Nello sport il livello della prestazione distingue un campione dal resto dei praticanti.
Nel basket quanto meglio un giocatore riesce a palleggiare, tirare e passare, tanto migliori saranno le sue possibilità di successo ma queste abilità specifiche caleranno se il giocatore avrà una scadente forma fisica.
Molti operatori della comunità sportiva (dirigenti, allenatori, giocatori) equiparano il condizionamento atletico con la buona forma fisica.
Componenti fisiche necessarie
Essere in forma fisicamente non è soltanto essenziale da un punto di vista medico.
Le seguenti componenti di fitness sono comunque importanti per un serio giocatore e nello specifico di basket:
Per un’atleta, però, mantenere una capacità fisica oltre gli standard abituali di salute e benessere è essenziale per assicurare una prestazione ad altro livello per un prolungato periodo di tempo.
Sfortunatamente molti giocatori professionisti che sembrano essere in buona forma prestano pochissima attenzione alla propria salute fisica, mentale, sociale ed emozionale e poi si chiedono perche le loro carriere si sono abbreviate.
Mentre la buona forma fisica è un indicatore della salute complessiva, è il condizionamento atletico che determina il livello al quale le capacità specifiche di uno sport possono essere eseguite ed elevare tale livello.
Buona forma cardiorespiratoria
Una buona forma cardiorespiratoria si estrinseca nell’efficacia con la quale il cuore e i polmoni distribuiscono il sangue, l’ossigeno e le sostanze nutritive ai tessuti corporei attivi durante il lavoro fisico.
L’esercizio aerobico (con presenza di ossigeno) migliora la funzione cardiorespiratoria ed aiuta a prevenire le malattie cardiache.
L’allenamento aerobico può essere svolto attraverso una qualunque attività che richieda l’utilizzo continuo di grandi gruppi muscolari
camminare;
fare jogging;
nuotare;
andare in bicicletta;
sciare;
praticare il canottaggio
da 20 a 60 minuti, da 3 a 5 giorni alla settimana ad intensità moderata.
Un tale programma di allenamento migliorerà o manterrà la propria buona forma cardiorespiratoria.
Un sistema cardiorespiratorio allenato efficacemente è capace di sostenere uno sforzo di bassa intensità per lungo tempo poiché è in grado di:
consumare una grande quantità di ossigeno;
di far circolare l’ossigeno;
di utilizzare in modo aerobico l’ossigeno come fonte di energia per un periodo prolungato.
Il basket, d’altra parte, richiede brevi ma intensi periodi di attività, così che i giocatori spendono moltissima energia ad un ritmo veloce.
Le corse anaerobiche (con assenza di ossigeno) sono un altro aspetto della buona forma cardiorespiratoria e forniscono energia per attività ad alta intensità, cosi i sistemi di energia anaerobica devono essere parimenti sviluppati.
Eppure perfino atleti con una eccellente forma anaerobica possono lavorare a pieno ritmo soltanto per un breve tempo prima di dover interrompere.
L’argomento è dibattuto da tempo senza che vengano individuate con una certa precisione modalità ed effetti.
Spesso si tira in ballo la scuola come organo maestro nell’inculcare i principi dell’educazione, ma…
…non sempre l’istituzione scolastica dà del tu allo sport in quel rapporto virtuoso tra educatori sportivi ed alunni.
Il recupero della cultura sportiva
E allora il problema di recuperare una adeguata “cultura sportiva” lo si tira in ballo ogni volta che assistiamo ai fischi dell’inno nazionale della squadra avversaria o a imprecazioni razziste nei confronti del giocatore che ha una pelle differente da quella a cui si è abituati a vedere a queste latitudini.
Se invece sei un praticante o un addetto ai lavori, come si usa dire, cultura dello sport vuol dire anche la capacità di individuare i tuoi limiti per sapere come e dove intervenire.
Se fai parte di questo mondo sai benissimo che non c’è nulla che si possa anteporre al riconoscimento del merito – ovvero di quella nozione che nel resto della società italiana viene completamente ignorata.
Insomma, lo sport è – o dovrebbe essere – “un’altra cosa”.
È sempre stato così.
Ci dovrebbero essere variabili talmente obiettive da impedire scorciatoie o facilitazioni per chi non ha le caratteristiche per andare avanti, come, in genere accade in altri contesti a cominciare dalla politica, ma non solo.
Le domande
Ma chi dovrebbero essere quelli maggiormente in grado di piantare semi nel terreno?
Di predicare una forma corretta di approccio alla materia sportiva?
Di fare, di un popolo di commissari tecnici, della gente capace di riconoscere cosa sia lo sport ed i suoi valori?
Chi sono queste figure?
Probabilmente coloro i quali hanno un approccio diretto nel mondo sportivo, coloro che hanno delle responsabilità tecniche o dirigenziali ed anche e soprattutto quanti hanno a che fare con la materia della divulgazione.
Il ritratto
Se mescoliamo assieme questi elementi, ne viene fuori un identikit molto chiaro.
L’identikit corrisponde perfettamente alla figura dell’allenatore, a maggior ragione quando questa figura ha sovente attenzioni mediatiche continue:
Quel ruolo non si limita a selezionare i migliori giocatori, a coordinare sedute di allenamento e stabilire principi tecnico tattici per raggiungere i migliori risultati.
Quel ruolo ha una enorme responsabilità anche nei confronti della divulgazione di una certa cultura sportiva.
D’altronde il calcio è lo sport di gran lunga più visto e letto sui mass media e quel ruolo deve essere ben consapevole del fatto che le sue dichiarazioni rivestono un ruolo di enorme rilievo anche nei confronti dei praticanti e nelle tifoserie di altre discipline.
L’affermazione
A tal proposito ho ascoltato le dichiarazioni del Commissario Tecnico italiano dopo la scialba prestazione dell’Italia in Irlanda che non ha consentito alla nazionale di ottenere il passaporto per i prossimi campionati mondiali.
Il C.T. esprime fiducia sulle residue possibilità della nazionale e poi afferma un altro concetto che estrapolo letteralmente:
“Andremo ai Mondiali a marzo e magari lo vinceremo”.
Non lo può sapere, ma soprattutto non lo può dire.
Un C. T. non può rilasciare una dichiarazione simile.
Perché?
Non ci si aspetta da un uomo di sport che parli come un qualunque politicante che sta per affrontare delle elezioni e che deve mostrare sicurezza e spavalderia perché quegli atteggiamenti possono far presa sull’elettorato.
Un uomo di sport predica la cultura dell’impegno e del sacrificio.
Nessuno meglio di lui sa che solo attraverso quel banco di prova si possono ottenere risultati, non vende la pelle dell’orso prima di averla comprata, e poi quell’orso, a vedere bene, pare ancora vivo e vegeto per essere comprato.
Senza contare il fatto che quella dichiarazione ha un effetto devastante anche nei confronti dei suoi stessi giocatori, i quali psicologicamente sono assolti dalle loro responsabilità.
Un C.T. che non riconosca i limiti della sua squadra, che:
che afferma di aver tenuto il pallino del gioco per tutta la partita
dimenticando che non ha quasi mai impensierito la porta avversaria
le occasioni migliori sono capitate proprio agli avversari
pure se non hanno tenuto in mano il pallino del gioco,
non ha la necessaria lucidità per inquadrare bene che momento sta vivendo la squadra e tutto l’ambiente circostante.
Conclusione
Senza questa obiettività, senza un bagno di umiltà, si è persa una importante occasione di far capire, in un colpo solo, a pubblico e addetti ai lavori, che bisogna ripartire da altre basi, con atteggiamenti differenti e senza mostrare alcuna gratuita arroganza.
E’ il momento di entrare nell’ambito delle dinamiche collaborative all’interno dello staff nei vari periodi dell’anno.
Fare la squadra
Su ogni obiettivo di “mercato” cerco di incrociare informazioni, valutazioni (frutto di esperienze sul campo o di scouting video approfondito) ed idee con i miei assistenti per quanto riguarda la parte tecnica e col mio preparatore per gli aspetti fisico-atletici.
Studiare il gioco della squadra ed impostare il precampionato
Centrati gli obiettivi si passa ad una fase estremamente approfondita di conoscenza delle caratteristiche tecniche dei giocatori che formeranno la squadra.
Laddove possibile, per ogni giocatore, cerco col mio staff di scoutizzare più di un’annata e di individuare tutte quelle soluzioni che, inserite in un contesto collettivo, possano esaltarne le prestazioni individuali.
scouting
Sempre attraverso la collaborazione di tutti si fanno le scelte relative agli attacchi da utilizzare, ai concetti difensivi e, più in generale, alle regole che dovranno diventare patrimonio della squadra.
Quello che nasce in questa fase va comunque testato sul campo e non bisogna esitare a tornare sui propri passi nel caso ci si accorga che qualcosa è migliorabile o addirittura sbagliata.
Nulla è più coerente che cambiare le proprie idee sulla scorta di esperienze che smentiscano le certezze teoriche.
Contestualmente si lavora per organizzare il precampionato.
decidiamo quanti giorni prima delle gare ufficiali iniziare,
stabiliamo l’alternanza di lavoro tacnico-fisico,
i lavori congiunti e i giorni di riposo,
determiniamo i carichi di lavoro legandoli agli obiettivi tecnici stabiliti col club,
con gli assistenti programmo le date delle gare amichevoli,
stabiliamo gli obiettivi tecnico tattici dell’intero periodo e quelli settimanali
inserendoli in una logica di compatibilità col lavoro fisico.
A proposito dei carichi di lavoro vorrei focalizzare un aspetto che differenzia di tanto la realtà del basket attuale da quella di ieri.
E’ innegabile che aumentare i carichi in certi periodi del precampionato possa inficiare il rendimento tecnico in alcune partite amichevoli ed a volte si rischia davvero di avere la squadra talmente “imballata” da subire sonore lezioni.
Questo ieri rappresentava un fattore di minimo rischio mentre oggi, nell’era del tutto e subito, può aprire profonde lacerazioni nel rapporto tra allenatore e club.
Io credo che il coach debba avere ben chiaro quello che è l’obiettivo finale senza farsi condizionare troppo ma è innegabile che il problema spesso esiste per cui sono convinto che vada fatto un ragionamento con se stessi per stabilire se e fino a che punto si sia in grado di gestire situazioni simili.
Precampionato
La prima settimana di lavoro è solitamente conforme a quella prestabilita ma è frequente l’esigenza di dover attualizzare le settimane successive in base ad una serie di criteri come:
l’esigenza di accelerare/decelerare a seconda delle risposte date dal campo,
la necessità di individualizzare i lavori di alcuni giocatori troppo indietro e troppo avanti.
da aiaroma.it
Tutto ciò deve essere frutto di analisi settimanali che lo staff deve assolutamente affrontare nella sua interezza.
Campionato
Inizia la fase più tattica.
Lo scouting degli avversari e la preparazione delle partite rappresentano una parte fondamentale e spesso decisiva del lavoro di staff.
Credo che il basket sia molto cambiato rispetto a un decennio fa o più.
Prima era frequente incontrare squadre capaci di fare scelte difensive diverse sulle stesse situazioni a seconda del giocatore, del lato di campo e di altri parametri di volta in volta analizzati.
Oggi questo è impossibile per l’eterogeneità anagrafica dei giocatori che compongono la squadra e per il processo di crescita tecnico-tattica degli stessi.
Credo sia molto più efficace avere poche regole, precise e facilmente metabolizzabili.
Di partita in partita si faranno piccoli adattamenti senza mai uscire dalle regole.
Sulla base di questo concetto va impostato il lavoro di scouting e di valutazione delle scelte con gli assistenti ed il preparatore
In queste due fasi, PRECAMPIONATO e CAMPIONATO, il lavoro di staff si sviluppa in tre momenti differenti:
FUORI DAL CAMPO
IN CAMPO
IN PARTITA
Fuori dal campo
Scouting prossimi avversari
L’assistente addetto deve visionare almeno due gare dei prossimi avversari e produrre un report video che mi piace avere a disposizione subito dopo la partita precedente.
(Durante la settimana va scremato e mostrato alla squadra nella forma più breve e impattante possibile).
Deve contenere tutti gli attacchi usati in transizione e metà campo (da questi si estrapoleranno i 4/5 più usati su cui si lavorerà durante la settimana), le scelte difensive della squadra analizzata e le caratteristiche dei giocatori.
Scouting propria partita
A volte, se le circostanze lo richiedono, è opportuno produrre un video su se stessi.
Personalmente reputo che questo non vada fatto sistematicamente ma solo se c’è da enfatizzare qualche aspetto estremamente importante sia in negativo per correggere che in positivo per rafforzare la fiducia in qualcuno o qualcosa.
Programmazione
Con lo staff vanno valutate e decise le scelte tecnico-tattiche e programmata la settimana di lavoro.
Di giorno in giorno vanno preparati i piani di allenamento.
Infine, sulla base delle scelte tattiche e delle relative verifiche sul campo, si appronta il piano di partita definitivo.
IN CAMPO
Allenamenti
Gli assistenti devono conoscere a fondo il piano di allenamento e condurne parte a seconda delle capacità di ognuno.
Entrambi gli assistenti sulle 2 metà campo ed il primo assistente sul lavoro a tutto campo.
Il preparatore fisico avrà il proprio spazio in fase di attivazione e in eventuali lavori differenziati.
E’ ovvio che la profondità degli interventi degli assistenti dipenderà dalle capacità ed esperienza degli stessi.
Questo sia negli allenamenti di squadra che negli individuali e in quelli a gruppi per ruolo.
Se si hanno assistenti all’altezza si può anche assegnar loro la preparazione e lo sviluppo di una singola tematica tattica durante il corso dell’intero anno.
Lo conduce il preparatore o solo un assistente, sempre lo stesso.
Partita
Chiedo agli assistenti di parlarmi costantemente comunicando osservazioni e idee.
La stessa cosa dovrà fare il preparatore relativamente alla sfera fisica e alla fatica che “vede sulla faccia dei giocatori”.
Si può anche assegnare ad ogni assistente il compito di guardare l’attacco o la difesa e, contestualmente, la redditività dei nostri attacchi e quella degli avversari.
i primi 20” per parlare con gli assistenti ed i restanti 40” per comunicare con la squadra nei time out;
40” circa con gli assistenti e il resto con la squadra durante gli intervalli tra quarti;
alla fine dei primi 20’ di gara ci si può dilungare un po’ di più ma non tanto da bloccare troppo la squadra in spogliatoio.
Ribadisco di essere assolutamente conscio che non in molte realtà è davvero possibile creare uno staff totalmente in grado di rendere pratiche le idee che ho esposto.
Io stesso, pur avendo avuto la fortuna di collaborare spesso con assistenti e preparatori di buon livello, non ho sempre avuto la possibilità di lavorare con uno staff completo.
Tanti anni da capo allenatore di squadre senior hanno fortificato in me la convinzione che avere uno staff tecnico di alto livello sia la base imprescindibile per impostare una o più stagioni proficue per il mio lavoro,…
…per il lavoro dei miei collaboratori, per il miglioramento tecnico-fisico dei giocatori che ho a disposizione e per l’ottenimento dei risultati che ogni club legittimamente si aspetta.
Introduzione
Cosa siamo noi allenatori se non manager a cui viene richiesta la capacità di saper utilizzare al meglio le risorse umane che gli vengono messe a disposizione ?
Usare le capacità tecniche dei giocatori, per dare un gioco alla squadra, che non sia solo imposto ma che prenda spunto da ciò che i tuoi giocatori sanno fare meglio, è l’unico modo, a mio modo di vedere, per riuscire ad ottenere un risultato tecnico il più vicino possibile al reale potenziale della squadra.
Allo stesso tempo, saper utilizzare i componenti dello staff, secondo le proprie attitudini e fornendo loro le giuste motivazioni che nascono dal reale coinvolgimento nelle scelte e nel lavoro quotidiano, è la via migliore per far si che chi collabora col coach diventi un reale valore aggiunto.
Per ultimare il discorso generale prima di entrare nel merito, vale la pena specificare che le condizioni di professionalità e di organizzazione delle società per cui si lavora sono talmente diversificate.
E’ impossibile per me dare dei concetti comuni a tutti per cui mi limiterò ad indicare i criteri che ho seguito nelle mie esperienze lavorative.
Formare uno staff
Ho sempre cercato di avere al mio fianco persone conosciute direttamente o attraverso le informazioni di colleghi.
Non sempre è possibile portare con sè uno o più componenti dello staff.
E’ quasi sempre possibile, però, conoscere a fondo i collaboratori che una società ti propone attraverso le loro esperienze pregresse.
Vanno, comunque, valutate anche sulla base delle proprie idee sulle persone che forniscono le informazioni.
Costruire una buona rete informativa è un aspetto fondamentale del lavoro di un allenatore perché può fornire i mezzi per poter scegliere un giocatore o un collaboratore riducendo al minimo la possibilità di errore.
I ruoli fondamentali per formare uno staff che sia in grado di coprire la totalità degli aspetti necessari sono tre, anche se qualcuno ha la fortuna di poterlo arricchire di ulteriori figure funzionali alla logistica dell’allenamento (appoggi, videoripresa, scouting ecc.).
La caratteristica comune che cerco nei due assistenti è essenzialmente riferita ad una buon livello di conoscenza tecnico-tattica mentre per tutte le altre qualità mi baso su criteri di complementarietà.
Almeno uno dei due deve:
essere un professionista per ragioni di tempo utilizzabile
avere buone conoscenze informatiche e capacità di match analysis
per lavorare sui video propri o degli avversari
avere inclinazione verso il lavoro individuale di miglioramento dei giocatori
essere un ex giocatore di buon livello
perché molti di loro sono in grado di percepire umori e situazioni di possibile rischio nei rapporti tra giocatore e giocatore e tra giocatore e staff.
Inoltre sanno guardare le cose dalla prospettiva dell’atleta oltre che da quella dell’allenatore.
Attenzione però, non mi riferisco a tutti gli ex giocatori ma a quelli ormai formati e temprati dal campo in qualità di tecnici.
La scelta del preparatore fisico
Nella ricerca del preparatore tendo a guardare, con molto interesse,:
chi è in possesso di una conoscenza approfondita della pallacanestro e delle sue specificità tecnicofisiche
chi ha una buona dose di esperienza settoriale
colui che ha la capacità di saper mediare tra le proprie esigenze di carichi e tempi di lavoro e quelle dell’allenatore.
Questo ultimo aspetto è secondo me essenziale.
Tanti anni di carriera mi hanno insegnato che qualsiasi allenatore/preparatore che si rispetti è portato ad “accaparrarsi” più ore di allenamento possibili a scapito dell’altro aspetto del lavoro.
Saper mediare con razionalità evita squilibri dannosi e ottimizza la qualità del lavoro.
Tutto quello che ho scritto in relazione alle competenze ed alle qualità che cerco nei miei collaboratori è importantissimo:
ma niente raggiunge l’importanza che ha la statura umana delle persone di cui cerco di circondarmi.
Nota della redazione
Nella seconda parte dell’articolo, che pubblicheremo la settimana prossima (giovedi 12 giugno 2025), si entrerà nell’ambito delle dinamiche collaborative all’interno dello staff nei vari periodi dell’anno.