. Il suono del silenzio

A coppie, uno con gli occhi chiusi, l’altro che lo guida parlandogli.

Appena finisce di parlare, il compagno deve fermarsi e, per ripartire, deve sentire solo la voce della sua guida.

E’ importante la modulazione dell’uso della voce.

38. La guida

Ci si divide in coppie.

Un ragazzo ha gli occhi bendati e l’altro lo guida nello spazio scegliendo:

  • un suono identificativo
  • una parola
  • un verso di animale
  • il nome del compagno
  • ecc…

Successivamente il ragazzo bendato rimane fermo e il compagno che lo guida si allontana da lui, poi, ad una certa distanza, ripete il suono identificativo in modo che possa essere raggiunto.

39. I diversi materiali

I ragazzi con gli occhi bendati devono immaginare di entrare in particolari spazi contenenti materiali diversi, ad esempio:

  • miele
  • piume
  • mattoni
  • fiori
  • ecc…

Poi, sempre con gli occhi bendati, si entra nella stanza dei segreti, dove si riconoscono gli oggetti smarriti esclusivamente attraverso il tatto.

40. La strada da percorrere

I ragazzi bendati vengono invitati a camminare lentamente nello spazio, a trovare un punto preciso dove rivivere una loro sensazione.

Essi devono cercare di ricordarsi:

  • il posto
  • lo spazio significativo
  • le persone con cui stavano
  • il vestito che indossavano
  • i colori
  • i suoni
  • il profumo dell’aria
  • le parole dette e quelle pensate.

La creatività può percorrere anche la strada del passato.

In questo caso esso viene arricchito con il nostro nuovo essere e viene modificato e reso attuale aprendo le ragnatele del nostalgico ricordo.

41. Il racconto

L’animatore legge un racconto di situazioni particolari:

è una bella giornata.

C’è il sole, inizia a piovere, piove a catinelle, fa freddo.

Si forma una grande pozzanghera di acqua che si trasforma in una lastra di ghiaccio.

Scivoli su un sentiero pieno di fango, sassoso, cosparso di carboni ardenti, di lame taglienti.

Il passo diventa incerto, ecc…

Ogni ragazzo deve mimare un modo di andare avanti nel percorso immaginando di vivere le diverse sensazioni.

Si stimola l’attenzione alla storia e la coordinazione tra le varie sequenze narrate.

42. Il mestiere

I ragazzi devono far indovinare attraverso gesti mimici un tipo di lavoro ai compagni.

I vari mestieri individuati poi si mettono insieme se tra di loro si riesce a trovare un legame professionale.

Alcuni lavori potranno essere anche caricaturizzati accentuando il loro lato ripetitivo.

43. La drammatizzazione

In circolo, un ragazzo va al centro e improvvisa una drammatizzazione.

I compagni cercano di capirne il significato, poi, nella fase di verbalizzazione fanno domande come:

  • Chi eri ?
  • Cosa stavi facendo ?
  • Dove ti trovavi ?

In questo modo, il ragazzo che ha eseguito l’improvvisazione prende maggiore consapevolezza di quello che ha fatto.

Quando gli viene chiesto di ripetere la drammatizzazione è in grado di stare più attento alla successione dei movimenti.

Si promuove l’apprendimento cooperativo.

44. Il minollo

Sperimentare diversi modi di muoversi.

Ad esempio, quando si cammina provare a farlo:

  • sulle punte
  • sui talloni
  • sulle parti esterne dei piedi
  • con le anche alzate, lateralmente
  • all’indietro, rimbalzando
  • come un uomo primitivo
  • come un animale inventato da ciascun partecipante

tipo:

  • il minollo
  • il coccobrillo
  • il coccodrillo ubriaco
  • il canguro saltapasti
  • l’ornitorinco laringoiatra.

Si stimola, in questo modo, la fantasia dei ragazzi.

45. Il senso dell’umorismo

Osservare alcuni filmati dei grandi comici come Charlot e Totò e cercare di imitare i loro buffi movimenti.

Per esercitarsi all’umorismo basta entrare in una classe di bambini e fare tutto quello che ti dicono di fare.

Si entra così nel loro gioco, nel loro racconto per poi farlo evolvere inserendo le proprie conoscenze.

Il racconto può diventare anche molto comico.

46. Cambiare gioco

Sentire come si trasforma un movimento passando da uno stato all’altro.

Ad esempio immaginare di giocare a pallavolo con un compagno e poi, improvvisamente, con lo stesso pallone, cambiare disciplina sportiva.

47. Abbattere i muri

I ragazzi formano un muro con i loro corpi all’impiedi tenendosi uniti molto stretti, senza lasciare spazi.

Da una parte e dall’altra del muro ci sono due ragazzi che devono tentare di comunicare tra loro.

Il muro cerca di ostacolare in tutti i modi questa comunicazione.

Questo esercizio facilita lo sfogo delle emozioni represse, trasformandole con l’aiuto del compagno.

48. La meta

I ragazzi partono da un punto dello spazio e devono arrivare ad un altro stabilito in precedenza dall’insegnante.

Ogni ragazzo deve cercare di farlo camminando su due piedi avendo la possibilità di guardare in avanti in modo da fissare la meta.

Si invita a riflettere che la nostra attività più spontanea, il camminare guardando in avanti, in realtà, è una grande conquista evolutiva dell’umanità.

Gli animali stanno curvi e guardano il suolo, l’uomo ha un viso “volto” verso l’alto.

49. Collegare i movimenti

In circolo, due ragazzi vanno al centro ed eseguono due movimenti liberi.

Gli altri ragazzi, dal posto, devono cercare di legare i due movimenti.

Se qualcuno trova una valida soluzione va la centro e cerca di collegarli.

Si stimola l’improvvisazione.

50. Il gioco di movimento

Dare ad ogni ragazzo due attrezzi diversi ed invitarli a creare con questi attrezzi un gioco di movimento.

Il gioco è utile per dare forma, corpo, suono al proprio immaginario.

Ed infine l’ultimo esercizio.

Il più semplice ma probabilmente anche il più efficace:

trovare durante la giornata mezz’ora per camminare all’aria aperta possibilmente in compagnia.

Ascoltare la natura e parlare con un amico guardandolo negli occhi oltre a stimolare il pensiero e la memoria permettono l’unione del movimento e della creatività.

Per la prima parte dell’articolo (esercizi dal n. 1 al n. 25): cliccare qui

LA REDAZIONE

di Pasquale Iezza

Insegnare ad insegnare

Vi insegno a insegnare…

…fate star bene i vostri ragazzi!

“Finalmente ho tenuto le lezioni di pallacanestro “in presenza” al concorso di laurea in Scienze Motorie e dello sport all’Università Cattolica di Milano”

Dopo un anno di lezioni “in remoto”,  finalmente ho parlato con…

…i miei studenti, li ho osservati, li ho guardati negli occhi, mi sono emozionato e ho trasmesso loro questo messaggio:

“Non ho la pretesa di farvi diventare dei giocatori di pallacanestro, vorrei solo che voi diventaste dei
bravi Insegnanti, quindi ………. parleremo sì di basket, ma il mio obiettivo principale è quello di

INSEGNARVI A INSEGNARE!”. 

Ho detto loro, volete diventare Insegnanti speciali?

Follow me…queste sono le raccomandazioni da seguire.

1) l’autorevolezza

Deve essere la vostra prima qualità.

Vi dà credibilità e vi fa diventare un punto di riferimento per i vostri allievi e ciò che dite, assume per loro un significato di “verità”.

Se ne accorgono subito e vedono in voi la serietà e vi seguono.

L’autorevolezza diventa progressivamente sicurezza e rafforza la vostra personalità che, con il passare del tempo, diventa

  • coerenza
  • convinzione
  • capacità

di svolgere bene il vostro ruolo all’interno del gruppo.

L’autorevolezza non è autoritarismo, non è “potere”, l’autorevolezza:

affascina, coinvolge ed emoziona.

Emozionateli!

2) la seconda qualità è la partecipazione.

La vostra deve essere una presenza attiva, animata dalla voglia di fare, di fare sempre meglio, di dare e di arricchire.

Questa voglia si misura con il desiderio di entrare in palestra, nel campo di gioco, in piscina, con entusiasmo e con la voglia di trasmettere e di coinvolgere: non deve essere una “routine”!

Guardateli negli occhi, vi diranno subito di quello che hanno bisogno.

La vostra partecipazione è condizionata dal modo di pensare, dallo sforzo di percepire o di far
percepire qualsiasi esercizio o gioco in modo accattivante, interessante, curioso, in una versione
sempre nuova, perché:

nulla rimane immutato e voi dovete coglierne le novità.

La vostra partecipazione deve essere anche affettiva e deve esprimere la voglia di trasmettere ciò che sapete e che avete raggiunto in anni di studi, di ricerche, di confronti, di approfondimenti e di
aggiornamenti.

Il vostro deve essere un “sapere” che si coniuga con la passione e con il piacere di trasmetterlo agli altri.

Il “piacere di insegnare”, nessun lavoro, nessuna professione, senza il “gusto” di compierlo, può risultare gratificante, quindi efficace e proporzionato al gradimento dei vostri allievi, che lo dimostreranno stando attenti, coinvolti e appassionati a ciò che voi trasmettete.

Coinvolgeteli!

3) la terza qualità è il ruolo, il vostro ruolo

Ogni ruolo ha una sua liturgia che deve essere mantenuta.

Non vi è concesso di diventare amici dei vostri allievi.

Il vostro ruolo è sacro, non è una missione e la sacralità del vostro ruolo è fondata su un sapere razionale, ha un sapore fascinoso, misterioso, perché il mistero rimane dentro il pensiero umano.

Voi non siete il padre o la madre dei vostri allievi, non siete il loro amico, non siete lo psicologo che li deve accompagnare nel cammino della fanciullezza.

Siete un uomo o una donna con l’incarico di fare il direttore d’orchestra dove ognuno degli orchestrali suona il proprio strumento (chi bene e chi male, ma tutti suonano) e voi avete il dovere di accompagnarli e di farli “crescere”.

E ricordatevi che dovete indossare un abito consono alla cerimonia, alla cerimonia dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Affascinateli!

4) la quarta qualità è “fateli star bene

La palestra, il campo di gioco, la piscina devono essere un’oasi di pace.

Fuori può regnare il caos, ma nella vostra palestra e nel vostro campo di gioco, i vostri allievi devono sentirsi al sicuro, deve regnare:

  • l’ordine
  • la giustizia
  • la stima
  • la collaborazione
  • la creatività
  • la voglia di sicuro,

fateli imparare.

Fateli stare bene i vostri allievi.

La palestra, il campo di gioco, la piscina sono un banco di prova per la vita futura e voi potete solo aiutarli ad essere pronti per affrontarla.

Fate capire loro che eccellere costa, imprimete nella loro mente che se vogliono veramente ottenere qualcosa di importante, devono impegnarsi e sacrificarsi.

Accompagnateli!

Conclusioni

“Voi dovrete diventare degli Insegnanti, degli Istruttori, degli Allenatori, degli Educatori… “in
gamba”.

Dovrete lasciare in eredità ai vostri allievi la gioia di giocare, di divertirsi e la voglia di migliorare!
Dovrete saper “leggere” nei loro occhi ciò che desiderano e se sarete in grado.

Cercate di far diventare lo sport che praticano un’avventura e non una marcia forzata per eccellere.

Dovrete essere una guida preziosa:

  • camminate accanto a loro
  • lasciateli esplorare
  • inventare
  • creare
  • indagare

e, se sarete stati per loro degli Insegnanti “speciali”, non vi dimenticheranno mai e sarete ricordati

per quello che siete stati e non per quello cha avete loro insegnato”.

Nelle mie lezioni ai Corsi A-B-D e C

Nelle mie lezioni, ho parlato poco di pallacanestro

Ho cercato di coinvolgerli, di affascinarli, di dare loro delle certezze ma anche di metterli in crisi e di creare dei dubbi.

Ho cercato di far capire loro che:

devono “essere messe assieme” per fare in modo di crearsi una “propria” metodologia d’insegnamento”.

Non si è bravi Insegnanti se si conoscono 100 esercizi, si è bravi Insegnanti se si conosce a che cosa
serve un esercizio, perché lo si propone e soprattutto che effetti produce.

Martedì e mercoledì: era come se fosse stata la mia prima volta da Insegnante!

Se non è EMPATIA non si può insegnare e nemmeno… apprendere!!!!!!

di Maurizio Mondoni

Libera esplorazione

Esercizi di libera esplorazione: 50 idee

Prima parte (esercizi di libera esplorazione del n. 1 al . n. 25)

Gli esercizi di libera esplorazione motoria, di seguito elencati, non servono a dare delle risposte, perché ogni soluzione irrigidisce il movimento divergente.

Sono solo delle proposte che…

…invitano a vedere il proprio corpo in movimento come il pennello di un artista.

Sono pensati per spingere i ragazzi ad ascoltare l’energia dei propri impulsi spontanei profondi in modo da articolarli in movimenti espressivi, visibili e organizzati.

1. L’accoglienza

In circolo, ognuno si predispone ad accogliere i compagni, per recuperare l’ascolto profondo del proprio corpo e dei propri movimenti.

Divaricare le gambe in modo da sostenere in modo equilibrato il corpo, con le mani lungo i fianchi e le palme rivolte all’interno, verso le gambe.

Al via tutti sollevano le braccia staccandole lentamente dal corpo, mani aperte, con le palme girate in su, il movimento si può concludere portando le braccia al petto incrociate nella posizione di abbraccio.

Questo gesto dell’accoglienza inizia il nostro lavoro di ricerca sostenendo una relazione serena e positiva. Ognuno è come se dicesse:

“io ci sono”, “io ho qualcosa da esprimere, da comunicare”.

2. Un saluto in movimento

In circolo, ognuno si presenta dicendo il suo nome e poi eseguendo un movimento libero.

I compagni ripetono il suo nome ed il suo movimento.

Dire il proprio nome è la prima cosa che ci mette in relazione con gli altri, dopo possiamo essere identificati e chiamati.

Inoltre ripetere in gruppo un qualsiasi movimento eseguito da un compagno implica accettazione e condivisione della libertà di espressione.

Fondamentale è l’osservazione del movimento dell’altro e quindi il suo ascolto.

3. La presentazione

In circolo, sulla musica, un ragazzo alla volta va al centro, ed esegue dei movimenti che gli altri ripetono dal loro posto.

L’animatore deve favorire lo spostamento al centro di tutti i ragazzi.

Le musiche possono cambiare perché ritmi diversi determinano differenti movimenti.

La gestualità libera favorirà l’improvvisazione.

4. L’incontro

Muoversi liberamente nello spazio ed incontrando un compagno salutarlo come si vuole:

  • con un gesto,
  • uno sguardo,
  • un saluto formale,
  • un contatto fisico.

Il movimento facilita la relazione, la coordinazione e l’interazione espressiva con l’altro ed il gruppo.

5.Lo spazio

Conoscere attentamente l’area motoria, camminare liberamente nello spazio osservando tutto e poi scegliersi il proprio posto.

Camminare ascoltando il ritmo della propria camminata e il respiro ad essa abbinato senza avere fretta.

E’ importante imparare ad occupare lo spazio rispettando quello dell’altro (se allargando le braccia si urta un compagno bisogna trovare un altro spazio).

Nello spazio si potrà riconoscere:

la forza e la leggerezza, la velocità e la lentezza, la respirazione e la propria musica interiore.

6. Il monologo motorio

Ogni ragazzo deve raccontarsi per due minuti attraverso il movimento.

Questa è una fantastica esperienza di corpo sentito per l’espressione di sensazioni, stati d’animo, azioni e situazioni.

7. Il volto dei colori.

I ragazzi devono associare i movimenti ai colori che, a mano a mano, vengono mostrati.

Alcuni tipi di luce possono:

irritarci, altri calmarci, il mondo esterno condiziona il nostro sentire, le nostre emozioni, le nostre azioni motorie.

gioco libera esplorazione 2
foto da: greenme.it
8. L’imitazione

Ciascuno cammina liberamente nello spazio ed imita prima immagini proposte dall’animatore (ad esempio il volo di un aquilone) e poi oggetti reali o fantastici creati liberamente.

La gestualità espressiva stimola l’ uso creativo del corpo proprio.

9. I due mondi

Si divide lo spazio motorio in due metà, in una si cammina come se si fosse nel mondo reale, nell’altra nel mondo fantastico.

Fra i due mondi c’è una linea di confine in cui ogni ragazzo può fermarsi a pensare prima di passare da un mondo all’altro.

Dopo aver sperimentato il proprio corpo nei due mondi i ragazzi, al via dell’animatore, decidono in quale mondo vivere.

Dopo questo esercizio si passa alla fase di verbalizzazione in cui si chiede ai ragazzi:

come ci si sentiva nei due spazi.

10. Il confine

Ci si dispone di fronte ad un filo teso (se non c’è la rete di pallavolo).

Ogni ragazzo, oltrepassando il filo, approda nel mondo della fantasia motoria e lì può muoversi come vuole.

Ritornato al suo posto deve cercare di convincere i suoi amici a passare dall’altra parte.

11. Lo spazio dell’inventore.

Si divide lo spazio in due metà, in una si posizionano gli inventori dei movimenti, nell’altra gli osservatori.

Al via dell’animatore gli inventori creeranno nuove azioni libere e gli osservatori sceglieranno  quelle più coinvolgenti.

Si chiede, nella fase di verbalizzazione, la motivazione della scelta.

Nella seconda fase si invertiranno le posizioni degli inventori e degli osservatori.

Si darà forma, corpo, suono, al proprio immaginario.

12. Il dialogo con il corpo

Ci si divide a coppie e ci si tiene per mano.

Un ragazzo compie un movimento e poi lo passa all’altro che lo ripete facendone a sua volta un altro che poi ripassa al compagno:

la comunicazione passa attraverso il contatto corporeo.

Quando due persone si incontrano e dialogano con il proprio corpo imparano ad ascoltare i reciproci movimenti.

Singoli movimenti messi in comune tra due persone diventano un’azione.

13. Lo specchio creativo

Ci si divide a coppie.

Un ragazzo esegue dei movimenti spontanei e l’altro li imita a specchio.

E’ importante, attraverso l’osservazione, impadronirsi dei movimenti dell’altro per imparare ad ascoltarlo.

In una fase successiva si osserverà prima il movimento del compago e poi lo si ripeterà, però trasformandosi in uno specchio deformato:

lo specchio che imbruttisce, che abbellisce, che caricaturizza, ecc…

Nella fase di verbalizzazione è importante verificare:

in quanti modi diversi può essere visto un movimento, come è possibile trasformarlo e a quante cose ci rimanda.

14. I condizionamenti

Giocare ad eseguire i movimenti normalmente assegnati dalla cultura e dai condizionamenti sociali, ai maschi ed alle femmine:

è bene far riflettere i ragazzi che i movimenti non hanno sesso, non ci sono movimenti maschili e movimenti femminili.

15. La sfida della tartaruga

Sentire le sensazioni dei movimenti eseguiti molto velocemente e molto lentamente.

Disporre i ragazzi sulla linea di partenza e farli sfidare in gare di corsa.

Nella prima vince chi corre più veloce e arriva primo.

Nella seconda chi corre più lento e arriva ultimo (bisogna comunque andare sempre avanti senza mai tornare indietro, chi si ferma è squalificato).

Col tempo si acquisisce naturalezza e spontaneità nel proprio movimento.

16. Entrare nella storia

Un ragazzo appena entra in un cerchio disposto a terra fa dei movimenti liberi immaginando di voler comunicare una storia.

Gli altri si avvicinano a lui e cercano di entrare nella sua storia continuandola.

Dopo questa esperienza si passa alla fase di verbalizzazione chiedendo al ragazzo che ha iniziato il movimento se il gruppo ha assecondato la sua storia o ne ha creato un’altra completamente diversa.

Entrando nella storia si ritrova la giocosità e la spensieratezza.

17. L’artista e il suo modello

I ragazzi si dispongono in coppie, uno è l’artista, l’altro il manichino.

L’artista fa compiere i più svariati movimenti al manichino muovendolo con le mani, poi si cambiano i ruoli.

Si prova gioia nel creare, nel modellare le parti del corpo, nel comporre.

Il gioco si allarga, poi, dividendo la classe in gruppi di quattro e organizzando una concorso per la definizione del miglior modello.

Nella fase di verbalizzazione il manichino comunicherà i movimenti che lo hanno fatto sentire meglio.

18. Il pezzo di argilla

Ci si divide a coppie disposte in due file parallele.

Una fila rappresenta i pezzi di argilla allo stato grezzo e l’altra i suoi modellatori.

Un pezzo alla volta di argilla viene modellato dagli “artisti”, poi le diverse composizioni vengono messe in relazione cercando dei punti un comune per creare il pezzo unico.

L’argilla si trasformerà attraverso l’ “opera” di tutti.

19. Muovere l’immobilità

Ognuno nello spazio esegue dei movimenti liberi.

Al battito delle mani dell’insegnante tutti devono restare immobili.

Il primo a cui viene l’idea di un nuovo movimento lo esegue, poi, al nuovo battito delle mani dell’insegnante, si ricomincia.

I movimenti del corpo, siano essi lenti o meccanici, veloci o sciolti:

indicano lo stato emotivo delle persone.

20. Tale e quale

Quattro ragazzi di spalle al gruppo devono comporre un’immagine fotografica su un argomento (medioevo, pollaio, sanremo…) che di volta in volta viene richiesta da chi li osserva.

La fotografia viene organizzata prima singolarmente poi cercando, senza mai parlare, di formare un’immagine con lo “scatto” proposto dai compagni.

Nella verbalizzazione si metterà in evidenza che il corpo non mente mai, è la parte più vera di noi.

21. Le slides

Quattro ragazzi, due faranno le slides e due le presenteranno.

Il primo presentatore inizia ad argomentare su una tematica da lui scelta e al suo click mostra le slide.

I due ragazzi slides devono immediatamente formare l’immagine richiesta.

Il secondo presentatore sulla slide formata collega un altro argomento, diverso dal precedente, per poi rilanciare al primo presentatore la sua nuova slide.

E così via fino alla fine della storia, o meglio delle storie.

22. La trasformazione

In circolo, ognuno compie un movimento libero.

L’insegnante chiede poi ad un ragazzo di eseguire il suo movimento al centro del cerchio in modo che tutti lo possano vedere.

Questo movimento viene poi passato ad un altro ragazzo che va al centro e deve trasformarlo.

E’ importante trasformare il movimento e non cambiarlo, quindi si deve ascoltare attentamente il movimento del compagno per inserirsi in esso cercando di modificarlo però nella continuità.

Andare al centro e cambiare totalmente un movimento proposto significa non aver osservato e sentito la proposta  del compagno.

L’immaginazione ci permette di trasformare e combinare i movimenti inventando nuove azioni.

23. L’osservazione

In circolo, si mette al centro un qualsiasi oggetto.

Ognuno a turno si avvicina ad esso, lo osserva e con questo oggetto esegue un movimento immaginando che sia qualcosa.

Gli altri a turno fanno anche loro l’esercizio, ma non possono ripetere la stessa azione del compagno.

E’ interessante immaginare la diversa funzionalità degli oggetti, osservandoli, toccandoli.

Solo in questo modo è possibile poi trasformarli seguendo la creatività di ognuno.

24. L’oggetto misterioso

In circolo, si mette al centro del cerchio un oggetto.

Ognuno a turno lo fa diventare con l’aiuto del suo corpo qualcos’altro, ciò che vuole, poi si ferma come se volesse farsi una fotografia.

I compagni devono indovinare cosa è diventato l’oggetto.

Si potrà poi partire da due oggetti, completamente scollegati tra loro, chiedendo di metterli insieme con un senso.

L’osservazione attenta dell’oggetto migliora le capacità espressive e creative.

25. La rappresentazione

In circolo, si mette un oggetto al centro del cerchio.

Ognuno,  a turno, si relaziona con esso in movimento, ci gioca come vuole:

è importante lasciare libera la fantasia per rappresentarsi l’oggetto in modi diversi.

La seconda parte (dal n. 26 al n. 50) sarà proposta con la prossima uscita.

La redazione

di Pasquale Iezza

Il pensiero sistemico

IL PENSIERO SISTEMICO

System Thinking – by Russel Ackoff

Russell Ackoff, massimo studioso e pioniere nel campo delle scienze della complessità e del pensiero sistemico, esprime in questo video (estrapolato da un discorso molto più ampio) alcuni dei concetti fondamentali del pensiero sistemico. Pensiero che si oppone all’approccio riduzionista, al processo di semplificazione dei fenomeni, attraverso il quale spesso ci illudiamo di comprendere la realtà che ci circonda ma in realtà non facciamo altro che crearne un surrogato adatto alle nostre esigenze, al nostro modo di intendere le cose, che spesso, o quasi mai, corrisponde a quanto realmente avviene intorno a noi.  

da tss.academy (teaching sport skills)

Ritengo che il pensiero sistemico debba essere il presupposto da cui partire, le fondamenta sulle quali costruire il proprio percorso da allenatore. Un percorso tortuoso, tutt’altro che lineare, pieno di imprevisti che vanno accettati perché parte integrante della realtà in cui viviamo.

Allenare significa accettare la complessità dei fenomeni e conviverci, tracciando un percorso a matita, pronti al continuo ri-modellamento sulla base di quella che sarà la nostra continua crescita nella comprensione di ciò che avviene intorno a noi.

Nella parte finale del suo discorso, il professor R. Ackoff dal concetto di complessità si sposta a quello di qualità. Un concetto spesso bistrattato e poco compreso.

La qualità, ci dice Ackoff non può prescindere dal valore. E questo a mio avviso, da allenatori che hanno a che fare spesso con ragazzi giovani e anche molto giovani, dobbiamo sempre tenerlo a mente.

La qualità del nostro percorso da allenatori non può e non deve essere misurata solo sulla base dell’efficienza (risultati) ma anche e soprattutto dai valori che promuove, nell’ottica del raggiungimento di obiettivi molto più grandi e importanti di quelli della semplice vittoria di un campionato.

Ho diviso in alcune parti il discorso di R.Ackoff e di seguito riporterò quanto espresso dal professore durante il suo convegno.

Quella che segue sarà dunque la traduzione letterale del video pubblicato in alto nell’articolo

COS’È UN SISTEMA?

“La ragione del fallimento (il professore si riferisce ai processi di miglioramento della qualità dei servizi all’interno delle organizzazioni) è principalmente il fatto che non sono stati inglobati nel pensiero sistemico. Sono stati un’applicazione anti-sistemica. Ora lasciatemi spiegare cosa questo significhi.

Prima di tutto: che cos’è un sistema?

Il sistema è un “tutto” che consiste in diverse parti ognuna delle quali può influenzare il suo comportamento o le sue proprietà. Voi per esempio siete un sistema biologico chiamato “organismo”, e voi siete costituti da parti, il cuore, i polmoni, lo stomaco, il pancreas, ecc e ognuna di queste può influenzare il vostro comportamento o le vostre proprietà.”

PARTI INTERDIPENDENTI

“Il secondo requisito è che ogni parte quando influenza il sistema dipende, per il suo effetto, da alcune altre parti del sistema, in altre parole, le parti sono inter-dipendenti. Nessuna parte del sistema, o nessun insieme di parti, hanno un effetto indipendente su di esso. Quindi il modo in cui il cuore ti influenza dipende da cosa stanno facendo i polmoni, da cosa sta facendo il cervello. Le parti sono tutte interconnesse; quindi un sistema è un “tutto” che non può essere diviso in parti indipendenti.”

LA PROPRIETÀ DEL “TUTTO”

“Le proprietà essenziali di tutti i sistemi sono proprietà che ha il “tutto” ma che nessuna della singole parti che lo compongono ha. Per esempio, un classico esempio di sistema elementare con il quale siete abituati ad avere a che fare è l’automobile: la proprietà principale di un’automobile è quella di saperti trasportare da un posto all’altro.

Nessuna parte dell’automobile può fare questo.

Le ruote non possono, l’asse non può, i sedili non possono, il motore non può! Il motore non può trasportarsi da solo da un posto all’altro! Ma l’automobile può.

Voi avete alcune caratteristiche tra le quali la più importante è la vita. Nessuna delle vostre parti vive, voi possedete la vita.  Voi potete scrivere, la vostra mano non può scrivere; è facile da dimostrare, tagliatevi la mano, mettetela sul tavolo e guardate cosa riesce a fare! Niente! Voi potete vedere, i vostri occhi no, voi potete pensare, il vostro cervello no.”

IL TUTTO È MAGGIORE DELLA SOMMA DELLE SINGOLE PARTI

E quindi, quando un sistema viene diviso in parti perde le sue proprietà essenziali”

Se dovessi portare un’automobile in questa stanza e smontarla, anche se avessi tutte le singole parti non avrei comunque un’automobile!

Perché il sistema non è la somma dei comportamenti delle sue singole parti, ma il prodotto delle sue interazioni.

MIGLIORARE LE PRESTAZIONI DEL SISTEMA

Se avete un sistema di miglioramento che è diretto a migliorare le singole parti separatamente, potete essere assolutamente certi che la performance del “tutto” NON migliorerà.

La performance del sistema dipende da come le sue parti interagiscono, e non da come agiscono separatamente.

CREATIVITÀ È DISCONTINUITÀ

La creatività è discontinuità! Un atto creativo rompe con la catena che l’ha preceduto. Non è continuo.”

Su questo concetto vorrei esprimere una mia personale considerazione sperando di stimolare qualche riflessione in merito.

Creativo è il giocatore che “rompe gli schemi”.

La creatività non è solo fantasia, non è una dote esclusivamente innata, ma è anche e sopratutto efficacia.

Risolvere problemi attraverso diverse strategie, anche le più stravaganti, questa è la creatività. E va allenata. E il modo migliore per farlo è consentire agli atleti d’interpretare le situazioni, di scegliere, di assumersi responsabilità, di sbagliare.

Creare è rompere con la routine, è “fare diversamente”. Da allenatori riserviamo degli spazi di allenamento per allenare questa caratteristica? 

Se creare è rompere con la continuità, credo che una volte per tutte dovremmo smettere di pronunciare la frase “si è sempre fatto così”.

La frase peggiore, la più stupida, l’espressione più riduttiva e limitata di chi non vuole progredire. Creativo è colui che rompe con la continuità ci dice Ackoff, altro che continuare a fare quello che è sempre stato fatto. 

FARE LE COSE BENE NON EQUIVALE A FARE LA COSA GIUSTA

“Quando noi guardiamo ai modelli di qualità e frequentemente lo facciamo guardando i Giapponesi e cosa hanno fatto con le automobili, non ci sono dubbi che loro abbiano migliorato la qualità dell’automobile. Ma è una tipologia sbagliata di qualità.

Peter Drucker ha fatto una distinzione fondamentale tra “fare le cose bene” e “fare la cosa giusta”. I giapponesi stanno facendo le cose bene, ma stanno facendo la cosa sbagliata. Fare bene la cosa sbagliata non è altrettanto positivo come fare male la cosa giusta.

Voi vedete come le automobili stanno distruggendo la vita urbana intorno a noi. Visitate solo Mexico City o qualsiasi altra delle più grandi città dove trovate grande traffico e il livello di inquinamento è cosi alto che i ragazzi devono essere tenuti a casa da scuola poiché non gli è consentito di uscire fuori di casa a causa dell’intensità dell’inquinamento. E poi noi parliamo della qualità delle automobili che guidiamo.

È un concetto errato di qualità.

La qualità deve contenere la nozione di valore non solo di efficienza.”

di Alberto Pasini

studenti - atleti

Tutelare gli studenti-atleti

…significa fare favoritismo?

La vita dell’atleta agonista non è affatto semplice, soprattutto quando va coniugata con la scuola/università o il lavoro.

A volte le difficoltà sono tali che i ragazzi gettano…

…la spugna e abbandonano uno dei due percorsi.

Molto spesso la scelta è obbligata dall’atteggiamento dei loro superiori:

che non fanno il minimo sforzo per comprendere le criticità di una dual career

  • scarsità di tempo,
  • stanchezza fisica e mentale,
  • frequenti spostamenti

né per venire loro incontro concedendo flessibilità sufficiente per conciliare le due vite.

Nel mondo della scuola, anche del lavoro, l’ostacolo maggiore all’integrazione degli studenti-atleti è rappresentato dai pregiudizi nei loro confronti.

delusione
foto da tredicesimoround.it

È molto diffuso il cosiddetto stereotipo “dell’atleta stupido”: la maggior parte dei professori cioè pensa che se un ragazzo si impegna tanto nello sport, allora lo studio non fa per lui.

Il pensiero inverso è diffuso tra gli allenatori, i quali pensano che se si dedica troppo alla scuola, non riuscirà a prepararsi a sufficienza per le gare.

Su quali basi scientifiche si fonda questa idea?

Nessuna!

Anzi si potrebbero fare molti esempi che è vero il contrario.

Si tratta, quindi, di una convinzione culturale, a priori e profondamente sbagliata, diffusissima in Italia, che impedisce una dual career serena.

La parzialità?

Un’altra credenza diffusa riguarda l’idea del “favoritismo”.

Finalmente negli ultimi anni a livello ministeriale sono stati presi dei tiepidi provvedimenti per sostenere gli studenti-atleti, ma molti docenti e dirigenti ostacolano i progetti perché li vedono come un favoritismo rispetto agli studenti che portano avanti un solo percorso di vita.

Prendendo in esame alcuni importanti documenti, è facile dimostrare come questa idea sia scorretta e che, al contrario, gli studenti-atleti si vedono negati i propri diritti di esseri umani, cittadini e studenti.

Leggi, articoli e costituzione

La “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” delle Nazioni Unite, all’articolo 26 comma 1, recita:

“Ogni individuo ha diritto all’istruzione”,

e al comma 2,

“L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.”

Il diritto allo studio è definito come diritto di tutti, ma la verità è che nella quotidianità non è riconosciuto ai giovani atleti poiché, senza la comprensione di dirigenti scolastici e professori, spesso sono costretti a compromettere la loro istruzione per raggiungere i vertici nello sport.

Passando alla nostra Costituzione all’articolo 3, comma 2, è scritto che

occorre garantire a tutti le medesime opportunità rimuovendo ogni ostacolo che possa impedire il pieno sviluppo della persona.

Ne consegue che ogni individuo è libero di perseguire il proprio sviluppo come meglio crede senza per questo essere discriminato.


Ancora, l’articolo n. 34,

“la scuola è aperta a tutti”,

introduce il principio di uguaglianza di opportunità educative, a prescindere da qualsiasi differenza.

Purtroppo nella realtà avviene di frequente che gli atleti vengano discriminati per la loro scelta di vita, spesso proprio dalle figure che maggiormente dovrebbero sostenerli (insegnanti, allenatori, datori di lavoro).

La Legge di Riforma 53/2003 sottolinea il diritto di tutti gli alunni alla personalizzazione dei percorsi di apprendimento.

Di nuovo, si tratta di un diritto del quale devono godere tutti gli studenti, nessuno escluso.

Altre norme

È possibile rintracciare anche norme più specifiche come la direttiva del 27 dicembre 2012 che

riconosce specificatamente il diritto all’istruzione dei bambini con Bisogni Educativi Speciali.

I cosiddetti BES sono ragazzini che si trovano a vivere, per un tempo più o meno lungo e per qualsiasi motivo, una situazione che li ostacola nell’apprendimento e nello sviluppo.

Gli studenti-atleti rientrano a pieno titolo in questo gruppo di allievi.

La dual career, infatti, è un percorso che, sebbene comporti molti benefici, si accompagna anche a notevoli difficoltà le quali, se non adeguatamente fronteggiate, possono tradursi in disagio psico-fisico e/o in abbandono della carriera scolastica o sportiva.

Nonostante ciò ancora oggi l’inclusione viene in genere rivolta soltanto agli allievi che presentano svantaggi motori e/o cognitivi, economici o sociali.

Al contrario, come definito nell’ Index per l’inclusione:  

“l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti i bambini, ragazzi con BES e con apprendimento normale”

perciò ne consegue che la scuola deve essere un ambiente che risponde ai bisogni di tutti i suoi utenti.

Ogni ragazzo deve avere il diritto di sviluppare tutte le sue potenzialità, mentali ma anche pratiche, fruendo allo stesso tempo dei percorsi didattici grazie ai quali potrà godere di un positivo inserimento nel tessuto sociale, civile e lavorativo.

Conclusione

Infine, se per gli alunni stranieri o con svantaggio socio-economico è riconosciuta e prevista a livello nazionale la stesura di un Piano Didattico Personalizzato, gli atleti, che godono degli stessi diritti di qualsiasi altro studente, devono avere la possibilità, non passeggera e legata a una sperimentazione come accade attualmente, di vedersi redatto un Progetto Formativo Personalizzato.

In modo che individui tutte le criticità della loro condizione, a partire dalle assenze superiori alla media fino ad arrivare al tempo limitato da spendere nello studio individuale.

La richiesta di maggiore comprensione e flessibilità in presenza di una doppia carriera non nasce dal desiderio di avvantaggiare gli sportivi ma ha come obiettivo quello di rispettare le leggi italiane, restituendo loro quello che è un diritto di tutti gli allievi:

apprendimento in un clima sereno, di disponibilità, condivisione, sostegno e collaborazione.

di Virginia Abbagnale

Le mie crociate

Le mie crociate: considerazione ad alta voce!

LA “RIVOLUZIONE CULTURALE” SCOLASTICA MOTORIA E SPORTIVA IN ITALIA DEVE PARTIRE DALLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA DEI FUTURI INSEGNANTI.

A margine del Disegno di Legge relativo all’introduzione dell’Insegnante di Educazione Motoria nella Scuola Primaria, il motto e l’obiettivo principale da perseguire da parte dei Docenti ai…

…corsi di laurea in Scienze Motorie e dello Sport e Laurea Magistrale dovrebbe essere:

INSEGNARE A INSEGNARE.

O MEGLIO “IMPARARE A INSEGNARE

Insegnare a insegnare deve essere una componente fondamentale dell’azione dei docenti universitari.

E’ assodato che ogni Docente ha cercato e cerca di sviluppare “le proprie tecniche” per svolgere al meglio questo compito.

Nella maggior parte dei casi ha costruito la propria competenza in solitudine, oppure partecipando a Seminare e a Corsi di formazione.

L’Università non lo ha aiutato molto e non gli ha fornito gli elementi necessari per insegnare.

Bisogna “crescere” nella formazione, formare deve essere l’obiettivo per ogni Docente universitario!

In Università manca un momento di confronto comune con i colleghi:

  • uno scambio di idee sulle metodologie adottate,
  • una condivisione di pratiche e strumenti utili a innalzare la qualità della didattica e dell’apprendimento degli studenti.
INSEGNARE A INSEGNARE ATTRAVERSO LA DIDATTICA

Insegnare a insegnare deve essere il MANTRA in Università, per chi deve formare chi ha scelto di Insegnare a scuola, nello sport e nel mondo della disabilità.

Un Mantra che mira a rafforzare le competenze didattiche dei Docenti Universitari (Formatori), per innalzare la qualità degli insegnamenti e incoraggiare una didattica innovativa.

Si deve fare affidamento alle più recenti teorie della ricerca in campo didattico:

  • valorizzare l’apprendimento attivo “active learning”;
  • puntare alla centralità di chi apprende, attraverso modelli riflessivi (“reflective learning”)
  • esperienziali (“experiential learning”)
  • trasformativi (“trasformative learning”).
I PRINCIPALI OBIETTIVI

Ad esempio gli obiettivi fondamentali da fornire ai futuri Insegnanti durante le lezioni sono:

  • fornire loro le competenze di base per
    • progettare, condurre, comunicare e valutare l’attività di insegnamento e apprendimento svolta in aula;
  • costruire una comunità professionale che, interagendo attivamente al suo interno,
    • elabori, approcci, strategie, metodologie e pratiche volte a migliorare costantemente la propria pratica didattica.
La laurea ti abilita all’insegnamento?

La laurea non ti abilita all’insegnamento.

Sarebbe molto utile predisporre, post-laurea, un Corso di preparazione all’insegnamento per chi insegnerà nella Scuola Primaria, nella Scuola Secondaria oppure a livello universitario.

Pertanto basta con le lezioni frontali, con gli esami a crocette, con materie che servono a poco, con il didatticismo.

E’ opportuno attuare un percorso formativo che si struttura secondo un’organizzazione modulare costituita da temi importanti quali:

  • incontri frontali condotti in forma interattiva;
  • workshop pratici finalizzati alla sperimentazione di procedure, tecniche e strumenti per l’azione didattica;
  • valorizzazione delle disabilità e i percorsi da attuare.
Proposta formativa

Questa proposta formativa deve essere un impegno delle Università per cambiare gli ordinamenti delle materie contemplate nel percorso degli studi.

inclusiva

Deve essere rivolta a tutti i Docenti interessati a migliorare la qualità didattica e professionale attraverso:

  • progettazioni di corsi di insegnamento a seconda della scuola;
  • programmazione e obiettivi da raggiungere;
  • tecniche della comunicazione;
  • metodologie di insegnamento;
  • strumenti di e-learning;
  • metodologie di valutazione;
  • percorsi di tirocinio “veri”.

Concludendo:

un’Università inclusiva che Forma e non Indottrina.

di Maurizio Mondoni

Il Movimento divergente nello sport

Il movimento divergente nello sport

Lo sport ti insegna l’autoconsapevolezza e l’autocontrollo, Non possiamo cambiare il mondo in un giorno. Dobbiamo partire da un campo di gioco per volta”.                  

Nawal El Moutawakel

Avere l’opportunità di praticare attività sportive assieme facilita la modifica della mentalità dei suoi praticanti, valorizza le capacità del singolo  e contribuisce a formare lo spirito di squadra.

Il catalizzatore del cambiamento sociale oggi è lo sport, perché  genera entusiasmo, una parola che dal greco significa “tenere gli dei dentro di noi”.

Lo sport è…

…azione, ci fa scendere in campo, ci appassiona, mette in gioco una grande energia collettiva, uno sforzo atletico, che salva dalla solitudine.

Lo sport è speranza.

L’inventore della pallacanestro

Per stimolare il movimento divergente nello sport può essere utile leggere le imprese di alcuni creativi famosi nel campo sportivo come ad esempio quelle di:

James Naismith l’inventore della pallacanestro, uno degli sport più popolari al mondo.

Il gioco della pallacanestro nacque come un’attività motoria che doveva servire a mantenere in allenamento i ragazzi nella stagione fredda per cui le sue regole inizialmente erano molto semplici.

C’erano due squadre di nove elementi ciascuna che dovevano cercare di lanciare la palla nella “scatola” avversaria, era falloso ogni contatto con i giocatori.

Per le sue caratteristiche di:

  • dinamicità
  • di strategie
  • di divertimento

ben presto il gioco si diffuse in tutti gli Stati Uniti d’America.

Le sue regole si sono evolute e molti appassionati hanno contribuito a farlo diventare il gioco fantastico che oggi conosciamo.

Mentre per i grandi giochi di squadra è difficile dare con precisione la data della loro nascita, la pallacanestro ha origini accertate.

James Naismith

E’ nata il 20 gennaio 1891 a Springfield (un benaugurante Campo di Primavera) negli Stati Uniti d’America.

A Springfield il canadese James Naismith svolgeva l’incarico di direttore delle attività sportive di un’Associazione cattolica e si trovò di fronte dei giovani che non sapevano come giocare nei gelidi inverni visto che il baseball e il football, gli unici sport praticati, si potevano svolgere solo su larghi spazi all’aperto.

Tentò di adattare il baseball e il football agli spazi ristretti della palestra ma si creava solo una grande confusione, inoltre i ripetitivi esercizi annoiavano i ragazzi.

Bisognava pensare a qualcosa di nuovo, a questo punto James mise in moto il suo circuito cerebrale divergente, il suo itinerario è un vero e proprio programma di creatività per cui ve lo descrivo nei dettagli.

La soluzione

Il punto di partenza, da cui tutto ebbe inizio, fu una situazione concreta: 

allenare i ragazzi  nel periodo invernale in uno spazio riparato, chiuso.

Alla soluzione di questo problema James ha probabilmente pensato a lungo.

Bisognava rendere accessibile l’ambiente.

La palestra, avendo spazi più ridotti rispetto ai campi all’aperto, non permetteva corse molto lunghe ed inoltre facilitava i contrasti e gli urti per cui bisognava pensare ad un nuovo gioco con la palla. 

La prima soluzione trovata fu di evitare che ci fossero contatti tra i giocatori.

Il pallone se veniva calciato con i piedi urtava spesso contro le pareti della palestra e provocava traumi muscolari ai ragazzi per cui James introdusse la regola di giocare usando le mani.

Un altro problema era l’assegnazione dei punti che sempre per le dimensioni dello spazio non potevano essere le lontane mete del baseball o del football.

In un primo momento James fece usare le porte dell’Hockey, poi pensò a delle scatole.

La seconda soluzione

Vedendo, però, che i giocatori in difesa avevano la possibilità di chiuderne completamente tutti gli spazi con il proprio corpo, scartò questa idea, e arrivò all’intuizione geniale, la più importante per il futuro gioco, la vera “rottura delle scatole”:

le alzò dal pavimento.

James prese un cestino (basket) che conteneva le pesche, inserì sotto una rete che potesse trattenere la palla, e lo fissò al muro in alto, quella era la meta, e così fece con un altro al lato opposto della palestra.

Iniziò così la prima partita di pallacanestro.

La traccia impressa da James è stata seguita da molte persone ed ognuno ha permesso di renderla più definita.

L’intuizione

E’ da ricordare in particolare il fondamentale contributo dato da un giocatore, nel 1912, che, rendendosi conto del fastidio e della perdita di tempo che comportava il salire su una scala ogni volta che si doveva recuperare il pallone dopo una segnatura, ebbe l’idea creativa di tagliare il fondo della rete.

Nessuno si ricorda il nome di chi ha tagliato la corda ma il suo suggerimento ha contribuito a velocizzare il gioco e a renderlo più spettacolare.

Spesso sono gli stessi giocatori, quindi, che apportano dei cambiamenti, delle novità, allo sport che praticano.

Le maggiori trasformazioni le ha subite negli ultimi anni la pallavolo, la disciplina sportiva più praticata in Italia.

Il bagher che oggi è la tecnica fondamentale di ricezione, di difesa, della pallavolo, non era conosciuto fino al 1950, dopo i potenti colpi di attacco nelle schiacciate e nelle battute che provocavano a volte microfratture alle mani dei giocatori si è arrivati all’introduzione di quello che è diventato il più importante tocco dei tre.

E’ importante quindi vedere gli sport non chiusi in regole ed azioni statiche ma pronti a modificarsi seguendo il passo dei tempi.

Possibili evoluzioni potrebbero essere:
  • nella pallacanestro:
    • ogni pallone che entra nella retina ad olio (CIAF), senza che tocchi il tabellone o il ferro vale mezzo punto in più;
  • nel calcio:
    • ogni palo o traversa colpiti in un’azione valgono 0,25 punti, 4 legni danno quindi un goal;
  • nella pallavolo:
    • la battuta può essere eseguita anche con i piedi.

Questi sono solo alcuni esempi di possibili trasformazioni dei regolamenti

ma anche in questo campo la ricerca è aperta.

di Pasquale Iezza

Lo sfondo integratore

LO SFONDO INTEGRATORE

Lo sfondo integratore è la migliore applicazione della didattica enattiva nella scuola dell’infanzia.

Ribalta la dinamica insegnamento – apprendimento in quanto pone lo studente nella condizione psicologica  di dover capire per poter prendere parte alla vita della sezione o della classe.

La motivazione ad apprendere non è attivata e supportata da premi o da castighi, ma dalla necessità di crescere insieme ai…

…compagni e, soprattutto,  con l’immagine adottata come sfondo.

Di solito si sceglie un personaggio fantastico che proviene dal mondo della fiaba, della fantascienza o della tradizione popolare.

Io ho scelto un giocatore di calcio fantastico:

Pelè e la sua ginga.

Organizzazione e scenario

Organizziamo la classe come un pianeta a forma di palla che ci contiene tutti e dove possiamo ammirare come nel mondo che ci sostiene i magnifici tramonti, annusare il profumo dei fiori e apprezzare la bellezza di un arcobaleno.

In un piccolo punto della Terra, alla periferia del mondo è nato Pelè, un vispo bambino brasiliano.

A lui piaceva giocare con la palla, fatta arrotolando stracci o fogli di carta, ogni bambino è invitato a costruire il suo pallone  appallottolando alcuni fogli di carta colorati.

Descrizione

Ogni pallone verrà scambiato perché Pelè non era egoista ma gli piaceva passare la palla.

Dopo aver esplorato la dinamica dei movimenti, quando si cammina, si accelera, quando si sta fermi o a riposo, si passerà a disegnare il protagonista.

L’insegnante leggerà lentamente la sua storia, ogni parola sarà scandita, quasi sillabata.

Si passerà poi ad osservare le illustrazioni del libro confrontandole con i disegni dei bambini. 

Una volta letto tutto il racconto le parole saranno riviste e analizzate, per consentire a ciascuno di decodificarle.

Si potrà  giocare con il suono e il tono della voce e saranno mimati tutti i movimenti della palla, per tradurre quelli poco comprensibili, alla ricerca dello stile ginga, l’azione tipica dei calciatori che sembrano danzare con la palla attaccata al piede.

Ogni bambino deve individuare le informazioni principali:
la ginga di Pelè da sportmagazine.it
  • chi (il personaggio),
  • che cosa fa (le sue azioni),
  • quando (in che tempo),
  • dove (in quale luogo)
  • perché (per quale motivo)”.
Mimo e drammatizzazione

La storia sarà successivamente mimata e drammatizzata, riconoscendo la fondamentale valenza comunicativa di queste modalità di apprendimento, che si aprono, trasversalmente, all’educazione motoria, all’organizzazione spazio-temporale, all’equilibrio delle forze ed al rispetto degli altri.

Ampio spazio sarò dato alle sensazioni, alle percezioni, alla riproduzione di semplici sequenze ritmiche.

Le attività manuali

Di fondamentale importanza anche la fase di rielaborazione attraverso le attività manuali, prima libere e poi in forma guidata, con l’impiego di materiali diversi:

  • pasta di sale,
  • creta,
  • cera,
  • di riciclo creativo

per agevolare la riproduzione del personaggio nelle diverse fasi del suo gioco con la palla.

Conclusione

Le avventure del grande calciatore daranno colore, così, a tutte le fasi del processo di apprendimento che è partito dalla conoscenza del proprio corpo per arrivare alla rappresentazione mentale, attraverso:

grande calciatore
Foto di Sides Imagery
  • la manipolazione e riproduzione dei movimenti della palla,
  • la gestione dello spazio e del tempo in relazione con gli altri,
  • l’analisi dei significati,
  • la riproduzione grafica,
  • l’interiorizzazione dell’esperienza,
  • la modifica dei comportamenti
  • la costruzione di nuove modalità di movimento con lo stile di gioco ginga.

Si può configurare, in sintesi, una esperienza completa che

ciascun gruppo di docenti vivrà come una stimolante “unità di lavoro”.

di Pasquale Iezza

Attività giovanile

L’Italia e l’attività sportiva giovanile

IN ITALIA A LIVELLO GIOVANILE SI PRATICA POCA ATTIVITA’ SPORTIVA E L’ABBANDONO AUMENTA

In Italia, a 18 anni, meno di 1 adolescente su 3 pratica qualche attività sportiva o fisica e i tassi di sedentarietà sono da record.

Il problema è…

…il cosiddetto “drop out” (abbandono precoce) che inizia già a 11 anni:

  • a 15 anni meno di un ragazzo su 2 pratica attività sportiva continuativa,
  • a 18 la pratica poco più di uno su 3 e i tassi di sedentarietà nel nostro Paese sono tripli rispetto a quelli delle altre nazioni europee.

Per non parlare della Scuola Primaria dove il movimento

è un passatempo, un hobby ……. non un’esigenza!

Dopo la Scuola Primaria

Dopo la Scuola Primaria i ragazzi italiani cominciano ad allontanarsi dalla pratica sportiva continuativa e ingrossano le fila dei sedentari.

A maggior ragione da marzo 2020 con la pandemia, che ha fatto crollare il gioco, il movimento, l’E.F. e ha aumentato di fatto la sedentarietà con conseguente aumento di peso, noia e ……. è meglio rimanere nella “bolla” di casa” e giocare con:

bimbi scuola primaria
Foto di Lukas
  • lo smartphone
  • il telefonino
  • la TV
Lo spartiacque

E se finora l’età spartiacque era quella tra i 14 e i 15 anni, negli ultimi anni si è osservato che il trend negativo comincia già a 10- 11 anni.

Infatti tra il 2018 e il 2019 la quota di ragazzi/e praticanti un’attività sportiva in modo continuativo è diminuita nella fascia d’età 11-14 anni, passando dal 53% al 60,4%, percentuale che tra i 15 e i 17 anni diventa del 52,5% e si assesta  al 40,7%, tra i 18 e i 19 anni:

una parabola discendente preoccupante con il crescere dell’età!

Non abbiamo i dati dal 2020, ma sicuramente la percentuale è aumentata di sicuro!

L’abbandono e la sedentarietà

Preoccupante non è solo l’abbandono della pratica sportiva in età preadolescenziale e adolescenziale, ma quello che è pericoloso è l’elevato numero di sedentari assoluti, di coloro che non praticano nessuno sport, né alcuna attività fisica e questo fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, in una percentuale che va dal 28% (tra i 15 e 17 anni) al 36% (tra i 18 e i 19 anni).

Per non parlare dei bambini!

Le nuove tecnologie

I sociologi, gli psicologi, i pediatri non hanno dubbi sui colpevoli del divorzio tra adolescenti e sport: le nuove tecnologie!

Infatti i giovani d’oggi trascorrono dalle 3 alle 4 ore al giorno davanti a uno schermo TV, computer o smartphone che sia.

Ma questo non basta a spiegare perché il tasso di sedentarietà degli adolescenti italiani sia più che triplo rispetto a quello dei loro coetanei europei (24,6% contro 7% nella fascia di età 15-24 anni), che non sono da meno dei ragazzi italiani nell’uso di tecnologie digitali, né per abilità né per tempo trascorso.

giovani e smartphone
Foto di Kindel Media

Alcune indagini svolte a “random” tra i giovani adolescenti in alcune città italiane, hanno evidenziato due principali motivi di abbandono sportivo:

  • uno legato all’eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5%);
  • l’altro riconducibile alle modalità di svolgimento dell’attività fisica.
Perché?

Queste le risposte relative all’indagine svolta: perchè

  • “fare sport è venuto a noia” (65,4%);
  • “costa troppa fatica” (24,4%);
  • costa troppo in termini economici (32%);
  • “gli Istruttori e gli Allenatori sono troppo esigenti” 
    • e non sanno insegnare (19,4%).
Cosa bisogna fare?

Per riavvicinare gli adolescenti all’attività fisica e sportiva, bisogna offrire loro nuovi stimoli.

L’agonismo esasperato dei giorni nostri, le aspettative e le pressioni eccessive dei genitori e degli Allenatori, rischiano di allontanare i giovani dallo sport.

Occorre valorizzare di più l’attività fisica anche non strutturata e la pratica sportiva non agonistica e questa è una sfida che deve coinvolgere anche le Società Sportive.

E partire anche dai bambini?

E riscoprire la Multilateralità e il “giocare a tutto” e poi scegliere?

La Scuola

Ma il ruolo centrale di questa valorizzazione spetta alla SCUOLA, soprattutto in quella secondaria inferiore e superiore.

sport e scuola
Foto di Yan Krukov

Lo sport a scuola dovrebbe essere favorito ed incentivato, mentre oggi è considerato una perdita di tempo che toglie spazio ad altre attività più importanti.

L’Educazione Fisica è parte integrante dello sviluppo psicofisico degli adolescenti:

lo sanno bene Paesi come la Francia che dedicano a questa attività il 15% dell’orario complessivo scolastico, percentuale che scende al 7% per gli studenti italiani.

Circa un terzo dei Paesi europei sta lavorando oggi a riforme che riguardano l’Educazione Fisica con interventi di vario tipo volti ad aumentare l’orario minimo, diversificare l’offerta, promuovere la formazione di coloro che la insegnano.

Per non parlare della Scuola Primaria e della “non importanza” dell’E.F. nel contesto delle altre Educazioni!

E in Italia?

Due ore di E.F. (scusate Scienze Motorie!) nella Scuola Secondaria di 1° e di 2° grado, poco o niente di Educazione Fisica (così giustamente si chiama) nella Scuola Primaria, niente nella Scuola d’Infanzia.

Ma dove vogliamo andare Sottosegretario Vezzali? Cosa facciamo prof. Bianchi?

Promesse:

  • “faremo”,
  • “ci incontreremo,
  • “definiremo”,
  • ci consulteremo
  • e tra breve ……….. decideremo, fisseremo, ……

è un problema che dovremo risolvere al più presto.

maglia nera
da picclick.it

E’ una storia che si ripete da anni e l’Italia è la maglia nera in Europa.

di Maurizio Mondoni

Differenza preparazione atletica nelle donne

Differenza nella preparazione atletica delle donne

SECONDA PARTE

(la parima parte è possibile leggerla cliccando qui)

Benché la forza assoluta della donna rappresenti solo i due terzi di quella dell’uomo, la qualità delle fibre muscolari, per quanto concerne la capacità di erogare forza, è indipendente dal sesso.

In riferimento allo sviluppo della forza, gli incrementi relativi sono gli stessi, o perfino migliori, di quelli dell’uomo.

Le donne risultano avere muscoli più…

…deboli nel torace, nelle braccia e nelle spalle mentre la differenza e minore negli arti inferiori.

Gli uomini hanno maggiore potenza muscolare nelle gambe, espressa in kg, rispetto alle donne, quando il carico da spostare è basso.

La differenza scompare quando si usano carichi elevati (Bosco e coll.1995-1996).

Controllo dei R.O.M. articolari per una corretta applicazione degli esercizi di forza
Forza
  • La forza max isometrica è del 30% inferiore nella donna rispetto all’uomo
    • rapportata però alla massa magra comporta valori di forza uguali tra i 2 sessi. 
  • Quella (la forza) max aumenta nello stesso modo sia nell’uomo che nella donna
    • la differenza è che le donne dopo 7 settimane al massimo devono cambiare strategia di lavoro (Hakkinen).
  • La forza max è determinante nelle donne
    • in cui la correlazione tra forza max e forza esplosiva è elevata, più che negli uomini. (Hakkinen)

Il fenomeno  dell’ipertrofia a parità di lavoro è meno pronunciata nella donna, a causa dei suoi più bassi livelli di testosterone

Nella donna la forza massima è molto più legata alla sezione trasversale del muscolo, quindi molto più al fattore ipertrofia e deve continuare a stimolarlo e non abbandonarlo mai anche quando si fanno periodi dove si allenano maggiormente le qualità neuromuscolari.

Le caratteristiche contrattili dei muscoli del’uomo sono migliori di quelle della donna, come pure il controllo neuromuscolare e la capacità di coordinazione (Davies e coll.1986).

Estensori – flessori

Dopo la maturazione si ha un aumento del rapporto estensori/flessori cioè i muscoli flessori sono molto più deboli degli estensori.

Nelle giovani donne questo rapporto è molto più sbilanciato rispetto ai maschi della stessa età.

L’accelerazione di questo squilibrio avviene nei momenti immediatamente precedenti e immediatamente successivi all’apparizione del menarca.

Questa differenza si ripercuote in tutte le attività esplosive e di balzo.

Le bambine pre-puberi e post-puberi hanno negli atterraggi dai salti un minor piegamento e una maggiore adduzione. 

Questo determina l’elevato numero degli infortuni al ginocchio senza contatto fisico

Cause

La maggior parte di questi avvengono dopo atterraggio da salto in condizioni di ginocchio varo o valgo o nei cambi di direzione. 

La causa è di tipo NEUROMUSCOLARE:

  • diversa attivazione del quadricipite rispetto al bicipite femorale nelle donne
  • Ischiocrurali nettamente inferiori e in ritardo di attivazione.

L’’attivazione anticipata del quadricipite aumenta lo stress sul legamento crociato, non sufficientemente compensato dalla carenza di forza e dal ritardo di attivazione dei muscoli ischiocrurali. 

La co-contrazione protettiva di muscoli agonisti e antagonisti dipende dalla repentina attivazione neuromuscolare.

LASSITÀ LEGAMENTOSA e POCA STIFFNESS contrastano con la stabilità articolare

L’allenamento modifica le strategie di atterraggio in particolare aumenta la flessione del ginocchio e diminuisce le forze di reazione al suolo. (Hewett 1996)

L’allenamento della forza risulta inoltre di fondamentale importanza per il mantenimento dello stato di salute del sistema scheletrico

E’ stato dimostrato che gli stimoli meccanici ricevuti durante l’allenamento con sovraccarichi (e parzialmente anche durante altri tipi di allenamento) riescono a rallentare il processo di invecchiamento dello scheletro (McArdle W.D. et al. 1998).

In effetti, la fisiologica stimolazione meccanica indotta dall’esercizio, si rivela particolarmente utile nel limitare la perdita di matrice ossea, nel migliorare le strutture ossee e nello stimolare l’incremento della massa ossea stessa (Voloshin A.S. 2000).

La spiegazione del benefico effetto dell’esercizio fisico risiederebbe nel fatto che la struttura ossea sottoposta ad un alto livello di stress meccanico, come nel caso dell’esercizio con sovraccarichi, sarebbe in grado di sopprimere il meccanismo di rimodellamento osseo facilitandone in tal modo il processo conservativo (McArdle W.D. et al. 1998).

Gli studiosi, infatti, sono tutti concordi nello stabilire che l’elemento essenziale della morfogenesi di un osso sta nelle stimolazioni meccaniche alle quali è sottoposto (Voloshin A.S. 2000), particolarmente nelle alternanze di pressione, riposo e trazione (Valobra G.N. 2000).

Dati e conclusioni

Per quanto riguarda i dati di cui disponiamo finora in merito all’allenamento sportivo indicano che la frequenza, la durata e l’intensità di questo hanno effetti simili in entrambi i sessi.

In altre parole possono essere indotte modificazioni fisiologiche e biochimiche comparabili, risultanti in un’accresciuta capacità di lavoro sia nell’uno che nell’altro sesso adottando programmi similari ma individualizzati.

Modello  da Behnke, “ Le maggiori differenze tra uomo e donna”
  1. Statura media inferiore di 7-11 cm
  2. Peso tessuto osseo inferiore di 4 kg, vale a dire del 12% – 15%3)
  3. Valori inferiori di emoglobina ematicaVo2 max minore, limitazione biochimica (capacità di usare l’ossigeno perprodurre energia)
  4. Metabolismo basale inferiore del 5% – 10% (consumo delle calorie a riposo)
  5. Minori mitocondri per miofibrilla (cellula muscolare)
  6. Meno massa corporea, in media – 11 kg – 13,5 kg
  7. Minore massa magra – 13 kg (ma la % è simile all’uomo)
  8. Meno muscolo – 11 kg (44,7% nell’uomo 36% nella donna)
  9. Più grasso + 4,5 kg – 7 kg rispetto all’uomo.

di Davide Antoniella

Stretching yes or not

Stretching: yes or not?

Con la fine della stagione agonistica, ma soprattutto con l’inizio delle preparazioni precampionato per moltissimi preparatori e sportivi, torna in gran voga l’ormai vecchio dibattito sulla valenza dello stretching.

Fa bene? fa male? Non fa niente?

Una risposta assoluta come “si” o “no” a questa domanda, non solo è sbagliata a priori, ma anche del tutto assurda.

Innanzitutto è bene ricordare che con la parola stretching, spesso si intendono esercitazioni molto diverse tra loro, che inducono adattamenti differenti.

Credo si possa ormai affermare, senza molti dubbi, che in sport che non richiedono una particolare mobilità articolare, lo stretching statico (il più diffuso e conosciuto) eseguito in maniera maniacale, sia, se non negativo, per lo meno inutile.

E’ evidente, però, che per atleti giovanissimi che si avvicinano a qualsiasi tipo di disciplina non deve essere vietato.

Giovani stretching
Foto di Ketut Subiyanto
GLi abitudinari e i vari esercizi di stretching

Non bisogna però dimenticare che “molti atleti” sono “affezionati” ai loro riti preventivi e preparatori.

Spesso i possibili effetti negativi indotti dal divieto brusco, può superare quelli indotti dal fare, appunto, lo stretching statico.

Diverse sono le tecniche di stretching, come:

Lo stretching balistico

Molto in voga negli anni passati, consisteva nell’arrivare in posizione di allungamento molleggiando sui muscoli tesi.

Si forzano le parti del corpo in posizioni che oltrepassano il normale range di movimento (ROM), utilizzando lo slancio di un movimento oscillante.

Si arriva cioè in posizione di massimo allungamento, e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.

Oggi questa metodologia è fortemente sconsigliata, perché si mettono a repentaglio l’integrità delle strutture muscolo-tendinee delle articolazioni interessate.

Lo stretching statico

E’ il più conosciuto.

Consiste nell’assumere lentamente una determinata posizione, diversa per ciascun muscolo o gruppo di muscoli, che va mantenuta per un periodo di tempo più o meno lungo.

Può essere attivo o passivo.

Quello Passivo differenzia dall’attivo, per l’intervento di altre persone o attrezzi che aiutano a raggiungere la posizione.

Lo stretching dinamico

Consiste nell’allungare un certo gruppo muscolare con oscillazioni e movimenti controllati.

L’escursione aumenta progressivamente fino a raggiungere il grado desiderato, per poi aumentare anche la rapidità del gesto.

Stretching dinamico
Stretching dinamico – da running studio
PNF “facilitazione propriocettiva neuromuscolare” o Isometrico

Esistono varie tipologie di stretching PNF, ma il più utilizzato consiste nell’allungare e contrarre la muscolatura durante la fase di stretching e approfittare della stanchezza della muscolatura che è stata contratta pochi secondi prima, per allungarsi sempre di più.

Quindi

Dire che lo stretching fa bene a priori, è sbagliato. Dire che lo stretching va evitato come la peste, è sbagliato.

Siamo dei professionisti con un bagaglio culturale che spazia dall’anatomia umana, alla fisiologia, biochimica, biomeccanico.

Pertanto siamo tenuti a conoscere nello specifico gli adattamenti indotti da tutte le diverse metodiche di stretching, e solo attraverso questa conoscenza saremo in grado di utilizzarle al meglio in base alla programmazione specifica per obiettivi.

Esempio

Molte tecniche di stretching statico, di cui oggi si parla tanto male, trovano un largo e positivo utilizzo in discipline che richiedono una grande mobilità articolare come la ginnastica artistica o il nuoto sincronizzato e la prevenzione ai traumi in quasi tutti gli sport.

Quindi, come già detto in tante riunioni tecniche e dibattiti in forum specializzati, avere conoscenze non vuol dire applicarle in modo indiscriminato senza rielaborarle alla luce delle proprie esperienze, degli anni di lavoro, di osservazione e di valutazione.

Un monito ai colleghi educatori – istruttori – preparatori fisici

Cerchiamo e continuiamo ad avere un approccio personale alle cose e di rielaborare le proprie conoscenze in modo elastico e funzionale: i libri e i testi non sono bibbie ma strumenti di notevole aiuto per permetterci di approfondire e studiare.

Vi invito infine a leggere alcune interessanti pubblicazioni sull’argomento del Prof. Gilles Cometti, un cardine nel nostro ambito.

Gilles Cometti
Gilles Cometti al lavoro con un atleta – da performancelab
Conclusione

Per quanto mi riguarda dedicare qualche minuto alla pratica dell’allungamento, in base alla mia esperienza pratica, ai miei approfondimenti ed alle mie continue partecipazioni a clinic specialistici,

va a completare quella che viene chiamata “programmazione ordinaria”.

di Tiziano Megaro


Imparare ad insegnare

IMPARARE A INSEGNARE E…

…INSEGNARE A INSEGNARE ANCHE NELLO SPORT!

Gli studenti hanno il diritto di avere gli Insegnanti migliori!

Non si può avere il meglio se non si preparano gl’insegnanti al meglio.

Anche nello sport i bambini e i giovani hanno diritto di avere Istruttori e Allenatori migliori.

La tessera non qualifica!

Insegnare è…

…un’arte e come ogni forma d’arte è sinonimo di:

  • passione
  • creatività
  • dedizione
  • condivisione

Un Insegnante, un Istruttore, un Allenatore, esattamente come un artista, mette se stesso, il suo sapere e il suo ingegno a disposizione degli altri (studenti, bambini, giovani), affinché la società esca migliorata dal percorso fatto insieme.

Tutti possono insegnare?

Se un laureato al concorso per entrare di ruolo come Insegnante ha risposto bene ad una prova con domande a crocette, se ha superato la prova scritta ed è stato “un fine dicitore” alla prova orale, può fare l’Insegnante?

Non credo!

Eppure in moltissimi casi è così!

Se un partecipante a un corso di formazione di una Federazione Sportiva è simpatico al Capo Istruttore, se fa quello che vuole lui, se giura che adotterà il metodo di insegnamento che vuole lui (ma poi farà in molti casi il contrario!) può insegnare ai bambini o ai giovani?

capo istruttore
Foto di Mikhail Nilov

Non credo!

Eppure in molti casi è così!

Perché nel mondo della scuola non esiste un Corso di laurea o una specializzazione per diventare Insegnanti?

All’interno di questo corso ci dovrebbero essere molte ore di pratica su come si gestisce un aula, come si gestiscono a livello psicologico gli studenti, come si struttura una lezione efficace, come si utilizzano tutti gli strumenti tecnologici a disposizione, come si comunica, come si entra in empatia con gli studenti.

Perchè nel mondo dello sport non esiste un Corso di tirocinio “vero” anche nei Corsi di Formazione delle Federazioni Sportive che qualifica chi andrà a insegnare?

Si imparerebbe a comunicare con i giovani e i bambini, si imparerebbe veramente a “gestire” il gruppo, si imparerebbe a correggere l’errore, … e chi non è in grado (anche se ha la tessera) non deve più insegnare.

Non tutti possono fare gli Insegnanti!

Se uno studente si è laureato con 110 e lode ho solo dimostrato di essere un bravo studente, non significa assolutamente che ha le carte per fare l’Insegnante!!

Per non parlare del sostegno, con un corso di 400 ore “tutti” sono in grado di gestire delle persone “speciali”.

studente
Foto di cottonbro

Incredibile!

Se gli studenti sono valutati a fine anno, lo devono essere anche gli Insegnanti e se un Insegnante non è stato giudicato all’altezza per insegnare, non può essere riconfermato.

Non tutti possono fare gli Istruttori e gli Allenatori!

Non basta un corso di formazione di 20 ore (anche se biennale) per avere la “licenza d’insegnare”.

Rinnovare la tessera ogni anno per continuare a insegnare non è abbastanza!

Ci vuole ben altro!

Chi non è capace non deve più insegnare!

La scuola italiana

Purtroppo la scuola italiana e l’Università è basata solo sui voti e gli studenti la vivono solo come obbligo, non si ricordano quasi niente di quello che studiano perché l’obiettivo è prendere un voto!

Le Federazioni Sportive
Federazioni sportive
Foto da Agi

Seguire un corso di formazione per avere la tessera non basta, dobbiamo avere Istruttori e Allenatori preparati, competenti!

VOLTIAMO PAGINA!

Studenti migliori con Insegnanti migliori!

Bambini e giovani migliori con Istruttori e Allenatori competenti!

“Le crisi di insegnamento non sono crisi di insegnamento; sono crisi di vita. Una società che non insegna è una società che non si ama, che non si stima; e questo è precisamente il caso della società moderna”. (Charles Peguy)

di Maurizio Mondoni

motionstorming

Il motionstorming

…riprendiamo da qui… (dal precedente articolo “interventi educativi”)

…la lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”.

E’ un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione, produco il mio:…

motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.

Il motionstorming è una tecnica che facilita la creazione di movimenti divergenti e quindi deve essere inserita in un programma di creatività motoria.

Il procedimento

Si forma un gruppo di 10-12 ragazzi, disposti in cerchio, coordinati da un insegnante.

Si parte da un movimento libero di un ragazzo, sul quale si innestano i movimenti degli altri.

La durata di ogni seduta sarà di circa un’ora.

Il ragazzo da cui si parte va al centro del cerchio ed esegue su un materassino un movimento libero, gli altri ragazzi, dopo un’attenta osservazione ed una ripetizione del movimento, producono azioni collegate a quello che hanno visto e vissuto.

I ragazzi si alzano a turno ed eseguono un movimento richiamato da quello del compagno.

L’insegnante deve stabilire un clima in cui ognuno possa esprimersi liberamente.

Nel gruppo ognuno dà il suo contributo creativo e trae spunti che possono arricchirlo individualmente.

Una volta completato il giro del gruppo l’insegnante, che ha annotato tutti i movimenti, cerca di vedere insieme ai ragazzi i punti di unione che si possono trovare tra di essi, in modo tale che si riesca a lavorare nella seconda fase su un campo più determinato.

Alla fine uscirà il movimento del gruppo, un’azione che tutti condivideranno, da eseguire coralmente.

ragazzi in circolo
Foto di Aissa Bouabellou
La variante

Dall’esecuzione collettiva, poi, si può pensare di creare un gioco, un’attività che coinvolga tutti.

In questa fase non c’è la regola di alzarsi uno alla volta, ma più persone possono sperimentare e condividere i propri movimenti, si creeranno così dei piccoli gruppi spontanei.

I movimenti prodotti da ognuno non vanno mai giudicati ed inibiti ma utilizzati, ripetuti, per crearne altri.

Per ogni movimento ci sarà un tempo determinato in modo che tutti possano esprimersi.

I gesti spezzati nella loro semplicità, vengono di nuovo uniti per comporre un originale mosaico di movimenti, più complessi e articolati, il movimento di ognuno si dilata e aiuta a strutturare il movimento del gruppo.

E’ un cammino progressivo verso se stessi e gli altri.

Conclusione

Questa fondamentale svolta ha portato a cercare nel movimento divergente l’equilibrio tra i due inquilini:

  • il pensiero e l’emozione.

La divergenza fa confluire nella creatività il pensiero e l’emozione ed alla fine si determina nell’unione il giusto equilibrio dell’apparato fisico con quello psichico ed emotivo, del corpo con la mente.

di Pasquale Iezza

dual-career

Dual Career

Cos’è la dual career?

Chi bazzica nel mondo sportivo forse si sarà imbattuto nell’espressione dual career, ma al grande pubblico (e perfino ai diretti interessati) è perlopiù sconosciuta.

Letteralmente si traduce con “doppia carriera” e si riferisce a tutti coloro che percorrono contemporaneamente due strade.

Ad esempio…

…chi:

  • si occupa di tenere in ordine la casa ma ha anche un lavoro;
  • ha un impiego principale ma anche un hobby;
  • ha due attività e così via.

Nell’ambiente sportivo la definizione ha preso particolarmente piede poiché molto spesso gli atleti sono costretti a condurre, insieme alla carriera agonistica, quella scolastica prima e lavorativa poi.

Destreggiarsi tra due vite, quella sportiva e quella scolastica/lavorativa, non è assolutamente facile, richiede dedizione completa, impegno e molti sacrifici.

La routine di un atleta con dual career è estenuante:
  • la sveglia al mattino suona alle 5:00
    • quando il sole non è ancora sorto, per recarsi in società per il primo allenamento della giornata.
  • Tra le 8:00 e le 9:00 il ragazzo si farà una doccia rapidissima
    • e poi di corsa a scuola o al lavoro dove, anziché riposarsi e ricaricare le energie, dovrà mantenere alto il livello di attenzione e continuare ad impegnarsi mentalmente e/o fisicamente.
  • Dopo un pranzo veloce (al quale invece si dovrebbe prestare molta attenzione per fornire al corpo il giusto apporto di nutrienti) correrà verso un nuovo allenamento pomeridiano, spesso più intenso del precedente.
  • A sera il nostro atleta sarà esausto, eppure dovrà trovare il tempo e le energie per svolgere i compiti scolastici e frequentare famigliari e amici. Può accadere che sia troppo stanco e decidere di sacrificare il tempo con i compagni in favore di una bella dormita ma, se da un lato questo giova al suo corpo, dall’altro porta ad un impoverimento della sfera sociale e un accumulo di stress.
Condurre una simile vita è molto faticoso.

Perché, allora, la maggior parte degli sportivi preferisce la dual career?


Su questo argomento sono stati svolti vari studi che hanno portato alla luce numerose motivazioni.

La prima risulta essere il lavoro, visto come la necessità di avere una fonte di sostentamento alta rispetto allo sport.

Questa esigenza è così sentita per due ragioni:

  • da un lato, soprattutto per le discipline dilettantistiche, le vittorie da sole non bastano al sostentamento di una famiglia,
  • dall’altro c’è l’incertezza legata al raggiungimento o meno dello status di atleta d’elite
    • (al quale è legata un’entrata economica di peso molto variabile in base alla disciplina praticata).
L’atleta è anche costretto a tener conto della durata della sua carriera sportiva.

Quando questa sarà finita, termineranno pure i premi economici e dovrà trovarsi un impiego che difficilmente gli verrà concesso se non avrà portato a termine gli studi.

Assicurarsi un futuro al di fuori dello sport non è l’unica motivazione emersa dalle ricerche:

queste hanno evidenziato che molti atleti preferiscono essere coinvolti in entrambe le carriere perché ciò fornisce loro un maggiore livello di stimolazione cognitiva, soddisfazione personale e fiducia in se stessi.

Cosa dicono le ricerche

Gli studiosi hanno evidenziato che gli sportivi impegnati in dual career presentano un maggiore senso di unità di identità, un più alto livello di benessere psico-fisico e, quando la loro carriera giunge al termine, una migliore transizione dal mondo sportivo a quello lavorativo.

Da quanto detto appare evidente come sia importante favorire la doppia carriera, eppure nella maggior parte dei casi, soprattutto in Italia, questa viene scoraggiata.

Le barriere maggiori sono tre:


Per i giovani, queste sono le figure principali di riferimento e pertanto si lasciano influenzare dalle loro opinioni.

In particolare, tra gli allenatori è frequente l’idea che la scuola non sia importante, ma anzi una perdita di tempo che sottrae ore agli allenamenti.

Benessere
Foto di Andrea Piacquadio

Più o meno lo stesso è il pensiero dei docenti tra i quali è ancora molto vivo lo stereotipo dell’ “atleta stupido”, visto cioè come alunno meno cognitivamente dotato semplicemente perché si dedica con fervore all’attività fisica.

Conseguenze psicologiche

Queste idee sono quanto mai dannose per l’autostima e il senso di autoefficacia dei ragazzi e possono favorire sentimenti di inadeguatezza verso la scuola o lo sport, disistima di sé e depressione al punto tale da abbandonare uno dei due percorsi.

L’allontanamento da una carriera non rappresenta semplicemente la morte di un sogno e la perdita di una possibilità, ma ha conseguenze anche sulla psiche dei ragazzi.

La rinuncia a un percorso, infatti, fa nascere insicurezze che portano a una diminuzione dell’autostima e a un maggiore senso di incapacità.

Naturalmente questa situazione genera malessere che porta a un vero e proprio abbassamento della qualità della vita del ragazzo.

Nel caso della rinuncia allo studio, a carriera sportiva terminata, senza una laurea ed esperienze lavorative, lo sportivo avrà serie difficoltà a trovare un lavoro stabile.

Questo aumenterà le incertezze, lo stress e le ansie relative al futuro, fino ad arrivare a un’auto-svalutazione di sé che porterà a una diminuzione dell’autostima che potrà arrivare a veri e propri sintomi psicopatologici.

Nel caso dell’abbandono dell’attività sportiva,

il ragazzo vedrà distruggersi il sogno di vestire la maglia nazionale, si chiederà per sempre se:

  • avrebbe potuto farcela
  • si sentirà monco di un’esperienza di vita che aveva desiderato con fervore e per la quale stava lottando
  • si vedrà come un buono a nulla per non essere riuscito a portare avanti la dual career.
  • proverà un senso d’ inferiorità verso chi ce l’ha fatta

Dare agli atleti la possibilità di portare avanti la carriera sportiva, unita all’istruzione e/o al lavoro, significa dar loro la possibilità di sviluppare una personalità sana affinché possano svolgere il proprio ruolo nella società, garantirsi un reddito soddisfacente, arrivare alla gratificazione affettiva e sociale.

Conclusioni

Per raggiungere questo obiettivo bisogna puntare su ciò che nelle ricerche gli studiosi chiamano “facilitatori

Facilitatori

Quegli attori che, gravitando intorno allo sportivo, lo spronano a portare avanti entrambe le carriere.

Paradossalmente è emerso che si tratta degli stessi personaggi che costituivano le barriere: famiglia, insegnanti e allenatori.

Quando questi individui hanno pareri discordanti tra loro e sono contrari ad una delle due carriere, l’atleta ne è influenzato negativamente e può demoralizzarsi fino al ritiro da una delle due;

al contrario, quando gli adulti di riferimento lavorano in armonia, senza pregiudizi gli uni verso gli altri, allora il giovane trae beneficio dal clima sereno e aperto.

Per fare in modo che le principali barriere alla dual career si trasformino in facilitatori è necessaria

una rivoluzione culturale, non solo nel mondo scolastico, lavorativo e sportivo, ma nell’intera società italiana.

di Virginia Abbagnale

I giovani di oggi

I giovani d’oggi

la differenza tra ciò che è bene e ciò che è male …… anche nello sport!
Come gestire il gap generazionale coi nostri giovani ed aiutarli a crescere al meglio?

Spesso i giovani d’oggi smarriscono la differenza tra ciò che è bene e ciò che è male a causa della moltitudine di stimoli esterni.

A 14-15-16 anni arrivano già i primi segnali di indifferenza emotiva, per cui sembra che un ragazzo non riesca più a provare emozioni di fronte a gesti o a fatti che avvengono.

A quest’età, a molti interessa solo ciò che procura: …

  • …una gioia istantanea
  • l’adesso e non il futuro
  • l’essere bugiardi per ottenere qualcosa

i sentimenti positivi sembrano essere scomparsi e commettere azioni sbagliate appare per loro come una cosa normale e giusta.

Nell’adolescenza, età molto difficile, avviene un’importante crescita emotiva e gli “input” esterni sono più affascinanti dei moniti e degli insegnamenti degli adulti.

I giovani d’oggi si sentono i padroni del mondo e cominciano a chiudersi in sé stessi.

  • A scuola spesso si comportano male con gl’insegnanti;
  • a casa rispondono ai genitori
    • “non ubbidiscono”
  • in palestra fanno gli strafottenti
    • “non accettano le correzioni dell’allenatore
  • non si impegnano
    • “o meglio fanno finta di impegnarsi”.
adolescenti
Foto di Jonathan Portillo

Il loro mondo è troppo spesso occupato da “cose materiali”:

  • il telefonino
  • gli amici
  • il fare il contrario del normale
    • perché è giusto così, il loro “mondo virtuale”

che di certo non sono dimostrazione dell’amore genitoriale, dell’affetto e della stima degl’insegnanti e degli allenatori, che dovrebbe essere la base di ogni processo educativo e che possono sembrare la soluzione al problema.

Come dimenticare il cambiamento nel modo di vestire!

Si dà sempre più importanza all’aspetto esteriore e alle marche all’ultimo grido, mentre prima si badava soprattutto alla personalità dell’individuo.

Agli allenamenti spesso ci si presenta con:

  • le scarpe slacciate la bandana
  • la fascetta
  • i “fantasmini”

una volta si arrivava sempre in orario, ben vestiti e con i calzettoni lunghi fino quasi al ginocchio.

vestire
Foto di cottonbro

Oltre alle relazioni profondamente rivisitate, anche i luoghi hanno avuto un cambiamento radicale:

  • ad esempio prima i parchi e gli oratori erano i luoghi di ritrovo per i giovani
L’apparente libertà

Un altro fattore fondamentale, non concesso ai giovani nel passato, è l’eccessiva libertà offerta da quei genitori, che non curanti dei rischi a cui i propri figli vanno incontro, rischiano di finire in vere e proprie tragedie.

Infine, negli ultimi anni si è diffusa a dismisura la moda dei “selfie”.

selfie
due ragazze sorridenti Foto di Emre Kuzu

Bisogna,tuttavia, sottolineare che questo fenomeno non riguarda tutto il mondo adolescenziale:

troviamo infatti molti ragazzi ben educati che non sono interessati, e preferiscono seguire le orme dei propri genitori.

Il loro mondo virtuale

Il “loro mondo virtuale” si trasforma in reale ……… e gli scherzi, le scampagnate con gli amici, le “suonate di campanelli e poi via di corsa, i “cori” e gli sfottò, che hanno reso le adolescenze passate indimenticabili, sembrano ormai aver perso il confronto!

I giovani d’oggi (non tutti, meno male!) si chiudono in un mondo tutto loro, governando il loro stato mentale e cancellando le relazioni con il mondo esterno.

In passato le amicizie venivano instaurate e consolidate con il puro contatto e dialogo, ora il contatto avviene attraverso uno schermo e influenza notevolmente i rapporti tra coetanei, provocando spesso amicizie virtuali, che si rivelano rischiose.

Pur non dimenticando che il “gap generazionale” è sempre esistito, che l’adolescenza di tutti noi è sempre stato un problema per gli adulti di ogni tempo, pare che oggi si sia dilatato a dismisura.

Con il passare del tempo è diminuita la corretta comunicazione che i giovani dovrebbe avere con i genitori, con gl’insegnanti e con gli allenatori, molti giovani non si prendono più le loro responsabilità e non sanno valutare la differenza tra il dare e l’avere,

per loro conta solo l’avere!

Conclusioni

Penso che un buon contributo al miglioramento della situazione potrebbe fornirlo la Scuola e……..tra tutte le materie che si studiano a scuola non ci sono quelle che dovrebbe essere ritenute importanti e fondamentali:

uniti
Uniti per la crescita dei nostri ragazzi
Foto di fauxels

Sono convinto che in un futuro non lontano, si possa riuscire a capire l’importanza di ciò, perché i giovani d’oggi non sono e non possono essere delle “macchine”, ma hanno forti stimoli che bisogna imparare ad alimentare in modo positivo.

Datevi da fare genitori, insegnanti, istruttori ed allenatori: è un compito vostro aiutarli nella crescita!

di Maurizio Mondoni