Il basket dei 24 secondi

Il basket dei 24 secondi

Parlando della pallacanestro di area FIBA si possano individuare alcuni turning points, ovvero alcuni cambiamenti regolamentari che hanno notevolmente cambiato il GIOCO.

La conseguenza è che ne sono state modificati gli approcci tecnici e tattici delle varie squadre e giocatori, nonché le strategie nella costruzione delle squadre.

Vediamo…

…quali sono, a mio avviso, quelli più determinanti.

Le modifiche nel tempo
  • 1984 introduzione del tiro da 3 punti;
  • 2004 il passaggio per i campionati FIBA dalla regola dei 30 secondi a quella dei 24 secondi.
    • Infatti, mentre in NBA, dopo un primo periodo in cui non vi erano limiti di tempo per concludere un’azione di attacco, nella stagione 1954/55 si decise immediatamente per i 24 secondi.
      • Nei paesi Europei, ma più in generale in quelli di area FIBA, ci fu prima il limite dei 30 secondi per poi adeguarsi alla regola NBA;
  • 2010 arretramento linea dei tre punti alla distanza di 6,75 mt e modifica delle dimensioni dell’area dei 3 secondi;
  • 2014 reset del cronometro a 14 secondi dopo un rimbalzo offensivo;
  • 2018 l’introduzione del concetto “passo zero”
    • ovvero la possibilità di compiere, in determinate circostanze, un passo senza mettere la palla a terra che non rientri nel conto per il fischio della violazione di passi.

Tralasciando per ora, ne parleremo magari nei prossimi articoli, i significativi effetti degli altri cambiamenti regolamentari (alla lista precedente aggiungerei anche l’introduzione dello “SMILE”).

Le conseguenze del cambiamento del limite di tempo

In queste righe vorrei sottolineare come il cambiamento del limite di tempo per l’azione offensiva abbia influenzato a tal punto la pallacanestro “moderna” da pensare ad un vero e proprio spartiacque!

Le conseguenze sono state diverse e di grande impatto.

Esse hanno riguardato per esempio:

  • la preparazione fisica;
  • la ricerca di giocatori con “nuove” caratteristiche fisiche e tecniche;
  • giochi di attacco più rapidi e più efficaci nei primissimi secondi;
  • difese più aggressive e con un grado di concentrazione più elevato e pronte da subito;
  • la costruzione dei roster delle squadre, in particolare l’utilizzo e l’importanza delle panchine (il cosiddetto SUPPORTING CAST).
Osservazioni personali

Parto proprio da quest’ultimo aspetto per condividere con voi alcune mie riflessioni.

La mia passione per questo sport è nata ben prima del 2004, quando le squadre erano composte da un quintetto base ben definito ed una panchina in cui era facile identificare il sesto uomo.

Quest’ultimo poteva tranquillamente far parte dello starting five, ma uscendo dal “pino” aveva un impatto sulla partita ancora maggiore tale da cambiarla.

Starting five
Foto di cottonbro

Il resto dei panchinari (il roster era di 10 giocatori) era soprattuto giocatori di ruolo (Role Player) con compiti ben specifici, spesso con mansioni chiaramente difensive, con l’obiettivo di far rifiatare il titolare e di supporto anche morale per i primi cinque.

In seguito l’evoluzione della pallacanestro ha influenzato la costruzione del roster.

Con la riduzione di ben 6 secondi per concludere un attacco, si è visto notevolmente velocizzare il gioco con una diminuzione dei tempi di esecuzione sia fisici che mentali, tale da richiedere sforzi più intensi con conseguenti riposi brevi ma più frequenti.

Ecco la necessità di avere 12 giocatori, ma soprattutto aumentare le cosiddette rotazioni e avere un maggior apporto dai giocatori definiti rincalzi.

Nasce anche una vera e propria nuova definizione, quella di “SECOND UNIT”, cioè quintetti che iniziano la partita subentrando, ma che hanno la possibilità di giocare diversi minuti e quindi essere determinanti.

Ovviamente parte tutto da un concetto di tempo ridotto, ma non è solo una questione fisica:

non invadendo competenze altrui, non credo di essere smentito dicendo che i lavori di endurance in pres-season sono stati sempre di più sostituiti da lavori più intensi e anaerobici e da una maggiore attenzione allo sviluppo della resistenza veloce.

Infatti essendo uno sport di situazioni, l’aspetto tecnico ha risentito in maniera importante di questo cambiamento.

Analizziamo più nel dettaglio alcuni effetti

COSTRUZIONE GIOCATORI

In giro per i campi europei, a tutti i livelli, si vedono sempre più dei veri atleti.

Giocatori che potrebbero competere in qualsiasi disciplina di atletica leggera per le loro capacità anche purtroppo a scapito di una tecnica e una conoscenza dei fondamentali non precisa.

Questo è il vero obiettivo dei nostri settori giovanili, ovvero formare giocatori che sappiano abbinare a doti fisiche e atletiche di primo livello una tecnica altrettanto eccellente.

Come?

Prima insegnando in maniera precisa il gesto, aumentando solo in seguito la velocità di esecuzione e di pensiero!

Sì di pensiero, perché il tempo per leggere la situazione e prendere una decisione si è notevolmente accorciato!

Facciamo solo un esempio pratico: Il tiro.

E’ fondamentale avere una tecnica che ci permetta di avere un rilascio della palla efficace ed efficiente, con la palla che esce dalle mani con la giusta rotazione e parabola, con la corretta coordinazione piedi, gambe, braccia e mani.

Ciò è possibile con ripetizioni e una metodologia di allenamento che gli allenatori ben conoscono.

E’ necessario, però, che, una volta acquisita la tecnica, essa venga eseguita in tempi rapidissimi.

  • Quanto tempo ha il giocatore per eseguire un tiro prima di essere ostacolato?
  • E quanto per mettere i piedi “a posto”?
  • Quanti tiri sono effettivamente liberi o senza la pressione del difensore?
  • Quanto tempo ha per decidere il tipo di tiro da effettuare in relazione alla situazione di gioco?

Pochissimo, sicuramente molto meno di quanto ne aveva con i 30 secondi a disposizione per concludere l’azione d’attacco.

Sicuramente ha meno libertà di movimento dovendo affrontare difese più atletiche che riempiono gli spazi molto più velocemente. (Basti pensare ai “CLOSE OUT”).

GIOCHI OFFENSIVI

Prima della variazione regolamentare era norma sviluppare giochi d’attacco nei cui primi secondi c’era soprattutto un movimento di palla non sempre accompagnato da quello dei giocatori, o comunque non tale da creare un vantaggio immediato da poter sfruttare andando a canestro o concludendo.

Il vero pericolo per le difese infatti arrivava negli ultimi secondi dell’azione

“la difesa deve lavorare il più tempo possibile”

Con i 24 secondi c’è stato uno sviluppo di set offensivi che dai primissimi istanti dell’azione permettono di mettere sotto pressione la difesa (concretizzare i vantaggi).

Alcuni consentono di raggiungere una conclusione dopo un solo passaggio e un movimento di un solo giocatore (si vedono sempre più isolamenti), altri hanno obiettivi chiari ed immediati che coinvolgono non tutti gli attaccanti (pensiamo a come nascono diversi pick&roll centrali).

Così come, (per necessità o per “pigrizia” di noi allenatori?), non è inusuale avere diverse chiamate dello stesso gioco a secondo del giocatore che vogliamo coinvolgere limitando, così, al minimo il tempo di esecuzione, ma anche la capacità di scelta dei nostri atleti.

Scelte che potrebbero rallentare l’esecuzione del gioco, con la conseguenza in questo caso, personale considerazione, di un impoverimento della qualità dell’attacco e del giocatore stesso.

Lo SWITCH tra le due fasi del gioco

Con un attacco pericoloso già nei primi secondi, con una ricerca sempre maggiore di attaccare in contropiede, attraverso anche transizioni offensive sempre più efficaci, è fondamentale avere giocatori in grado di passare da una fase all’altra immediatamente.

Da qui l’attenzione per le transizioni difensive e per costruire una mentalità difensiva che non sia passiva, ma anzi permetta di aggredire l’attacco nei primissimi metri del campo (con difese tutto campo, raddoppi, blitz sulla palla…)

In particolare le qualità atletiche di ormai tutti i giocatori, indipendentemente dai ruoli, e i meno secondi a disposizione dell’attacco, permettono di utilizzare cambi difensivi anche tra diversi ruoli.

Molto efficaci per spezzare il flusso in attacco e costringerlo a soluzioni rapide e meno efficaci, condizionato anche dalla SHOT CLOCK VIOLATION.

cambio difensivo
Le cosiddette SPECIAL PLAYS

Per le scelte difensive dette in precedenze, ma anche per gli ulteriori cambiamenti regolamentari (pensiamo il reset ai 14 secondi), non possono mancare nel playbook delle varie squadre quelle situazioni a gioco rotto o quelle rimesse, sia laterali che da fondo, per la ricerca di una conclusione veloce.

Ciò ha permesso una notevole specializzazione per queste chiamate “speciali”.

Conslusione

Il basket per sua natura e per come è stato ideato, è sempre incline ai cambiamenti, avvicinandosi a quelle che sono le richieste di modernità.

Si può tranquillamente affermare che sia uno sport “progressista”.

Così come lo devono essere tutti i suoi attori protagonisti, pronti ad adeguare la propria metodologia di lavoro, come abbiamo visto, sia dal punto di vista atletico che tecnico (non tralasciando il lavoro degli arbitri, a cui è richiesto di adattarsi ad un gioco più veloce e con più contatti).

In particolare con l’introduzione dei 24 secondi, il gioco ne ha sicuramente guadagnato in spettacolarità.

basket prima
da Ufficio Stampa FIP prima partita in Italia di pallacanestro (8 giugno 1919)

Sicuramente risulta essere più moderno e fruibile per un pubblico sempre più alla ricerca della giocata spettacolare e poco amante dei tempi morti.

Possiamo senza dubbio riconoscere e affermare che esista una pallacanestro ante e una post 2004.

di Sergio Luise

Il piacere dello sport

Le qualità per essere speciale

Per l’insegnante, l’istruttore, l’allenatore, l’educatore.
L’autorevolezza

Deve essere la tua prima qualità.

Ti dà credibilità e ti fa diventare un punto di riferimento per i tuoi allievi e ciò che dici, assume per loro un significato di “verità”:

se ne accorgono subito e vedono in te la serietà e ti seguono.

L’autorevolezza diventa progressivamente…

…sicurezza e rafforza la tua personalità che, con il passare del tempo, diventa coerenza, convinzione e capacità di svolgere bene il tuo ruolo all’interno del gruppo.

L’autorevolezza non è autoritarismo, non è “potere”, l’autorevolezza affascina, coinvolge ed emoziona.

Emozionali!

La seconda qualità è la partecipazione.

La tua deve essere una presenza attiva, animata dalla voglia di fare, di fare sempre meglio, di dare e di arricchire.

Emozionare
Foto di Allan Mas

Questa voglia si misura con il desiderio di entrare in palestra, nel campo di gioco, in piscina, con entusiasmo e con la voglia di trasmettere e di coinvolgere: non deve essere una “routine”!

Guardali negli occhi, ti diranno subito di quello che hanno bisogno.

Coinvolgili!

La tua partecipazione è condizionata dal modo di pensare, dallo sforzo di percepire o di far percepire qualsiasi esercizio o gioco in modo:

  • accattivante
  • interessante
  • curioso
  • in una versione sempre nuova,

perché nulla rimane immutato e tu devi coglierne le novità.

La tua partecipazione deve essere anche affettiva e deve esprimere la voglia di trasmettere ciò che sai e che hai raggiunto in anni di studi, di ricerche, di confronti, di approfondimenti e di aggiornamenti.

Il tuo deve essere un “sapere” che si coniuga con la passione e con il piacere di trasmetterlo agli altri.

Il “piacere di insegnare”, nessun lavoro, nessuna professione, senza il “gusto” di compierlo, può risultare gratificante, quindi efficace e proporzionato al gradimento dei tuoi allievi, che lo dimostreranno stando attenti, coinvolti e appassionati a ciò che trasmetti.

La terza qualità è il ruolo, il tuo ruolo.

Ogni ruolo ha una sua liturgia che deve essere mantenuta.

Non ti è concesso di diventare amico dei tuoi allievi.

Coinvolgere
Foto di Anton Belitskiy

Il tuo ruolo è sacro, non è una missione e la sacralità del tuo ruolo è fondata su un sapere razionale, ha un sapore fascinoso, misterioso, perché il mistero rimane dentro il pensiero umano.

Tu non sei il padre dei tuoi allievi, non sei il loro amico, non sei lo psicologo che li deve accompagnare nel cammino della fanciullezza.

Sei un uomo o una donna con l’incarico di fare il direttore d’orchesta dove ognuno degli orchestrali suona il proprio strumento (chi bene e chi male, ma tutti suonano) e tu hai il dovere di accompagnarli e di farli “crescere”.

E ricordati che devi indossare un abito consono alla cerimonia, alla cerimonia dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Affascinali!

La quarta qualità è “falli star bene”.

La palestra, il campo di gioco, la piscina devono essere un’oasi di pace, fuori può regnare il caos, ma nella tua palestra e nel tuo campo di gioco devono sentirsi al sicuro.

Deve regnare:

Falli stare bene i tuoi allievi, la palestra, il campo di gioco, la piscina sono un banco di prova per la vita futura e tu puoi solo aiutarli ad essere pronti per affrontarla.

affascinare
Foto di Mary Taylor

Fai capire loro che eccellere costa, imprimi nella loro mente che se vogliono veramente ottenere qualcosa di importante, devono impegnarsi e sacrificarsi.

Accompagnali!

Conclusioni

“Tu devi essere un Insegnante, un Istruttore, un Allenatore, un Educatore “in gamba”, devi lasciare in eredità ai tuoi allievi la gioia di giocare, di divertirsi e la voglia di migliorare!  

Devi saper “leggere” nei loro occhi ciò che desiderano e se sarai in grado, fai diventare lo sport che praticano un’avventura e non una marcia forzata per eccellere.

Devi essere una guida preziosa, cammina accanto a loro, lasciali esplorare, inventare, creare, indagare e……… se sarai stato per loro “speciale”, non ti dimenticheranno mai e sarai ricordato per quello che sei stato e non per quello cha hai loro insegnato”.

di Maurizio Mondoni

Julio Velasco

Non si molla

Regola 1

“La prima regola che io metto è “Non si molla”. Mai.

Possiamo giocare male,…

…possiamo avere una brutta giornata, però non si molla.

Se si molla sono dolori…

Regola 2

La seconda è no alla cultura degli alibi, cioè

attribuire ad altri la responsabilità dei nostri fallimenti.

Regola 3

La terza regola è che l’errore fa parte dell’apprendimento,

Se i nostri figli dicono che il professore ce l’ha con loro non siamo noi a dover stabilire se è vero, piuttosto dobbiamo fargli capire che

bisogna imparare ad avere a che fare anche con chi ce l’ha con te.

Altrimenti succede che il nostro ragazzo non sbaglia mai e la colpa è sempre di qualcun altro.

Se vogliamo proteggerli dandogli ragione e dicendogli ci penso io, il sottotesto è che non pensiamo davvero che possano cavarsela.

Dare fiducia, anche per la loro autostima, vuol dire:

risolvitela da solo, so che puoi farlo.

Essere coraggiosi non significa non avere paura ma saperci convivere, saperla accettare.

Non direi di essere stato uno dei tecnici più grandi ma posso dire di essere uno dei più aggiornati.

Ho sempre cercato di rubare qualcosa.

Dai libri, dai film, dagli altri sport.

Sono un ladro di idee.

Julio Velasco

Accettare di perdere significa sapere perdere.

Invece nei comportamenti prevalenti c’è sempre un colpevole, c’è sempre un motivo:

  • l’arbitro
  • il tempo
  • il fuso orario…

Saper perdere significa non dare la colpa a nessuno, non dire niente…

Ho conosciuto centinaia di atleti.

Alcuni vincenti, altri perdenti.

La differenza?

I vincenti trovano soluzioni. I perdenti cercano alibi.”

di Julio Velasco

Esercizio di libera esplorazione

Esercizi di libera esplorazione: 50 idee

Secondo parte (esercizi di libera esplorazione del n. 26 al . n. 50)

Riprendendo e ripetendo il concetto della prima parte dell’articolo, gli esercizi di libera esplorazione motoria, di seguito elencati, non servono a dare delle risposte.

Ogni soluzione irrigidisce il movimento divergente, sono solo delle proposte che invitano a vedere il proprio corpo in movimento come il pennello di un artista.

Sono pensati per spingere i ragazzi ad ascoltare…

…l’energia dei propri impulsi spontanei profondi in modo da articolarli in movimenti espressivi, visibili e organizzati.

26. La rappresentazione

In circolo, si mette un oggetto al centro del cerchio ed ognuno,  a turno, si relaziona con esso in movimento, ci gioca come vuole:

è importante lasciare libera la fantasia per rappresentarsi l’oggetto in modi diversi.

27. Il sogno in movimento

Ognuno, a turno, racconta con i movimenti il proprio sogno nel cassetto, cosa vorrebbe fare da grande; gli altri devono cercare di indovinarlo.

E’ importante osservare tutte le fasi del movimento e le parti anatomiche che vengono utilizzate maggiormente.

28. Il blocco motorio

Ci si divide a coppie, un ragazzo fa un movimento e poi si blocca in un posizione statica; l’altro risponde a questo movimento, quando si ferma, a sua volta, può ripartire il compagno e così via.

Il mobile e l’immobile

Ogni ragazzo, su invito dell’insegnante, deve prima rappresentare

un oggetto immobile:

  • tavolino
  • sedia
  • spaventapasseri

e poi un oggetto mobile:

  • treno
  • aereo
  • carrello della spesa
  • ecc…

Ognuno deve sforzarsi di cercare soluzioni accettabili.

29. I due schieramenti

Si dividono i ragazzi in due squadre che si dispongono una di fronte all’altra.

Ogni squadra ha, di volta in volta, un capitano che esegue dei movimenti.

I componenti della sua squadra avanzano verso l’altro schieramento compiendo prima tre passi in avanti e poi eseguendo il movimento proposto dal capitano.

L’altra squadra, una volta osservato il movimento, deve rispondere con un’azione motoria eseguita dopo tre passi in avanti che abbia una qualche relazione con quella dell’altro schieramento.

Tutti devono essere capitani almeno una volta.

I due schieramenti imitano poi la danza tipica del popolo Maori, la Haka, resa celebre dalla nazionale di rugby della Nuova Zelanda: gli All Blacks.

30. Un cerchio per terra

Si dispongono a terra tanti cerchi quanti sono i ragazzi, ognuno all’interno del proprio.

Al via dell’insegnante tutti lasciano i propri cerchi e corrono esternamente ad essi, allo stop devono cercare di occupare il cerchio più vicino, nel frattempo ne è stato tolto uno.

Chi resta fuori viene eliminato e viene tolto un altro cerchio fino a quando ce ne sarà uno solo a terra.

31. Un cerchio alla testa

Ogni ragazzo ha un cerchio che fa rotolare liberamente nello spazio motorio.

Al via dell’insegnante ognuno deve lasciare il proprio cerchio e cercare di catturare quelli del compagno quando sono ancora in movimento, prima che cadano a terra, vince chi ne prende di più.

32. La sensazione in movimento

In circolo, l’insegnante dà ad ogni ragazzo un bigliettino sul quale è indicato un movimento, una sensazione da vivere, poi invita singolarmente i ragazzi a sentire quel movimento.

Le situazioni possono essere, ad esempio:

cammina come se fossi…

  • su un bel prato fiorito
  • sul ciglio di un burrone
  • su un campo minato
  • su un terreno pieno di chiodi
  • sulle uova
  • su una superficie elastica
  • sulle sabbie mobili
  • su un asse di equilibrio…

E’ importante che i ragazzi si immedesimino nella sensazione, vivano il movimento.

Ogni sensazione parte dall’interno e poi si manifesta.

E’ fondamentale imparare ad ascoltare il proprio corpo e le emozioni.

Quasi sempre siamo “sconnessi” e i pensieri ci impediscono di sentire quello che proviamo nel profondo di noi stessi.

33. La scelta

L’animatore dà ad ogni ragazzo un foglietto sul quale c’è scritta una cosa da fare e tutti eseguono i movimenti suggeriti.

In una seconda fase ognuno, osservando gli altri, deve scegliere qualcuno che può avere una qualche relazione con il suo movimento.

Ad esempio, se su un foglietto c’è scritto “rospo” e su un altro “rana” si dovrebbe formare la coppia.

E’ interessante notare i rapporti che si vengono a creare dove non c’è una precisa e scontata relazione.

34. L’interessamento

Ci si divide a coppie.

Uno dei due partner delle coppie, con cinque movimenti, deve cercare di interessare l’altro che l’osserva.

Si possono utilizzare attrezzi codificati e non.

Se scatta l’interessamento i due ragazzi si relazionano con quei movimenti.

Si scambiano poi i ruoli.

Se una coppia non trova stimolante nessun movimento costruito nel suo interno può inserirsi nei movimenti di un’altra coppia e relazionarsi con essa.

In questo modo si crea una relazione ed interazione espressiva con l’altro ed il gruppo.

35. Il marchingegno

In circolo, un ragazzo va al centro ed esegue un movimento automatico che ripete in continuazione.

Uno alla volta gli altri ragazzi possono inserirsi in questo movimento cercando di essere funzionali al marchingegno e ai suoi specifici ingranaggi.

Si può accompagnare ogni movimento con un suono o una parola.

Ognuno trova un’armonia tra il proprio sentire, pensare ed agire con quello dell’altro per costruire insieme la fantastica macchina.

36. L’intruso

In circolo, con gli occhi chiusi, ognuno si muove liberamente nello spazio.

L’animatore tocca sulla spalla un ragazzo che da quel momento deve compiere l’azione indicata su di un foglio.

A questo punto tutti possono aprire gli occhi e sempre muovendosi devono, cercare di capire chi sta eseguendo l’azione diversa e cosa sta rappresentando.

37. Il suono del silenzio

A coppie, uno con gli occhi chiusi, l’altro che lo guida parlandogli.

Appena finisce di parlare, il compagno deve fermarsi e, per ripartire, deve sentire solo la voce della sua guida.

E’ importante la modulazione dell’uso della voce.

38. La guida

Ci si divide in coppie.

Un ragazzo ha gli occhi bendati e l’altro lo guida nello spazio scegliendo:

  • un suono identificativo
  • una parola
  • un verso di animale
  • il nome del compagno
  • ecc…

Successivamente il ragazzo bendato rimane fermo e il compagno che lo guida si allontana da lui, poi, ad una certa distanza, ripete il suono identificativo in modo che possa essere raggiunto.

39. I diversi materiali

I ragazzi con gli occhi bendati devono immaginare di entrare in particolari spazi contenenti materiali diversi, ad esempio:

  • miele
  • piume
  • mattoni
  • fiori
  • ecc…

Poi, sempre con gli occhi bendati, si entra nella stanza dei segreti, dove si riconoscono gli oggetti smarriti esclusivamente attraverso il tatto.

40. La strada da percorrere

I ragazzi bendati vengono invitati a camminare lentamente nello spazio, a trovare un punto preciso dove rivivere una loro sensazione.

Essi devono cercare di ricordarsi:

  • il posto
  • lo spazio significativo
  • le persone con cui stavano
  • il vestito che indossavano
  • i colori
  • i suoni
  • il profumo dell’aria
  • le parole dette e quelle pensate.

La creatività può percorrere anche la strada del passato.

In questo caso esso viene arricchito con il nostro nuovo essere e viene modificato e reso attuale aprendo le ragnatele del nostalgico ricordo.

41. Il racconto

L’animatore legge un racconto di situazioni particolari:

è una bella giornata.

C’è il sole, inizia a piovere, piove a catinelle, fa freddo.

Si forma una grande pozzanghera di acqua che si trasforma in una lastra di ghiaccio.

Scivoli su un sentiero pieno di fango, sassoso, cosparso di carboni ardenti, di lame taglienti.

Il passo diventa incerto, ecc…

Ogni ragazzo deve mimare un modo di andare avanti nel percorso immaginando di vivere le diverse sensazioni.

Si stimola l’attenzione alla storia e la coordinazione tra le varie sequenze narrate.

42. Il mestiere

I ragazzi devono far indovinare attraverso gesti mimici un tipo di lavoro ai compagni.

I vari mestieri individuati poi si mettono insieme se tra di loro si riesce a trovare un legame professionale.

Alcuni lavori potranno essere anche caricaturizzati accentuando il loro lato ripetitivo.

43. La drammatizzazione

In circolo, un ragazzo va al centro e improvvisa una drammatizzazione.

I compagni cercano di capirne il significato, poi, nella fase di verbalizzazione fanno domande come:

  • Chi eri ?
  • Cosa stavi facendo ?
  • Dove ti trovavi ?

In questo modo, il ragazzo che ha eseguito l’improvvisazione prende maggiore consapevolezza di quello che ha fatto.

Quando gli viene chiesto di ripetere la drammatizzazione è in grado di stare più attento alla successione dei movimenti.

Si promuove l’apprendimento cooperativo.

44. Il minollo

Sperimentare diversi modi di muoversi.

Ad esempio, quando si cammina provare a farlo:

  • sulle punte
  • sui talloni
  • sulle parti esterne dei piedi
  • con le anche alzate, lateralmente
  • all’indietro, rimbalzando
  • come un uomo primitivo
  • come un animale inventato da ciascun partecipante

tipo:

  • il minollo
  • il coccobrillo
  • il coccodrillo ubriaco
  • il canguro saltapasti
  • l’ornitorinco laringoiatra.

Si stimola, in questo modo, la fantasia dei ragazzi.

45. Il senso dell’umorismo

Osservare alcuni filmati dei grandi comici come Charlot e Totò e cercare di imitare i loro buffi movimenti.

Per esercitarsi all’umorismo basta entrare in una classe di bambini e fare tutto quello che ti dicono di fare.

Si entra così nel loro gioco, nel loro racconto per poi farlo evolvere inserendo le proprie conoscenze.

Il racconto può diventare anche molto comico.

46. Cambiare gioco

Sentire come si trasforma un movimento passando da uno stato all’altro.

Ad esempio immaginare di giocare a pallavolo con un compagno e poi, improvvisamente, con lo stesso pallone, cambiare disciplina sportiva.

47. Abbattere i muri

I ragazzi formano un muro con i loro corpi all’impiedi tenendosi uniti molto stretti, senza lasciare spazi.

Da una parte e dall’altra del muro ci sono due ragazzi che devono tentare di comunicare tra loro.

Il muro cerca di ostacolare in tutti i modi questa comunicazione.

Questo esercizio facilita lo sfogo delle emozioni represse, trasformandole con l’aiuto del compagno.

48. La meta

I ragazzi partono da un punto dello spazio e devono arrivare ad un altro stabilito in precedenza dall’insegnante.

Ogni ragazzo deve cercare di farlo camminando su due piedi avendo la possibilità di guardare in avanti in modo da fissare la meta.

Si invita a riflettere che la nostra attività più spontanea, il camminare guardando in avanti, in realtà, è una grande conquista evolutiva dell’umanità.

Gli animali stanno curvi e guardano il suolo, l’uomo ha un viso “volto” verso l’alto.

49. Collegare i movimenti

In circolo, due ragazzi vanno al centro ed eseguono due movimenti liberi.

Gli altri ragazzi, dal posto, devono cercare di legare i due movimenti.

Se qualcuno trova una valida soluzione va la centro e cerca di collegarli.

Si stimola l’improvvisazione.

50. Il gioco di movimento

Dare ad ogni ragazzo due attrezzi diversi ed invitarli a creare con questi attrezzi un gioco di movimento.

Il gioco è utile per dare forma, corpo, suono al proprio immaginario.

Ed infine l’ultimo esercizio.

Il più semplice ma probabilmente anche il più efficace:

trovare durante la giornata mezz’ora per camminare all’aria aperta possibilmente in compagnia.

Ascoltare la natura e parlare con un amico guardandolo negli occhi oltre a stimolare il pensiero e la memoria permettono l’unione del movimento e della creatività.

Per la prima parte dell’articolo (esercizi dal n. 1 al n. 25): cliccare qui

LA REDAZIONE

di Pasquale Iezza