Anno 1

26 giugno 2020 – 26 giugno 2021

Un anno fa training concept.it è approdato nella rete per la prima volta.

Potrebbe sembrare strano ma tante sono state le emozioni che si sono susseguite prima – durante e dopo il lancio del blog.

Una su tutte l’incertezza sull’essere in grado di…

…avere la costanza necessaria per tenere alte le aspettative, nonostante tutto il progetto rimanga basato su un’idea senza scopo di lucro bensì di semplice divulgazione e scambio d’idee.

Non era scontato riuscire ad arrivare alle persone in modo spontaneo e collaborativo, seppur con l’aiuto di autorevoli ideatori d’interessanti articoli

training concept

Di sicuro la voglia di mettere in pratica questo progetto era tanta quindi ho messo da parte tutti i timori che oggettivamente avevo e sono andato dritto all’obiettivo

I punti di forza

Non è facile affermare se sono stati raggiunti i traguardi prefissati anche perché possono cambiare da persona a persona ed essere misurati su basi diverse:

  • numero di utenti raggiunti (90000 circa)
  • tempo trascorso sul proprio blog (12 minuti ad utente):
  • numero di lettori che hanno letto fino in fondo gli articoli (52000 circa)
  • la quantità di articoli prodotti (130 circa)
  • il monitoraggio delle newsletter

Tutto è corretto ed ha un senso

Ma come in matematica anche in questo caso i numeri devono essere verificati (la prova del 9) ed io l’ho fatto soprattutto tramite le miriadi di email e messaggi che ho ricevuto e ricevo in privato

Le difficoltà

È stato un duro lavoro:

  • impegnarsi a formulare,
  • impaginare
    • anche gli articoli dei tanti amici che hanno collaborato
  • rendere quando più leggibile possibile ciò che si voleva trasmettere
  • investire in tempo ed energia
  • trovare il giusto equilibrio tra
    • la qualità degli argomenti
    • la puntualità nella pubblicazione
    • la quantità mensile degli articoli
Grazie ai “cosiddetti” esperti

Senza di loro sarebbe stato impossibile raggiungere questi grandi obiettivi.

La particolarità, l’originalità, il valore degli articoli e degli argomenti trattati hanno fatto in modo da dare pregio e finalizzare quanto avevo da tanto tempo nella mia testa.

Li rinomino singolarmente perché ci hanno donato, gratuitamente, delle loro riflessioni ed osservazioni nello spirito della formazione comune.

L’anno che verrà

Visto che il grafico delle visualizzazioni è in continua crescita viene da sé che il primo obiettivo non è continuare a salire (me lo auguro comunque) ma rimanere costanti nelle aspettative.

Cercheremo di continuare a pubblicare articoli di buona qualità trovando un modo per stimolare e coinvolgere i tanti lettori nelle pubblicazioni inerenti alle tematiche del blog.

Si punterà a raggruppare i tanti articoli pubblicati in categorie visibili per facilitare la consultazione ed in previsione creare una newsletter

Grazie

Grazie davvero a tutti voi

di Tiziano Megaro

motionstorming

Il motionstorming

…riprendiamo da qui… (dal precedente articolo “interventi educativi”)

…la lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”.

E’ un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione, produco il mio:…

motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.

Il motionstorming è una tecnica che facilita la creazione di movimenti divergenti e quindi deve essere inserita in un programma di creatività motoria.

Il procedimento

Si forma un gruppo di 10-12 ragazzi, disposti in cerchio, coordinati da un insegnante.

Si parte da un movimento libero di un ragazzo, sul quale si innestano i movimenti degli altri.

La durata di ogni seduta sarà di circa un’ora.

Il ragazzo da cui si parte va al centro del cerchio ed esegue su un materassino un movimento libero, gli altri ragazzi, dopo un’attenta osservazione ed una ripetizione del movimento, producono azioni collegate a quello che hanno visto e vissuto.

I ragazzi si alzano a turno ed eseguono un movimento richiamato da quello del compagno.

L’insegnante deve stabilire un clima in cui ognuno possa esprimersi liberamente.

Nel gruppo ognuno dà il suo contributo creativo e trae spunti che possono arricchirlo individualmente.

Una volta completato il giro del gruppo l’insegnante, che ha annotato tutti i movimenti, cerca di vedere insieme ai ragazzi i punti di unione che si possono trovare tra di essi, in modo tale che si riesca a lavorare nella seconda fase su un campo più determinato.

Alla fine uscirà il movimento del gruppo, un’azione che tutti condivideranno, da eseguire coralmente.

ragazzi in circolo
Foto di Aissa Bouabellou
La variante

Dall’esecuzione collettiva, poi, si può pensare di creare un gioco, un’attività che coinvolga tutti.

In questa fase non c’è la regola di alzarsi uno alla volta, ma più persone possono sperimentare e condividere i propri movimenti, si creeranno così dei piccoli gruppi spontanei.

I movimenti prodotti da ognuno non vanno mai giudicati ed inibiti ma utilizzati, ripetuti, per crearne altri.

Per ogni movimento ci sarà un tempo determinato in modo che tutti possano esprimersi.

I gesti spezzati nella loro semplicità, vengono di nuovo uniti per comporre un originale mosaico di movimenti, più complessi e articolati, il movimento di ognuno si dilata e aiuta a strutturare il movimento del gruppo.

E’ un cammino progressivo verso se stessi e gli altri.

Conclusione

Questa fondamentale svolta ha portato a cercare nel movimento divergente l’equilibrio tra i due inquilini:

  • il pensiero e l’emozione.

La divergenza fa confluire nella creatività il pensiero e l’emozione ed alla fine si determina nell’unione il giusto equilibrio dell’apparato fisico con quello psichico ed emotivo, del corpo con la mente.

di Pasquale Iezza

didattica enattiva

Interventi educativi

la didattica enattiva

L’educazione dei bambini è un compito che spetta a tutti, alle famiglie, alla comunità, alla scuola, allo Stato, è un’educazione quindi integrata dove ognuno è responsabile allo stesso modo.

L’educazione dei bambini è il compito più nobile che ogni persona ha se vuole sentirsi uomo.  

Non esiste un metodo perfetto, IL METODO, quel metodo da applicare ad ogni situazione e in ogni classe, capace di…

…risolvere ogni problema, altrimenti basterebbe un libretto delle istruzioni tradotto nelle varie lingue del mondo.

Avere un metodo serve però per facilitare il lavoro degli insegnanti, degli educaotori sportivi e per indicargli delle strategie in grado di motivare i bambini e i ragazzi allo studio e alla ricerca. 

Didattica enattiva

Negli interventi educativi spesso manca la lucidità del metodo d’insegnamento.

Si riporta tutto a schemi predefiniti e a regole precostituite, mentre invece alla base ci deve essere la disponibilità dell’insegnante a sperimentare, a scegliere non una nuova metodologia ma un nuovo modo di verificare, di fare vera, la sua pratica didattica.  

La didattica enattiva dall’inglese to enact significa “mettere in atto”.

metodo insegnamento
Foto di RODNAE Productions

Si fonda sull’ “imparare facendo” (learning by doing) e sull’adozione della corporeità saldamente connessa alla mente.

Una sorta di “mente incorporata”, una mente assorbente in continuo collegamento con le sensazioni che provengono dal mondo esterno e che la rendono attiva ed interattiva.

Il processo enattivo è quel profondo gioco di scambio tra interno ed esterno attraverso il quale l’atto cognitivo non è scindibile dall’atto esperienziale e dalla risonanza emotiva.

Il sentimento è conoscenza, l’educazione emotivo-sentimentale serve ad incanalare le nostre pulsioni naturali, istintuali, nel comportamento consapevole che ci permetterà di scegliere tra il bene e il male, tra ciò che è grave e ciò che non lo è.

Di conseguenza nell’azione educativa:

si contestualizzano e accentuano la motivazione ad un apprendere pragmatico, per cui il “sapere” e il “saper fare” confluiscono positivamente nel “saper essere”, e le “conoscenze” e le “abilità” si realizzano nelle “competenze”.

Oltre l’acquisizione

La costruzione delle competenze è proprio la possibilità di utilizzare le conoscenze e le abilità per poterle trasferire da un dominio all’altro in modo da impostare e risolvere un problema.

Pensiero, emozione e movimento pagano in parti uguali l’affitto al nostro corpo, la coabitazione non è forzata ma necessaria e piacevole.

Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.

Nella didattica enattiva l’essenziale di ogni apprendimento non è l’acquisizione:

  • di conoscenze
  • l’accumulo di abilità
  • lo sviluppo di capacità

ma è la possibilità di usare quello che è stato appreso per  risolvere situazioni nuove e concrete.

La didattica privilegiata, in tal senso, è di tipo laboratoriale “per problemi”, “per situazioni autentiche”, improntata all’operatività che porterà ad essere curiosi di ogni novità.

Facendo si impara prima e meglio:

se poi il fare diventa un co-fare, un collaborare allora l’apprendimento sarà più piacevole e più simile  ad un’esperienza di sport di squadra.

Il gruppo è chiamato a “risolvere un problema” impegnandosi in un  progetto nel quale ognuno coopera secondo le proprie potenzialità e attitudini.

In questo contesto lo studente non solo diventa l’attore del processo conoscitivo, ma si abitua anche a comunicare, a confrontarsi e ad organizzare con gli altri.

Le sorelle Agazzi

La didattica enattiva saldando la corporeità con i processi mentali avvia una didattica per competenze che vede gli insegnamenti scolastici finalmente interconnesse in modo da attivare un insegnamento trasversale e in rete e non più lineare e sequenziale. 

Mente e corpo formano un tutt’uno che consente un “insegnamento in situazione” in cui le funzioni manipolative, rappresentative e simboliche vengono apprese attraverso una sperimentazione continua che ogni alunno fa nella sua vita di relazione con i compagni e con l’insegnante e nel contatto attivo con le cose.

Ogni cosa ha la sua importanza, questa è stata l’intuizione delle sorelle Agazzi che con le loro cianfrusaglie, costituite da tutto il materiale occasionale che i bambini raccoglievano per strada e tenevano in tasca perché suscitava il loro interesse, organizzavano le attività didattiche.

I bambini scelgono a volte gli oggetti più impensati che stimolano la loro inventiva.

E’ inutile dar loro degli attrezzi già precostituiti.

Ricordo di un bambino che con i tappi di sughero, solo perché il sughero gli ricordava il sugo buonissimo della mamma, aveva inventato una bellissima storia alla corte del re Ragù dove il ballo preferito era la salsa.

La didattica enattiva trova la sua migliore realizzazione nella metodologia della ricerca-azione, intesa come una ricerca per l’azione, per cui il tema viene avvertito come problema in modo che crei una tensione ad apprendere.

Un’altra metodologia efficace legata ai principi della didattica enattiva è il coaching.

Un metodo finalizzato al miglioramento delle prestazioni e al raggiungimento di obiettivi di maggior valore tramite la scoperta e lo sviluppo delle potenzialità personali.

Affidandosi al “coach” lo studente che ha delle potenzialità latenti impara a scoprirle e ad utilizzarle.

Coaching
Foto di cottonbro

Il coach, quindi, è un facilitatore del cambiamento, una persona che stimola e indirizza le energie dello studente e lo aiuta a prendere consapevolezza delle sue intelligenze.

La tenerezza

La didattica enattiva per potersi realizzare fa leva sull’unica qualità indispensabile per un educatore, una dote naturale che non si può acquistare né acquisire in nessun corso di formazione: la tenerezza.

In una delle ultime lettere che Vincent van Gogh scrisse al fratello Theo si legge: 

«Voglio che la gente dica delle mie opere: “sente profondamente, sente con tenerezza.».

Sentire con tenerezza è probabilmente il testamento spirituale ed artistico del grande pittore olandese.

Non è un sentire con l’orecchio, Vincent se ne taglierà uno in una sua crisi depressiva per poi donarlo ad una cameriera di una casa di prostitute, ma è un sentire con un orecchio interno, incorporato, un terzo orecchio, capace di percepire le nostre sensazioni profonde per poi arrivare a sentire quelle degli altri.

Un’interazione funzionale con l’ambiente e con lo stato d’animo di chi ci sta vicino e chiede disperatamente senza parole il nostro aiuto.

E’ necessario imparare ad esercitare la tenerezza soprattutto quando si lavora con i bambini, con i ragazzi, con gli adolescenti in via di formazione per sentire quello che loro sentono.

Questa empatia permette di essere antenne di ciò che stanno vivendo, di essere collegati con le loro emozioni per cercare di camminargli a fianco senza essere visti come importuni invasori.

La testimonianza

Platone nel Simposio tesse un bellissimo elogio alla tenerezza dicendo che Eros stabilisce la sua dimora nell’anima degli uomini, ma non in tutte indiscriminatamente: se ne incontra una caratterizzata dalla durezza, si allontana, mentre se si imbatte in un’anima caratterizzata dalla tenerezza vi si trattiene.

Siccome dunque è sempre a contatto, con i piedi e con tutto il resto, con quello che vi è di più tenero tra le cose tenere, Eros è il più tenero degli esseri. Simile tende al simile.

Gli studenti vivono nel periodo della pubertà una fase erotica per cui vanno appassionati, ogni insegnante può imparare a camminare e a fermarsi su questo terreno tenero, e non c’è niente di più tenero, di più delicato, di più fragile e di più bello dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti in formazione.

Educare ci porterà a:
  • cambiare i nostri castelli mentali pieni di idee negative
    • di forze distruttive, di tensioni accumulate, di passati troppo presenti,
  • costruire una vita serena ed equilibrata valutando le cose con ottimismo e col giusto umorismo
  • avere relazioni fiduciose con gli altri compensando i piaceri con i doveri
  • svolgere attività stimolanti e fantasiose
  • ritrovare la semplicità nelle cose per una sana gioia di vivere.

Con i bambini bisogna scegliere la dimensione organizzativa che dia spazio alle situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.

Dopo ogni movimento il cervello non è più lo stesso, nel suo interno alcuni neuroni si svegliano e questo lo arricchisce di nuova vita.

Esplorare

L’esplorazione di nuove azioni motorie ci darà altre possibilità di esistenza, allargherà le nostre conoscenze sul mondo, ci aprirà ad una maggiore scelta tra i comportamenti ed alla fine tutto questo ci porterà alla nostra coscienza autentica, ci farà toccare la libertà.

Non c’è nessun movimento che si può comprendere fino in fondo se non lo si vive completamente.

Una persona che non esplora il suo corpo in tutti i suoi movimenti non si conoscerà mai a fondo.

Se all’improvviso si svegliano un certo numero di cellule nervose del cervello esse potranno finalmente vivere, destandosi dallo stato di letargo nel quale le abbiamo confinate.

La mattina, appena ci alziamo dal letto, possiamo partire dal semplice spazzolarci i denti con la mano che di solito non si usa.

Ricordiamoci che non ci sono gesti sbagliati, goffi, e neanche giusti e perfetti, perché tutti i movimenti hanno significati e sviluppi imprevedibili.

Circle-time, brainstorming, team-teaching. mastery-learning, problem-solving, cooperative-learning, role-play, know-how con questi termini i pedagogisti di tutto il mondo hanno cercato di sintetizzare un preciso programma educativo ed organizzativo.

Conclusione

La lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”, (è un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione), produco il mio

motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.

di Pasquale Iezza

copertina fisiologia movimento

Introduzione alla fisiologia…

del movimento convergente del movimento divergente

Immaginiamo di salire su un meraviglioso veicolo, l’ “ottomobile”, che ci conduce all’interno del nostro corpo.

L’ “ottofisso” ci farebbe percorrere sempre la stessa strada, sicura ma noiosa, l’ “ottomobile”, di cui ci parla Gianni  Rodari nella sua “Grammatica della fantasia”, (Grammatica della fantasia, Gianni Rodari, Giulio Einaudi Editore, 1973), è un otto volante capace di viaggiare su strade principali e viottoli secondari, allargando, così, la viabilità cerebrale…

Iniziamo il nostro viaggio delle emozioni in movimento

Abbiamo due possibili itinerari da seguire, quello sensitivo e quello motorio, entrambi ci dovrebbero condurre al nucleo centrale della creatività.

La superstrada è il midollo spinale che ha due corsie molto ampie attraversate da fibre sensitive e motrici.

Itinerario sensitivo

L’itinerario sensitivo tocca un insieme di località situate più o meno al centro del cervello che prendono il nome di diencefalo.

Questa tappa è consigliata ai tipi sensibili che:

  • ascoltano
  • vedono
  • gustano
  • odorano
  • sentono tutto a pelle.
Ipotalamo

Il percorso è molto emozionante, soprattutto quando si arriva ai gemelli ipotalamo dove si rivivono come in un caleidoscopio, tutte le azioni legate ad un sospiro.

ipotalamo
l’ipotalamo

In questa zona è consigliato procedere lentamente soprattutto per chi ha problemi cardiaci.

I sistemi sensoriali trasformano l’energia fisica in informazione nervosa.

Talamo

Percorrendo la via sensitiva arriveremo in un’area centrale di intenso traffico, il talamo, dove dobbiamo necessariamente rallentare, ci saranno grossi ingorghi, bisogna avere pazienza!

Al talamo arrivano tutte le informazioni provenienti dai nervi sensoriali per essere filtrate, lasciando passare, dopo un attento controllo dei documenti, solo quelle ritenute più importanti da inviare alla corteccia cerebrale.

Il talamo è un guardiano selettivo, non permette inutili intasamenti.

Le sensazioni non in regola, che non interessano, vengono bloccate.

In una notte d’estate in campagna, dopo i primi minuti, non passerà più il ripetuto concerto delle cicale a meno che non si trasformino in coleotteri (beatles) per intonare un pezzo rock.

Questa attenzione selettiva è importante perché il cervello non può seguire contemporaneamente più cose, per cui è necessario un controllo a monte.

cervello

Il passaggio in ogni istante di tutte le sensazioni non ci permetterebbe mai di riposare, gli stimoli sensoriali sarebbero troppi e incontrollabili.

Una volta che le sensazioni  giungono alla corteccia cerebrale, vengono catalogate dopo vari confronti e associazioni.

I sensi

Il talamo è collegato con cinque grosse finestre sempre aperte all’esterno, i sensi:

Queste finestre hanno il potere di far entrare più aria se le lasciamo aperte sul mondo.

Ogni finestra è collegata all’altra mediante sinapsi neuronali.

Se per un motivo o per un altro si chiude una finestra, le altre diventano progressivamente più ampie, l’aumento di dimensione fa arrivare maggiori informazioni alla stazione terminale della corteccia cerebrale che è in grado, così, di organizzare risposte adeguate.

tatto
I bambini ed il tatto

I bambini ciechi sviluppano un raffinato adattamento allargando il senso del tatto, l’aptica è la loro straordinaria capacità di sentire le cose toccandole.

Con questa forma di adattamento i  nostri sensi operano una sorta di sostituzione che determina un nuovo equilibrio. Non è la stessa cosa di quando tutte e cinque le finestre sono aperte, ma l’adeguamento permette comunque di leggere la realtà esterna e di rapportarsi adeguatamente ad essa.

I cinque sensi ogni anno si riuniscono per decidere a chi affidare il governo dello stato sensoriale; fino ad oggi il talamo è  stato sempre eletto a pieni voti, svolge talmente bene il suo lavoro, con ordine e precisione, che non ha avuto  antagonisti.

Secondo alcune fonti spionistiche, ancora poco attendibili, ci sono altri sensi, il sesto e il settimo, di cui non è stata accertata la localizzazione precisa, che vorrebbero ordire un colpo di stato, ma per ora regna la pace dei sensi.

Itinerario motorio

Questo itinerario è adatto ai tipi dinamici, che non stanno mai fermi.

E’ consigliato procedere in fretta per ogni sua tappa, in quanto non ci sono limiti di velocità. 

I sistemi motori trasformano l’informazione nervosa in energia fisica.

Il motoneurone

Per attraversare la fibra nervosa che ti porta all’area cerebrale motoria si deve pagare il pedaggio ad un casellante molto nervoso: il motoneurone, il più irascibile, è quello di tipo alfa, se non hai già pronti gli spiccioli ti trasmette un impulso talmente forte che ti può far sbandare.

L’azione del grande e nevrotico alfa è bilanciata dai motoneuroni gamma che danno informazioni sulla lunghezza delle fibre muscolari.

Un impeto forte che porterebbe ad uno stiramento del muscolo fino alla rottura, viene così ridimensionato.

Il motoneurone che regola l’equilibrio della contrazione e della decontrazione è quello di tipo beta, di grandezza intermedia: bilancia l’impulso degli alfa ed il controllo dei gamma.

motoneurone
Il motoneurone e la contrazione muscolare

L’itinerario motorio è misterioso e vario, adatto ai tipi avventurosi, dalla sua esplorazione possono avviarsi nuovi e imprevedibili movimenti per cui è bene allacciarsi la cintura di sicurezza.

I motoneuroni innervano i singoli muscoli e sono disposti in pool, i pool motoneuronali, veri e propri nuclei motori.

Ogni movimento si realizza sempre in squadra.

Nei circuiti motori più semplici, come nei riflessi spinali, c’è un neurone sensoriale connesso con un motoneurone, la liberazione di un neurotrasmettitore, l’acetilcolina, genera l’energia grazie alla quale il muscolo si contrae.

di Pasquale Iezza

Sport e scuola

Sport e scuola

Come lo sport, a livello agonistico, può convivere con la scuola. 

L’attività motoria rappresenta un elemento fondamentale della crescita psico-fisica dei più piccoli, nonché uno strumento primario per la tutela della salute dei giovani e meno giovani.

Tra i suo tanti benefici, aiuta a dosare l’energia e liberare la fantasia, maturando l’importanza dell’osservare gli altri e ad interagire con le differenze.

Le attività motorie e sportive,…

…in tal senso, possono contribuire allo sviluppo dell’autonomia personale e, parallelamente, alla formazione di una coscienza civica, in grado di influire sugli stili di vita con interventi educativi.

Equilibrio

Durante la mia carriera sportiva ho conosciuto molti ragazzi e ragazze che spesso non riescono a calibrare la propria vita tra la sfera sportiva e quella scolastica.

Sviluppano emozioni contrastanti:

  • gioia
  • soddisfazione
  • entusiasmo

ma anche:

  • sensi di colpa
  • di inadeguatezza
  • autosvalutazione di sé.

Purtroppo, ancora oggi, l’annosa rivalità tra i risultati sportivi e quelli scolastici è all’ordine del giorno.

Non è certo un limite il conseguire risultati in campo sportivo, semmai una risorsa.

Quest’ultima incide molto negli adolescenti che con fatica riescono ad avere fiducia delle proprie potenzialità e credere in se stessi.

Fiducia

Lo sport e la scuola sono le due colonne portanti per la costruzione di un individuo.

Gli ottimi risultati ottenuti da entrambi non possono far altro che accrescere la sua autostima giorno per giorno ma, in egual modo, qualora dovessero presentarsi delle difficoltà, questo potrebbe scaturire una condizione di malessere e di disagio psicologico

Un esempio

avere molti compiti spesso comporta a rinunciare ad una competizione importante oppure è la partecipazione ad un evento sportivo che può far tralasciare lo studio.

Il successo e il fallimento sono i principali elementi che alimentano lo sviluppo del Sé, la formazione dell’ identità personale.

Le ricerche

Numerose ricerche evidenziano che tanti bambini/e e ragazzi/e, che a scuola riportano delle difficoltà più o meno riconosciute, come un disturbo dell’apprendimento oppure la difficoltà di concentrazione, spesso trovano nello sport un aiuto e una sana alternativa che possa agevolarli nel campo scolastico.

Una ricerca del 2014 presso l’Harvard Medical School di Boston, in collaborazione con il Dana-Farber Cancer Institute, ha rilevato che appena il 54% delle scuole prevede lo svolgimento di attività motoria extracurricolare e solo 1 scuola su 3 ha coinvolto i genitori in iniziative favorenti una corretta alimentazione e l’attività motoria.

È molto importante offrire proposte operative finalizzate a sensibilizzare, sia gli alunni, sia le famiglie all’importanza del movimento e delle attività motorie per la crescita e la salute.

In termini scientifici, è importante stimolare attraverso la pratica sportiva la sintesi di una molecola neuroprotettiva (irisina) che potenzia le funzioni cognitive.

È una molecola scoperta recentemente prodotta dal muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico, spiegando gli effetti positivi dell’esercizio sul metabolismo dell’organismo in toto, che riduce la probabilità dell’insorgenza di malattie metaboliche, quali il diabete mellito, l’obesità e la sindrome metabolica.

Bisogna imparare a non mettere sempre a confronto scuola e sport, ma farle sussistere in un reciproco rapporto di compresenza.

Conclusione

I genitori, attraverso la loro educazione, devono trasmettere questo valore ai loro figli e aiutarli nell’organizzazione della loro giornata, sia scolastica che sportiva, dando un valore equiparato ad entrambe le discipline, senza mai influenzarlo o condizionarlo, bensì guidarlo nelle scelte.

scuola
sport bimbi

In conclusione, credo che sia necessario stimolare nel ragazzo/a un’idea di “auto-esigenza”, cioè cercare di dare sempre il meglio di sé stessi, sapersi organizzare e, se necessario,  fare piccoli sacrifici per raggiungere i propri obiettivi.

In questo modo accresce nel ragazzo la responsabilità delle proprie scelte e avere la maturità necessaria per affrontare le difficoltà, nel caso in cui dovessero presentarsi, senza ricorrere ad alibi morale o l’intervento di un adulto. 

di Francesco Callipo

Movimento divergente e convergente

Movimento convergente e movimento divergente

Come per il pensiero anche per il movimento si può parlare di “movimento convergente” e di “movimento divergente” perché l’atto motorio è un evento cognitivo.

Il movimento divergente

E’ il movimento che non deriva da una precisa ripartizione temporale esterna:…

  • uno spezzettamento in esercizi cadenzati in due, quattro e otto tempi;
  • una successione precisa di azioni divise da eseguire a ritmi regolari con un esperto da imitare a specchio;
  • è un movimento libero, spontaneo, nel quale la motricità non perde mai la sua originalità e la sua spinta emotiva.

Fa emergere il nostro potenziale creativo e favorisce l’integrazione armoniosa con se stessi e la relazione con gli altri. 

Creativo

Per movimento divergente intendo indicare un movimento che implica fluidità, flessibilità e originalità, mantenendosi quando più possibile naturale ed elastico.

Il movimento convergente

Il “movimento convergente”, invece, è caratterizzato dalla riproduzione di prassi e meccanismi motori precedentemente acquisiti e dell’adattamento, più o meno meccanico, di queste a nuove situazioni.

Come per il pensiero così pure per il movimento è bene che si esplorino dei circuiti nuovi, allontanandosi da quelli noti in modo che ci sia la completa realizzazione delle possibilità espressive dell’individuo.

Dico volutamente possibilità e non potenzialità:

perché la potenzialità mi ricorda un rapporto di forza, di produttività, di legame, di mancanza di libertà.

Differenze tra movimento divergente e convergente

Il movimento divergente è un processo flessibile, è una personale modalità di interazione dell’interno con l’esterno, le parole che si associano ad esso sono:

  • elasticità;
  • scioltezza;
  • leggerezza;
  • curiosità;
  • novità;
  • la chiave della sua messa in moto è la creatività.
Creatività
Foto di Gustavo Fring

E’ un viaggio verso l’ignoto, un ignoto che però è più vicino di quanto si possa pensare, ci appartiene, sta dentro ognuno di noi.

Il movimento convergente è un processo schematico e le parole che si associano ad esso sono:

  • rigidità
  • pesantezza
  • indifferenza
  • ripetizione
  • la chiave della sua messa in moto è l’automatismo.

Ogni forma di educazione motoria ha la sua importanza.

Con i movimenti convergenti si arriva a padroneggiare precise azioni tecniche che sono poi applicabili alle discipline sportive, basti pensare ai fondamentali.

Con i movimenti divergenti si stimola l’aspetto creativo proprio di ogni persona permettendo così una più consapevole ed attiva integrazione del corpo con la mente e le emozioni, obiettivo principale della didattica enattiva.

Lasciare il corpo libero di esplorare tutte le possibilità del movimento, di trovare attraverso spontanee prove ed errori l’adattamento migliore, l’aggiustamento globale adeguato, è necessario.

Questo permette ai bambini di esplorare strade che nessuno prima aveva tracciato e di progredire:

  • a livello cognitivo (flessibilità e creatività del pensiero)
  • a livello motorio (movimenti nuovi e coordinati). 
Libera esplorazione

La libera esplorazione è una risposta del proprio corpo agli stimoli dell’ambiente.

Si sperimenta il modo in cui gli oggetti entrano in rapporto tra loro e già in questa fase si ha subito creatività perché ognuno vede e sperimenta le relazioni in modo diverso ed originale rispetto ad un altro:

è fondamentale partire dal movimento spontaneo come è pure importante educare al rispetto dello spazio motorio dell’altro.

Con i bambini bisogna sollecitare soprattutto situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.

Come agevolare il movimento divergente
MOVIMENTO CONVERGENTEMOVIMENTO DIVERGENTE
E’ meccanico, con tempi cadenzati e formule fisseE’ spontaneo, non è riducibile a tempi e a formule
Implica una successione precisa di azioni a ritmi regolariImplica una successione libera di azioni a ritmi diversi
E’ organizzato,  razionale, schematicoE’ naturale, emotivo, autentico
Permette di padroneggiare le azioni tecnichePermette di esplorare la creatività
Il mondo interno è separato dal mondo esternoIl mondo interno è unito al mondo esterno

La formazione di un clima che favorisca la massima naturalezza e il contatto con la creatività, in cui poter essere se stessi senza obblighi, è il modo giusto per agevolare il movimento divergente.

Möbius_strip
Un nastro di Möbius di carta da wikipedia

Il movimento divergente può essere pensato come il Nastro di Möbius, che ha una sola faccia senza un lato superiore ed uno inferiore, senza una  demarcazione tra interno ed esterno.

Il movimento convergente, invece, ha il tipo di superficie che siamo abituati a vedere, quella con due facce staccate, una davanti e l’altra dietro, per cui è possibile percorrerne una senza mai raggiungere l’altra se non attraversando il bordo che le unisce.

Conclusione

Il movimento divergente ha un’unica faccia e non ha bordi né punti di separazione, il dentro e il fuori sono sempre collegati.

Il corpo è il luogo fisico attraverso cui si concretizzano il pensiero e le emozioni. La nostra mente è in dialogo continuo con ogni tessuto del suo corpo.

di Pasquale Iezza

Il movimento

Che cos’è il movimento?

Il prof. Pasquale Iezza regala, a tutti i nostri lettori, alcuni argomenti tratti dal suo libro “il movimento divergente” con il contributo del prof. Pino Palumbo, la dott.ssa Rosa Cipriano e del prof. Tiziano Megaro.

Saranno proposti, a puntate, alternandosi con i vari esperti della nostra piattaforma che hanno sposato, con grande generosità, la filosofia del nostro blog.

Il movimento è il modo più naturale che abbiamo per entrare in relazione con le cose che ci circondano.

Se si trovano in alto cerchiamo di…

arrivarci allungandoci o spiccando un salto, se sono in basso chinandoci con un piegamento, se sono vicine e davanti a noi camminando, se sono lontane e dobbiamo raggiungerle in fretta correndo.

Con il movimento instauriamo un dialogo con l’ambiente, ogni oggetto diventa accessibile, alla nostra portata.

Mettiamo un piede davanti all’altro ed usiamo una mano insieme all’altra per scoprire il mondo.

Il movimento ha la dinamicità dell’acqua che può essere solo contenuta in una forma, ma ha in più la forza di modificare con la sua energia creativa il contenitore.

Il movimento nello sport
Foto di Lukas

La nuova pedagogia del movimento divergente ha lo scopo di avviare un viaggio alla scoperta dell’intelligenza cinestetica, delle sue straordinarie potenzialità e dei suoi inesplorati sentieri.

Permette un collegamento tra il corpo, il mondo intorno a noi e le nostre emozioni.

Il movimento non ha confini e non deve avere frontiere, la sua ripartizione in punti ha solo lo scopo di condividere un’ipotesi di studio:

1) Il movimento automatico

Percorre le vie extrapiramidali e ci porta a dare una risposta meccanica, istintiva, agli stimoli ambientali.

  • Il midollo spinale è responsabile dei comportamenti automatici e stereotipati.
  • I riflessi spinali ci permettono una risposta quanto più rapida possibile in seguito a stimoli che segnalano situazioni potenzialmente pericolose per noi
    • se ad esempio la nostra mano è in contatto con una superficie bollente è fondamentale la reazione immediata dei muscoli senza aspettare l’elaborazione della corteccia cerebrale per evitare un’ustione;

2) Il movimento posturale 
  • Elabora le impercettibili informazioni provenienti dai propriocettori sensoriali e dal midollo spinale;
  • permette la conoscenza del nostro corpo nello spazio per arrivare a mantenere, attraverso i riflessi posturali, la nostra posizione eretta mentre siamo in piedi o camminiamo;
  • I propriocettori sono i sensori delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini e rilevano la tensione muscolare e la posizione delle articolazioni;

Il segnale che parte dai propriocettori viene trasmesso fino al midollo spinale dal quale si origina un altro impulso nervoso che permette la contrazione involontaria della muscolatura.

Il movimento decisionale
3) il movimento convergente

Responsabile del movimento volontario, è più complesso perché integra le informazioni provenienti dai livelli inferiori e da quelli superiori del cervello.

Tutti i movimenti volontari del corpo sono guidati dal cervello, una delle parti più coinvolte nel controllo è la corteccia motoria.

Per realizzare i movimenti diretti verso una meta, la porzione anteriore del lobo frontale del cervello deve prima ricevere le informazioni dagli altri lobi, da quello parietale sulla posizione del corpo nello spazio e da quello temporale sulla memorizzazione delle azioni passate.

Il movimento convergente richiede una elaborazione percettiva, percorre le vie piramidali e ci permette di svolgere azioni volontarie che ripetute con l’allenamento, con l’imitazione di un modello, con l’addestramento, ci specializzano in una disciplina sportiva spesso unilaterale che sviluppa competenze specifiche a discapito di altre abilità motorie.

4) il movimento divergente
  • E’ la manifestazione espressiva, originale, articolata e consapevole delle nostre energie interiori.
  • E’ il movimento attento al nostro mondo interno in armonia con quello esterno.
  • Risana, in questo modo, le vecchie scissioni corpo-mente, ragione – sentimento, pensieri-affetto.

I nostri movimenti volontari non si dissociano dai nostri impulsi profondi.

Il pensiero, il movimento, l’emozione si uniscono in un unico flusso coinvolgendo ogni parte del cervello, si mettono in collegamento il sistema extrapiramidale e quello piramidale che in realtà non sono mai separati.

Il movimento divergente crea connessioni ripristinando il senso di unità. Le connessioni stabiliscono i nessi tra le sensazioni, le emozioni, le immagini e il pensiero, compreso quello laterale.

I gesti non sono frammentati, staccati, robotizzati, divisi perché vivono l’esperienza corporea nella sua pienezza migliorando il nostro modo di comunicare.

Il movimento divergente ci fa esplorare tutte le possibili combinazioni delle azioni motorie attraverso il gioco, una delle attività più serie che esistano, ricordandoci che non abbiamo un corpo, come se fosse un’automobile acquistata da poco, ma che siamo un corpo. 

Il sistema motorio

si divide, partendo dal basso in:

Le aree motorie oltre a quella motoria vera e propria sono quelle delle regioni corticali premotorie e quelle dell’area motoria supplementare.

I movimenti di tipo riflesso si fermano ai livelli inferiori, al midollo spinale, senza arrivare alla corteccia.

A completare il controllo del movimento ci sono poi il cervelletto e i nuclei della base, tra i quali c’è Putamen, una sorta di supereroe tuttofare a forma di guscio di noce.

La corteccia motoria è quella parte del cervello che pianifica, controlla ed esegue i movimenti volontari del corpo dall’alto del centro operativo del lobo frontale.

I movimenti involontari e volontari sono sempre integrati e il movimento divergente permette il loro naturale collegamento. 

Il  movimento divergente fa così il suo ingresso nelle scienze pedagogiche (Il Movimento divergente, Pasquale Iezza, Aranblu editore, 2001), un ingresso fondamentale perché fecondo di prospettive didattiche e formative nel mondo della scuola e dello sport. 

E’ il movimento, apprendista meccanico, specializzato nelle giunzioni neuro-muscolari, nei cambi, nei circuiti e nei gangli di collegamento, ed ha un’officina con tutte le chiavi di accensione dei motoneuroni di qualsiasi cilindrata.

Ha facilitato nuove risposte a discipline sportive che sembravano codificate in modo permanente, basti solo pensare:

Diego Maradona
Diego Maradona con la maglia dell’Argentina

che a rivederla “scioglie il sangue nelle vene”.

video tratto dal film ” cosi parlo’ bellavista” (1984)

di Pasquale Iezza

La calma olimpica

La calma olimpica

Dopo la lettura di un articolo apparso sul sito dell’associazione allenatori di canottaggio, ho pensato di buttare giù qualche riflessione sulla definizione di “calma Olimpica”.

Visto le tre medaglie olimpiche alle spalle dovrebbe essere un argomento quantomeno a me familiare ma vi assicuro che tale non è.

È stato studiato che un atleta per arrivare a partecipare ad un’Olimpiade deve avere…

alle spalle 7-8 anni di preparazione specifica, tecnica, mentale e fisica, in modo da implementare quelle qualità che nel canottaggio sono indispensabili per arrivare ad essere un atleta di Alto Livello.

3 ori Agostino Abbagnale
Agostino Abbagnale – 3 ori olimpici

Come per altri sport il canottiere deve allenare la sua capacità di resistenza a carichi fisici e psichici molto elevati che possono mettere a dura prova la sua tenuta psicologica.

Deve inoltre essere capace di avere una grande duttilità in particolar modo nei rapporti interpersonali considerato che il canottaggio è prevalentemente uno sport di squadra, tranne la specialità del singolo dove il vogatore è da solo in barca.

Le specialità olimpiche nel canottaggio
  • 1x (singolo)
  • 2x (due vogatori di coppia)
  • 2- (due vogatori senza timoniere)
  • 4- (quattro vogatori senza timoniere)
  • 4x (quattro vogatori di coppia)
  • 8+ (otto vogatori con timoniere)

Altrettante sono le specialità femminili, a queste si aggiungono quelle specialità per vogatori che rientrano nella categoria pesi leggeri.

Come in altri sport anche nel canottaggio c’è una categoria riservata agli atleti che non superano il peso di 72,5 kg nei maschi e 69 kg per le atlete donne.

Questo chiarimento era doveroso per far capire appunto che gli atleti restano insieme in uno spazio ridottissimo, la barca, per lungo tempo durante gli allenamenti.

L’atleta di alto livello che riesce a raggiungere l’obiettivo più alto della sua vita sportiva, il “sogno” Olimpico, è assolutamente allenato e preparato a superare pressioni esterne che possono compromettere la sua tenuta psicofisica.

Tutto perfetto!

Ma, un’Olimpiade è una competizione che va oltre qualsiasi altra gara.

Le motivazioni

Molte volte si assiste durante le gare olimpiche ad un completo ribaltamento dei risultati da parte di equipaggi che negli anni del quadriennio olimpico hanno dominato la scena mondiale.

Le motivazioni di questo stravolgimento possono essere diverse.

Dalla preparazione specifica degli atleti, che nell’anno olimpico viene curata in maniera ottimale, alle motivazioni personali, che ogni Atleta mette in campo dando il meglio di sé stesso, proprio per raggiungere e far si che si avveri quel sogno:

Partecipare ad un’Olimpiade e, perché no, salire sul podio.

Però a fare la vera differenza oltre la preparazione, le capacità dei singoli Atleti, la bravura dell’equipaggio le capacità del team, vi è un quid in più che determina il successo, magari inatteso, da parte di un’atleta piuttosto che di un equipaggio.

Questo quid, che rimane qualcosa di indefinito, è una capacità che consente all’atleta, nei momenti topici di una competizione, di riuscire a dare qualcosa in più, mettere in campo energie psicofisiche inaspettate, rispetto agli avversari.

La “calma” fa parte di questo quid.

La calma, per me, è intesa come capacità dell’atleta di riuscire a non farsi condizionare da nessun evento esterno, di essere concentrato sull’obiettivo da raggiungere, riuscire a superare le problematiche che si possono presentare senza farsi influenzare in maniera negativa.

Tenere sotto controllo la tensione e lo stress che si sviluppa durante un evento tanto significativo per ogni Atleta è veramente qualcosa di fondamentale importanza, altrimenti si vanifica tutto quel lavoro fatto precedentemente.

Ecco perché negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo aumento della presenza di uno psicologo sportivo negli sport di alto livello.

Si cerca di perfezionare il più possibile la preparazione e il profilo psicologico che è altrettanto importante dell’allenamento specifico, tanto per l’atleta quanto per l’allenatore.

Un connubio imprescindibile, in particolare nel canottaggio.

Da dove derivi questa particolare capacità dell’atleta è di difficile comprensione, fa parte del carattere, della personalità, dalle esperienze pregresse.

L’atleta con questa peculiarità riesce, in momenti fondamentali, a ragionare in maniera chiara a prendere decisioni in pochissimi attimi che faranno la differenza nell’esito di una competizione e che si sviluppa nell’arco medio dei 6 minuti.   

calma sport

La calma olimpica è una caratteristica dell’atleta che non si può trasmettere, non si può imparare, si può solo assistere alla sua più alta espressione, nel momento in cui da spettatori, siamo testimoni e viviamo le emozioni del risultato inatteso o la riconferma del successo tanto più difficile quanto più sofferto e meritato dagli atleti che hanno la fortuna e soprattutto la bravura di riuscirci.

Chiedi chi era Sylvester

Un giorno che non ti aspetti vedi il mondo da un altro punto di vista. Fino al giorno prima eri certo che ci fosse qualcosa che ti piacesse e basta, anzi no, qualcosa di cui eri innamorato fino a perdere il sonno, ma che stava lì, era davanti a te e tutto quello che ti interessava era quel rettangolo, un paio di canestri alle estremità, una decina di giocatori che andavano avanti e indietro tra cui c’eri anche tu.

Fine.

Poi quel giorno scopri che dietro quel rettangolo c’è altro.

Altro a volte è poco, pochissimo, ma a volte, come questa, è tutto.

È il mondo che non conoscevi, sono i segreti che permettono a quei dieci matti di stare lì per ore e ore a gettare il sangue, è capire ogni singolo movimento a cosa serve e come quel movimento può…

migliorare per far sì che la squadra per cui tu sei schierato, può vincere.

Detta così, nulla di strano.

È la professione di allenatore, quella che ci fa ammattire i giorni e le notti per cercare quello schema, quella modalità, quella strategia, a volte persino quella parola che, messa sulla bilancia impercettibile delle emozioni, fa capovolgere il risultato di quel pizzico che serve ad andare in paradiso oppure precipitare all’inferno.

Già, perché è questo ciò che succede in una partita.

Ogni volta sei in bilico sul baratro, con i piedi già mezzo fuori, e la palla che danza sull’anello all’ultimo secondo e decreta come il più severo giudice se precipiterai oppure se potrai tornare quel mezzo passo indietro per salvarti la vita.

E la settimana dopo si ricomincia, e poi di nuovo, e di nuovo ancora. Gioia e maledizione, inferno e paradiso, gloria o polvere. E la capacità di un allenatore sta nel non ingoiare tanta polvere quando è costretto a cadere né beatificarsi troppo quando quella la palla è entrata.

Una volta la nostra formazione tecnico tattica la facevamo sui libri oppure, al massimo, guardando la televisione e ascoltando i commenti di Aldo Giordani (quello che inventò la parola “bombe” quando qualche giocatore dell’Ignis, della Sinudyne o della Simmenthal centrava il tiro da tre punti).

Oggi la formazione è diventata più multitasking e la facciamo sul web, con i Pao o con le app, ma insomma, cambiano gli strumenti senza mutare, di una sola virgola, lo scopo ultimo: quello di mettere la palla arancione dentro un anello arancione e, per converso, impedire che gli avversari facciano la stessa cosa.

A un certo momento a quelli che fanno (o, come me, che hanno fatto) questo lavoro, ogni tanto sentono qualcuno di quelli super bravi – perché allenano in America o all’est – che un giorno dicono una cosa nuova e quella cosa sembra bella e meravigliosa solo perché l’hanno detta quelli, perché se la stessa cosa la dicesse il giovane allenatore del campetto dei salesiani allora sarebbe una stronzata colossale.

Se hai un minimo di sale in zucca è lì che capisci la verità.

Capisci l’unica verità che riguarda tutti, proprio tutti quelli che ruotano intorno a questo pazzo sport, e cioè l’unica verità è la più banale e assurda delle verità, ed è che non c’è nessuna verità.

Perdiamo gli anni, i decenni, a insegnare la biomeccanica del tiro, la scienza ergonomica della posizione, dei piedi, delle ginocchia, dei gomiti eccetera, con tutti i millimetrici meccanismi che regolano il gesto più importante di questo sport, dopodiché arriva uno che tira con entrambe le mani da dietro la nuca, la palla nemmeno la guarda, gli parte in una posizione di completo disallineamento tra occhi, mani, arti inferiori e superiori, eppure fa sempre canestro, e allora capisci che le regole sono una follia.

Ci sono solo due cose: le eccezioni e il cuore, e queste sono le uniche cose di cui non puoi fare a meno.

Il basket è un po’ come l’amore: è una gran fortuna che nessuno lo sappia spiegare fino in fondo.

Ah per la cronaca, quel giocatore esiste davvero e faceva canestro per davvero e tirava veramente in un modo impossibile e si chiamava Mike Sylvester.

Chiedi chi erano i Beatles e qualcuno forse si ricorderà anche di lui.

Mike Sylverster
Myke Sylvester

Nuovi giochisport

Sono Pasquale Iezza, cerco di svolgere al meglio il mio compito di Dirigente scolastico in una città collinare con un’aria purissima come i suoi bambini, Lettere, in provincia di Napoli.

Lavoro nella scuola da 35 anni e sono arrivato alla conclusione che è possibile creare nuovi giochisport.

Ho avuto questa intuizione sulla spiaggia di Vico Equense.

La mia schiena scottata dal sole era ormai diventata una perfetta piastra per la cucina cinese, potevo con semplicità trasformare un ghiacciolo…

in un gelato fritto. Sdraiato in quella posizione stavo osservando i nuovi esercizi di Acquagym che un bravo istruttore di educazione motoria faceva svolgere ad un gruppo di bagnanti. Ebbene sono rimasto quasi ipnotizzato dai movimenti, che avevano una cadenza fissa, divisa in otto tempi.

Alla quinta serie di esercizi stavo quasi per assopirmi e, per restare sveglio, e non farmi rosolare completamente dai raggi solari, attivai un residuo circuito cerebrale scuotendo repentinamente a destra e a sinistra la testa, come quando si oscilla velocemente il polso in modo da far ripartire gli orologi automatici.

Rimasi in uno stato di dormiveglia e fu proprio in quel momento, in uno stato di illuminazione, che pensai: “l’avventura delle idee deve partire dal movimento”.

Questo è stato il primo passo verso la creazione del nuovo giocosport: la Pallarmonica.

foto pallarmonica

Il movimento è quasi sempre spezzettato in esercizi meccanici cadenzati in due, quattro, dodici e più spesso otto tempi, una successione precisa di azioni divise da seguire a ritmi regolari con un esperto di fitness da imitare a specchio.

Il frazionamento del movimento, il suo spezzettamento, e l’imitazione di un preciso modello da seguire, imbriglia l’ascolto del movimento libero, naturale, spontaneo, proprio di ogni persona.

La motricità così è paralizzata e perde la sua originalità, il suo pensiero, la sua emozione. Pensiero, emozione e movimento pagano, in parti uguali, i costi del condominio al nostro corpo, la coabitazione non è forzata, non si vive da separati in casa, ma loro stanno insieme in modo piacevole e produttivo.

Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.

Attraverso l’attività motoria una persona impara a percepirsi integralmente, ascolta le sensazioni, i pensieri, le emozioni, esplora il proprio corpo e le sue possibilità di relazionarsi al ritmo e all’armonia dell’ambiente esterno.

Il movimento permette l’unione del mondo interiore, affettivo ed emotivo, con quello esteriore, razionale e socio-ambientale. La mia visione scolastica innovativa è partita da questa giornata al mare.

La mattina dopo ho ideato un nuovo gioco sportivo, la PALLARMONICA, che facilita il superamento della divisione, tra ragazzi e ragazze, nella pratica delle attività motorie. La pallarmonica unisce creando armonia (da cui il nome del gioco).

L’armonia si realizza tra i giocatori della stessa squadra, obbligatoriamente un maschio ed una femmina (nel doppio due maschi e due femmine), che entrano in contatto, mano – mano oppure con una presa mano – avambraccio, per ricacciare la palla nel campo avversario e conquistare il punto.

Il gioco è semplice da imparare, è alla portata di tutti e favorisce l’inclusione, fondamentale è imparare a collaborare alla pari. Ho presentato la pallarmonica nelle classi quarte e quinte della scuola primaria e nelle classi prime della scuola secondaria di primo grado.

Il gioco ha suscitato da subito curiosità e tutti hanno voluto provare, attualmente è una delle pratiche sportive dell’Istituto e rientra nella programmazione degli insegnanti di educazione fisica.

L’intera comunità educante ha partecipato, nei vari anni scolastici, grazie a progetti promossi dal professore Tiziano Megaro, al primo torneo di pallarmonica cittadino.

Allenamento pallarmonica

Il nuovo giocosport è stato presentato, all’interno di una conferenza, alla tre giorni per la scuola a Città della Scienza a Napoli, per diffonderlo tra tutti i docenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado della Campania che avessero la voglia di esplorare e sperimentare nuove pratiche motorie.

La diffusione nelle scuole della pallarmonica, attraverso il supporto del portale “Movimento Divergente” (da configurare), sarà uno stimolo per motivare gli studenti a proporre altre idee relative a pratiche sportive originali e rispondenti ai loro bisogni motori.

Le nuove tecnologie permetteranno agli studenti, da subito curiosi, indagatori, costruttori, inventori, di avviare una ricerca sul movimento liberando la creatività e le loro intelligenze multiple.

Le proposte più votate sulla piattaforma verranno regolamentate e implementate nelle scuole del territorio nazionale.

È possibile creare nuovi giochisport.