Insegnare ad insegnare

Vi insegno a insegnare…

…fate star bene i vostri ragazzi!

“Finalmente ho tenuto le lezioni di pallacanestro “in presenza” al concorso di laurea in Scienze Motorie e dello sport all’Università Cattolica di Milano”

Dopo un anno di lezioni “in remoto”,  finalmente ho parlato con…

…i miei studenti, li ho osservati, li ho guardati negli occhi, mi sono emozionato e ho trasmesso loro questo messaggio:

“Non ho la pretesa di farvi diventare dei giocatori di pallacanestro, vorrei solo che voi diventaste dei
bravi Insegnanti, quindi ………. parleremo sì di basket, ma il mio obiettivo principale è quello di

INSEGNARVI A INSEGNARE!”. 

Ho detto loro, volete diventare Insegnanti speciali?

Follow me…queste sono le raccomandazioni da seguire.

1) l’autorevolezza

Deve essere la vostra prima qualità.

Vi dà credibilità e vi fa diventare un punto di riferimento per i vostri allievi e ciò che dite, assume per loro un significato di “verità”.

Se ne accorgono subito e vedono in voi la serietà e vi seguono.

L’autorevolezza diventa progressivamente sicurezza e rafforza la vostra personalità che, con il passare del tempo, diventa

  • coerenza
  • convinzione
  • capacità

di svolgere bene il vostro ruolo all’interno del gruppo.

L’autorevolezza non è autoritarismo, non è “potere”, l’autorevolezza:

affascina, coinvolge ed emoziona.

Emozionateli!

2) la seconda qualità è la partecipazione.

La vostra deve essere una presenza attiva, animata dalla voglia di fare, di fare sempre meglio, di dare e di arricchire.

Questa voglia si misura con il desiderio di entrare in palestra, nel campo di gioco, in piscina, con entusiasmo e con la voglia di trasmettere e di coinvolgere: non deve essere una “routine”!

Guardateli negli occhi, vi diranno subito di quello che hanno bisogno.

La vostra partecipazione è condizionata dal modo di pensare, dallo sforzo di percepire o di far
percepire qualsiasi esercizio o gioco in modo accattivante, interessante, curioso, in una versione
sempre nuova, perché:

nulla rimane immutato e voi dovete coglierne le novità.

La vostra partecipazione deve essere anche affettiva e deve esprimere la voglia di trasmettere ciò che sapete e che avete raggiunto in anni di studi, di ricerche, di confronti, di approfondimenti e di
aggiornamenti.

Il vostro deve essere un “sapere” che si coniuga con la passione e con il piacere di trasmetterlo agli altri.

Il “piacere di insegnare”, nessun lavoro, nessuna professione, senza il “gusto” di compierlo, può risultare gratificante, quindi efficace e proporzionato al gradimento dei vostri allievi, che lo dimostreranno stando attenti, coinvolti e appassionati a ciò che voi trasmettete.

Coinvolgeteli!

3) la terza qualità è il ruolo, il vostro ruolo

Ogni ruolo ha una sua liturgia che deve essere mantenuta.

Non vi è concesso di diventare amici dei vostri allievi.

Il vostro ruolo è sacro, non è una missione e la sacralità del vostro ruolo è fondata su un sapere razionale, ha un sapore fascinoso, misterioso, perché il mistero rimane dentro il pensiero umano.

Voi non siete il padre o la madre dei vostri allievi, non siete il loro amico, non siete lo psicologo che li deve accompagnare nel cammino della fanciullezza.

Siete un uomo o una donna con l’incarico di fare il direttore d’orchestra dove ognuno degli orchestrali suona il proprio strumento (chi bene e chi male, ma tutti suonano) e voi avete il dovere di accompagnarli e di farli “crescere”.

E ricordatevi che dovete indossare un abito consono alla cerimonia, alla cerimonia dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Affascinateli!

4) la quarta qualità è “fateli star bene

La palestra, il campo di gioco, la piscina devono essere un’oasi di pace.

Fuori può regnare il caos, ma nella vostra palestra e nel vostro campo di gioco, i vostri allievi devono sentirsi al sicuro, deve regnare:

  • l’ordine
  • la giustizia
  • la stima
  • la collaborazione
  • la creatività
  • la voglia di sicuro,

fateli imparare.

Fateli stare bene i vostri allievi.

La palestra, il campo di gioco, la piscina sono un banco di prova per la vita futura e voi potete solo aiutarli ad essere pronti per affrontarla.

Fate capire loro che eccellere costa, imprimete nella loro mente che se vogliono veramente ottenere qualcosa di importante, devono impegnarsi e sacrificarsi.

Accompagnateli!

Conclusioni

“Voi dovrete diventare degli Insegnanti, degli Istruttori, degli Allenatori, degli Educatori… “in
gamba”.

Dovrete lasciare in eredità ai vostri allievi la gioia di giocare, di divertirsi e la voglia di migliorare!
Dovrete saper “leggere” nei loro occhi ciò che desiderano e se sarete in grado.

Cercate di far diventare lo sport che praticano un’avventura e non una marcia forzata per eccellere.

Dovrete essere una guida preziosa:

  • camminate accanto a loro
  • lasciateli esplorare
  • inventare
  • creare
  • indagare

e, se sarete stati per loro degli Insegnanti “speciali”, non vi dimenticheranno mai e sarete ricordati

per quello che siete stati e non per quello cha avete loro insegnato”.

Nelle mie lezioni ai Corsi A-B-D e C

Nelle mie lezioni, ho parlato poco di pallacanestro

Ho cercato di coinvolgerli, di affascinarli, di dare loro delle certezze ma anche di metterli in crisi e di creare dei dubbi.

Ho cercato di far capire loro che:

devono “essere messe assieme” per fare in modo di crearsi una “propria” metodologia d’insegnamento”.

Non si è bravi Insegnanti se si conoscono 100 esercizi, si è bravi Insegnanti se si conosce a che cosa
serve un esercizio, perché lo si propone e soprattutto che effetti produce.

Martedì e mercoledì: era come se fosse stata la mia prima volta da Insegnante!

Se non è EMPATIA non si può insegnare e nemmeno… apprendere!!!!!!

di Maurizio Mondoni

Novità

Novità!

Siamo davvero onorati di annunciare,  ai tanti visitatori del nostro blog, che uno dei più stimati professori del mondo sportivo ci ha regalato la possibilità di pubblicare i suoi pensieri, riflessioni o osservazioni.

E’ una grande gioia  confermare che la nostra biblioteca virtuale si arricchirà di articoli firmati dal prof. Maurizio Mondoni.

Maurizio Mondoni. nato a Cremona, è:

Oltre ad essere professore universitario nei corsi di laurea in Scienze motorie e scienze della formazione è collaboratore di diverse testate giornalistiche sportive e riviste specializzate di:

  • Minibasket e di Pallacanestro
  • riviste di didattica
  • Metodologia dell’insegnamento
  • allenamento, di Gioco e Animazione Motoria
  • biomeccanica.

Relatore di numerosi:

Allenatore di squadre di basket maschili e femminili e:

autore di moltissimi libri

Mondoni - io sto con i bambini

Un ringraziamento da tutti noi

Test sportivo

Test organico e baropodometrico

Come servizio innovativo della corsa per prevenire infortuni e migliorare le performance

Per una corretta programmazione degli allenamenti di tipo organico è di fondamentale importanza effettuare test incrementali che permettano di identificare il punto ZERO (livello di partenza), ricercando:…

Il test

Il test organico combinato, con esame dinamico baropodometrico al tapis roulant, permette di ottenere una valutazione simultanea dei parametri fisiologici:

Dopo un’attenta anamnesi personale, un analisi degli sport praticati, dei traumi subiti e le operazioni alle articolazioni a cui si è stati sottoposti, si prosegue con la valutazione:

  • posturale attraverso test specifici di allineamento;
  • flessibilità e forza muscolare degli arti inferiori e del bacino
    • in piedi, da fermi o in movimento.

Successivamente viene effettuata una ripresa video su un tapis roulant dotato di sensori sensibili alla pressione.

test 1 corsa

È importante combinare il test organico all’esame baropodometrico  sia con sportivi che con amatori e con chiunque effettua attività organica, compreso i bambini.

test 2
Il tapis roulant baropodometrico

Il tapis roulant baropodometrico rivestito di sensori sotto il tappeto di camminamento, consente una accurata analisi delle pressioni plantari.

Rileva la distribuzione del carico a terra durante le fasi della camminata e della corsa in condizione di comfort e di incremento di intensità, esaminando come l’apparato locomotore compie ogni singolo movimento nella sua dinamicità.

L’utilizzo di telecamere sincronizzate consente anche una dettagliata valutazione dell’atteggiamento posturale durante il movimento mettendo in evidenza come si sposa il peso, l’appoggio e i tempi di carico durante la camminata.

Davide a lavoro
Il prof. Davide Antoniella presso il suo studio

Si evidenzia la percentuale di appoggio sull’avampiede e sul retropiede ed eventuali casi di pronazione e supinazione.

Finalità del test

Questo test permette di fare delle valutazioni anatomiche e funzionali del piede e di altri distretti corporei ad esso connessi.

Permette, inoltre, di:

L’esame pertanto è utile nel descrivere la morfologia, la funzione e disfunzione del piede e dei segmenti corporei ad esso interconnessi (caviglia, ginocchio, anca)

L’esame si rivela utile prima, dopo e durante la fase riabilitativa.

Il piano di lavoro programmato per l’attività organica, qualsiasi obiettivo si abbia, sottopone le  strutture osteomuscolari e articolari a continui sovraccarichi per la ripetitività del gesto atletico;

soprattutto se quest’ultimo non viene eseguito nella maniera corretta o se vengono utilizzate calzature non specifiche.

Se il soggetto non distribuisce in modo corretto il proprio baricentro, le pressioni all’interno del piede e tra un piede e l’altro o se non ha una buona mobilità può provocare danni alle articolazioni.

Il programma seppur basato su test organici precisi    sarà del tutto inefficace se non supportato da una corretta analisi baropodometrica, perché può attivare le disfunzioni più comuni di un podista:

test 3

L’esame  combinato con le altre valutazioni ,  potrà pertanto fornire elementi importanti riguardo  sovraccarichi anatomici e funzionali, idoneità della calzature sportive ed eventualmente delle ortesi plantari testandone l’idoneità.

L’esame baropodometrico eseguito in questa maniera diventa una gait analysis ovvero la valutazione della biomeccanica dell’apparato locomotore.

Conclusioni

Correre con la consapevolezza di farlo nel modo corretto, dal punto di vista della postura e della dinamica, indossando la tipologia di calzatura più idonea, è fondamentale per prevenire gli infortuni e correggere le cause dei propri disturbi.

Tale valutazione ha quindi e soprattutto una funzione preventiva permettendo di  poter personalizzare il programma di allenamento, gli esercizi propriocettivi  e di stretching dei diversi distretti muscolari in modo funzionale.

In oltre si affina la tecnica, migliorando  il  passo,   evitando lesioni muscolari e osteoarticolari e

permettendo di migliorare la performance sportiva per raggiungere gli obiettivi nel modo più corretto, protettivo, tutelativo, cautelativo possibile.

di Davide Antoniella

Storia della preparazione atletica

Storia della preparazione atletica

Nuovo concetto di allenamento e suoi principi
Evoluzione preparazione fisica

La storia della preparazione atletica vede la sua comparsa, in modo sistematico, nel calcio intorno agli anni ’60; successivamente ha avuto una forte diffusione anche nelle altre discipline sportive.

La metodica di allenamento deriva…

dall’atletica leggera che, a quel tempo, era l’unico sport che aveva mutuato una cultura strutturata.

atletica-leggera

Questo intervento ha comportato un approccio aspecifico all’attività portando ad una stabilizzazione delle capacità degli atleti e ad una aumento del numero di infortuni.

Negli anni ’80 anche altri sport si affacciano ad un approccio “atletico “ ma con metodiche che nulla avevano a che fare con il modello prestativo.

Negli anni ’90, con la scoperta dei lavori di forza, anche per la pallacanestro, il preparatore ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato.

Ciò nonostante, le metodiche non erano ancora specifiche anzi derivavano dai body builders con le stesse conseguenze derivanti dall’applicazione dei metodi dell’atletica leggera.

Da pochi anni è iniziata una piccola rivoluzione nell’area della preparazione fisica con l’introduzione di un concetto più moderno: “L’ALLENAMENTO FUNZIONALE”.

Alcuni studiosi hanno dimostrato quanto siano importanti gli aspetti coordinativi del gesto specifico rispetto all’esclusivo lavoro di aumento della forza muscolare, attraverso esercizi che niente hanno a che fare con i movimenti tecnici o la posizione che un cestista assume in campo.

L’allenamento funzionale quindi affiancherà l’allenamento tecnico – tattico del cestista attraverso programmi personalizzati e specifici.

Allenamento funzionale
PRINCIPI DI ALLENAMENTO

L’allenamento nasce dal modello di prestazione tipico del cestista e si sviluppa seguendo dei criteri che tengono in considerazione i requisiti fisici dell’individuo e la sua volontà.

Modello prestativo:

  • Energetico (fonti energetiche maggiormente utilizzate)
  • Biomeccanico (gesto che viene svolto, con partciolare riferimento al rapporto degli arti e anche delle componenti cinematiche e dinamiche)
  • Neuromuscolare (Percentuali di forza impresse e tempo di applicazione)

I parametri che definiscono il modello prestativo sono:

  • Durate della gara
  • Presenza di variazioni
  • Intensità e durata delle variazioni
  • Frequenza del gesto
  • Tempo di applicazione del gesto
  • Adattamento
  • Periodizzazione e progressione

Oltre agli elementi aggiuntivi che sono il riposo e la nutrizione.

L’obiettivo finale dell’allenamento è la gara, oltre per lo scopo agonistico ma anche perché è fondamentale conoscere, osservare e appuntare il comportamento dell’atleta in fase di gara in quanto ci indica la strada da percorrere per programmare l’allenamento.

Gara

(cit e rif.. Prof. Roberto Colli e prof. Gianni Cedolini)

Chiedi chi era Sylvester

Un giorno che non ti aspetti vedi il mondo da un altro punto di vista. Fino al giorno prima eri certo che ci fosse qualcosa che ti piacesse e basta, anzi no, qualcosa di cui eri innamorato fino a perdere il sonno, ma che stava lì, era davanti a te e tutto quello che ti interessava era quel rettangolo, un paio di canestri alle estremità, una decina di giocatori che andavano avanti e indietro tra cui c’eri anche tu.

Fine.

Poi quel giorno scopri che dietro quel rettangolo c’è altro.

Altro a volte è poco, pochissimo, ma a volte, come questa, è tutto.

È il mondo che non conoscevi, sono i segreti che permettono a quei dieci matti di stare lì per ore e ore a gettare il sangue, è capire ogni singolo movimento a cosa serve e come quel movimento può…

migliorare per far sì che la squadra per cui tu sei schierato, può vincere.

Detta così, nulla di strano.

È la professione di allenatore, quella che ci fa ammattire i giorni e le notti per cercare quello schema, quella modalità, quella strategia, a volte persino quella parola che, messa sulla bilancia impercettibile delle emozioni, fa capovolgere il risultato di quel pizzico che serve ad andare in paradiso oppure precipitare all’inferno.

Già, perché è questo ciò che succede in una partita.

Ogni volta sei in bilico sul baratro, con i piedi già mezzo fuori, e la palla che danza sull’anello all’ultimo secondo e decreta come il più severo giudice se precipiterai oppure se potrai tornare quel mezzo passo indietro per salvarti la vita.

E la settimana dopo si ricomincia, e poi di nuovo, e di nuovo ancora. Gioia e maledizione, inferno e paradiso, gloria o polvere. E la capacità di un allenatore sta nel non ingoiare tanta polvere quando è costretto a cadere né beatificarsi troppo quando quella la palla è entrata.

Una volta la nostra formazione tecnico tattica la facevamo sui libri oppure, al massimo, guardando la televisione e ascoltando i commenti di Aldo Giordani (quello che inventò la parola “bombe” quando qualche giocatore dell’Ignis, della Sinudyne o della Simmenthal centrava il tiro da tre punti).

Oggi la formazione è diventata più multitasking e la facciamo sul web, con i Pao o con le app, ma insomma, cambiano gli strumenti senza mutare, di una sola virgola, lo scopo ultimo: quello di mettere la palla arancione dentro un anello arancione e, per converso, impedire che gli avversari facciano la stessa cosa.

A un certo momento a quelli che fanno (o, come me, che hanno fatto) questo lavoro, ogni tanto sentono qualcuno di quelli super bravi – perché allenano in America o all’est – che un giorno dicono una cosa nuova e quella cosa sembra bella e meravigliosa solo perché l’hanno detta quelli, perché se la stessa cosa la dicesse il giovane allenatore del campetto dei salesiani allora sarebbe una stronzata colossale.

Se hai un minimo di sale in zucca è lì che capisci la verità.

Capisci l’unica verità che riguarda tutti, proprio tutti quelli che ruotano intorno a questo pazzo sport, e cioè l’unica verità è la più banale e assurda delle verità, ed è che non c’è nessuna verità.

Perdiamo gli anni, i decenni, a insegnare la biomeccanica del tiro, la scienza ergonomica della posizione, dei piedi, delle ginocchia, dei gomiti eccetera, con tutti i millimetrici meccanismi che regolano il gesto più importante di questo sport, dopodiché arriva uno che tira con entrambe le mani da dietro la nuca, la palla nemmeno la guarda, gli parte in una posizione di completo disallineamento tra occhi, mani, arti inferiori e superiori, eppure fa sempre canestro, e allora capisci che le regole sono una follia.

Ci sono solo due cose: le eccezioni e il cuore, e queste sono le uniche cose di cui non puoi fare a meno.

Il basket è un po’ come l’amore: è una gran fortuna che nessuno lo sappia spiegare fino in fondo.

Ah per la cronaca, quel giocatore esiste davvero e faceva canestro per davvero e tirava veramente in un modo impossibile e si chiamava Mike Sylvester.

Chiedi chi erano i Beatles e qualcuno forse si ricorderà anche di lui.

Mike Sylverster
Myke Sylvester