Cooperative learning

APPRENDIMENTO COOPERATIVO (COOPERATIVE LEARNING)

L’apprendimento è la nostra capacità di adattarci a situazioni diverse cercando sempre la soluzione adeguata.

Ogni risposta è la base di un nuovo apprendimento.

Apprendere è il verbo all’infinito più usato nella scuola perché è la finalità di ogni insegnamento, è il fratello gemello dell’altro verbo all’infinito imparare.

Apprendere, da ad-prehendere, significa acquisire, afferrare, catturare, se un ragazzo impara qualcosa quella diventa sua, gli appartiene, se ne impossessa, farà parte del suo…

…bagaglio culturale e non lo lascerà più, quella cosa insieme alle altre porterà alla costruzione di una nuova conoscenza che costruirà la sua persona definendola.

L’esempio

Infinite sono le possibilità di apprendere e l’apprendimento cooperativo è la modalità di insegnamento più adatta perché si basa sull’interazione all’interno di un gruppo di allievi che collaborano, cooperano, al fine di raggiungere un obiettivo comune.

Io ho imparato a portare la bicicletta senza rotelle e senza rompermi i denti a 4 anni, osservando e giocando con un mio amico della mia stessa età che la guidava con sicurezza, dopo che qualche giorno prima avevo frantumato i vetri del corridoio a casa.

Esempio cooperative learning
foto di Yan Krukov
Attività cooperativa non lavoro di gruppo

Con l’apprendimento cooperativo si insegna e si apprende insieme a, si fa squadra, svolgendo attività in coppie o terzetti, con un numero maggiore ci sarà sempre chi cerca di imboscarsi.

Nelle coppie e nei terzetti cooperativi la comunicazione è facilitata:

  • si sottolinea un testo ma anche si discute
  • si fanno insieme mappe o riassunti cooperativi
  • ci si esercita insieme
  • si ragiona o si scrive insieme

ognuno deve offrire il suo contributo altrimenti l’attività cooperativa non si potrebbe portare a termine.

L’attività cooperativa si differenzia dal lavoro di gruppo, dove a cooperare sono dai 4 studenti in su, perché in questo caso c’è un maggiore rischio di dispersione, sovrapposizione, con qualcuno che cerca di imboscarsi lasciando fare il lavoro agli altri.

Gli studenti si aiutano reciprocamente, sentendosi corresponsabili del reciproco percorso.

Il lavoro congiunto e il confronto con coetanei che vivono la stessa esperienza sono risorse preziose per la costruzione di una identità personale e sociale integrale.

Confrontandosi con il pensiero degli altri sulla base delle proprie idee e del proprio bagaglio esperienziale, anche gli studenti più impegnativi possono essere valorizzati come autori legittimi di conoscenza e acquisire la consapevolezza di essere considerati persone portatori di storie, interessi e finalità soggettive.

Tali risultati positivi sono più facilmente conseguibili quanto più l’insegnante prepara accuratamente le coppie e i terzetti.

cooperative
Foto di Yan Krukov

Quando l’incoraggia ad impegnarsi in controversie e confronti di punti di vista piuttosto che a perseguire l’unanimità e il conformismo.

Percorrere una strada in un solo senso di marcia non permette il confronto e non ti fa apprezzare il paesaggio ma soprattutto impoverisce la costruzione di relazioni sociali.

John Dewey e Lev Vygotsky

Si potrebbe sinteticamente richiamare il pensiero di John Dewey e di  Lev Vygotsky fortemente convinti che

la scuola deve diventare un vero e proprio laboratorio per imparare ed imparare ad imparare in un clima collaborativo, cooperativo, perché nel gruppo si può fare quello che non è possibile fare da soli.

Fondamentali sono le attività in coppia o terzetti possibilmente eterogenei, almeno per mezz’ora al giorno, dove non verranno stabiliti ruoli permanenti per consentire a tutti di scambiarseli in base alle diverse esigenze, tutti saranno leader e gregari.

Nel ciclismo ho sempre apprezzato il ruolo dei gregari quelli che stanno a fianco del loro compagno leader a cui tirano la volata, lui taglia il traguardo ma a vincere sono tutti insieme.

L’apprendimento cooperativo permette più facilmente di dimostrare le competenze acquisite in base alle proprie potenzialità.

Lo studente impara insieme al compagno ad utilizzare le sue conoscenze ed abilità in situazioni diverse perché nel confronto ha imparato a distinguerle.

Le occasioni

Studiare regolarmente in coppia o terzetti insegna a ragionare sui:

  • problemi da prospettive diverse
  • a riorganizzare il proprio modo di pensare
  • ad attribuire un nuovo significato alle proprie esperienze
  • a modificare i comportamenti

e questo implica una capacità di cambiamento e di adattamento che facilita una didattica veramente inclusiva.

Una scuola esclusivamente competitiva ed individualistica spinge gli studenti all’abbandono scolastico perché crea un ambiente ostile che non ispira fiducia.

abbandono scuola
Foto di cottonbro

Una scuola cooperativa ed altruistica spinge, invece, al confronto, alla relazione, alla comunicazione, al ragionamento, alla soluzione dei problemi, alla creatività, allo sviluppo delle idee.

L’insegnante avrà il compito di osservare, stimolare, orientare, facilitare la partecipazione di ognuno, senza mai offrire soluzioni preconfezionate, in modo che tutti possano apprendere.

In questo modo si sviluppa la competenza di convivenza civile strettamente legata all’intelligenza legata alla capacità di mettersi in relazione con il mondo e con gli altri.

La forma di intelligenza più importante quella che sviluppa l’abilità sociale, la caratteristica maggiormente richiesta in ogni curriculum.

La competenza non può compiersi fuori da un contesto relazionale. 

L’intoppo

La difficoltà spesso è degli insegnanti che sono abituati, per tradizione ed esperienza personale, alla lezione di tipo frontale.

lezione frontale
Foto di Max Fischer

Nella maggior parte delle volte utilizzano un’unica modalità espressiva per trasmettere agli studenti informazioni e contenuti.

Si aggiunge, poi, a questa la loro inesperienza a lavorare in gruppo perché non sono stati formati all’insegnamento di squadra (team teaching).

Il modello è stato ed è spesso ancora questo:

l’insegnante ha un carico di sue conoscenze, lo scarica in classe, assegna agli studenti il compito di trasportare per un po’ il peso a casa per poi farselo riconsegnare senza nessuno sconto alla prossima fermata, la prova di verifica.

Conclusioni

La valutazione delle conoscenze acquisite si basa sulla restituzione fedele dello stesso carico.

Seppure la soluzione è intuitiva, basterebbe suddividere il carico in modo da renderlo più leggero tra gli studenti, quelli con le spalle più larghe potrebbero aiutare i più gracili chiedendogli solo di aiutarli con le forze che possono impegnare.

cooperative learning 2
Foto di Yan Krukov

Il segreto è che tutti devono metterci almeno una mano.

Ognuno è responsabile del carico, del suo studio.

In questo modo vengono rispettate le difficoltà e i tempi di apprendimento dei singoli studenti.

di Pasquale Iezza

Attività giovanile

L’Italia e l’attività sportiva giovanile

IN ITALIA A LIVELLO GIOVANILE SI PRATICA POCA ATTIVITA’ SPORTIVA E L’ABBANDONO AUMENTA

In Italia, a 18 anni, meno di 1 adolescente su 3 pratica qualche attività sportiva o fisica e i tassi di sedentarietà sono da record.

Il problema è…

…il cosiddetto “drop out” (abbandono precoce) che inizia già a 11 anni:

  • a 15 anni meno di un ragazzo su 2 pratica attività sportiva continuativa,
  • a 18 la pratica poco più di uno su 3 e i tassi di sedentarietà nel nostro Paese sono tripli rispetto a quelli delle altre nazioni europee.

Per non parlare della Scuola Primaria dove il movimento

è un passatempo, un hobby ……. non un’esigenza!

Dopo la Scuola Primaria

Dopo la Scuola Primaria i ragazzi italiani cominciano ad allontanarsi dalla pratica sportiva continuativa e ingrossano le fila dei sedentari.

A maggior ragione da marzo 2020 con la pandemia, che ha fatto crollare il gioco, il movimento, l’E.F. e ha aumentato di fatto la sedentarietà con conseguente aumento di peso, noia e ……. è meglio rimanere nella “bolla” di casa” e giocare con:

bimbi scuola primaria
Foto di Lukas
  • lo smartphone
  • il telefonino
  • la TV
Lo spartiacque

E se finora l’età spartiacque era quella tra i 14 e i 15 anni, negli ultimi anni si è osservato che il trend negativo comincia già a 10- 11 anni.

Infatti tra il 2018 e il 2019 la quota di ragazzi/e praticanti un’attività sportiva in modo continuativo è diminuita nella fascia d’età 11-14 anni, passando dal 53% al 60,4%, percentuale che tra i 15 e i 17 anni diventa del 52,5% e si assesta  al 40,7%, tra i 18 e i 19 anni:

una parabola discendente preoccupante con il crescere dell’età!

Non abbiamo i dati dal 2020, ma sicuramente la percentuale è aumentata di sicuro!

L’abbandono e la sedentarietà

Preoccupante non è solo l’abbandono della pratica sportiva in età preadolescenziale e adolescenziale, ma quello che è pericoloso è l’elevato numero di sedentari assoluti, di coloro che non praticano nessuno sport, né alcuna attività fisica e questo fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, in una percentuale che va dal 28% (tra i 15 e 17 anni) al 36% (tra i 18 e i 19 anni).

Per non parlare dei bambini!

Le nuove tecnologie

I sociologi, gli psicologi, i pediatri non hanno dubbi sui colpevoli del divorzio tra adolescenti e sport: le nuove tecnologie!

Infatti i giovani d’oggi trascorrono dalle 3 alle 4 ore al giorno davanti a uno schermo TV, computer o smartphone che sia.

Ma questo non basta a spiegare perché il tasso di sedentarietà degli adolescenti italiani sia più che triplo rispetto a quello dei loro coetanei europei (24,6% contro 7% nella fascia di età 15-24 anni), che non sono da meno dei ragazzi italiani nell’uso di tecnologie digitali, né per abilità né per tempo trascorso.

giovani e smartphone
Foto di Kindel Media

Alcune indagini svolte a “random” tra i giovani adolescenti in alcune città italiane, hanno evidenziato due principali motivi di abbandono sportivo:

  • uno legato all’eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5%);
  • l’altro riconducibile alle modalità di svolgimento dell’attività fisica.
Perché?

Queste le risposte relative all’indagine svolta: perchè

  • “fare sport è venuto a noia” (65,4%);
  • “costa troppa fatica” (24,4%);
  • costa troppo in termini economici (32%);
  • “gli Istruttori e gli Allenatori sono troppo esigenti” 
    • e non sanno insegnare (19,4%).
Cosa bisogna fare?

Per riavvicinare gli adolescenti all’attività fisica e sportiva, bisogna offrire loro nuovi stimoli.

L’agonismo esasperato dei giorni nostri, le aspettative e le pressioni eccessive dei genitori e degli Allenatori, rischiano di allontanare i giovani dallo sport.

Occorre valorizzare di più l’attività fisica anche non strutturata e la pratica sportiva non agonistica e questa è una sfida che deve coinvolgere anche le Società Sportive.

E partire anche dai bambini?

E riscoprire la Multilateralità e il “giocare a tutto” e poi scegliere?

La Scuola

Ma il ruolo centrale di questa valorizzazione spetta alla SCUOLA, soprattutto in quella secondaria inferiore e superiore.

sport e scuola
Foto di Yan Krukov

Lo sport a scuola dovrebbe essere favorito ed incentivato, mentre oggi è considerato una perdita di tempo che toglie spazio ad altre attività più importanti.

L’Educazione Fisica è parte integrante dello sviluppo psicofisico degli adolescenti:

lo sanno bene Paesi come la Francia che dedicano a questa attività il 15% dell’orario complessivo scolastico, percentuale che scende al 7% per gli studenti italiani.

Circa un terzo dei Paesi europei sta lavorando oggi a riforme che riguardano l’Educazione Fisica con interventi di vario tipo volti ad aumentare l’orario minimo, diversificare l’offerta, promuovere la formazione di coloro che la insegnano.

Per non parlare della Scuola Primaria e della “non importanza” dell’E.F. nel contesto delle altre Educazioni!

E in Italia?

Due ore di E.F. (scusate Scienze Motorie!) nella Scuola Secondaria di 1° e di 2° grado, poco o niente di Educazione Fisica (così giustamente si chiama) nella Scuola Primaria, niente nella Scuola d’Infanzia.

Ma dove vogliamo andare Sottosegretario Vezzali? Cosa facciamo prof. Bianchi?

Promesse:

  • “faremo”,
  • “ci incontreremo,
  • “definiremo”,
  • ci consulteremo
  • e tra breve ……….. decideremo, fisseremo, ……

è un problema che dovremo risolvere al più presto.

maglia nera
da picclick.it

E’ una storia che si ripete da anni e l’Italia è la maglia nera in Europa.

di Maurizio Mondoni

Il Movimento divergente nello sport

Il movimento divergente nello sport

Lo sport ti insegna l’autoconsapevolezza e l’autocontrollo, Non possiamo cambiare il mondo in un giorno. Dobbiamo partire da un campo di gioco per volta”.                  

Nawal El Moutawakel

Avere l’opportunità di praticare attività sportive assieme facilita la modifica della mentalità dei suoi praticanti, valorizza le capacità del singolo  e contribuisce a formare lo spirito di squadra.

Il catalizzatore del cambiamento sociale oggi è lo sport, perché  genera entusiasmo, una parola che dal greco significa “tenere gli dei dentro di noi”.

Lo sport è…

…azione, ci fa scendere in campo, ci appassiona, mette in gioco una grande energia collettiva, uno sforzo atletico, che salva dalla solitudine.

Lo sport è speranza.

L’inventore della pallacanestro

Per stimolare il movimento divergente nello sport può essere utile leggere le imprese di alcuni creativi famosi nel campo sportivo come ad esempio quelle di:

James Naismith l’inventore della pallacanestro, uno degli sport più popolari al mondo.

Il gioco della pallacanestro nacque come un’attività motoria che doveva servire a mantenere in allenamento i ragazzi nella stagione fredda per cui le sue regole inizialmente erano molto semplici.

C’erano due squadre di nove elementi ciascuna che dovevano cercare di lanciare la palla nella “scatola” avversaria, era falloso ogni contatto con i giocatori.

Per le sue caratteristiche di:

  • dinamicità
  • di strategie
  • di divertimento

ben presto il gioco si diffuse in tutti gli Stati Uniti d’America.

Le sue regole si sono evolute e molti appassionati hanno contribuito a farlo diventare il gioco fantastico che oggi conosciamo.

Mentre per i grandi giochi di squadra è difficile dare con precisione la data della loro nascita, la pallacanestro ha origini accertate.

James Naismith

E’ nata il 20 gennaio 1891 a Springfield (un benaugurante Campo di Primavera) negli Stati Uniti d’America.

A Springfield il canadese James Naismith svolgeva l’incarico di direttore delle attività sportive di un’Associazione cattolica e si trovò di fronte dei giovani che non sapevano come giocare nei gelidi inverni visto che il baseball e il football, gli unici sport praticati, si potevano svolgere solo su larghi spazi all’aperto.

Tentò di adattare il baseball e il football agli spazi ristretti della palestra ma si creava solo una grande confusione, inoltre i ripetitivi esercizi annoiavano i ragazzi.

Bisognava pensare a qualcosa di nuovo, a questo punto James mise in moto il suo circuito cerebrale divergente, il suo itinerario è un vero e proprio programma di creatività per cui ve lo descrivo nei dettagli.

La soluzione

Il punto di partenza, da cui tutto ebbe inizio, fu una situazione concreta: 

allenare i ragazzi  nel periodo invernale in uno spazio riparato, chiuso.

Alla soluzione di questo problema James ha probabilmente pensato a lungo.

Bisognava rendere accessibile l’ambiente.

La palestra, avendo spazi più ridotti rispetto ai campi all’aperto, non permetteva corse molto lunghe ed inoltre facilitava i contrasti e gli urti per cui bisognava pensare ad un nuovo gioco con la palla. 

La prima soluzione trovata fu di evitare che ci fossero contatti tra i giocatori.

Il pallone se veniva calciato con i piedi urtava spesso contro le pareti della palestra e provocava traumi muscolari ai ragazzi per cui James introdusse la regola di giocare usando le mani.

Un altro problema era l’assegnazione dei punti che sempre per le dimensioni dello spazio non potevano essere le lontane mete del baseball o del football.

In un primo momento James fece usare le porte dell’Hockey, poi pensò a delle scatole.

La seconda soluzione

Vedendo, però, che i giocatori in difesa avevano la possibilità di chiuderne completamente tutti gli spazi con il proprio corpo, scartò questa idea, e arrivò all’intuizione geniale, la più importante per il futuro gioco, la vera “rottura delle scatole”:

le alzò dal pavimento.

James prese un cestino (basket) che conteneva le pesche, inserì sotto una rete che potesse trattenere la palla, e lo fissò al muro in alto, quella era la meta, e così fece con un altro al lato opposto della palestra.

Iniziò così la prima partita di pallacanestro.

La traccia impressa da James è stata seguita da molte persone ed ognuno ha permesso di renderla più definita.

L’intuizione

E’ da ricordare in particolare il fondamentale contributo dato da un giocatore, nel 1912, che, rendendosi conto del fastidio e della perdita di tempo che comportava il salire su una scala ogni volta che si doveva recuperare il pallone dopo una segnatura, ebbe l’idea creativa di tagliare il fondo della rete.

Nessuno si ricorda il nome di chi ha tagliato la corda ma il suo suggerimento ha contribuito a velocizzare il gioco e a renderlo più spettacolare.

Spesso sono gli stessi giocatori, quindi, che apportano dei cambiamenti, delle novità, allo sport che praticano.

Le maggiori trasformazioni le ha subite negli ultimi anni la pallavolo, la disciplina sportiva più praticata in Italia.

Il bagher che oggi è la tecnica fondamentale di ricezione, di difesa, della pallavolo, non era conosciuto fino al 1950, dopo i potenti colpi di attacco nelle schiacciate e nelle battute che provocavano a volte microfratture alle mani dei giocatori si è arrivati all’introduzione di quello che è diventato il più importante tocco dei tre.

E’ importante quindi vedere gli sport non chiusi in regole ed azioni statiche ma pronti a modificarsi seguendo il passo dei tempi.

Possibili evoluzioni potrebbero essere:
  • nella pallacanestro:
    • ogni pallone che entra nella retina ad olio (CIAF), senza che tocchi il tabellone o il ferro vale mezzo punto in più;
  • nel calcio:
    • ogni palo o traversa colpiti in un’azione valgono 0,25 punti, 4 legni danno quindi un goal;
  • nella pallavolo:
    • la battuta può essere eseguita anche con i piedi.

Questi sono solo alcuni esempi di possibili trasformazioni dei regolamenti

ma anche in questo campo la ricerca è aperta.

di Pasquale Iezza

Il pensiero sistemico

IL PENSIERO SISTEMICO

System Thinking – by Russel Ackoff

Russell Ackoff, massimo studioso e pioniere nel campo delle scienze della complessità e del pensiero sistemico, esprime in questo video (estrapolato da un discorso molto più ampio) alcuni dei concetti fondamentali del pensiero sistemico. Pensiero che si oppone all’approccio riduzionista, al processo di semplificazione dei fenomeni, attraverso il quale spesso ci illudiamo di comprendere la realtà che ci circonda ma in realtà non facciamo altro che crearne un surrogato adatto alle nostre esigenze, al nostro modo di intendere le cose, che spesso, o quasi mai, corrisponde a quanto realmente avviene intorno a noi.  

da tss.academy (teaching sport skills)

Ritengo che il pensiero sistemico debba essere il presupposto da cui partire, le fondamenta sulle quali costruire il proprio percorso da allenatore. Un percorso tortuoso, tutt’altro che lineare, pieno di imprevisti che vanno accettati perché parte integrante della realtà in cui viviamo.

Allenare significa accettare la complessità dei fenomeni e conviverci, tracciando un percorso a matita, pronti al continuo ri-modellamento sulla base di quella che sarà la nostra continua crescita nella comprensione di ciò che avviene intorno a noi.

Nella parte finale del suo discorso, il professor R. Ackoff dal concetto di complessità si sposta a quello di qualità. Un concetto spesso bistrattato e poco compreso.

La qualità, ci dice Ackoff non può prescindere dal valore. E questo a mio avviso, da allenatori che hanno a che fare spesso con ragazzi giovani e anche molto giovani, dobbiamo sempre tenerlo a mente.

La qualità del nostro percorso da allenatori non può e non deve essere misurata solo sulla base dell’efficienza (risultati) ma anche e soprattutto dai valori che promuove, nell’ottica del raggiungimento di obiettivi molto più grandi e importanti di quelli della semplice vittoria di un campionato.

Ho diviso in alcune parti il discorso di R.Ackoff e di seguito riporterò quanto espresso dal professore durante il suo convegno.

Quella che segue sarà dunque la traduzione letterale del video pubblicato in alto nell’articolo

COS’È UN SISTEMA?

“La ragione del fallimento (il professore si riferisce ai processi di miglioramento della qualità dei servizi all’interno delle organizzazioni) è principalmente il fatto che non sono stati inglobati nel pensiero sistemico. Sono stati un’applicazione anti-sistemica. Ora lasciatemi spiegare cosa questo significhi.

Prima di tutto: che cos’è un sistema?

Il sistema è un “tutto” che consiste in diverse parti ognuna delle quali può influenzare il suo comportamento o le sue proprietà. Voi per esempio siete un sistema biologico chiamato “organismo”, e voi siete costituti da parti, il cuore, i polmoni, lo stomaco, il pancreas, ecc e ognuna di queste può influenzare il vostro comportamento o le vostre proprietà.”

PARTI INTERDIPENDENTI

“Il secondo requisito è che ogni parte quando influenza il sistema dipende, per il suo effetto, da alcune altre parti del sistema, in altre parole, le parti sono inter-dipendenti. Nessuna parte del sistema, o nessun insieme di parti, hanno un effetto indipendente su di esso. Quindi il modo in cui il cuore ti influenza dipende da cosa stanno facendo i polmoni, da cosa sta facendo il cervello. Le parti sono tutte interconnesse; quindi un sistema è un “tutto” che non può essere diviso in parti indipendenti.”

LA PROPRIETÀ DEL “TUTTO”

“Le proprietà essenziali di tutti i sistemi sono proprietà che ha il “tutto” ma che nessuna della singole parti che lo compongono ha. Per esempio, un classico esempio di sistema elementare con il quale siete abituati ad avere a che fare è l’automobile: la proprietà principale di un’automobile è quella di saperti trasportare da un posto all’altro.

Nessuna parte dell’automobile può fare questo.

Le ruote non possono, l’asse non può, i sedili non possono, il motore non può! Il motore non può trasportarsi da solo da un posto all’altro! Ma l’automobile può.

Voi avete alcune caratteristiche tra le quali la più importante è la vita. Nessuna delle vostre parti vive, voi possedete la vita.  Voi potete scrivere, la vostra mano non può scrivere; è facile da dimostrare, tagliatevi la mano, mettetela sul tavolo e guardate cosa riesce a fare! Niente! Voi potete vedere, i vostri occhi no, voi potete pensare, il vostro cervello no.”

IL TUTTO È MAGGIORE DELLA SOMMA DELLE SINGOLE PARTI

E quindi, quando un sistema viene diviso in parti perde le sue proprietà essenziali”

Se dovessi portare un’automobile in questa stanza e smontarla, anche se avessi tutte le singole parti non avrei comunque un’automobile!

Perché il sistema non è la somma dei comportamenti delle sue singole parti, ma il prodotto delle sue interazioni.

MIGLIORARE LE PRESTAZIONI DEL SISTEMA

Se avete un sistema di miglioramento che è diretto a migliorare le singole parti separatamente, potete essere assolutamente certi che la performance del “tutto” NON migliorerà.

La performance del sistema dipende da come le sue parti interagiscono, e non da come agiscono separatamente.

CREATIVITÀ È DISCONTINUITÀ

La creatività è discontinuità! Un atto creativo rompe con la catena che l’ha preceduto. Non è continuo.”

Su questo concetto vorrei esprimere una mia personale considerazione sperando di stimolare qualche riflessione in merito.

Creativo è il giocatore che “rompe gli schemi”.

La creatività non è solo fantasia, non è una dote esclusivamente innata, ma è anche e sopratutto efficacia.

Risolvere problemi attraverso diverse strategie, anche le più stravaganti, questa è la creatività. E va allenata. E il modo migliore per farlo è consentire agli atleti d’interpretare le situazioni, di scegliere, di assumersi responsabilità, di sbagliare.

Creare è rompere con la routine, è “fare diversamente”. Da allenatori riserviamo degli spazi di allenamento per allenare questa caratteristica? 

Se creare è rompere con la continuità, credo che una volte per tutte dovremmo smettere di pronunciare la frase “si è sempre fatto così”.

La frase peggiore, la più stupida, l’espressione più riduttiva e limitata di chi non vuole progredire. Creativo è colui che rompe con la continuità ci dice Ackoff, altro che continuare a fare quello che è sempre stato fatto. 

FARE LE COSE BENE NON EQUIVALE A FARE LA COSA GIUSTA

“Quando noi guardiamo ai modelli di qualità e frequentemente lo facciamo guardando i Giapponesi e cosa hanno fatto con le automobili, non ci sono dubbi che loro abbiano migliorato la qualità dell’automobile. Ma è una tipologia sbagliata di qualità.

Peter Drucker ha fatto una distinzione fondamentale tra “fare le cose bene” e “fare la cosa giusta”. I giapponesi stanno facendo le cose bene, ma stanno facendo la cosa sbagliata. Fare bene la cosa sbagliata non è altrettanto positivo come fare male la cosa giusta.

Voi vedete come le automobili stanno distruggendo la vita urbana intorno a noi. Visitate solo Mexico City o qualsiasi altra delle più grandi città dove trovate grande traffico e il livello di inquinamento è cosi alto che i ragazzi devono essere tenuti a casa da scuola poiché non gli è consentito di uscire fuori di casa a causa dell’intensità dell’inquinamento. E poi noi parliamo della qualità delle automobili che guidiamo.

È un concetto errato di qualità.

La qualità deve contenere la nozione di valore non solo di efficienza.”

di Alberto Pasini

Esercizio di libera esplorazione

Esercizi di libera esplorazione: 50 idee

Secondo parte (esercizi di libera esplorazione del n. 26 al . n. 50)

Riprendendo e ripetendo il concetto della prima parte dell’articolo, gli esercizi di libera esplorazione motoria, di seguito elencati, non servono a dare delle risposte.

Ogni soluzione irrigidisce il movimento divergente, sono solo delle proposte che invitano a vedere il proprio corpo in movimento come il pennello di un artista.

Sono pensati per spingere i ragazzi ad ascoltare…

…l’energia dei propri impulsi spontanei profondi in modo da articolarli in movimenti espressivi, visibili e organizzati.

26. La rappresentazione

In circolo, si mette un oggetto al centro del cerchio ed ognuno,  a turno, si relaziona con esso in movimento, ci gioca come vuole:

è importante lasciare libera la fantasia per rappresentarsi l’oggetto in modi diversi.

27. Il sogno in movimento

Ognuno, a turno, racconta con i movimenti il proprio sogno nel cassetto, cosa vorrebbe fare da grande; gli altri devono cercare di indovinarlo.

E’ importante osservare tutte le fasi del movimento e le parti anatomiche che vengono utilizzate maggiormente.

28. Il blocco motorio

Ci si divide a coppie, un ragazzo fa un movimento e poi si blocca in un posizione statica; l’altro risponde a questo movimento, quando si ferma, a sua volta, può ripartire il compagno e così via.

Il mobile e l’immobile

Ogni ragazzo, su invito dell’insegnante, deve prima rappresentare

un oggetto immobile:

  • tavolino
  • sedia
  • spaventapasseri

e poi un oggetto mobile:

  • treno
  • aereo
  • carrello della spesa
  • ecc…

Ognuno deve sforzarsi di cercare soluzioni accettabili.

29. I due schieramenti

Si dividono i ragazzi in due squadre che si dispongono una di fronte all’altra.

Ogni squadra ha, di volta in volta, un capitano che esegue dei movimenti.

I componenti della sua squadra avanzano verso l’altro schieramento compiendo prima tre passi in avanti e poi eseguendo il movimento proposto dal capitano.

L’altra squadra, una volta osservato il movimento, deve rispondere con un’azione motoria eseguita dopo tre passi in avanti che abbia una qualche relazione con quella dell’altro schieramento.

Tutti devono essere capitani almeno una volta.

I due schieramenti imitano poi la danza tipica del popolo Maori, la Haka, resa celebre dalla nazionale di rugby della Nuova Zelanda: gli All Blacks.

30. Un cerchio per terra

Si dispongono a terra tanti cerchi quanti sono i ragazzi, ognuno all’interno del proprio.

Al via dell’insegnante tutti lasciano i propri cerchi e corrono esternamente ad essi, allo stop devono cercare di occupare il cerchio più vicino, nel frattempo ne è stato tolto uno.

Chi resta fuori viene eliminato e viene tolto un altro cerchio fino a quando ce ne sarà uno solo a terra.

31. Un cerchio alla testa

Ogni ragazzo ha un cerchio che fa rotolare liberamente nello spazio motorio.

Al via dell’insegnante ognuno deve lasciare il proprio cerchio e cercare di catturare quelli del compagno quando sono ancora in movimento, prima che cadano a terra, vince chi ne prende di più.

32. La sensazione in movimento

In circolo, l’insegnante dà ad ogni ragazzo un bigliettino sul quale è indicato un movimento, una sensazione da vivere, poi invita singolarmente i ragazzi a sentire quel movimento.

Le situazioni possono essere, ad esempio:

cammina come se fossi…

  • su un bel prato fiorito
  • sul ciglio di un burrone
  • su un campo minato
  • su un terreno pieno di chiodi
  • sulle uova
  • su una superficie elastica
  • sulle sabbie mobili
  • su un asse di equilibrio…

E’ importante che i ragazzi si immedesimino nella sensazione, vivano il movimento.

Ogni sensazione parte dall’interno e poi si manifesta.

E’ fondamentale imparare ad ascoltare il proprio corpo e le emozioni.

Quasi sempre siamo “sconnessi” e i pensieri ci impediscono di sentire quello che proviamo nel profondo di noi stessi.

33. La scelta

L’animatore dà ad ogni ragazzo un foglietto sul quale c’è scritta una cosa da fare e tutti eseguono i movimenti suggeriti.

In una seconda fase ognuno, osservando gli altri, deve scegliere qualcuno che può avere una qualche relazione con il suo movimento.

Ad esempio, se su un foglietto c’è scritto “rospo” e su un altro “rana” si dovrebbe formare la coppia.

E’ interessante notare i rapporti che si vengono a creare dove non c’è una precisa e scontata relazione.

34. L’interessamento

Ci si divide a coppie.

Uno dei due partner delle coppie, con cinque movimenti, deve cercare di interessare l’altro che l’osserva.

Si possono utilizzare attrezzi codificati e non.

Se scatta l’interessamento i due ragazzi si relazionano con quei movimenti.

Si scambiano poi i ruoli.

Se una coppia non trova stimolante nessun movimento costruito nel suo interno può inserirsi nei movimenti di un’altra coppia e relazionarsi con essa.

In questo modo si crea una relazione ed interazione espressiva con l’altro ed il gruppo.

35. Il marchingegno

In circolo, un ragazzo va al centro ed esegue un movimento automatico che ripete in continuazione.

Uno alla volta gli altri ragazzi possono inserirsi in questo movimento cercando di essere funzionali al marchingegno e ai suoi specifici ingranaggi.

Si può accompagnare ogni movimento con un suono o una parola.

Ognuno trova un’armonia tra il proprio sentire, pensare ed agire con quello dell’altro per costruire insieme la fantastica macchina.

36. L’intruso

In circolo, con gli occhi chiusi, ognuno si muove liberamente nello spazio.

L’animatore tocca sulla spalla un ragazzo che da quel momento deve compiere l’azione indicata su di un foglio.

A questo punto tutti possono aprire gli occhi e sempre muovendosi devono, cercare di capire chi sta eseguendo l’azione diversa e cosa sta rappresentando.

37. Il suono del silenzio

A coppie, uno con gli occhi chiusi, l’altro che lo guida parlandogli.

Appena finisce di parlare, il compagno deve fermarsi e, per ripartire, deve sentire solo la voce della sua guida.

E’ importante la modulazione dell’uso della voce.

38. La guida

Ci si divide in coppie.

Un ragazzo ha gli occhi bendati e l’altro lo guida nello spazio scegliendo:

  • un suono identificativo
  • una parola
  • un verso di animale
  • il nome del compagno
  • ecc…

Successivamente il ragazzo bendato rimane fermo e il compagno che lo guida si allontana da lui, poi, ad una certa distanza, ripete il suono identificativo in modo che possa essere raggiunto.

39. I diversi materiali

I ragazzi con gli occhi bendati devono immaginare di entrare in particolari spazi contenenti materiali diversi, ad esempio:

  • miele
  • piume
  • mattoni
  • fiori
  • ecc…

Poi, sempre con gli occhi bendati, si entra nella stanza dei segreti, dove si riconoscono gli oggetti smarriti esclusivamente attraverso il tatto.

40. La strada da percorrere

I ragazzi bendati vengono invitati a camminare lentamente nello spazio, a trovare un punto preciso dove rivivere una loro sensazione.

Essi devono cercare di ricordarsi:

  • il posto
  • lo spazio significativo
  • le persone con cui stavano
  • il vestito che indossavano
  • i colori
  • i suoni
  • il profumo dell’aria
  • le parole dette e quelle pensate.

La creatività può percorrere anche la strada del passato.

In questo caso esso viene arricchito con il nostro nuovo essere e viene modificato e reso attuale aprendo le ragnatele del nostalgico ricordo.

41. Il racconto

L’animatore legge un racconto di situazioni particolari:

è una bella giornata.

C’è il sole, inizia a piovere, piove a catinelle, fa freddo.

Si forma una grande pozzanghera di acqua che si trasforma in una lastra di ghiaccio.

Scivoli su un sentiero pieno di fango, sassoso, cosparso di carboni ardenti, di lame taglienti.

Il passo diventa incerto, ecc…

Ogni ragazzo deve mimare un modo di andare avanti nel percorso immaginando di vivere le diverse sensazioni.

Si stimola l’attenzione alla storia e la coordinazione tra le varie sequenze narrate.

42. Il mestiere

I ragazzi devono far indovinare attraverso gesti mimici un tipo di lavoro ai compagni.

I vari mestieri individuati poi si mettono insieme se tra di loro si riesce a trovare un legame professionale.

Alcuni lavori potranno essere anche caricaturizzati accentuando il loro lato ripetitivo.

43. La drammatizzazione

In circolo, un ragazzo va al centro e improvvisa una drammatizzazione.

I compagni cercano di capirne il significato, poi, nella fase di verbalizzazione fanno domande come:

  • Chi eri ?
  • Cosa stavi facendo ?
  • Dove ti trovavi ?

In questo modo, il ragazzo che ha eseguito l’improvvisazione prende maggiore consapevolezza di quello che ha fatto.

Quando gli viene chiesto di ripetere la drammatizzazione è in grado di stare più attento alla successione dei movimenti.

Si promuove l’apprendimento cooperativo.

44. Il minollo

Sperimentare diversi modi di muoversi.

Ad esempio, quando si cammina provare a farlo:

  • sulle punte
  • sui talloni
  • sulle parti esterne dei piedi
  • con le anche alzate, lateralmente
  • all’indietro, rimbalzando
  • come un uomo primitivo
  • come un animale inventato da ciascun partecipante

tipo:

  • il minollo
  • il coccobrillo
  • il coccodrillo ubriaco
  • il canguro saltapasti
  • l’ornitorinco laringoiatra.

Si stimola, in questo modo, la fantasia dei ragazzi.

45. Il senso dell’umorismo

Osservare alcuni filmati dei grandi comici come Charlot e Totò e cercare di imitare i loro buffi movimenti.

Per esercitarsi all’umorismo basta entrare in una classe di bambini e fare tutto quello che ti dicono di fare.

Si entra così nel loro gioco, nel loro racconto per poi farlo evolvere inserendo le proprie conoscenze.

Il racconto può diventare anche molto comico.

46. Cambiare gioco

Sentire come si trasforma un movimento passando da uno stato all’altro.

Ad esempio immaginare di giocare a pallavolo con un compagno e poi, improvvisamente, con lo stesso pallone, cambiare disciplina sportiva.

47. Abbattere i muri

I ragazzi formano un muro con i loro corpi all’impiedi tenendosi uniti molto stretti, senza lasciare spazi.

Da una parte e dall’altra del muro ci sono due ragazzi che devono tentare di comunicare tra loro.

Il muro cerca di ostacolare in tutti i modi questa comunicazione.

Questo esercizio facilita lo sfogo delle emozioni represse, trasformandole con l’aiuto del compagno.

48. La meta

I ragazzi partono da un punto dello spazio e devono arrivare ad un altro stabilito in precedenza dall’insegnante.

Ogni ragazzo deve cercare di farlo camminando su due piedi avendo la possibilità di guardare in avanti in modo da fissare la meta.

Si invita a riflettere che la nostra attività più spontanea, il camminare guardando in avanti, in realtà, è una grande conquista evolutiva dell’umanità.

Gli animali stanno curvi e guardano il suolo, l’uomo ha un viso “volto” verso l’alto.

49. Collegare i movimenti

In circolo, due ragazzi vanno al centro ed eseguono due movimenti liberi.

Gli altri ragazzi, dal posto, devono cercare di legare i due movimenti.

Se qualcuno trova una valida soluzione va la centro e cerca di collegarli.

Si stimola l’improvvisazione.

50. Il gioco di movimento

Dare ad ogni ragazzo due attrezzi diversi ed invitarli a creare con questi attrezzi un gioco di movimento.

Il gioco è utile per dare forma, corpo, suono al proprio immaginario.

Ed infine l’ultimo esercizio.

Il più semplice ma probabilmente anche il più efficace:

trovare durante la giornata mezz’ora per camminare all’aria aperta possibilmente in compagnia.

Ascoltare la natura e parlare con un amico guardandolo negli occhi oltre a stimolare il pensiero e la memoria permettono l’unione del movimento e della creatività.

Per la prima parte dell’articolo (esercizi dal n. 1 al n. 25): cliccare qui

LA REDAZIONE

di Pasquale Iezza

Lo sfondo integratore

LO SFONDO INTEGRATORE

Lo sfondo integratore è la migliore applicazione della didattica enattiva nella scuola dell’infanzia.

Ribalta la dinamica insegnamento – apprendimento in quanto pone lo studente nella condizione psicologica  di dover capire per poter prendere parte alla vita della sezione o della classe.

La motivazione ad apprendere non è attivata e supportata da premi o da castighi, ma dalla necessità di crescere insieme ai…

…compagni e, soprattutto,  con l’immagine adottata come sfondo.

Di solito si sceglie un personaggio fantastico che proviene dal mondo della fiaba, della fantascienza o della tradizione popolare.

Io ho scelto un giocatore di calcio fantastico:

Pelè e la sua ginga.

Organizzazione e scenario

Organizziamo la classe come un pianeta a forma di palla che ci contiene tutti e dove possiamo ammirare come nel mondo che ci sostiene i magnifici tramonti, annusare il profumo dei fiori e apprezzare la bellezza di un arcobaleno.

In un piccolo punto della Terra, alla periferia del mondo è nato Pelè, un vispo bambino brasiliano.

A lui piaceva giocare con la palla, fatta arrotolando stracci o fogli di carta, ogni bambino è invitato a costruire il suo pallone  appallottolando alcuni fogli di carta colorati.

Descrizione

Ogni pallone verrà scambiato perché Pelè non era egoista ma gli piaceva passare la palla.

Dopo aver esplorato la dinamica dei movimenti, quando si cammina, si accelera, quando si sta fermi o a riposo, si passerà a disegnare il protagonista.

L’insegnante leggerà lentamente la sua storia, ogni parola sarà scandita, quasi sillabata.

Si passerà poi ad osservare le illustrazioni del libro confrontandole con i disegni dei bambini. 

Una volta letto tutto il racconto le parole saranno riviste e analizzate, per consentire a ciascuno di decodificarle.

Si potrà  giocare con il suono e il tono della voce e saranno mimati tutti i movimenti della palla, per tradurre quelli poco comprensibili, alla ricerca dello stile ginga, l’azione tipica dei calciatori che sembrano danzare con la palla attaccata al piede.

Ogni bambino deve individuare le informazioni principali:
la ginga di Pelè da sportmagazine.it
  • chi (il personaggio),
  • che cosa fa (le sue azioni),
  • quando (in che tempo),
  • dove (in quale luogo)
  • perché (per quale motivo)”.
Mimo e drammatizzazione

La storia sarà successivamente mimata e drammatizzata, riconoscendo la fondamentale valenza comunicativa di queste modalità di apprendimento, che si aprono, trasversalmente, all’educazione motoria, all’organizzazione spazio-temporale, all’equilibrio delle forze ed al rispetto degli altri.

Ampio spazio sarò dato alle sensazioni, alle percezioni, alla riproduzione di semplici sequenze ritmiche.

Le attività manuali

Di fondamentale importanza anche la fase di rielaborazione attraverso le attività manuali, prima libere e poi in forma guidata, con l’impiego di materiali diversi:

  • pasta di sale,
  • creta,
  • cera,
  • di riciclo creativo

per agevolare la riproduzione del personaggio nelle diverse fasi del suo gioco con la palla.

Conclusione

Le avventure del grande calciatore daranno colore, così, a tutte le fasi del processo di apprendimento che è partito dalla conoscenza del proprio corpo per arrivare alla rappresentazione mentale, attraverso:

grande calciatore
Foto di Sides Imagery
  • la manipolazione e riproduzione dei movimenti della palla,
  • la gestione dello spazio e del tempo in relazione con gli altri,
  • l’analisi dei significati,
  • la riproduzione grafica,
  • l’interiorizzazione dell’esperienza,
  • la modifica dei comportamenti
  • la costruzione di nuove modalità di movimento con lo stile di gioco ginga.

Si può configurare, in sintesi, una esperienza completa che

ciascun gruppo di docenti vivrà come una stimolante “unità di lavoro”.

di Pasquale Iezza

Animazione e movimento divergente

Animazione al movimento divergente

Una corretta educazione al movimento divergente non mira a far correre il più velocemente possibile o a saltare il più in alto possibile ma…

…tende a sviluppare tutte le possibilità motorie della persona sin dalla sua infanzia migliorando le sue capacità relazionali, espressive e creative e avvicinandola al sentire le proprie emozioni.

Iniziare un’educazione in questo senso implica la massima autonomia di sperimentarsi in movimento, in modo che aumentino i propri vissuti motori, si delinea così l’attuale corpo in movimento.

L’immensità del bambino

Ogni bambino è un universo, ricco di:

  • curiosità,
  • idee,
  • interessi,
  • movimenti,

che va ascoltato singolarmente per fargli scoprire l’armonia tra il suo sentire, pensare e agire.

La voglia del bambino di esprimersi creativamente stimolerà le sue energie interiori.

L’ambiente in cui vive favorisce o inibisce questo processo.

Il secondo ambiente dopo il corpo di cui bisogna avere cura è il quartiere in cui si risiede che dovrebbe avere uno spazio attrezzato e vigilato dove i bambini possano giocare e socializzare.

Non si tratta di dare una verniciatura alle vecchie facciate ed un’aggiustatina generale, ma di cambiare completamente il rapporto con l’esterno valorizzando la strada.

La finalità dei giochi tradizionali

Il recupero dei giochi tradizionali di quartiere ha una grande valenza educativa, il bambino diventa protagonista attivo della sua città.

Nei quartieri soffocati dal cemento, dove ci sono palazzi addossati l’uno all’altro, dove non c’è luce, si ha un maggiore tasso di delinquenza. Il sorriso che il gioco regala è un antidoto contro l’aggressività.

Nell’educazione alla creatività, oltre a consegnare il gioco ai bambini, bisogna costruire loro anche un ambiente dove possano praticarlo.

Le finalità degli esercizi sono:
  1. arrivare a sentire il proprio corpo, a saperlo ascoltare
  2. acquisire naturalezza e spontaneità nel movimento
  3. ritrovare la spensieratezza e il divertimento nel giocare con gli altri
  4. migliorare le capacità relazionali con se, con lo spazio e con il gruppo
  5. esplorare le potenzialità espressive e creative.

Il laboratorio per il movimento divergente inizia con alcuni esercizi di libera esplorazione che stimolano l’organizzazione del sistema nervoso centrale.

La libera esplorazione

La cosa importante da fare è evitare forzature ed esercizi obbligati, ma è necessario lasciare il corpo libero di esplorare tutte le possibilità motorie, di trovare attraverso libere prove ed errori il suo adattamento migliore.

La finalità è portare verso l’esterno il proprio mondo interiore, è questo il significato della parola “espressione”. 

La libera esplorazione è una risposta del proprio corpo agli stimoli dell’ambiente, si sperimenta il modo in cui gli oggetti entrano in rapporto tra loro e già in questa fase si ha subito creatività.

E’ evidente che ognuno vede e sperimenta le relazioni in modo diverso ed originale rispetto ad un altro:

è fondamentale partire dal movimento spontaneo come è pure importante educare al rispetto dello spazio motorio dell’altro.

libertà di esplorazione
libera esplrazione

Agli esercizi di esplorazione motoria vanno associati poi quelli percettivi, di interiorizzazione del proprio corpo.

Il raffinamento percettivo arricchisce il rapporto con gli altri linguaggi espressivi.

Il corpo è la nostra casa farmaceutica su misura, è il primo ambiente salutare in cui siamo inseriti, una casa definitiva, non in affitto, è l’ambiente più adatto che madre natura ha dato ad ognuno di noi.

Questa casa va rispettata, curata, conosciuta, ma soprattutto rispettata senza accanirsi in complicate ristrutturazioni.

Educazione alla creatività motoria

L’educazione alla creatività motoria deve realizzarsi da subito considerando che nei primi otto anni di vita il cervello è in grado di assorbire nel migliore dei modi, senza sovrastrutture e meccanismi di difesa, le stimolazioni provenienti dall’ambiente esterno.

Nel bambino fino ad otto anni germogliano nuove fibre nervose nella corteccia frontale, che pianificano le azioni.

Questo permette ai neuroni di creare nuove connessioni e di sperimentare la loro flessibilità.

Tutti sono naturalmente predisposti ad essere creativi, ma per poterlo diventare veramente è bene esercitarsi in modo da svegliare i neuroni assopiti ed attivare così nuovi collegamenti cerebrali.

Le animazioni che stimolano la creatività motoria sono infinite, importante è cambiare spesso attività e provare nuove situazioni suggerite dal gruppo classe.

Il cerchio

Proprio per ascoltare tutti è necessario stare spesso in cerchio.

Il cerchio ha un valore fantastico perché in esso si ha la possibilità di osservare ognuno e di trasmettere agli altri le tensioni creative che si vivono.

L’approccio al movimento si sviluppa attraverso il gioco, la musica e il divertimento.

Conclusione

Per iniziare gli esercizi-gioco bisogna imparare a vedere la realtà non dando niente per scontato.

Dobbiamo pensare che i nostri movimenti non sono solo quelli che ogni giorno meccanicamente ripetiamo, ma che ce ne possono essere altri.

Impariamo a scarabocchiare i nostri movimenti e vediamo cosa ne esce fuori; molte opere d’arte sono nate così.

La cosa importante è pensare con i propri pensieri ed agire con i propri movimenti.

Appuntamento al prossimo articolo! Il prof. Pasquale Iezza proporrà più di 50 esericizi di libera esplorazione.

trainingconcept.it

di Pasquale Iezza

Competenze non cognitive

LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA NELLA SCUOLA ITALIANA

Le “competenze non cognitive” diventano didattica!

Cosa significa che le “competenze non cognitive” diventano didattica?…

…Significa che finalmente nelle scuole italiane si insegnerà come gestire:

  • lo stress,
  • l’empatia,
  • il pensiero critico e creativo

ndr:

finalmente!!!???

Le competenze NON COGNITIVE

Sì del Senato alla proposta di legge che abilita all’utilizzo e alla valorizzazione delle “competenze non cognitive” in ambito scolastico.

E’ una proposta inclusiva che valorizza le competenze extradisciplinari, con l’obiettivo di incrementare le

“life skills”:

ndr:

Ovvero le abilità che portano a comportamenti positivi e che rendono l’individuo capace di adattarsi, di far fronte in maniera efficace alle sfide della vita di tutti i giorni.

A parte il fatto che molti Insegnanti (quelli bravi!) hanno già “in tasca” le “competenze non cognitive”.

Queste competenze se le sono fatte attraverso le conoscenze, con l’esperienza, con l’umiltà, con la perseveranza, frequentando Convegni, Forum e Corsi di formazione, anche perchè si sono accorti che non basta la laurea.

Le domande

Ma scusate un Insegnante “formato”:

ndr:

sic!

  • In Università non dovrebbe già essere in grado di “gestire” il gruppo classe?
  • Non dovrebbe già essere in grado di gestire l’ansia?
  • Di comunicare efficacemente?
  • Di gestire il pensiero critico e creativo?
  • L‘empatia?
  • L’empatia non si insegna, o ce l’hai o non ce l’hai?

Ma cosa mi venite a dire!!!

Praticamente ci si è accorti che fino ad ora non sono stati formati “BENE” gli Insegnanti e allora ecco che saltano fuori dal cilindro “le competenze non cognitive”.

La proposta

La proposta prevede una sperimentazione che sia inclusiva e che valorizzi delle competenze extradisciplinari, con l’obiettivo di incrementare le “life skills” (abilità che portano a comportamenti positivi e che rendano l’individuo capace di adattarsi, di far fronte in maniera efficace alle sfide della vita di tutti i giorni).

Il progetto “pilota” prevede che gli Insegnanti

ndr:

formati??!! da chi??!!

stimoleranno abilità non direttamente legate al processamento delle informazioni

ndr:

bisogna formare, non informare??!!

ma alle caratteristiche individuali, legate agli ambiti emotivi, psicosociali e a caratteristiche di personalità.

In pratica si insegnerà ai bambini, ai ragazzi e agli adolescenti come “saper vivere” stimolando la capacità di come:

  • gestire le emozioni,
  • gestire lo stress,
  • l’empatia

allenando il pensiero creativo e quello critico, cosa assolutamente indispensabile in una società soggetta costantemente agli attacchi di fake news e al peso dell’omologazione.

E poi ancora la capacità di prendere decisioni e risolvere problemi.

ndr:

è una scoperta dell’acqua calda!

Ulteriore domanda

Non pensate che molte famiglie e molti Insegnanti abbiano da tempo intrapreso questa strada?

Sì è vero ci sono Insegnanti (con la i minuscola) che:

  • non sanno gestire il gruppo classe,
  • non sanno insegnare,
  • puniscono,
  • poco empatici,
  • non sanno trasmettere
    • curiosità, interesse ed emozioni.

Forse, prima di dare loro in mano “le chiavi” dell’insegnamento non era meglio fermarli?

Conclusione

La proposta di legge introduce, quindi, l’avvio a partire dal 2023 ad una sperimentazione nazionale triennale per attività finalizzate allo sviluppo delle competenze non cognitive nei percorsi delle scuole di ogni ordine e grado.

Sarà un metodo che recupererà anche i soggetti più difficili e che potrebbe ridurre anche il fenomeno dell’abbandono scolastico.

ndr:

siamo anni luce indietro rispetto agli altri stati europei, come:

– nell’Educazione Fisica (pardon Motoria!) e nei programmi dei Corsi di formazione di molte Federazioni Sportive Nazionali.

prof. Maurizio Mondoni (un Insegnante empatico!)

di Maurizio Mondoni

Imparare ad insegnare

IMPARARE A INSEGNARE E…

…INSEGNARE A INSEGNARE ANCHE NELLO SPORT!

Gli studenti hanno il diritto di avere gli Insegnanti migliori!

Non si può avere il meglio se non si preparano gl’insegnanti al meglio.

Anche nello sport i bambini e i giovani hanno diritto di avere Istruttori e Allenatori migliori.

La tessera non qualifica!

Insegnare è…

…un’arte e come ogni forma d’arte è sinonimo di:

  • passione
  • creatività
  • dedizione
  • condivisione

Un Insegnante, un Istruttore, un Allenatore, esattamente come un artista, mette se stesso, il suo sapere e il suo ingegno a disposizione degli altri (studenti, bambini, giovani), affinché la società esca migliorata dal percorso fatto insieme.

Tutti possono insegnare?

Se un laureato al concorso per entrare di ruolo come Insegnante ha risposto bene ad una prova con domande a crocette, se ha superato la prova scritta ed è stato “un fine dicitore” alla prova orale, può fare l’Insegnante?

Non credo!

Eppure in moltissimi casi è così!

Se un partecipante a un corso di formazione di una Federazione Sportiva è simpatico al Capo Istruttore, se fa quello che vuole lui, se giura che adotterà il metodo di insegnamento che vuole lui (ma poi farà in molti casi il contrario!) può insegnare ai bambini o ai giovani?

capo istruttore
Foto di Mikhail Nilov

Non credo!

Eppure in molti casi è così!

Perché nel mondo della scuola non esiste un Corso di laurea o una specializzazione per diventare Insegnanti?

All’interno di questo corso ci dovrebbero essere molte ore di pratica su come si gestisce un aula, come si gestiscono a livello psicologico gli studenti, come si struttura una lezione efficace, come si utilizzano tutti gli strumenti tecnologici a disposizione, come si comunica, come si entra in empatia con gli studenti.

Perchè nel mondo dello sport non esiste un Corso di tirocinio “vero” anche nei Corsi di Formazione delle Federazioni Sportive che qualifica chi andrà a insegnare?

Si imparerebbe a comunicare con i giovani e i bambini, si imparerebbe veramente a “gestire” il gruppo, si imparerebbe a correggere l’errore, … e chi non è in grado (anche se ha la tessera) non deve più insegnare.

Non tutti possono fare gli Insegnanti!

Se uno studente si è laureato con 110 e lode ho solo dimostrato di essere un bravo studente, non significa assolutamente che ha le carte per fare l’Insegnante!!

Per non parlare del sostegno, con un corso di 400 ore “tutti” sono in grado di gestire delle persone “speciali”.

studente
Foto di cottonbro

Incredibile!

Se gli studenti sono valutati a fine anno, lo devono essere anche gli Insegnanti e se un Insegnante non è stato giudicato all’altezza per insegnare, non può essere riconfermato.

Non tutti possono fare gli Istruttori e gli Allenatori!

Non basta un corso di formazione di 20 ore (anche se biennale) per avere la “licenza d’insegnare”.

Rinnovare la tessera ogni anno per continuare a insegnare non è abbastanza!

Ci vuole ben altro!

Chi non è capace non deve più insegnare!

La scuola italiana

Purtroppo la scuola italiana e l’Università è basata solo sui voti e gli studenti la vivono solo come obbligo, non si ricordano quasi niente di quello che studiano perché l’obiettivo è prendere un voto!

Le Federazioni Sportive
Federazioni sportive
Foto da Agi

Seguire un corso di formazione per avere la tessera non basta, dobbiamo avere Istruttori e Allenatori preparati, competenti!

VOLTIAMO PAGINA!

Studenti migliori con Insegnanti migliori!

Bambini e giovani migliori con Istruttori e Allenatori competenti!

“Le crisi di insegnamento non sono crisi di insegnamento; sono crisi di vita. Una società che non insegna è una società che non si ama, che non si stima; e questo è precisamente il caso della società moderna”. (Charles Peguy)

di Maurizio Mondoni

Copertina Peer education

Educazione tra pari

PEER EDUCATION

Non insegno mai nulla ai miei allievi cerco solo di metterli in condizione di poter imparare”.

Albert Einstein

Gli insegnanti hanno il compito fondamentale di dare di più a chi ha momentaneamente di meno.

Maestro deriva da magister che a sua volta discende da magis che significa:

gli studenti hanno bisogno di qualcuno che gli dia di più.

Un facilitatore che in modo positivo li…

…accompagni nella costruzione dei loro saperi non dando niente per scontato.

Spesso nelle scuole si adottano metodi di apprendimento dove si mettono gli studenti in competizione, vale chi ha successo, chi è protagonista, chi è capace di performance eccellenti.

E’ una gara a chi sa di più, un confronto spietato dove se non ti classifichi nelle prime posizioni, quella dei migliori, ti senti inadeguato, incapace, minore rispetto all’altro, ed è proprio questo da evitare.

L’insegnante deve fare in modo che chi ha un talento lo coltivi per poi donarlo a chi ha maggiori difficoltà, solo in questo modo diventa veramente fertile.

Insegnare
Una corretta educazione

Offrire qualcosa all’altro non determina un rallentamento degli eccellenti anzi facilita il rafforzamento delle loro conoscenze perché possono ripetere con parole diverse quello che hanno appreso.

Gli ebrei utilizzano il metodo di ripetere ad alta voce ad un compagno la lezione da imparare, in questo modo memorizzano e solidificano i  saperi.

Una corretta educazione non mira a far:

  • correre il più velocemente possibile,
  • leggere o scrivere in fretta
  • parlare speditamente
  • a dire le tabelline senza respirare,

perché ognuno ha i suoi tempi che vanno rispettati.

L’apprendimento

Ogni studente è un universo a parte, ricco di curiosità, di idee, di interessi, che va ascoltato singolarmente per fargli scoprire le sue infinite possibilità di adattarsi al mondo.

Gli insegnanti sanno che l’apprendimento non è un percorso isolato ma una strada da percorrere insieme, un correre passo dopo passo da singolo si arriva a moltiplicarsi con gli altri.

L’apprendimento è un processo fondamentalmente sociale, una pratica costruita insieme, una co-costruzione.

L’apprendimento è costruttivo quando quello che si apprende viene messo in contatto con l’informazione già conosciuta in modo da poterla riorganizzare in un procedimento migliorativo, questo è più agevole quando si ha la possibilità di condividere le informazioni.

L’educazione alla pari non è altro che questo:

imparare dall’interazione

Un compagno che ha capito già qualcosa e sta più avanti nel percorso diventa il tutor di chi sta un po’ più indietro, l’obiettivo è colmare il vuoto tra i due in modo che i ruoli nel tempo possano invertirsi.

Imparo ad imparare

Questo  è molto importante nell’attività motoria, dove spesso dietro un rifiuto a praticarla c’è un’ansia, una frustrazione, una difficoltà a mostrarsi che quando viene superata libera anche la mente.

E’ questo il vero significato dell’imparare ad imparare.

Io imparo ad imparare quando imparo a colmare le distanze tra me e:

  • il compagno più bravo,
  • la disciplina,
  • la conoscenza,
  • l’insegnante,
  • il mio disagio.

Non è mai una lotta contro qualcuno ma è un processo di riempimento.

Sono vuoto di qualcosa, e questa mancanza non mi permette di arrivare alla pienezza, al compimento per cui sento il bisogno di apprendere.

Dal compagno che ha la mia stessa età, è alla pari con me, imparo più in fretta perché lui mi fa capire il senso di quello che sto apprendendo perché lui ha scoperto un significato nel trovare la soluzione ad un problema.

Quel significato, quella risposta di senso, mi facilita il cammino aiutandomi a trovare la risposta senza nessuna pretesa di fare il mio insegnante ma con l’atteggiamento dell’esploratore che ha la gioia di condividere la sua scoperta.

La positività

Non serve scoraggiarsi alle prime difficoltà, far rotolare il morale raso terra, è  normale non capire subito qualcosa, o non riuscire a svolgere un gesto motorio, e soprattutto “nidda nasciu imparatu” come  recita un simpatico proverbio sardo, “nessuno è nato conoscendo le cose”.

Tutto dipende da come la mente percepisce il mondo, non è utile sentirlo ostile.

Chi pensa che un problema, un compito, un esercizio siano insormontabili, che ormai è tutto inutile, non vale la pena impegnarsi, meglio copiare.

Diventa un complice della:

  • negatività
  • critica
  • lamentela
  • falsità
  • passività

e finisce con il dipendere sempre da qualcuno:

non è mai completamente libero. 

L’atteggiamento vincente è quello di riuscire ad essere positivi, di mantenersi calmi e sereni, di affrontare la difficoltà nello studio riponendo la propria fiducia nell’altro.

Ci si farà aiutare con lo scopo, però, di diventare al più presto autonomo.

Bisogna avere una meta, e se questa viene da noi, è una buona meta, una meta del bene.

Insegnare ad imparare

Il compito dell’insegnante è esclusivamente quello di insegnare ad imparare.

L’educazione tra pari è una metodologia che pone gli studenti al centro del sistema educativo.

In particolare l’attenzione è posta sul gruppo dei pari, che costituisce una sorta di laboratorio sociale in cui sviluppare dinamiche, sperimentare attività, progettare, condividere, migliorando l’autostima e le abilità relazionali e comunicative.

Nello specifico

Si fonda su un approccio cooperativo dell’apprendimento in quanto si propone agli studenti di utilizzare le competenze acquisite per insegnarle ai propri compagni.

E’ basato sul lavoro in coppie o piccoli gruppi di pari dove uno è più esperto e assume il ruolo di tutor, di tutore: l’altro, meno esperto, è colui che deve apprendere, il tutee, il tutelato.

Il tutoring pone l’obiettivo educativo primario di imparare a studiare con gli altri.

Il ruolo dell’insegnante è di regia, in quanto attiva, organizza ed orienta verso il compito le potenziali risorse di apprendimento dei singoli alunni.

L’adulto o il coetaneo più esperto “offre” il suo modello di problem solving, non il contenuto, quindi, non il piatto servito e direttamente da imboccare ma le posate per poterlo mangiare.

Così c’è sempre una stampella a cui appoggiarsi per chi ne ha bisogno, un cucchiaio che ti viene offerto per la minestra riscaldata (scaffolding).

Imparare ad imparare è la competenza che preferisco.

Imparare dal latino significa acquistare.

E’ una parola composta da un in illativo e da parare (procurare) e quindi rimanda al catturare, acquistare una conoscenza.

Imparando prendo con me, un qualcosa che diventerà una risorsa che può consistere in un sapere, un’abilità o un comportamento, un qualcosa che è concreta e che farò mia, e allora diventerà veramente una mia preda, presa unicamente per me, ap-presa.

Questa preda ha però una particolarità, una volta catturata non vuole restare immobile nel mio carniere ma ha le ali della condivisione.

Ogni conoscenza acquisita spinge al volo, all’apertura, imparare diventa in questo modo un esercizio di mettere le proprie cose alla pari con l’altro che condivide con me compiti e finalità.

C’è sempre il pari nell’imparare, solo così il sapere sarà veramente fecondo.

L’uno diventa risorsa per l’altro.

Conclusione

Imparare è quindi anche un imparare a riconoscere se stesso e chi è diverso da se, accogliere i diversi stili di apprendimento.

Conoscenza e riconoscimento sono strettamente collegati e permettono alle persone finalmente di esistere, quel compagno che hai aiutato o dal quale sei stato aiutato ora c’è per te e ci sarà per sempre.

Questa naturale propensione al sapere condiviso, diviso con l’altro, è la prima tra tutte le pratiche didattiche che deve essere messa in opera e rafforzata nella nostra scuola.

Il grado di riconoscimento di ogni componente del gruppo, con le sue:

  • caratteristiche peculiari e speciali,
  • l’accettazione e la valorizzazione delle uguaglianze e delle differenze tra i compagni di classe,
  • il rispetto di ciascuno come persona,

permette di tenere uniti i diversi punti di vista e contribuisce all’apprendimento di tutti.

cooperazione
Foto di Yan Krukov

L’insegnante è bravo non solo se è abile e competente ma quando riesce a creare l’atmosfera giusta in classe

un clima cooperativo dove ognuno è risorsa per l’altro

questo è l’unico modo per realizzare un ambiente veramente inclusivo.

di Pasquale Iezza

Stretching yes or not

Stretching: yes or not?

Con la fine della stagione agonistica, ma soprattutto con l’inizio delle preparazioni precampionato per moltissimi preparatori e sportivi, torna in gran voga l’ormai vecchio dibattito sulla valenza dello stretching.

Fa bene? fa male? Non fa niente?

Una risposta assoluta come “si” o “no” a questa domanda, non solo è sbagliata a priori, ma anche del tutto assurda.

Innanzitutto è bene ricordare che con la parola stretching, spesso si intendono esercitazioni molto diverse tra loro, che inducono adattamenti differenti.

Credo si possa ormai affermare, senza molti dubbi, che in sport che non richiedono una particolare mobilità articolare, lo stretching statico (il più diffuso e conosciuto) eseguito in maniera maniacale, sia, se non negativo, per lo meno inutile.

E’ evidente, però, che per atleti giovanissimi che si avvicinano a qualsiasi tipo di disciplina non deve essere vietato.

Giovani stretching
Foto di Ketut Subiyanto
GLi abitudinari e i vari esercizi di stretching

Non bisogna però dimenticare che “molti atleti” sono “affezionati” ai loro riti preventivi e preparatori.

Spesso i possibili effetti negativi indotti dal divieto brusco, può superare quelli indotti dal fare, appunto, lo stretching statico.

Diverse sono le tecniche di stretching, come:

Lo stretching balistico

Molto in voga negli anni passati, consisteva nell’arrivare in posizione di allungamento molleggiando sui muscoli tesi.

Si forzano le parti del corpo in posizioni che oltrepassano il normale range di movimento (ROM), utilizzando lo slancio di un movimento oscillante.

Si arriva cioè in posizione di massimo allungamento, e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.

Oggi questa metodologia è fortemente sconsigliata, perché si mettono a repentaglio l’integrità delle strutture muscolo-tendinee delle articolazioni interessate.

Lo stretching statico

E’ il più conosciuto.

Consiste nell’assumere lentamente una determinata posizione, diversa per ciascun muscolo o gruppo di muscoli, che va mantenuta per un periodo di tempo più o meno lungo.

Può essere attivo o passivo.

Quello Passivo differenzia dall’attivo, per l’intervento di altre persone o attrezzi che aiutano a raggiungere la posizione.

Lo stretching dinamico

Consiste nell’allungare un certo gruppo muscolare con oscillazioni e movimenti controllati.

L’escursione aumenta progressivamente fino a raggiungere il grado desiderato, per poi aumentare anche la rapidità del gesto.

Stretching dinamico
Stretching dinamico – da running studio
PNF “facilitazione propriocettiva neuromuscolare” o Isometrico

Esistono varie tipologie di stretching PNF, ma il più utilizzato consiste nell’allungare e contrarre la muscolatura durante la fase di stretching e approfittare della stanchezza della muscolatura che è stata contratta pochi secondi prima, per allungarsi sempre di più.

Quindi

Dire che lo stretching fa bene a priori, è sbagliato. Dire che lo stretching va evitato come la peste, è sbagliato.

Siamo dei professionisti con un bagaglio culturale che spazia dall’anatomia umana, alla fisiologia, biochimica, biomeccanico.

Pertanto siamo tenuti a conoscere nello specifico gli adattamenti indotti da tutte le diverse metodiche di stretching, e solo attraverso questa conoscenza saremo in grado di utilizzarle al meglio in base alla programmazione specifica per obiettivi.

Esempio

Molte tecniche di stretching statico, di cui oggi si parla tanto male, trovano un largo e positivo utilizzo in discipline che richiedono una grande mobilità articolare come la ginnastica artistica o il nuoto sincronizzato e la prevenzione ai traumi in quasi tutti gli sport.

Quindi, come già detto in tante riunioni tecniche e dibattiti in forum specializzati, avere conoscenze non vuol dire applicarle in modo indiscriminato senza rielaborarle alla luce delle proprie esperienze, degli anni di lavoro, di osservazione e di valutazione.

Un monito ai colleghi educatori – istruttori – preparatori fisici

Cerchiamo e continuiamo ad avere un approccio personale alle cose e di rielaborare le proprie conoscenze in modo elastico e funzionale: i libri e i testi non sono bibbie ma strumenti di notevole aiuto per permetterci di approfondire e studiare.

Vi invito infine a leggere alcune interessanti pubblicazioni sull’argomento del Prof. Gilles Cometti, un cardine nel nostro ambito.

Gilles Cometti
Gilles Cometti al lavoro con un atleta – da performancelab
Conclusione

Per quanto mi riguarda dedicare qualche minuto alla pratica dell’allungamento, in base alla mia esperienza pratica, ai miei approfondimenti ed alle mie continue partecipazioni a clinic specialistici,

va a completare quella che viene chiamata “programmazione ordinaria”.

di Tiziano Megaro


La ricerca azione motoria

La ricerca – azione motoria

Non la verità di cui ci si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi determina il valore dell’individuo…L’illusione del possesso rende pigri e presuntuosi; solo la ricerca tiene desti e insonni”.

Gotthold Ephraim Lessing

La ricerca scientifica attribuisce una stretta relazione tra il corpo e la psiche, l’uno non esiste senza l’altra.

E’ una crudeltà separare ciò che è unito per natura ma, nonostante questo, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti nella scuola italiana si muovono pochissimo. Ed è così che…

…si creano dei corti circuiti nell’apprendimento, a volte irreparabili.

L’animazione alla divergenza restituisce il corpo al movimento e il movimento alla psiche.

Il sistema scolastico, se vuole veramente formare la persona nella sua interezza, non può più rinunciare all’educazione motoria delegandola alle società sportive.

La socializzazione dei bambini nella scuola dell’infanzia si facilita con la corretta comunicazione non verbale dell’insegnante fatta di sorrisi e gesti accoglienti e si misura dall’ampiezza dell’apertura delle braccia che vogliono dire con chiarezza:

sei il benvenuto in questa scuola!

socializzazione
da informa giovani Ancona
Tutto parte da un dialogo centrato sul movimento.

L’insegnante è il digitus pueri, indica ai bambini la strada giusta da seguire cercando di fargli evitare buche, scivoloni e sbandamenti.

Nella scuola primaria, allo stesso modo, l’educazione motoria deve essere promossa per insegnare comportamenti organizzati, finalizzati e regolati, capaci di indirizzare l’istintiva esuberanza dei bambini.

Gli studenti imparano a stare meglio insieme vivendo negli spazi laboratoriali, allontanandosi ogni tanto dalla staticità dei banchi.

Le stesse attività considerate “di testa” come la lettura e la scrittura sono apprendimenti complessi che necessitano “del corpo”, dell’integrità delle aree motorie.

Per saper leggere è necessaria una buona organizzazione spazio-temporale e per saper scrivere una corretta postura e una coordinazione oculo-manuale, sono poi indispensabili una equilibrata lateralizzazione, un controllo neuromuscolare, un senso del ritmo, in sintesi:

una completa consapevolezza dei propri movimenti.

Il giusto incontro

Quando il laboratorio linguistico si incontra con quello motorio i risultati sono straordinari:

  • una corretta educazione motoria di base,
  • una buona percezione del proprio corpo
    • permettono al bambino di controllare, coordinare ed equilibrare i gesti motori per avviarsi ad un sereno apprendimento della lettura e della scrittura.

Legge e poi scrive, prima e meglio, il bambino che pratica un’attività motoria.

Le fasi del progetto di ricerca-azione prevedono:
  1. un’analisi dei bisogni e delle esigenze di formazione in relazione al contesto scolastico;
  2. l’individuazione dei traguardi, degli obiettivi e dei risultati di apprendimento;
  3. la pianificazione delle attività, dell’ambiente di apprendimento, della gestione del gruppo, delle scelte didattiche;
  4. la realizzazione dell’attività progettata e suddivisa in fasi di sviluppo;
  5. il monitoraggio e la verifica del processo di apprendimento;
  6. la documentazione e la valutazione dei risultati.

Il processo di insegnamento-apprendimento sarà basato su un approccio ludico che dia voce all’energia vitale positiva degli allievi capace di attivare e sostenere la loro maturazione e la loro socializzazione.

I docenti devono costantemente vivificare questa energia con la proposta di attività piacevoli, divertenti e, nello stesso tempo, formative.

Imparare giocando

Diventa sempre più necessario realizzare una “scuola ludica” nella quale il tradizionale schema di “imparare con fatica” si trasformi in “fare con piacere” e “apprendere con gioia”.

In tal modo la scuola può porre davvero l’alunno al centro del suo processo di formazione perché crea le condizioni ideali affinché ciascuno diventi attore della propria crescita, evidenziando le sue caratteristiche, le sue preferenze o, per dirla con Gardner, le sue intelligenze dominanti.

Una scuola così intesa apre percorsi educativi di grande interesse perché gli strumenti:

  • della conoscenza,
  • le abilità tecniche,
  • le competenze

vengono conquistate attraverso azioni di ricerca, di libera espressione creativa, di personale valutazione critica e non mediante l’azione ripetitiva e l’atteggiamento passivo di chi deve solo ascoltare per ripetere ciò che ha appreso.

La stessa dinamica educativa che, da sempre, ha caratterizzato un particolare modello di scuola caratterizzato da:

  • spiegazione,
  • approfondimento,
  • interrogazione,
  • valutazione

trova, così, le sue spinte di azione in:

  • identificazione di un problema,
  • ricerca degli elementi necessari per risolverlo,
  • valutazione dei risultati raggiunti
    • per l’assunzione concorde di un nuovo problema da affrontare.
Conclusioni

La società a tecnologia avanzata e a rapido sviluppo delle conoscenze nella quale viviamo pone alla scuola sfide continue che non possono essere ignorate trincerandosi nel valore della tradizione e nella visione quasi mistica dell’educazione.

La scuola dove configurarsi sempre più come un laboratorio ludico, dove ogni alunno possa fare le proprie esperienze nel confronto e, perché no, anche nello scontro con i compagni, ma sempre

in un clima di rispetto reciproco e di collaborazione.

di Pasquale Iezza

motionstorming

Il motionstorming

…riprendiamo da qui… (dal precedente articolo “interventi educativi”)

…la lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”.

E’ un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione, produco il mio:…

motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.

Il motionstorming è una tecnica che facilita la creazione di movimenti divergenti e quindi deve essere inserita in un programma di creatività motoria.

Il procedimento

Si forma un gruppo di 10-12 ragazzi, disposti in cerchio, coordinati da un insegnante.

Si parte da un movimento libero di un ragazzo, sul quale si innestano i movimenti degli altri.

La durata di ogni seduta sarà di circa un’ora.

Il ragazzo da cui si parte va al centro del cerchio ed esegue su un materassino un movimento libero, gli altri ragazzi, dopo un’attenta osservazione ed una ripetizione del movimento, producono azioni collegate a quello che hanno visto e vissuto.

I ragazzi si alzano a turno ed eseguono un movimento richiamato da quello del compagno.

L’insegnante deve stabilire un clima in cui ognuno possa esprimersi liberamente.

Nel gruppo ognuno dà il suo contributo creativo e trae spunti che possono arricchirlo individualmente.

Una volta completato il giro del gruppo l’insegnante, che ha annotato tutti i movimenti, cerca di vedere insieme ai ragazzi i punti di unione che si possono trovare tra di essi, in modo tale che si riesca a lavorare nella seconda fase su un campo più determinato.

Alla fine uscirà il movimento del gruppo, un’azione che tutti condivideranno, da eseguire coralmente.

ragazzi in circolo
Foto di Aissa Bouabellou
La variante

Dall’esecuzione collettiva, poi, si può pensare di creare un gioco, un’attività che coinvolga tutti.

In questa fase non c’è la regola di alzarsi uno alla volta, ma più persone possono sperimentare e condividere i propri movimenti, si creeranno così dei piccoli gruppi spontanei.

I movimenti prodotti da ognuno non vanno mai giudicati ed inibiti ma utilizzati, ripetuti, per crearne altri.

Per ogni movimento ci sarà un tempo determinato in modo che tutti possano esprimersi.

I gesti spezzati nella loro semplicità, vengono di nuovo uniti per comporre un originale mosaico di movimenti, più complessi e articolati, il movimento di ognuno si dilata e aiuta a strutturare il movimento del gruppo.

E’ un cammino progressivo verso se stessi e gli altri.

Conclusione

Questa fondamentale svolta ha portato a cercare nel movimento divergente l’equilibrio tra i due inquilini:

  • il pensiero e l’emozione.

La divergenza fa confluire nella creatività il pensiero e l’emozione ed alla fine si determina nell’unione il giusto equilibrio dell’apparato fisico con quello psichico ed emotivo, del corpo con la mente.

di Pasquale Iezza

Sport e scuola

Sport e scuola

Come lo sport, a livello agonistico, può convivere con la scuola. 

L’attività motoria rappresenta un elemento fondamentale della crescita psico-fisica dei più piccoli, nonché uno strumento primario per la tutela della salute dei giovani e meno giovani.

Tra i suo tanti benefici, aiuta a dosare l’energia e liberare la fantasia, maturando l’importanza dell’osservare gli altri e ad interagire con le differenze.

Le attività motorie e sportive,…

…in tal senso, possono contribuire allo sviluppo dell’autonomia personale e, parallelamente, alla formazione di una coscienza civica, in grado di influire sugli stili di vita con interventi educativi.

Equilibrio

Durante la mia carriera sportiva ho conosciuto molti ragazzi e ragazze che spesso non riescono a calibrare la propria vita tra la sfera sportiva e quella scolastica.

Sviluppano emozioni contrastanti:

  • gioia
  • soddisfazione
  • entusiasmo

ma anche:

  • sensi di colpa
  • di inadeguatezza
  • autosvalutazione di sé.

Purtroppo, ancora oggi, l’annosa rivalità tra i risultati sportivi e quelli scolastici è all’ordine del giorno.

Non è certo un limite il conseguire risultati in campo sportivo, semmai una risorsa.

Quest’ultima incide molto negli adolescenti che con fatica riescono ad avere fiducia delle proprie potenzialità e credere in se stessi.

Fiducia

Lo sport e la scuola sono le due colonne portanti per la costruzione di un individuo.

Gli ottimi risultati ottenuti da entrambi non possono far altro che accrescere la sua autostima giorno per giorno ma, in egual modo, qualora dovessero presentarsi delle difficoltà, questo potrebbe scaturire una condizione di malessere e di disagio psicologico

Un esempio

avere molti compiti spesso comporta a rinunciare ad una competizione importante oppure è la partecipazione ad un evento sportivo che può far tralasciare lo studio.

Il successo e il fallimento sono i principali elementi che alimentano lo sviluppo del Sé, la formazione dell’ identità personale.

Le ricerche

Numerose ricerche evidenziano che tanti bambini/e e ragazzi/e, che a scuola riportano delle difficoltà più o meno riconosciute, come un disturbo dell’apprendimento oppure la difficoltà di concentrazione, spesso trovano nello sport un aiuto e una sana alternativa che possa agevolarli nel campo scolastico.

Una ricerca del 2014 presso l’Harvard Medical School di Boston, in collaborazione con il Dana-Farber Cancer Institute, ha rilevato che appena il 54% delle scuole prevede lo svolgimento di attività motoria extracurricolare e solo 1 scuola su 3 ha coinvolto i genitori in iniziative favorenti una corretta alimentazione e l’attività motoria.

È molto importante offrire proposte operative finalizzate a sensibilizzare, sia gli alunni, sia le famiglie all’importanza del movimento e delle attività motorie per la crescita e la salute.

In termini scientifici, è importante stimolare attraverso la pratica sportiva la sintesi di una molecola neuroprotettiva (irisina) che potenzia le funzioni cognitive.

È una molecola scoperta recentemente prodotta dal muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico, spiegando gli effetti positivi dell’esercizio sul metabolismo dell’organismo in toto, che riduce la probabilità dell’insorgenza di malattie metaboliche, quali il diabete mellito, l’obesità e la sindrome metabolica.

Bisogna imparare a non mettere sempre a confronto scuola e sport, ma farle sussistere in un reciproco rapporto di compresenza.

Conclusione

I genitori, attraverso la loro educazione, devono trasmettere questo valore ai loro figli e aiutarli nell’organizzazione della loro giornata, sia scolastica che sportiva, dando un valore equiparato ad entrambe le discipline, senza mai influenzarlo o condizionarlo, bensì guidarlo nelle scelte.

scuola
sport bimbi

In conclusione, credo che sia necessario stimolare nel ragazzo/a un’idea di “auto-esigenza”, cioè cercare di dare sempre il meglio di sé stessi, sapersi organizzare e, se necessario,  fare piccoli sacrifici per raggiungere i propri obiettivi.

In questo modo accresce nel ragazzo la responsabilità delle proprie scelte e avere la maturità necessaria per affrontare le difficoltà, nel caso in cui dovessero presentarsi, senza ricorrere ad alibi morale o l’intervento di un adulto. 

di Francesco Callipo

Dino De Angelis

Dino De Angelis

Dino, “potentino doc”!

È riuscito e riesce a farmi riflettere su tutto ciò che scorre intorno a noi. Il suo modo di parlare, la sua padronanza di linguaggio, la chiarezza, il contenuto dei suoi pensieri sono un toccasana.

Estrapolo, dal suo blog, un piccolo stralcio della sua descrizione:

“Un curioso prima di tutto. Ma anche uno un po’ pigro. Uno, cioè, che non fa nulla senza qualcosa in cambio. E quel che voglio in cambio di quel che faccio è: divertimento. Che sembra infantile, e infatti lo è. Ma non mi muovo dalla sedia se non mi diverto, qualunque cosa faccia. Poi viene tutto il resto. Ed è un limite, spesso.

Anni e anni fa, dopo aver fatto il liceo classico, mi sono laureato in scienze politiche (dovessi riscrivermi oggi, la risceglierei, non perché serva a qualcosa ma perché resta ancora una delle facoltà che mi piace di più), e poi da lì ho iniziato a girovagare nel mondo del lavoro, in un tour che spero non finisca mai. Ci sono così tante cose belle da fare e da scoprire che spero di scoprirne ancora altre.

Infatti ho fatto di tutto, dall’imprenditore all’allenatore, dallo scrittore al divulgatore, e di alcune di queste cose ancora me ne sto occupando……”

La collaborazione è iniziata più di dieci anni fa, lui come capo allenatore ed io preparatore fisico vincendo, alla fine, il campionato. Le nostre strade, da allora, non si sono più separate. Ho sempre cercato di coinvolgerlo sia in scelte lavorative sia in progetti scolastici dove ero sicuro potesse contribuire positivamente al binomio docenti – alunni e ho voluto fortemente il suo supporto in questo progetto che sto tentando di mettere in atto. Di seguito un video, inserito nel suo blog, tanto significativo e profondo da volerlo riproporre qui.

Grazie caro Dino per aver accettato di collaborare!

Preside Pasquale Iezza

Pasquale Iezza

Pasquale Iezza è: un organizzatore, ideatore, inventore, tutto ciò che si propone di fare diventa una possibilità.

È un dirigente scolastico per professione ma formatore nell’anima, la sua migliore abilità è riuscire ad instaurare intese molto positive con chi incrocia il suo percorso.

Si diverte a sperimentare nuovi giochisport le cui particolarità vengono esplicate in alcuni testi come ”Il Movimento divergente” edito dalla Aranblu editore.

Diplomato ISEF, laureato in Filosofia e formatore IRSSAE per insegnanti di educazione fisica, ha scritto:

  • “Salviamo la scuola” con Giuseppe Palumbo e Anna di Capua, Edizione Nuova Atlantis, Vibo Valentia;
  • Passa” Edizione Scienze e Lettere, Roma;
  • Trenobiografia“, cortoromanzo di intrattenimento, Robin editore.

Appassionato di sport, sarà un onore avere il suo contributo e approfittare della sua abilità nella scrittura per farci guidare nella realizzazione di giochi, movimenti, esercizi da proporre in palestra a tutti i livelli, in tutte le discipline e per tutte le età.

Queste le sue parole in una sua presentazione del libro “il movimento divergente”:

Nel mondo della scuola, scherzando ma non troppo, tra insegnanti, ricorre una battuta intorno agli allievi: noi li prendiamo vivaci, attivi, liberi, curiosi e creativi e man mano che vanno avanti, classe dopo classe, ce li ritroviamo smorti, passivi, condizionati, disinteressati e annoiati. Al di là della battuta, il pensiero ‘convergente’ finisce sempre per prendere il sopravvento con il risultato di mortificare l’entusiasmo dei giovani verso la scoperta, l’intuizione e l’elaborazione. Nel migliore dei casi si hanno allievi buoni e ottimi ripetitori di schemi e di modelli precostituiti. Lo stesso accade anche nelle attività ludiche e sportive che diventano così un eccellente campo di sperimentazione

Grazie preside per essere con noi!

Nuovi giochisport

Sono Pasquale Iezza, cerco di svolgere al meglio il mio compito di Dirigente scolastico in una città collinare con un’aria purissima come i suoi bambini, Lettere, in provincia di Napoli.

Lavoro nella scuola da 35 anni e sono arrivato alla conclusione che è possibile creare nuovi giochisport.

Ho avuto questa intuizione sulla spiaggia di Vico Equense.

La mia schiena scottata dal sole era ormai diventata una perfetta piastra per la cucina cinese, potevo con semplicità trasformare un ghiacciolo…

in un gelato fritto. Sdraiato in quella posizione stavo osservando i nuovi esercizi di Acquagym che un bravo istruttore di educazione motoria faceva svolgere ad un gruppo di bagnanti. Ebbene sono rimasto quasi ipnotizzato dai movimenti, che avevano una cadenza fissa, divisa in otto tempi.

Alla quinta serie di esercizi stavo quasi per assopirmi e, per restare sveglio, e non farmi rosolare completamente dai raggi solari, attivai un residuo circuito cerebrale scuotendo repentinamente a destra e a sinistra la testa, come quando si oscilla velocemente il polso in modo da far ripartire gli orologi automatici.

Rimasi in uno stato di dormiveglia e fu proprio in quel momento, in uno stato di illuminazione, che pensai: “l’avventura delle idee deve partire dal movimento”.

Questo è stato il primo passo verso la creazione del nuovo giocosport: la Pallarmonica.

foto pallarmonica

Il movimento è quasi sempre spezzettato in esercizi meccanici cadenzati in due, quattro, dodici e più spesso otto tempi, una successione precisa di azioni divise da seguire a ritmi regolari con un esperto di fitness da imitare a specchio.

Il frazionamento del movimento, il suo spezzettamento, e l’imitazione di un preciso modello da seguire, imbriglia l’ascolto del movimento libero, naturale, spontaneo, proprio di ogni persona.

La motricità così è paralizzata e perde la sua originalità, il suo pensiero, la sua emozione. Pensiero, emozione e movimento pagano, in parti uguali, i costi del condominio al nostro corpo, la coabitazione non è forzata, non si vive da separati in casa, ma loro stanno insieme in modo piacevole e produttivo.

Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.

Attraverso l’attività motoria una persona impara a percepirsi integralmente, ascolta le sensazioni, i pensieri, le emozioni, esplora il proprio corpo e le sue possibilità di relazionarsi al ritmo e all’armonia dell’ambiente esterno.

Il movimento permette l’unione del mondo interiore, affettivo ed emotivo, con quello esteriore, razionale e socio-ambientale. La mia visione scolastica innovativa è partita da questa giornata al mare.

La mattina dopo ho ideato un nuovo gioco sportivo, la PALLARMONICA, che facilita il superamento della divisione, tra ragazzi e ragazze, nella pratica delle attività motorie. La pallarmonica unisce creando armonia (da cui il nome del gioco).

L’armonia si realizza tra i giocatori della stessa squadra, obbligatoriamente un maschio ed una femmina (nel doppio due maschi e due femmine), che entrano in contatto, mano – mano oppure con una presa mano – avambraccio, per ricacciare la palla nel campo avversario e conquistare il punto.

Il gioco è semplice da imparare, è alla portata di tutti e favorisce l’inclusione, fondamentale è imparare a collaborare alla pari. Ho presentato la pallarmonica nelle classi quarte e quinte della scuola primaria e nelle classi prime della scuola secondaria di primo grado.

Il gioco ha suscitato da subito curiosità e tutti hanno voluto provare, attualmente è una delle pratiche sportive dell’Istituto e rientra nella programmazione degli insegnanti di educazione fisica.

L’intera comunità educante ha partecipato, nei vari anni scolastici, grazie a progetti promossi dal professore Tiziano Megaro, al primo torneo di pallarmonica cittadino.

Allenamento pallarmonica

Il nuovo giocosport è stato presentato, all’interno di una conferenza, alla tre giorni per la scuola a Città della Scienza a Napoli, per diffonderlo tra tutti i docenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado della Campania che avessero la voglia di esplorare e sperimentare nuove pratiche motorie.

La diffusione nelle scuole della pallarmonica, attraverso il supporto del portale “Movimento Divergente” (da configurare), sarà uno stimolo per motivare gli studenti a proporre altre idee relative a pratiche sportive originali e rispondenti ai loro bisogni motori.

Le nuove tecnologie permetteranno agli studenti, da subito curiosi, indagatori, costruttori, inventori, di avviare una ricerca sul movimento liberando la creatività e le loro intelligenze multiple.

Le proposte più votate sulla piattaforma verranno regolamentate e implementate nelle scuole del territorio nazionale.

È possibile creare nuovi giochisport.