Importanza test di forza

IMPORTANZA DEI TEST DI FORZA

Per forza muscolare s’intende la capacità di un muscolo singolo o di un gruppo muscolare di vincere una resistenza.

La resistenza può essere costituita dal peso del proprio corpo, da un peso esterno, oppure da una forza che si oppone alla contrazione muscolare.

La fisica ci dice che la Forza è data dall’espressione tra una massa e la sua accelerazione (F=m*a) e che questo evento inneschi una serie di…

…reazioni a catena che dipendono da fattori quali:

Il prof. Carmelo Bosco sosteneva che la classificazione della forza deve avvenire attraverso l’analisi dei due elementi fondamentali che sono:

  • il carico (la massa)
  • la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione)
    • a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso e lo spostamento ottenuto.

L’identificazione del massimale è un preciso riferimento della quantità di forza esprimibile in un determinato movimento monoarticolare, multiarticolare o di un determinato gruppo muscolare.

Allenare la forza

L’allenamento della forza è importante per migliorare le prestazioni, per raggiungere equilibrio nelle riabilitazioni e riatletizzazioni  ed è  in grado di contrastare  efficacemente la perdita di massa muscolare producendo  risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici .

Stimola, inoltre, la capacità  neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari  e questo consente sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di  denervazione.

Atleta pallavolo

L’inattività con il passare degli anni aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.

Gli allenamenti della forza negli anziani e nei soggetti affetti da sindrome metabolica possono essere eseguiti in totale sicurezza.

Se ben programmati e  attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di  massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.

La valutazione

La valutazione della forza è indispensiabile al fine di poter eseguire un corretto approccio dell’allenamento basato su principi scientifici.

Una corretta valutazione dei livelli di forza permetterà di elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare:

La valutazione della forza clinico-funzionale

La valutazione della forza clininico – funzionale è di fondamentale importanza per identificare l’attitudine di un soggetto e per il monitoraggio degli adattamenti fisiologici all’esercizio fisico mettendo in evidenza le aree che necessitano di intervento e le modalità più idonee per attuarlo permette inoltre di impostare i giusti carichi di lavoro .

La coordinazione è importante soprattutto nella valutazione della forza dinamica massimale ed essa sarà sempre legata ad uno specifico movimento perché in  parte la forza è un’abilità.

Per questo quando si valuta un movimento va sempre presa in considerazione sia la parte quantitativa (il valore numerico estratto dalla prova) che quella qualitativa (la correttezza del gesto).

Se si elimina dalla valutazione l’attenzione alla correttezza tecnica del gesto si rischia di rendere la prova non valida e inoltre si espone la persona ad infortuni anche gravi.

Cos’è indispensabile per i test (obiettivo – soggetto – test)
  • una conoscenza approfondita del gesto ed esperienza nell’applicazione del test
  • una corretta valutazione della relazione
  • una capacità di osservazione delle fasi dell’esecuzione
  • una corretta interpretazione dei dati
  • un corretto incrocio dei dati con gli altri test

I test   devono analizzare le condizioni di partenza e in itinere.

Per avere efficacia devono essere:

  • ATTENDIBILI
    • riprodurre ciò che misurano,
  • VALIDI 
    • rispettare il significato predittivo scopo
  • OBIETTIVI
    • operatori diversi risultati analoghi
  • RIPRODUCIBILI
    • misurare stessa cosa e condizione
  • SPECIFICI
    • soggetto e tipo attività
  • TECNICI
    • mantenere costanti le variabili

Questo è il motivo perchè devono essere effettuati da professionisti che hanno esperienza nell’analisi tecnica del gesto proposto, nella capacità di osservazione delle dinamiche di esecuzione del gesto nonche’ di eventuali compensazioni che potrebbero inficiare il risultato finale.


Le regole per una buona valutazione sono semplici:
  • Sapere cosa valutare
  • Scegliere il metodo (test) giusto per la valutazione
  • Scegliere il mezzo (esercizio) giusto per la valutazione
  • archiviare i risultati
  • riassumerli sotto forma di grafici per avere una visione d’insieme dei progressi ottenuti

Secondo Bosco (2001) il test è specifico se riproduce e soddisfa le condizioni della prestazione in termini di coerenza biomeccanica, coordinativa e metabolica.

 Valutazione dei test di forza:
Nello specifico

La forza massima, si esprime quando si muove un carico, il più alto possibile, senza limitazioni di tempo e senza la possibilità di modularne la velocità di spostamento.

Quella esplosiva, anche se in modo improprio, si può definire come la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocità possibile.

L esplosivo-elastica, si esprime quando si vuole muovere un carico il più velocemente possibile e il movimento inizia con una fase eccentrica alla quale segue immediatamente quella concentrica

La forza esplosivo-elastico-riflessa, come quella elastica, si esprime in un doppio ciclo stiramento-accorciamento, ma in questo caso di ampiezza limitata e di velocità particolarmente elevata.

La resistenza alla forza veloce non è altro che la capacità di esprimere elevati sviluppi di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo

La resistenza muscolare è la capacità del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza prolungati per lungo tempo.

La valutazione può essere  in condizione di:
  • Forza espressa in situazione statica
  • Forza espressa in situazione dinamica – con o senza carico
I metodi di valutazione della forza: 
  • manuali TMM (test muscolare manuale)
  • pratici  in palestra a corpo libero o con uso di pesi liberi e macchine
  • strumentali basati sui dinamometri , cella di carico, accelerometro,  sistemi optoelettronici, videografici, handgrip, pedane

Il presupposto di ogni controllo efficace dell’allenamento è quello di disporre di valori affidabili di test (Bartonietz 1992) : 

Valutazione funzionale + Pianificazione dell’allenamento = CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO

I test costituiscono un controllo periodico molto efficace e grazie all’analisi dei loro risultati è possibile elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, mettendo in relazione la performance con le strategie di lavoro adottate.

di Davide Antoniella

Passaggio

Gesto tecnico – forza – lettura

In questi giorni ci stiamo beando delle immagini che provengono da oltre oceano, fortunatamente la NBA e la WNBA sono riprese e ci stanno fornendo milioni di spunti oltre alla visione di partite spettacolari nonostante la mancanza degli spettatori, che in arene come quelle americane sicuramente rappresentano un valore aggiunto.

Prendo spunto…

non dalle clips spettacolari di LeBron o di Doncic e via dicendo ma da due rimesse che avevano una esecuzione simile ma che non sono andate entrambe a buon fine.

Le stesse rimesse laterali
Rimessa laterale
Rimessa laterale da basketcoach.net

Stesse rimesse laterali, con lo stesso scopo, quello di liberare il tiratore vicino il lato della rimessa ed, in ultima ipotesi, avere la forza e la capacità di vedere l’uomo che era libero vicino la linea laterale opposta.

I Raptors riescono nel capolavoro, il passatore riesce a vedere l’uomo libero dal lato opposto, che a 5 decimi di secondo tira e segna da 3 punti ribaltando il risultato.

Kawhi Leonard - 2019  Credit Foto Getty Images
Kawhi Leonard – 2019 Credit Foto Getty Images
Nello specifico

Se ci soffermiamo su questa situazione ci possono essere tantissime cosa da sottolineare, un milioni di particolari, ma mi fermo al “semplice” gesto del passaggio da una linea laterale all’altra, tralasciando l’aspetto che chi ha tirato lo ha fatto in 5 decimi di secondo!!!

Quel passaggio racchiude: gesto tecnico, forza e lettura mentre i compagni si muovevano.

E’ ovvio che chi è un giocatore della NBA sa passare la palla nel modo giusto.

Mi aggancio ad uno dei tormentoni di coach Andrea Capobianco che giustamente afferma:

“ dire passa la palla bene ad un giocatore non significa nulla”.

Insegnare ad un giocatore come si passa la palla e soffermarsi su quale tipo di passaggio deve fare in base alla situazione di gioco ovviamente non è un male.

Nel caso della rimessa dei Raptors era un passaggio lob.

Mi chiedo tutti i nostri giocatori sanno veramente come si effettua un tale passaggio?

Per effettuare un tale passaggio ci vuole:

  • la tecnica
  • la forza, che deve essere tale da far arrivare la palla velocemente da un lato all’altro del campo in maniera precisa, con un Big man messo volutamente dalla panchina avversaria ad ostacolarne la visione ed il passaggio.
  • la lettura, bisogna “leggere” la situazione

nel caso che esaminiamo si deve leggere il tutto, in pochissimo tempo, per effettuare la rimessa ed effettuare un tiro a 5 decimi di secondo.

La lettura del gioco

E’ un aspetto molto complesso, che ci porta ad una discussione infinita.

Di solito in palestra lo stimolo esterno che hanno i nostri ragazzi è principalmente la nostra voce, che dopo un po’ puo’ stancare, ed allora:

perché non trovare altri stimoli da inserire durante i nostri allenamenti.

Coach Massimo Antonelli di Tam Tam Basket usa la musica per migliorare il gesto tecnico dei ragazzi, ma esistono altri strumenti per migliorare i nostri ragazzi.

In questi giorni ho visto un lavoro eccellente creato da Coach Massimo Riga che attraverso le luci, i colori, l’uso di cartelloni cerca di dare un approccio differente al lavoro in palestra.

Massimo Riga
Massimo Riga con la maglia della nazionale italiana

Senza gridare:

tieni la testa alta

usa delle lampade che rispondono a certi impulsi.

Posizionati in base al lavoro che intende effettuare danno la possibilità di non dover più gridare “testa alta”, oppure “passa la palla”.

(situazione tipica: il coach dice “passa la palla”, ovviamente lo sente anche l’avversario, e la palla viene rubata).

Usando stimoli diversi, i ragazzi reagiscono a questi stimoli ed il coach lavora, insieme al ragazzo, sul gesto tecnico.

Conclusione

Guardo – sento – leggo, dove, però, la lettura è frutto di un impulso non indotto dal coach ma è una reazione che il giocatore ha, vedendo quello che succede in campo.

Tornando alla rimessa Raptors tutti i giocatori vicino alla palla sono fermati dai cambi difensivi degli avversari mentre la luce si accende lontano dalla palla,

“ed io la vedo perché mi sono allenato a vederla”.

di Massimiliano Palmisani

Forza tridimensionale

La forza tridimensionale e funzionale negli sport di situazione

L’effettore finale del movimento è il sistema muscolare, che trova nelle sue unità funzionali, i sarcomeri, i protagonisti del suo accorciamento in toto, spiegabile grazie alla teoria dello scorrimento dei filamenti.

I sarcomeri in quanto singola unità, devono sommarsi tra loro per creare il substrato strutturale motorio.

Sistema muscolare

Deve far riflettere come a partire da un evento “banale” quale lo scorrimento di Actina e Miosina, possa derivare una variabilità gestuale estremamente complessa. Per cui la chiave dell’allenamento o della prevenzione di un evento traumatico, deve orientarsi ad ottimizzare tutto quello che precede e consegue la formazione dei ponti trasversali a livello del muscolo e non concentrarsi sul mero rinforzo locale.

A questo possiamo poi aggiungere la maggiore complessità degli sport situazionali, grazie all’interazione del soggetto in questione con gli eventuali compagni di squadra, con l’avversario/i, con le infinite possibilità di variabili legate al gioco e di tutto ciò che ne consegue.

La sommazione dei sarcomeri, da un punto di vista teorico, si effettua in duplice modalità. La sommazione in serie e la sommazione in parallelo.

Se si considera il comportamento di due sarcomeri e si valuta il risultato complessivo di questi, le caratteristiche del movimento derivato di tale organizzazione sarà peculiare.

La sommazione in parallelo porterà ad un quadro di caratteristiche orientate ad un’espressione di forza maggiore, la sommazione in serie darà vantaggio sulla velocità di accorciamento (1).

La forza che il muscolo può esprimere non dipende esclusivamente dall’attività muscolare “pura”, ma può avere man forte dalle strutture passive perimuscolari.

La forza generata dal tessuto contrattile può esprimersi grazia a una duplice modalità di trasmissione, la quale, può essere di tipo diretto o indiretto.

Per cui possiamo avere (2):
  • Trasmissione Miotendinea, che si esprime agli estremi del muscolo.
  • Trasmissione Miofasciale, che può avere luogo lungo tutta la lunghezza del sarcomero.

Considerando il modello dello scorrimento dei filamenti e che a livello tendineo il movimento autorizzato sarà una trazione longitudinale al ventre muscolare, all’interno del ventre stesso le forze in gioco saranno di tipo tridimensionale.

I responsabili strutturali di questo sistema accessorio a quello longitudinale possono essere riconducibili all’Epimisio, Perimisio ed Endomisio. Per cui la forza, oltre che nascere dal sistema esclusivamente attivo, può nascere, grazie alle intime relazioni strutturali, anche dallo stroma connettivale (3).

epimisio endomisio perimisio
epimisio, endomisio e perimisio

La forza espressa da un singolo sarcomero dipende dal grado di sovrapposizione dei filamenti di actina e miosina. Essa è maggiore a lunghezze intermedie e tende a diminuire a mano che ci allontana da questa lunghezza ottimale.

Sulla base di questo sistema ausiliario di trasmissione di forza, un antagonista muscolare può essere fondamentale per l’ottimizzazione della produzione di forza da parte un dato muscolo, in quanto elemento di stabilizzazione.

In base a tale discorso si può capire come la forza sia angolo e gesto specifica, e di come più ci si allontani dalle caratteristiche tecniche di riferimento, più sarà difficile che la capacità allenante di un dato esercizio possa essere utile al miglioramento della performance.

Questo potrebbe indurre a far credere che esercizi aspecifici o di isolamento abbiano poco senso nell’ambito degli sport di situazione, ovviamente è un’affermazione che va contestualizzata al livello del soggetto (4).

Più un atleta è specializzato e più sarà preponderante la ricerca di una relativa specificità

Negli atleti evoluti si favorirà sempre più un approccio tendente all’ottimizzazione coordinativa gestuale, più che del miglioramento di parametri fisiologici. La stessa considerazione può essere usata per gli esercizi multiarticolari, nei quali potrebbe esservi uno stimolo eccessivo per determinati distretti ed irrisorio per altri.

Anche in tal caso la risposta va cercata nelle esigenze del singolo tramite una valutazione delle esigenze (5).

Considerare il vissuto dell’individuo, i traumi, infortuni, postura dinamica, caratteristiche trasversali, unitamente alle richieste dello sport praticato, è un primo approccio da considerare come riferimento operativo. 

Atleta forza tridimenzionale
CONCLUSIONI

A partire da questo piccolo cappelletto introduttivo, i riferimenti da considerare per orientare il lavoro possono essere riassunti dai seguenti punti:

  • Colloquio conoscitivo dell’atleta. (Considerare il suo vissuto, il suo stile di vita, la storia dei traumi, le sue esigenze)
  • Valutazione posturale soprattutto dinamica.
  • Valutazione delle richieste sport-specifiche. (Soprattutto angoli di lavoro, tipologie di forza maggiormente necessari, tempi di applicazione della forza, traumatismi principali della disciplina svolta)
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Bibliografia

  • C.Bosco. La forza muscolare. Aspetti fisiologici ed applicazioni pratiche.
  • Huub Maas and Thomas G. Sandercock. Force Transmission between Synergistic SkeletalMuscles through Connective Tissue Linkage.
  • Huub Maasa, Guus C. Baana, Peter A. Huijing. Muscle force is determined also by muscle relative position: isolated effects.
  • Schoenfeld BJ, Contreras BM. Is functional training really functional? ACSM Certified News 2010.
  • Schoenfeld BJ, Contreras BM. Do single-joint exercises enhance functional fitness? Strength Cond J 2012.

Autori: Antonio Di Stasio e Dario Mirra

Fitness metabolico

Il fitness metabolico

(iniziamo con l’ultimo articolo che DAVIDE aveva preparato per noi)

La sedentarietà, insieme all’eccessivo apporto calorico, all’alimentazione spesso sbilanciata e all’accumulo di stress, ha portato a un aumento delle malattie definite del BENESSERE o SINDROME METABOLICA.

Per questo la sempre maggior attenzione da parte dei mass media verso i tragici eventi, che coinvolgono giovani e meno giovani, ha sensibilizzato la pubblica opinione.

Verso le patologie cardiovascolari quali cause di morte.

Il termine SINDROME METABOLICA descrive un insieme di…

…fattori di rischio metabolico che aumenta la possibilità di sviluppare malattie cardiache, ictus, diabete.

Fattori di rischio della sindrome metabolica

Un fattore molto importante per prevenire e curare la sindrome metabolica e molte patologie cardio-respiratorie è l’attività fisica.

È noto da tempo che l’esercizio fisico svolge un ruolo fondamentale nelle malattie cronico-degenerative.

La strategia fondamentale per salvaguardare lo stato di salute è basata sulla prescrizione d’attività fisica utile a migliorare l’efficienza cardio-respiratoria, la composizione corporea.

In altre parole è stato riscontrato il valore dell’attività fisica per quanto riguarda il miglioramento della forza.

E’ stato dimostrato, tramite dati sperimentali, che lo svolgimento di attività fisica regolare è associata a benefici per la salute

anche quando l’allenamento rimane invariato.

Dai dati forniti dal Dipartimento sulla Salute e i Servizi Americani, dalla Società Chirurgica di Atlanta, dai Centri di Cura e Prevenzione delle Malattie Croniche e da numerosi articoli emergono i seguenti benefici:

Regolare attività fisica
Foto di Amanjot AJS
BENEFICI PRODOTTI DA UNA REGOLARE ATTIVITÀ FISICA
  • Miglioramento della funzione cardiovascolare e respiratoria.
  • Aumento del consumo d’ossigeno a causa dell’adattamento centrale e periferico.
  • Minor periodo di ventilazione per raggiungere un’attività submassimale.
  • Ridotto consumo d’ossigeno miocardico per ottenere uno sforzo submassimale.
  • Valori di frequenza cardiaca e pressione arteriosa inferiore, in corrispondenza di sforzo submassimale.
  • Aumento della densità dei capillari nell’apparato muscolo scheletrico.
  • Aumentata soglia d’esercizio per la presenza del lattato in circolo.
  • Aumentata soglia d’esercizio per la comparsa di segni o sintomi patologici (angina, depressione tratto ST, claudicazione).
  • Riduzione dei fattori di rischio coronarici.
  • Ridotti valori di pressione sistolica/diastolica a riposo.
  • Aumentati livelli nel siero della lipoproteina HDL e ridotti livelli di trigliceridi.
  • Ridotta presenza di grassi nell’organismo, particolarmente intra-addominale.
  • Diminuita richiesta d’insulina, migliore tolleranza al glucosio.
  • Diminuita mortalità e morbilità.
  • Attività di Prevenzione primaria (interventi richiesti per prevenire disfunzioni cardiache).
  • Attività di Prevenzione secondaria (interventi da predisporre dopo una disfunzione cardiovascolare per prevenirne un’altra).

Un’intensa attività fisica è associata a diminuita incidenza di mortalità per cause coronariche e di comparsa di malattie cardiovascolari e coronariche, tumori del colon e diabete di tipo 2.

La morte per ragioni cardiovascolari, o per altre cause sopra elencate, è ridotta nei pazienti con infarto del miocardio che si sottopongono ad un programma di riabilitazione cardiaco mediante esercizi fisici.

In modo particolare se concomitante ad una riduzione dei fattori di rischio.

Gli stessi pazienti non mostrano, tuttavia, una riduzione del numero di reinfarti non mortali.

L’attività motoria produce anche altri benefici:
  • diminuita ansietà e depressione;
  • maggiore capacità di svolgere il lavoro e le attività ricreative;
  • aumentato senso del benessere.
benessere fisico
Foto di Marta Wave

A questi possiamo aggiungere:

  • diminuzione del grasso corporeo ;
  • ipertrofia muscolo scheletrico;
  • aumento del carico di rottura delle ossa, legamenti, tendini.

In assenza di patologie cardiovascolari significative, i rischi prodotti dall’esercizio fisico sono estremamente bassi.

Un ampio studio retrospettivo eseguito nei centri YMCA ha rivelato un caso di arresto cardiaco e un caso di morte rispettivamente ogni 2.253.267 e 2.897.057 ore di attività svolta.

Una recente pubblicazione conclude che approssimativamente 0,75 maschi e 0,13 femmine ogni 100.000 muoiono in un anno durante un’attività fisica.

Pertanto, l’incidenza delle complicazioni cardiovascolari durante l’attività fisica, è maggiore nelle persone con disturbi cardiovascolari rispetto a quelle sane.

Quindi, oggi, l’introduzione delle moderne procedure (rivascolarizzazioni, terapie farmacologiche) ha notevolmente ridotto la frequenza di eventi cardio-circolatori.

In Pazienti sottoposti a riabilitazione cardiaca una complicazione cardiovascolare importante si presenta ogni 60.000 ore.

E’ inoltre interessante notare come il rischio di complicazione non cambi nelle sessioni svolte nella mattinata, rispetto a quelle svolte nel pomeriggio.

Di seguito riporto una tabella del rischio di comparsa di complicazioni cardiovascolari.

CONDIZIONI ASSOCIATE ALLA COMPARSA DI COMPLICAZIONI CARDIOVASCOLARI

(Adattato da Haskell W.L. cardiovascular complications during exercise training of cardiac patients)

STATO CLINICO

  • Infarti molteplici di miocardio.
  • Ridotta frazione di eiezione ventricolo sinistro (< 30%).
  • Angina pectoris instabile o a riposo.
  • Importanti aritmie a riposo.
  • Lesione della coronarica discendente anteriore sinistra con una significativa occlusione (≥ 70%).
  • Aterosclerosi in molteplici vasi, evidenziata con angiografia.

PARTECIPAZIONE ALL’ATTIVITÀ FISICA

  • Mancata esecuzione di appropriate attività di riscaldamento e raffreddamento.
  • Superamento dei valori di frequenza cardiaca prescritta dai programmi.

Molte sono le ricerche di laboratorio, studi epidemiologici, che hanno dimostrato l’importanza dell’attività fisica associata ad uno stile di vita che miri alla salute, al benessere e alla riduzione dei fattori di rischio.

Oggi si sente parlare molto di Fitness Metabolico.

Gli esercizi di Fitness Metabolico sono esercizi tradizionali di facile esecuzione e monitoraggio, con la differenza che la tipologia, l’intensità, sono determinati da un’attenta analisi medica e bio-funzionale-articolare dell’istruttore per proporre programmi di allenamento altamente personalizzati con fasi cardiovascolari, di forza e endurance, di flessibilità e ludiche.

Il Fitness metabolico è prevenzione e benessere attraverso la pratica di una adeguata attività motoria e si occupa di creare una vera e propria cultura motoria e un corretto stile di vita.

È importante l’assoluto rispetto dei ruoli.

I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.

La prescrizione ottimale è determinata da una valutazione oggettiva della risposta all’esercizio del soggetto comprese le misurazioni della:

Però i protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido.

Bisogna evitare di applicare semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi.

L’istruttore eroga i protocolli, li spiega con linguaggio accessibile, misura i cambiamenti e li comunica al medico, stabilisce (su indicazioni mediche) gli obiettivi, gestisce l’attività di Counseling nei confronti del soggetto.

Allo stesso modo le proposte devono avere l’obiettivo di salvaguardare la salute, riducendo i rischi di malattie e garantendo la sicurezza durante lo svolgimento dell’esercizio.

Personalizzare il protocollo significa considerare: modalità, intensità, durata, frequenza e progressione dell’attività.

L’istruttore dovrà osservare:

  • Risposte fisiologiche e percettive all’esercizio.
  • Adattamenti all’allenamento fisico a seconda dell’intensità e della frequenza di svolgimento.
  • Controlli dei progressi valutando le risposte HR e RPE.
  • Il livello di gradimento affinchè le proposte soddisfino gli interessi, le capacità e i limiti individuali per non demotivare il soggetto.

I protocolli sono ispirati a gradualità e progressività secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con impegni minimi ma costanti e intensità commisurate alla fisiologia del soggetto.

Il Fitness Metabolico deve essere informazione, cultura, rapporti istituzionali.

L’obiettivo è:

  • Migliorare il livello di salute e benessere per milioni di persone.
  • Ridurre la spesa sanitaria nazionale attraverso un cambiamento di stile di vita.
  • Sviluppare il settore Fitness Metabolico formando operatori specializzati.

Le componenti da considerare nel Fitness Metabolico devono includere:

  • Composizione corporea
  • Efficienza cardio-respiratoria
  • Forza muscolare
  • Resistenza
  • Flessibilità
Il miglioramento di queste ultime tre componenti sono il risultato dell’applicazione di 2 principi fondamentali: sovraccarico e specificità’.

In particolare il sovraccarico stabilisce che affinchè un tessuto o un organo migliorino la loro funzione devono sopportare un carico di lavoro al quale normalmente non sono abituati.

Una prescrizione d’esercizio definisce l’intensità, la durata, e la frequenza d’allenamento ed è l’interazione di queste tre che determina il sovraccarico.

Il principio della specificità stabilisce che gli effetti dell’allenamento sono specifici dell’esercizio proposto e dei muscoli coinvolti.

Quindi un programma di fitness basato su una varietà e semplicità degli esercizi coinvolgerà un maggior numero di gruppi muscolari e porterà l’effetto su obiettivi adatti allo scopo del fitness metabolico.

In breve una volta formulata la prescrizione degli esercizi il programma si sviluppa nelle seguenti fasi:

  • Riscaldamento;
  • Attività cardiorespiratoria e forza;
  • Attività ricreativa (opzionale);
  • Defaticamento (raffreddamento-recupero).
RISCALDAMENTO

Riduce l’incidenza dei danni muscolo-scheletrici aumentando l’estensibilità del tessuto connettivo, migliorando l’efficienza delle articolazioni al movimento e alla funzione e aumentando la performance muscolare.

Diminuisce l’incidenza della depressione ischemica del segmento ST che può rappresentare una minaccia di aritmia ventricolare e di disfunzioni transienti globali del ventricolo sx conseguenti ad un esercizio intenso e improvviso.

ATTIVITA’ CARDIORESPIRATORIA E FORZA

Sviluppa l’efficienza cardio respiratoria e prevede dai 20’ ai 60’ di attività aerobica continua o intermittente.

Coinvolge grandi gruppi muscolari ed è ritmica e dinamica.

Questa fase è combinata salvo precise controindicazioni ad allenamento della forza per avere maggior effetti.

Per questi esercizi sono necessari test sub massimali.

Le indicazioni orientano ad utilizzare carichi non superiori al 35% del max per arti inferiori e del 50% per arti superiori.

Gli esercizi devono essere di facile esecuzione e di tipo monopodalico per evitare grossi carichi e sovraccaricare l’apparato cardio-circolatorio.

L’allenamento deve essere ritmico, svolto ad una velocità da moderata a bassa, coinvolgere una serie completa di movimenti e non modificare il ritmo della normale respirazione.

Esercizi condotti con espirazioni forzate, apnee, (manovra di VALSALVA) possono causare un aumento violento della pressione sanguigna sistolica e diastolica.

Occorre attenzione nell’allenamento dei movimenti eccentrici e isometrici rispetto ai concentrici.

FASE LUDICA

Deve essere piacevole, modificando regole dei giochi per diminuire la richiesta di abilità, di competizione, di costi energetici e di risposta della frequenza cardiaca.

DEFATICAMENTO

Prevede esercizi di bassa intensità (camminare, stretching o esercizi alternativi tipo yoga).

Deve facilitare gli adattamenti circolatori e riportare i valori vicino ai livelli di riposo

Aumenta il ritorno venoso, riducendo la possibilità di ipotensione post-esercizio e di capogiri, facilita la dissipazione del calore corporeo, promuove una più rapida eliminazione dell’acido lattico rispetto al recupero stazionario, combatte gli effetti potenziali e negativi dovuti all’aumento delle catecolamine nel plasma nel periodo che segue l’esercizio.

In particolare l’ultimo aspetto può ridurre l’incidenza, soprattutto nei pazienti con patologie cardiache, delle pericolose aritmie ventricolari.

Causa potenziale di morte cardiaca improvvisa.

Non defaticare significa aumentare le cause di complicazioni cardiovascolari causate da una diminuzione transitoria del ritorno venoso che potrebbe ridurre il flusso sanguigno coronarico.

In altre parole per i pazienti cardiopatici in riabilitazione è anche consigliato una fase di RECUPERO per normalizzare tutti i parametri (esercizi respiratori e rilassamento).

CONCLUSIONE

È importante considerare che la maggior parte degli effetti benefici ottenuti con l’allenamento recedono al livello a questo precedenti qualora intervenga un periodo di inattività che duri da 4 a 8 settimane con incidenze diverse sui vari miglioramenti ottenuti.

Sono fattori indispensabili per un corretto approccio funzionale:

l’individualizzazione del programma
la profonda conoscenza anatomo-fisiologica-biomeccanica delle metodiche di allenamento
laz collaborazione specialista motorio-medico

di Davide Antoniella

cielo azzurro Tokyo

Nel cielo azzurro di Tokyo

Non ci sembrava vero quando Jacobs passò per primo al traguardo dei 100 metri, dovemmo rivedere il replay più volte per convincerci che, dopo i grandi mostri sacri del passato da Carl Lewis a Usain Bolt, toccasse proprio a un italiano!

L’Italia che a quella gara non era mai neppure arrivata in finale da…

…tempi immemorabili (Mennea nel 1980 nella specialità era arrivato in semifinale).

Inaspettato

Poi arriva questo ragazzotto di colore ed origini texane ma cresciuto in Italia fin da bambino, che addirittura ha anche più di qualche difficoltà a parlare inglese, a regalarci non solo la finale, ma addirittura la medaglia più ambita!

Lo abbiamo dovuto vedere più volte senza nemmeno respirare quello sprint pazzesco che ha regalato un successo insperato e, per questo, ancora più bello.

E già in Italia si gridava al miracolo:

tralasciando le attribuzioni di paternità geografica dell’atleta che provengono nientedimeno che dal presidente della regione Lombardia della Lega, ovvero di quel partito che più degli altri è assolutamente contrario all’immigrazione!

mentre tutti i “sani di mente” ponevano l’accento sul fatto che ormai le società sono multietniche e multirazziali, altrimenti non vedremmo, ad esempio, in Francia una quantità inimmaginabile di uomini e donne di colore, tanto nella società civile che sui vari campi sportivi.

Ma si sa, ormai tutto si butta in caciara (cioè in politica) ed ogni pretesto è buono per affermare i propri convincimenti o contrastare gli avversari.

Ragion per cui cercheremo di non cadere nella trappola e considerare questi atleti per ciò che sono, ovvero dei semplici figli della multirazziale società contemporanea.

Ma la cosa mica finisce qui

Con la vittoria di Jacobs ci sentivamo già sufficientemente appagati, mentre pochi minuti prima di quella gara un altro atleta (stavolta nato e cresciuto in Italia) ci regalava l’oro nel salto in alto:

Gianmarco Tamberi

In pochi minuti eravamo diventati la nazione che correva più veloce e saltava più in alto del mondo.

Ora non so se ti capaciti di quello che questa cosa vuol dire, ma di suo ha un’importanza enorme.

La avrebbe ovviamente per qualunque paese, ma per l’Italia di questo 2021 ne ha ancor di più.

Un paese che:

  • pare uscire come un gigante dal periodo più buio che l’umanità abbia passato
  • poche settimane prima era uscita vincitrice da una competizione sportiva europea nello sport più amato battendo l’Inghilterra
  • si qualifica alle Olimpiadi anche nel basket dopo non so più quanti secoli e fa pure una eccellente figura prendendosi il lusso di giocarsela punto a punto persino con i vice campioni del mondo (Francia)
  • complessivamente rafforzando un po’ dappertutto la propria presenza in ambito sportivo in discipline che per decenni non ci vedevano più ai vertici.

Nel frattempo arrivano anche altre medaglie, qualcuna pure particolarmente preziosa:

e tutti i telecronisti a dire in coro la stessa cosa:

“e non finisce qui”.

Pare una canzone di Mia Martini, “E non finisce mica il cielo”, e per la spedizione azzurra a Tokyo 2021quel cielo pare proprio un empireo.

Poi, insperatamente, ancora una volta come molte altre gare, arriva un’altra affermazione di quelle che nessuno ci credeva:

l’oro nella staffetta 4×100

In questa staffetta (manco a dirlo) corrono due atleti di colore, tra cui Eseosa Desalu (ma abbiamo detto di non buttarla in casciara, e allora niente).

C’è ovviamente ancora Jacobs che corre la seconda frazione e nei suoi 100 metri ne guadagna tanti, ma non basta ancora e Lorenzo Patta.

Finchè un sardo milanese, Tortu (quello della pubblicità della fibra ottica) fa capire che hanno scelto il testimonial giusto e si va a prendere (ancora una volta contro gli inglesi) l’ennesimo oro per i nostri colori.

È un tripudio azzurro e tutti continuano a dire: “e non finisce mica il cielo”.

E allora che questo cielo si riempia ancora “di sole e di azzurro”.

Di Dino De Angelis

Stretching yes or not

Stretching: yes or not?

Con la fine della stagione agonistica, ma soprattutto con l’inizio delle preparazioni precampionato per moltissimi preparatori e sportivi, torna in gran voga l’ormai vecchio dibattito sulla valenza dello stretching.

Fa bene? fa male? Non fa niente?

Una risposta assoluta come “si” o “no” a questa domanda, non solo è sbagliata a priori, ma anche del tutto assurda.

Innanzitutto è bene ricordare che con la parola stretching, spesso si intendono esercitazioni molto diverse tra loro, che inducono adattamenti differenti.

Credo si possa ormai affermare, senza molti dubbi, che in sport che non richiedono una particolare mobilità articolare, lo stretching statico (il più diffuso e conosciuto) eseguito in maniera maniacale, sia, se non negativo, per lo meno inutile.

E’ evidente, però, che per atleti giovanissimi che si avvicinano a qualsiasi tipo di disciplina non deve essere vietato.

Giovani stretching
Foto di Ketut Subiyanto
GLi abitudinari e i vari esercizi di stretching

Non bisogna però dimenticare che “molti atleti” sono “affezionati” ai loro riti preventivi e preparatori.

Spesso i possibili effetti negativi indotti dal divieto brusco, può superare quelli indotti dal fare, appunto, lo stretching statico.

Diverse sono le tecniche di stretching, come:

Lo stretching balistico

Molto in voga negli anni passati, consisteva nell’arrivare in posizione di allungamento molleggiando sui muscoli tesi.

Si forzano le parti del corpo in posizioni che oltrepassano il normale range di movimento (ROM), utilizzando lo slancio di un movimento oscillante.

Si arriva cioè in posizione di massimo allungamento, e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.

Oggi questa metodologia è fortemente sconsigliata, perché si mettono a repentaglio l’integrità delle strutture muscolo-tendinee delle articolazioni interessate.

Lo stretching statico

E’ il più conosciuto.

Consiste nell’assumere lentamente una determinata posizione, diversa per ciascun muscolo o gruppo di muscoli, che va mantenuta per un periodo di tempo più o meno lungo.

Può essere attivo o passivo.

Quello Passivo differenzia dall’attivo, per l’intervento di altre persone o attrezzi che aiutano a raggiungere la posizione.

Lo stretching dinamico

Consiste nell’allungare un certo gruppo muscolare con oscillazioni e movimenti controllati.

L’escursione aumenta progressivamente fino a raggiungere il grado desiderato, per poi aumentare anche la rapidità del gesto.

Stretching dinamico
Stretching dinamico – da running studio
PNF “facilitazione propriocettiva neuromuscolare” o Isometrico

Esistono varie tipologie di stretching PNF, ma il più utilizzato consiste nell’allungare e contrarre la muscolatura durante la fase di stretching e approfittare della stanchezza della muscolatura che è stata contratta pochi secondi prima, per allungarsi sempre di più.

Quindi

Dire che lo stretching fa bene a priori, è sbagliato. Dire che lo stretching va evitato come la peste, è sbagliato.

Siamo dei professionisti con un bagaglio culturale che spazia dall’anatomia umana, alla fisiologia, biochimica, biomeccanico.

Pertanto siamo tenuti a conoscere nello specifico gli adattamenti indotti da tutte le diverse metodiche di stretching, e solo attraverso questa conoscenza saremo in grado di utilizzarle al meglio in base alla programmazione specifica per obiettivi.

Esempio

Molte tecniche di stretching statico, di cui oggi si parla tanto male, trovano un largo e positivo utilizzo in discipline che richiedono una grande mobilità articolare come la ginnastica artistica o il nuoto sincronizzato e la prevenzione ai traumi in quasi tutti gli sport.

Quindi, come già detto in tante riunioni tecniche e dibattiti in forum specializzati, avere conoscenze non vuol dire applicarle in modo indiscriminato senza rielaborarle alla luce delle proprie esperienze, degli anni di lavoro, di osservazione e di valutazione.

Un monito ai colleghi educatori – istruttori – preparatori fisici

Cerchiamo e continuiamo ad avere un approccio personale alle cose e di rielaborare le proprie conoscenze in modo elastico e funzionale: i libri e i testi non sono bibbie ma strumenti di notevole aiuto per permetterci di approfondire e studiare.

Vi invito infine a leggere alcune interessanti pubblicazioni sull’argomento del Prof. Gilles Cometti, un cardine nel nostro ambito.

Gilles Cometti
Gilles Cometti al lavoro con un atleta – da performancelab
Conclusione

Per quanto mi riguarda dedicare qualche minuto alla pratica dell’allungamento, in base alla mia esperienza pratica, ai miei approfondimenti ed alle mie continue partecipazioni a clinic specialistici,

va a completare quella che viene chiamata “programmazione ordinaria”.

di Tiziano Megaro


Anno 1

26 giugno 2020 – 26 giugno 2021

Un anno fa training concept.it è approdato nella rete per la prima volta.

Potrebbe sembrare strano ma tante sono state le emozioni che si sono susseguite prima – durante e dopo il lancio del blog.

Una su tutte l’incertezza sull’essere in grado di…

…avere la costanza necessaria per tenere alte le aspettative, nonostante tutto il progetto rimanga basato su un’idea senza scopo di lucro bensì di semplice divulgazione e scambio d’idee.

Non era scontato riuscire ad arrivare alle persone in modo spontaneo e collaborativo, seppur con l’aiuto di autorevoli ideatori d’interessanti articoli

training concept

Di sicuro la voglia di mettere in pratica questo progetto era tanta quindi ho messo da parte tutti i timori che oggettivamente avevo e sono andato dritto all’obiettivo

I punti di forza

Non è facile affermare se sono stati raggiunti i traguardi prefissati anche perché possono cambiare da persona a persona ed essere misurati su basi diverse:

  • numero di utenti raggiunti (90000 circa)
  • tempo trascorso sul proprio blog (12 minuti ad utente):
  • numero di lettori che hanno letto fino in fondo gli articoli (52000 circa)
  • la quantità di articoli prodotti (130 circa)
  • il monitoraggio delle newsletter

Tutto è corretto ed ha un senso

Ma come in matematica anche in questo caso i numeri devono essere verificati (la prova del 9) ed io l’ho fatto soprattutto tramite le miriadi di email e messaggi che ho ricevuto e ricevo in privato

Le difficoltà

È stato un duro lavoro:

  • impegnarsi a formulare,
  • impaginare
    • anche gli articoli dei tanti amici che hanno collaborato
  • rendere quando più leggibile possibile ciò che si voleva trasmettere
  • investire in tempo ed energia
  • trovare il giusto equilibrio tra
    • la qualità degli argomenti
    • la puntualità nella pubblicazione
    • la quantità mensile degli articoli
Grazie ai “cosiddetti” esperti

Senza di loro sarebbe stato impossibile raggiungere questi grandi obiettivi.

La particolarità, l’originalità, il valore degli articoli e degli argomenti trattati hanno fatto in modo da dare pregio e finalizzare quanto avevo da tanto tempo nella mia testa.

Li rinomino singolarmente perché ci hanno donato, gratuitamente, delle loro riflessioni ed osservazioni nello spirito della formazione comune.

L’anno che verrà

Visto che il grafico delle visualizzazioni è in continua crescita viene da sé che il primo obiettivo non è continuare a salire (me lo auguro comunque) ma rimanere costanti nelle aspettative.

Cercheremo di continuare a pubblicare articoli di buona qualità trovando un modo per stimolare e coinvolgere i tanti lettori nelle pubblicazioni inerenti alle tematiche del blog.

Si punterà a raggruppare i tanti articoli pubblicati in categorie visibili per facilitare la consultazione ed in previsione creare una newsletter

Grazie

Grazie davvero a tutti voi

di Tiziano Megaro

Differenza preparazione donne

Differenze nella preparazione atletica delle donne

Prima Parte

In media, la donna è più bassa e più leggera, con una maggior percentuale di tessuto adiposo e una minor massa muscolare, rispetto all’uomo.

Mediamente un uomo possiede dal 10 al 20% di massa grassa mentre una donna…

…dal 15 al 25%.

Rapporto tra massa magra e grassa

Questo si rispecchia anche nell’utilizzo del glucosio e ne deriva un’importante ruolo dell’allenamento nell’indirizzare questo substrato energetico verso il tessuto adiposo o i muscoli.

Pertanto, entrambi, possiedono dei recettori per il glucosio di tipo GLUT-4, dipendenti dall’insulina, quando questa viene stimolata il glucosio viene indirizzato in questi tessuti.

Nelle donne, in cui la massa grassa è maggiore, tenderà ad andare verso il tessuto adiposo.

Per questo, un allenamento della forza innanzitutto aumenta la densità dei recettori GLUT-4 nel tessuto muscolare richiamando glucosio ed inoltre migliora a lungo andare la composizione corporea andando a variare il rapporto tra massa magra e grassa in favore alla magra.

Classificazioni

Body fat percentages for males and females and their classification

(Percentuali di grasso corporeo per maschi e femmine e loro classificazione)

MalesFemalesRating
5-108-15Athletic
11-1416-23Good
15-2024-30Acceptable
21-2431-36Overweight
>24>37Obese

(Tieni presente che queste sono solo stime grezze. Il termine atletico in questo contesto si riferisce agli sport dove il basso contenuto di grasso corporeo è un vantaggio)

Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)

AgeUp to 3030-5050+
Females14-21%15-23%16-25%
Males9-15%11-17%12-19%

Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)

SportMaleFemaleSportMaleFemale
Baseball12-15%12-18%Rowing6-14%12-18%
Basketball6-12%20-27%Shot Putters16-20%20-28%
Body building5-8%10-15%Skiing (X country)7-12%16-22%
Cycling5-15%15-20%Sprinters8-10%12-20%
Football (Backs)9-12%No dataSoccer10-18%13-18%
Football (Linemen)15-19%No dataSwimming9-12%14-24%
Gymnastics5-12%10-16%Tennis12-16%16-24%
High/long Jumpers7-12%10-18%Triathlon5-12%10-15%
Ice/field Hockey8-15%12-18%Volleyball11-14%16-25%
Marathon running5-11%10-15%Weightlifters9-16%No data
Racquetball8-13%15-22%Wrestlers5-16%No data

Alcune delle differenze di prestazione tra uomini e donne si spiegano  proprio in ragione di queste differenze di composizione e di dimensioni corporee.

Tale convinzione trova conferma nel fatto che nei ragazzi e nelle ragazze prepuberi le differenze di prestazione e quelle di dimensione corporea sono minime.

Concentrazione muscolare

Le donne hanno una concentrazione muscolare di ATP (Adenosina trifosfato) + PC uguale a quella degli uomini, ma a causa della loro minor massa muscolare, i loro depositi complessivi di questi fosfageni sono più esigui.

Tuttavia, le prestazioni femminili sulle distanze più brevi (esempio 100 metri), nelle quali il sistema ATP + PC  costituisce la più importante fonte di energia, si avvicinano a quelle maschili.

La capacità di resistenza alla fatica di un muscolo è un indicatore della capacità di recupero e può differire.

In generale, i muscoli maschili sono soggetti maggiormente a fatica, rispetto alle donne.

Le differenze

Studi condotti sui muscoli flessori del gomito ed estensori del ginocchio, mostrano una significativa perdita di attivazione dell’unità motorie nei maschi rispetto le femmine in seguito a un affaticamento protratto nel tempo.

Negli studi, la forza scende al 93% del massimo nelle donne, contro l 80% negli uomini dopo 1 minuto di esercizio.

Le donne hanno una resistenza alla fatica di circa 15 minuti, mentre gli uomini circa 8 minuti e dopo aver raggiunto l’esaurimento, il recupero avviene più velocemente nelle donne.

La fatica sembra anche essere muscolo-specifica, come evidenziato da analisi sia sul bicipite femorale che sui muscoli estensori della zona lombare.

Nelle donne la stanchezza è simile in entrambi i gruppi muscolari, mentre gli uomini subiscono un affaticamento maggiore nella zona lombare rispetto al bicipite femorale.

Queste differenze possono essere dovute al:

maggiore numero di fibre di tipo I nelle donne, che caratterizzate dal metabolismo ossidativo lento, offrono maggiore resistenza.

K. M. Haizlip, B. C. Harrison, and L. A. Leinwand

Le donne tendono ad avere più bassi livelli di acido lattico nel sangue, in seguito ad un esercizio massimale, rispetto agli uomini.

Quindi, anche in questo caso, uno dei motivi di questo fenomeno risiede nella minor massa muscolare femminile.

La massima potenza aerobica (VO2 MAX) della donna è inferiore a quella dell’uomo.

La differenza sembra essere dovuta soprattutto a fattori inerenti alle dimensioni corporee, ivi compresi una minor dotazione di emoglobina, un volume di sangue circolante inferiore e un più piccolo volume cardiaco.

Ciò è confermato dal fatto che le differenze di VO2 MAX sono irrilevanti tra ragazzi e ragazze, cioè nell’età in cui anche le differenze di dimensione corporee sono minime.

Il sesso è anch’esso un fattore che può influenzare lEPOC, Excess Postexercise Oxygen Consumption, (volgarmente detto “afterburn”), traducibile in italiano come Consumo di Ossigeno in Eccesso Post-allenamento.

E’ l’indice di misurazione dell’aumento del consumo di ossigeno a seguito della intensa attività, destinato a soddisfare il “debito di ossigeno” del corpo).

La ricerca dimostra che il dispendio energetico delle donne, a riposo e durante l’esercizio, varia con la fase mestruale.

In genere, il dispendio energetico a riposo è più basso una settimana prima dell’ovulazione e il più alto durante i 14 giorni di fase luteale dopo l’ovulazione, quindi di conseguenza influendo sull’EPOC. (Fox,Bowers,Foss)

Conclusione

Per quanto riguarda le prestazioni della donna si avvicinano di più a quelle dell’uomo nel nuoto piuttosto che nella corsa e nei salti.

Nella corsa sono più vicine a quelle degli uomini negli sprint, mentre nel nuoto nelle attività di resistenza.

Nelle prestazioni di corsa di resistenza, essendo costretta ad usare l’intero suo peso corporeo, la donna si trova in evidente svantaggio nei riguardi del VO2 MAX

Le specialità nelle quali i risultati femminili sono i peggiori in confronto ai maschi, sono quelle che prevedono tempi di prestazione tra 1 e 4 minuti, quindi in quelle specialità che richiedono un forte impegno del sistema dell’acido lattico.

Continua…

di Davide Antoniella

Agilità

L’AGILITA’

NELLA PALLACANESTRO


Dopo la velocità, continuiamo il nostro viaggio trattando un’altra dote atletica necessaria per diventare un giocatore di basket quantomeno completo.

Un sistema per muoversi più liberamente con maggiore agilità e velocità è quello di sviluppare una buona elasticità.

Inoltre, la capacità di fornire…

…prestazioni senza timori di infortunio si risolve in azioni più poderose.

Cosa origina la potenza?

Il livello di estensione di una banda elastica stabilisce la quantità di energia immagazzinata e la possibilità di emissione di forza.

Per il muscolo non è l’estensione, ma piuttosto la velocità dell’allungamento che determina l’originarsi della potenza.

Quando però un muscolo è allungato fino ai suoi limiti estremi, l’essere in grado di resistere ai rigori di questo allungamento massimale ed eseguire un movimento di grande potenza senza infortunarsi è molto importante per una resistenza e produttività a lungo termine.

L’ampliamento della gamma di movimenti è un fattore molto importante per diventare un atleta completo.

L’importanza dell’agilità

Strettamente collegata con l’equilibrio, l’agilità è necessaria agli atleti per regolare gli spostamenti del centro di gravità mentre in velocità variano le posizioni del corpo.

L'agilità
Foto di Tima Miroshnichenko

L’agilità è la capacità di cambiare direzione senza diminuire la velocità.

Un esempio

Immaginiamo un uomo alto circa 2 metri, di 115 Kg, che può sollevare 180 Kg da seduto e 500 Kg in piedi, che ci sprinta in piena velocità davanti a noi e che improvvisamente devia a razzo verso destra o verso sinistra apparentemente senza diminuire il passo.

La maggior parte dei giocatori deve decelerare considerevolmente per assumere un po’ di controllo prima di un rapido cambio di direzione.

Ridurre la decelerazione è un fattore chiave per migliorare l’agilità.

La capacità di cambiare direzione rapidamente spiega in larga misura perché in atletica i saltatori possono balzare così in alto.

Il saltatore, in questo caso, stabilisce la sua velocità durante l’approccio al salto e poi trasferisce questa velocità orizzontale in sollevamento verticale nei due rapidi passi prima del punto di battuta.

Saltatore

Queste stesse caratteristiche possono essere inserite nei movimenti sul campo di basket.

Conclusione

Bisogna includere degli esercizi che richiedono veloci cambi di direzione nello schema quotidiano di allenamento:

con l’allenamento frequente a cambiare direzione con movimenti in avanti, indietro, laterali e verticali, si migliorerà l’agilità dell’atleta.

Prossimamaente tenteremo d’illustrare – presentare esercizi dediti al miglioramento di questa dote atletica con la speranza di avere uno scambio con i tanti lettori del nostro blog.

di Tiziano Megaro


Check - up 360

Importanza di un check-up a 360°

L’importanza di un check-up a 360° e la creazione di un documento che accompagni il soggetto durante le attività con un costante monitoraggio di ogni fase di crescita, di  pianificazione coordinata e mirata degli allenamenti, dell’alimentazione e delle necessità rilevate, permette…

  • di favorire uno sviluppo armonico
  • una precisa preparazione per la miglior performance
  • di contrastare molte patologie oggi esistenti 

affrontando tutte le età con un maggior benessere psico-fisico.

La sintesi dei dati emersi dal check-up, una volta analizzati e comparati tra loro dagli specialisti coinvolti, rappresenterà uno strumento per salvaguardare lo sviluppo armonico, individuare le capacità attitudinali e mirare agli obiettivi prefissati.

check - up

Queste informazioni servono a redigere un report personalizzato in cui vengono messe in evidenza le risposte ottenute e le aree che necessitano di un eventuale intervento:

  • preventivo
  • migliorativo
  • terapeutico
L’azione

L’intervento è multi-modale ed integrato e si compone di elementi medici, motori e psicologici e deve essere affidato a un team esperto in grado di seguire qualsiasi  persona non come un insieme di sintomi, organi, obiettivi tra loro scollegati.

Il check-up per troppo tempo è stato considerato utile solo per sportivi agonisti, già meno con sportivi amatoriali e pochissimo con frequentatori di palestre e assolutamente evitato con persone normali.

Oggi si parla di check-up a tutte le età e in tutti i settori sportivi, motori, medici e nella medicina anti-aging.

Questo ha permesso di comprendere l’importanza della pratica sportiva e dell’attività motoria.

Ottimizzazione del movimento

Il movimento non provoca così automaticamente benefici, ma in conseguenza di atteggiamenti sbagliati:

  • alcool e fumo
  • alimentazione sbilanciata
  • stress
  • cattiva gestione degli allenamenti nello sport agonistico di alto livello o amatoriale

causa anche danni e patologie cardiovascolari, cronico-degenerative, autoimmunitarie.

patologie cardio
Foto di EVG Culture

Affinché sia conseguito l’obiettivo della salute potenziata è indispensabile che l’attività fisica sia il più possibile personalizzata in modo da basarsi sulle caratteristiche del soggetto.

Inoltre, deve essere superata l’idea che a un maggior volume di attività fisica corrisponda maggior beneficio.

Anti – aging

Infatti, durante un allenamento l’organismo è sottoposto a uno stress che per essere positivo e comportare dei benefici fisiologici e di composizione corporea, deve essere equilibrato alle capacità soggettive e anche al riposo, durante il quale le modificazioni avvengono.

Spesso si ritiene anche erroneamente che lo sport amatoriale sia il meno pericoloso in quando dovrebbe richiedere bassi livelli di attività, mentre da molti viene praticato senza controlli, con carichi elevati, in età avanzate alzando enormemente gli effetti negativi e i rischi.

L’anti-aging ha introdotto il concetto di check-up anti-aging e fonda il suo programma sulla comprensione delle origini evoluzionistiche dell’invecchiamento.

Sostiene, infatti, che

il cosiddetto normale invecchiamento è un processo attraverso il quale la salute viene inesorabilmente compromessa, rendendo il soggetto più suscettibile alle malattie croniche.

Sostiene inoltre che

la vera salute non è semplicemente l’assenza di malattia, ma piuttosto la presenza di un benessere fisico, mentale ed emozionale.

Il proposito

L’obiettivo di questa nuova branca della medicina è quindi quello di fornire strategie scientificamente validate per frenare il processo dell’invecchiamento, per prevenire le malattie croniche e ottimizzare la qualità della salute.

E’ possibile stabilire quanto si sta realmente invecchiando e quale sia la corrispondenza tra la propria età anagrafica e l’età biologica.

Conoscere il proprio orologio biologico, entrare nella diagnostica precoce nonché il grado di alterazione dei markers biologici dell’invecchiamento, per elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, che consentirà di migliorare la funzionalità dei sistemi dell’organismo e di rallentare, entro certi limiti, sono alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento.

anti - aging
Foto di Daniel Torobekov
Nello specifico

L’esercizio fisico equilibrato può essere considerato una vera e propria terapia.

La proprietà spiccatamente pleiotropiche sarà in grado cioè di andare a incidere contemporaneamente, sia in campo preventivo che terapeutico, su numerosi fattori di rischio o aspetti patologici.

E’ fondamentale analizzare e conoscere approfonditamente gli effetti dell’allenamento sul corpo umano per poter poi applicare la corretta attività  fisica.

Da questo emerge la necessità di un check-up, condotto da seri professionisti esperti, che deve prevedere analisi mediche, sportive e psicologiche per elaborare corretti protocolli personalizzati a seconda delle necessità e degli obiettivi da raggiungere.

I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.

La prescrizione ottimale è determinata da una valutazione oggettiva:

analisi cliniche
Foto di Chokniti Khongchum

I protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido, applicando semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi, ma analizzando a fondo i risultati e incrociando i dati e le conclusioni dei vari specialisti.

La valutazione medica può comprendere:
  • Compilazione di questionari
  • Anamnesi completa
  • Esame fisico
  • ECG a riposo a 12 derivazioni
  • Pressione del sangue a riposo (anche con variazione di posizioni)
  • Analisi del sangue
  • Una prova da sforzo graduale con controllo elettrocardiografico
  • Accertamenti specifici a seconda delle necessità.

All’Istruttore spetterà il compito di erogare i protocolli, spiegarli con linguaggio accessibile, misurare i cambiamenti e comunicarli al medico, stabilire (con il medico) gli obiettivi, gestire l’attività di counseling.

Ruolo e valutazione dell’istruttore

Può comprendere:

  1. Anamnesi per raccogliere dati e avere informazioni da integrare e confrontare con quelle mediche
  2. Antropometria e plicometria da integrazione e comparazione di analisi clinica strumentale della composizione corporea e tomografica della bioimpedenza cellulare
  3. Analisi posturale con semplici sistemi di valutazione globale e analitica solo quando la globalità indica un malfunzionamento
  4. Esame della funzionalità dell’apparato locomotore e della locomozione con semplici test biomeccanici e di mobilità articolare
  5. R.O.M. (Range Of Motion) articolari e test di mobilità articolare e funzionalità articolare generali con studio biomeccanico degli esercizi e delle posture in relazione al soggetto
  6. Test submassimali organici e di forza all’aperto e in palestra per calcolare frequenza cardiaca, consumo di ossigeno, soglie, squilibri muscolari, valori di forza, confronti delle modalità di attivazione nervosa dei diversi muscoli coinvolti nel movimento e monitorare i cambiamenti e miglioramenti.
analisi
Foto di RF._.studio
Conclusioni

La specificità dei test e le varie strumentazioni sono utilizzate a secondo delle necessità individuali per poter applicare al meglio i protocolli di allenamento nel rispetto delle esigenze morfo-bio-strutturali evitando infortuni, sovraccarichi e con il massimo gradimento del soggetto.

Questo si intende per applicazione di protocolli studiati e individualizzati frutto di un attenta analisi dei dati forniti da un check up fatto da esperti nei vari settori.

di Davide Antoniella

Smettere di allenarsi

Cosa succede quando smetti di allenarti?

Se ti alleni tutto l’anno, può capitare che un giorno salti una sessione di allenamento, ma se salti 2-3 settimane di seguito cosa succede?

Se smetti di allenarti per più di una settimana, inizierai a sperimentare gli effetti del “Detraining”, un fenomeno nel quale si perdono i benefici dell’allenamento e di conseguenza la…

…sospensione prolungata degli allenamenti riduce il livello della tua preparazione fisica.

La perdita della “forma fisica” dipende da molteplici fattori:

  •   il livello di allenamento
    • Più sei allenato, più tempo impiegherai per andare “fuori forma”. 
I cambiamenti

Quando smetti di allenarti avvengono in te molti cambiamenti fisiologici e inizi a perdere:

  • i progressi cardio-vascolari che avevi ottenuto (ad esempio il cuore inizia a perdere la sua capacità di gestire volumi aumentati di sangue e l’abilità a pompare sangue più efficientemente);
  • l’abilità del corpo di utilizzare i carboidrati come “carburante” e la migliorata capacità muscolare di utilizzare l’ossigeno
    • cioè cala il volume massimo di ossigeno consumato in un minuto (V02 max);
  • i miglioramenti acquisiti sulla pressione del sangue, sui livelli di colesterolo e di glicemia e se facevi allenamenti di forza, il tuo volume muscolare, la tua forza e la resistenza si ridimensioneranno;
  • in 2-4 settimane la maggior parte delle capacità aerobiche guadagnate in 2-3 mesi di allenamento;
  • la forza, la potenza e la resistenza muscolare e sebbene la forza possa essere mantenuta fino alle 3-4 settimane di inattività, la potenza e la resistenza potrebbero ridursi significativamente.
Gestisci meglio il Detraining

Il “Detraining” ha effetti negativi sulla composizione corporea ed è associato all’aumento di peso e alla diminuzione del metabolismo basale.

Diversi fattori possono contribuire all’aumento del grasso corporeo quando smetti di allenarti.

Quando perdi massa muscolare il tuo fabbisogno calorico diminuisce in contemporaneoa anche il metabolismo basale perché i tuoi muscoli riducono la capacità di bruciare calorie.

Inoltre, non stai più bruciando la stessa quantità di calorie perché ti stai allenando di meno,

quindi se non adatti il tuo piano alimentare le calorie in più che introduci saranno immagazzinate nel corpo come grassi e di conseguenza aumenterai di peso.

E dopo?

E’ difficile prevedere quanto tempo ci vorrà per ritornare al tuo livello di forma fisica precedente e una cosa che giocherà sicuramente in tuo favore è la tua “memoria muscolare”.

I tuoi muscoli hanno delle cellule speciali che “ricordano” i movimenti che facevi durante l’allenamento, quindi quando tornerai ad allenarti dopo un lungo periodo di stop, riacquisterai la tua forma fisica più velocemente.

Però ti consiglio di:

  • ricominciare ad allenarti in maniera “soft” per evitare infortuni;
  • aspettare 3-4 settimane prima di arrivare a seguire i tuoi allenamenti abituali;
  • avere pazienza e perseveranza e credere che ritornerai più forte di prima.

Resilienza!

di Maurizio Mondoni

didattica enattiva

Interventi educativi

la didattica enattiva

L’educazione dei bambini è un compito che spetta a tutti, alle famiglie, alla comunità, alla scuola, allo Stato, è un’educazione quindi integrata dove ognuno è responsabile allo stesso modo.

L’educazione dei bambini è il compito più nobile che ogni persona ha se vuole sentirsi uomo.  

Non esiste un metodo perfetto, IL METODO, quel metodo da applicare ad ogni situazione e in ogni classe, capace di…

…risolvere ogni problema, altrimenti basterebbe un libretto delle istruzioni tradotto nelle varie lingue del mondo.

Avere un metodo serve però per facilitare il lavoro degli insegnanti, degli educaotori sportivi e per indicargli delle strategie in grado di motivare i bambini e i ragazzi allo studio e alla ricerca. 

Didattica enattiva

Negli interventi educativi spesso manca la lucidità del metodo d’insegnamento.

Si riporta tutto a schemi predefiniti e a regole precostituite, mentre invece alla base ci deve essere la disponibilità dell’insegnante a sperimentare, a scegliere non una nuova metodologia ma un nuovo modo di verificare, di fare vera, la sua pratica didattica.  

La didattica enattiva dall’inglese to enact significa “mettere in atto”.

metodo insegnamento
Foto di RODNAE Productions

Si fonda sull’ “imparare facendo” (learning by doing) e sull’adozione della corporeità saldamente connessa alla mente.

Una sorta di “mente incorporata”, una mente assorbente in continuo collegamento con le sensazioni che provengono dal mondo esterno e che la rendono attiva ed interattiva.

Il processo enattivo è quel profondo gioco di scambio tra interno ed esterno attraverso il quale l’atto cognitivo non è scindibile dall’atto esperienziale e dalla risonanza emotiva.

Il sentimento è conoscenza, l’educazione emotivo-sentimentale serve ad incanalare le nostre pulsioni naturali, istintuali, nel comportamento consapevole che ci permetterà di scegliere tra il bene e il male, tra ciò che è grave e ciò che non lo è.

Di conseguenza nell’azione educativa:

si contestualizzano e accentuano la motivazione ad un apprendere pragmatico, per cui il “sapere” e il “saper fare” confluiscono positivamente nel “saper essere”, e le “conoscenze” e le “abilità” si realizzano nelle “competenze”.

Oltre l’acquisizione

La costruzione delle competenze è proprio la possibilità di utilizzare le conoscenze e le abilità per poterle trasferire da un dominio all’altro in modo da impostare e risolvere un problema.

Pensiero, emozione e movimento pagano in parti uguali l’affitto al nostro corpo, la coabitazione non è forzata ma necessaria e piacevole.

Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.

Nella didattica enattiva l’essenziale di ogni apprendimento non è l’acquisizione:

  • di conoscenze
  • l’accumulo di abilità
  • lo sviluppo di capacità

ma è la possibilità di usare quello che è stato appreso per  risolvere situazioni nuove e concrete.

La didattica privilegiata, in tal senso, è di tipo laboratoriale “per problemi”, “per situazioni autentiche”, improntata all’operatività che porterà ad essere curiosi di ogni novità.

Facendo si impara prima e meglio:

se poi il fare diventa un co-fare, un collaborare allora l’apprendimento sarà più piacevole e più simile  ad un’esperienza di sport di squadra.

Il gruppo è chiamato a “risolvere un problema” impegnandosi in un  progetto nel quale ognuno coopera secondo le proprie potenzialità e attitudini.

In questo contesto lo studente non solo diventa l’attore del processo conoscitivo, ma si abitua anche a comunicare, a confrontarsi e ad organizzare con gli altri.

Le sorelle Agazzi

La didattica enattiva saldando la corporeità con i processi mentali avvia una didattica per competenze che vede gli insegnamenti scolastici finalmente interconnesse in modo da attivare un insegnamento trasversale e in rete e non più lineare e sequenziale. 

Mente e corpo formano un tutt’uno che consente un “insegnamento in situazione” in cui le funzioni manipolative, rappresentative e simboliche vengono apprese attraverso una sperimentazione continua che ogni alunno fa nella sua vita di relazione con i compagni e con l’insegnante e nel contatto attivo con le cose.

Ogni cosa ha la sua importanza, questa è stata l’intuizione delle sorelle Agazzi che con le loro cianfrusaglie, costituite da tutto il materiale occasionale che i bambini raccoglievano per strada e tenevano in tasca perché suscitava il loro interesse, organizzavano le attività didattiche.

I bambini scelgono a volte gli oggetti più impensati che stimolano la loro inventiva.

E’ inutile dar loro degli attrezzi già precostituiti.

Ricordo di un bambino che con i tappi di sughero, solo perché il sughero gli ricordava il sugo buonissimo della mamma, aveva inventato una bellissima storia alla corte del re Ragù dove il ballo preferito era la salsa.

La didattica enattiva trova la sua migliore realizzazione nella metodologia della ricerca-azione, intesa come una ricerca per l’azione, per cui il tema viene avvertito come problema in modo che crei una tensione ad apprendere.

Un’altra metodologia efficace legata ai principi della didattica enattiva è il coaching.

Un metodo finalizzato al miglioramento delle prestazioni e al raggiungimento di obiettivi di maggior valore tramite la scoperta e lo sviluppo delle potenzialità personali.

Affidandosi al “coach” lo studente che ha delle potenzialità latenti impara a scoprirle e ad utilizzarle.

Coaching
Foto di cottonbro

Il coach, quindi, è un facilitatore del cambiamento, una persona che stimola e indirizza le energie dello studente e lo aiuta a prendere consapevolezza delle sue intelligenze.

La tenerezza

La didattica enattiva per potersi realizzare fa leva sull’unica qualità indispensabile per un educatore, una dote naturale che non si può acquistare né acquisire in nessun corso di formazione: la tenerezza.

In una delle ultime lettere che Vincent van Gogh scrisse al fratello Theo si legge: 

«Voglio che la gente dica delle mie opere: “sente profondamente, sente con tenerezza.».

Sentire con tenerezza è probabilmente il testamento spirituale ed artistico del grande pittore olandese.

Non è un sentire con l’orecchio, Vincent se ne taglierà uno in una sua crisi depressiva per poi donarlo ad una cameriera di una casa di prostitute, ma è un sentire con un orecchio interno, incorporato, un terzo orecchio, capace di percepire le nostre sensazioni profonde per poi arrivare a sentire quelle degli altri.

Un’interazione funzionale con l’ambiente e con lo stato d’animo di chi ci sta vicino e chiede disperatamente senza parole il nostro aiuto.

E’ necessario imparare ad esercitare la tenerezza soprattutto quando si lavora con i bambini, con i ragazzi, con gli adolescenti in via di formazione per sentire quello che loro sentono.

Questa empatia permette di essere antenne di ciò che stanno vivendo, di essere collegati con le loro emozioni per cercare di camminargli a fianco senza essere visti come importuni invasori.

La testimonianza

Platone nel Simposio tesse un bellissimo elogio alla tenerezza dicendo che Eros stabilisce la sua dimora nell’anima degli uomini, ma non in tutte indiscriminatamente: se ne incontra una caratterizzata dalla durezza, si allontana, mentre se si imbatte in un’anima caratterizzata dalla tenerezza vi si trattiene.

Siccome dunque è sempre a contatto, con i piedi e con tutto il resto, con quello che vi è di più tenero tra le cose tenere, Eros è il più tenero degli esseri. Simile tende al simile.

Gli studenti vivono nel periodo della pubertà una fase erotica per cui vanno appassionati, ogni insegnante può imparare a camminare e a fermarsi su questo terreno tenero, e non c’è niente di più tenero, di più delicato, di più fragile e di più bello dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti in formazione.

Educare ci porterà a:
  • cambiare i nostri castelli mentali pieni di idee negative
    • di forze distruttive, di tensioni accumulate, di passati troppo presenti,
  • costruire una vita serena ed equilibrata valutando le cose con ottimismo e col giusto umorismo
  • avere relazioni fiduciose con gli altri compensando i piaceri con i doveri
  • svolgere attività stimolanti e fantasiose
  • ritrovare la semplicità nelle cose per una sana gioia di vivere.

Con i bambini bisogna scegliere la dimensione organizzativa che dia spazio alle situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.

Dopo ogni movimento il cervello non è più lo stesso, nel suo interno alcuni neuroni si svegliano e questo lo arricchisce di nuova vita.

Esplorare

L’esplorazione di nuove azioni motorie ci darà altre possibilità di esistenza, allargherà le nostre conoscenze sul mondo, ci aprirà ad una maggiore scelta tra i comportamenti ed alla fine tutto questo ci porterà alla nostra coscienza autentica, ci farà toccare la libertà.

Non c’è nessun movimento che si può comprendere fino in fondo se non lo si vive completamente.

Una persona che non esplora il suo corpo in tutti i suoi movimenti non si conoscerà mai a fondo.

Se all’improvviso si svegliano un certo numero di cellule nervose del cervello esse potranno finalmente vivere, destandosi dallo stato di letargo nel quale le abbiamo confinate.

La mattina, appena ci alziamo dal letto, possiamo partire dal semplice spazzolarci i denti con la mano che di solito non si usa.

Ricordiamoci che non ci sono gesti sbagliati, goffi, e neanche giusti e perfetti, perché tutti i movimenti hanno significati e sviluppi imprevedibili.

Circle-time, brainstorming, team-teaching. mastery-learning, problem-solving, cooperative-learning, role-play, know-how con questi termini i pedagogisti di tutto il mondo hanno cercato di sintetizzare un preciso programma educativo ed organizzativo.

Conclusione

La lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”, (è un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione), produco il mio

motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.

di Pasquale Iezza

Il piacere dello sport

Le qualità per essere speciale

Per l’insegnante, l’istruttore, l’allenatore, l’educatore.
L’autorevolezza

Deve essere la tua prima qualità.

Ti dà credibilità e ti fa diventare un punto di riferimento per i tuoi allievi e ciò che dici, assume per loro un significato di “verità”:

se ne accorgono subito e vedono in te la serietà e ti seguono.

L’autorevolezza diventa progressivamente…

…sicurezza e rafforza la tua personalità che, con il passare del tempo, diventa coerenza, convinzione e capacità di svolgere bene il tuo ruolo all’interno del gruppo.

L’autorevolezza non è autoritarismo, non è “potere”, l’autorevolezza affascina, coinvolge ed emoziona.

Emozionali!

La seconda qualità è la partecipazione.

La tua deve essere una presenza attiva, animata dalla voglia di fare, di fare sempre meglio, di dare e di arricchire.

Emozionare
Foto di Allan Mas

Questa voglia si misura con il desiderio di entrare in palestra, nel campo di gioco, in piscina, con entusiasmo e con la voglia di trasmettere e di coinvolgere: non deve essere una “routine”!

Guardali negli occhi, ti diranno subito di quello che hanno bisogno.

Coinvolgili!

La tua partecipazione è condizionata dal modo di pensare, dallo sforzo di percepire o di far percepire qualsiasi esercizio o gioco in modo:

  • accattivante
  • interessante
  • curioso
  • in una versione sempre nuova,

perché nulla rimane immutato e tu devi coglierne le novità.

La tua partecipazione deve essere anche affettiva e deve esprimere la voglia di trasmettere ciò che sai e che hai raggiunto in anni di studi, di ricerche, di confronti, di approfondimenti e di aggiornamenti.

Il tuo deve essere un “sapere” che si coniuga con la passione e con il piacere di trasmetterlo agli altri.

Il “piacere di insegnare”, nessun lavoro, nessuna professione, senza il “gusto” di compierlo, può risultare gratificante, quindi efficace e proporzionato al gradimento dei tuoi allievi, che lo dimostreranno stando attenti, coinvolti e appassionati a ciò che trasmetti.

La terza qualità è il ruolo, il tuo ruolo.

Ogni ruolo ha una sua liturgia che deve essere mantenuta.

Non ti è concesso di diventare amico dei tuoi allievi.

Coinvolgere
Foto di Anton Belitskiy

Il tuo ruolo è sacro, non è una missione e la sacralità del tuo ruolo è fondata su un sapere razionale, ha un sapore fascinoso, misterioso, perché il mistero rimane dentro il pensiero umano.

Tu non sei il padre dei tuoi allievi, non sei il loro amico, non sei lo psicologo che li deve accompagnare nel cammino della fanciullezza.

Sei un uomo o una donna con l’incarico di fare il direttore d’orchesta dove ognuno degli orchestrali suona il proprio strumento (chi bene e chi male, ma tutti suonano) e tu hai il dovere di accompagnarli e di farli “crescere”.

E ricordati che devi indossare un abito consono alla cerimonia, alla cerimonia dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Affascinali!

La quarta qualità è “falli star bene”.

La palestra, il campo di gioco, la piscina devono essere un’oasi di pace, fuori può regnare il caos, ma nella tua palestra e nel tuo campo di gioco devono sentirsi al sicuro.

Deve regnare:

Falli stare bene i tuoi allievi, la palestra, il campo di gioco, la piscina sono un banco di prova per la vita futura e tu puoi solo aiutarli ad essere pronti per affrontarla.

affascinare
Foto di Mary Taylor

Fai capire loro che eccellere costa, imprimi nella loro mente che se vogliono veramente ottenere qualcosa di importante, devono impegnarsi e sacrificarsi.

Accompagnali!

Conclusioni

“Tu devi essere un Insegnante, un Istruttore, un Allenatore, un Educatore “in gamba”, devi lasciare in eredità ai tuoi allievi la gioia di giocare, di divertirsi e la voglia di migliorare!  

Devi saper “leggere” nei loro occhi ciò che desiderano e se sarai in grado, fai diventare lo sport che praticano un’avventura e non una marcia forzata per eccellere.

Devi essere una guida preziosa, cammina accanto a loro, lasciali esplorare, inventare, creare, indagare e……… se sarai stato per loro “speciale”, non ti dimenticheranno mai e sarai ricordato per quello che sei stato e non per quello cha hai loro insegnato”.

di Maurizio Mondoni

Il movimento divergente a scuola

Il movimento divergente a scuola

Il movimento divergente deve essere materia di studio e di ricerca a scuola.

I vari insegnamenti devono comunicare maggiormente tra di loro e non restare chiuse nel loro compartimento stagno.

Il tecnicismo, la specializzazione, il pensiero convergente, il ripetere meccanicamente cose già apprese, non ci permette di seguire un percorso diverso.

Lo sviluppo del pensiero divergente arricchisce le nostre competenze comunicative e la nostra efficacia espressiva

Spesso il pensiero divergente è usato come sinonimo di creatività ma la capacità di creare è qualcosa di più complesso in quanto in essa intervengono fattori socio-culturali ed altri aspetti della personalità non solo cognitivi ma anche affettivi ed emotivi.

E’ certo però che il pensiero divergente indica la giusta direzione da seguire per arrivare al nucleo centrale della creatività in quanto i suoi tratti caratteristici sono:

  • la fluidità
    • facilita lo spostamento di un’idea da un luogo all’altro e da una produzione all’altra;
  • la flessibilità
    • un pensiero elastico, capace di piegarsi, di adattarsi alle differenti situazioni;
  • l’originalità
    • che non dipende e non ha somiglianza con esempi, modelli ed idee precostituiti, convenzionali, ed ha quindi una sua novità, un suo carattere proprio;
  • l’elaborazione
    • l’insieme delle operazioni (l’associazione delle idee, l’astrazione, l’immaginazione costruttiva e riproduttiva, il giudizio, il ragionamento, ecc…), con le quali organizziamo e trasformiamo il materiale fornito dall’esperienza.
Il percorso specifico

I tratti tipici del pensiero divergente sono gli stessi della dimensione della creatività ecco perché per diversi autori il pensiero divergente indica il pensiero creativo.

Le nuove strade non escludono le vecchie, ma si possono unire con esse illuminando alcuni tratti del circuito cerebrale, rendendo così, il traffico più vario e veloce.

Percorrere una strada in un solo senso di marcia non permette il confronto e la scelta e questo ostacola la possibilità di essere divergenti.

La creatività non è una capacità di pochi artisti, pittori, musicisti, inventori, scienziati, ma è una possibilità per tutti, ognuno è in grado di trovare nuove e diverse associazioni tra le cose ogni giorno.

La creatività è una dote innata che tutti posseggono ma che non in tutti si manifesta immediatamente ed istintivamente. 

Aiuta molto educare i bambini fin da piccolissimi alla ricerca personale, alla flessibilità, alla liberazione della creatività, perché loro, in particolare dagli zero ai tre anni, hanno una mente assorbente, “superassorbente”.

Maria Montessori

Si è dovuto aspettare l’arrivo di Maria Montessori che ha creato una “casa dei bambini”, un luogo di rivelazione e di espressione del bambino mediante:

  • la creazione di un ambiente a lui proporzionato;
  • una disciplina attiva che lo abitui ad essere padrone di sé, a sapersi imporre il limite dell’interesse collettivo e la forma delle buone maniere materiali;
  • la consapevolezza che il bambino ha un’intensa vita psichica, inconscia e subconscia e che è tanto grande nella sua piccolezza, è capace di intenzione e di pensiero, di azioni pratiche e creative;

la sua mente è assorbente, ma non come la spugna che lascia passare l’acqua e non la trattiene.

La mente del bambino, invece, arriva ad assorbire ed a conservare molte e difficili cose:

  • il linguaggio
  • le abitudini
  • i sentimenti

per cui occorre saper utilizzare questa forza creativa e inconscia.

Nell’ambito del movimento, Maria Montessori scrive:

Il movimento è essenziale alla vita; e l’educazione non può concepirsi come moderatrice o, peggio, inibitrice del movimento, ma solo come un aiuto a bene spendere le energie, e a lasciarle sviluppare normalmente”. “L’attività motrice, perciò, deve avere uno scopo ed essere connessa con l’attività psichica.  Esiste una stretta relazione tra il movimento e l’intelligenza avida di imparare. I bambini disordinati nei loro movimenti non sono soltanto bambini che non hanno imparato a muoversi: sono soprattutto bambini dalla mente denutrita, che soffrono di fame mentale.

Maria Montessori

La curiosità del bambino è il vero motore dell’apprendimento e questa curiosità nasce dalla stimolazione, dalla motivazione e non dall’ esigenza di riempire la sua mente con informazioni che spesso non capisce e che fa fatica a ricordare.

Conclusione

La scuola è impegnata in una costante, continua, inarrestabile, ricerca per individuare le formule organizzative e gli interventi educativi più efficaci affinché i bambini possano svincolarsi dalla dipendenza delle cose già fatte, già pronte, ed aprirsi a nuove possibilità  capaci di evolvere in un percorso che è sempre dinamico.

bambini a scuola
Foto di Max Fischer

Conoscere significa stabilire nessi, collegamenti, connessioni, essere capaci di fare sintesi in un mare di informazioni e questa capacità può essere insegnata solo a scuola e bisogna farlo il prima possibile.

I bambini devono essere educati fin dal momento della nascita, nei primi anni di vita, per alcuni neuro scienziati entro i tre anni si formano le sue modalità cognitive ed emotive che gli permetteranno di conoscere il mondo e di relazionarsi agli altri.

Ora finalmente con il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 65 si è istituito il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni.

di Pasaquale Iezza

Movimento divergente e convergente

Movimento convergente e movimento divergente

Come per il pensiero anche per il movimento si può parlare di “movimento convergente” e di “movimento divergente” perché l’atto motorio è un evento cognitivo.

Il movimento divergente

E’ il movimento che non deriva da una precisa ripartizione temporale esterna:…

  • uno spezzettamento in esercizi cadenzati in due, quattro e otto tempi;
  • una successione precisa di azioni divise da eseguire a ritmi regolari con un esperto da imitare a specchio;
  • è un movimento libero, spontaneo, nel quale la motricità non perde mai la sua originalità e la sua spinta emotiva.

Fa emergere il nostro potenziale creativo e favorisce l’integrazione armoniosa con se stessi e la relazione con gli altri. 

Creativo

Per movimento divergente intendo indicare un movimento che implica fluidità, flessibilità e originalità, mantenendosi quando più possibile naturale ed elastico.

Il movimento convergente

Il “movimento convergente”, invece, è caratterizzato dalla riproduzione di prassi e meccanismi motori precedentemente acquisiti e dell’adattamento, più o meno meccanico, di queste a nuove situazioni.

Come per il pensiero così pure per il movimento è bene che si esplorino dei circuiti nuovi, allontanandosi da quelli noti in modo che ci sia la completa realizzazione delle possibilità espressive dell’individuo.

Dico volutamente possibilità e non potenzialità:

perché la potenzialità mi ricorda un rapporto di forza, di produttività, di legame, di mancanza di libertà.

Differenze tra movimento divergente e convergente

Il movimento divergente è un processo flessibile, è una personale modalità di interazione dell’interno con l’esterno, le parole che si associano ad esso sono:

  • elasticità;
  • scioltezza;
  • leggerezza;
  • curiosità;
  • novità;
  • la chiave della sua messa in moto è la creatività.
Creatività
Foto di Gustavo Fring

E’ un viaggio verso l’ignoto, un ignoto che però è più vicino di quanto si possa pensare, ci appartiene, sta dentro ognuno di noi.

Il movimento convergente è un processo schematico e le parole che si associano ad esso sono:

  • rigidità
  • pesantezza
  • indifferenza
  • ripetizione
  • la chiave della sua messa in moto è l’automatismo.

Ogni forma di educazione motoria ha la sua importanza.

Con i movimenti convergenti si arriva a padroneggiare precise azioni tecniche che sono poi applicabili alle discipline sportive, basti pensare ai fondamentali.

Con i movimenti divergenti si stimola l’aspetto creativo proprio di ogni persona permettendo così una più consapevole ed attiva integrazione del corpo con la mente e le emozioni, obiettivo principale della didattica enattiva.

Lasciare il corpo libero di esplorare tutte le possibilità del movimento, di trovare attraverso spontanee prove ed errori l’adattamento migliore, l’aggiustamento globale adeguato, è necessario.

Questo permette ai bambini di esplorare strade che nessuno prima aveva tracciato e di progredire:

  • a livello cognitivo (flessibilità e creatività del pensiero)
  • a livello motorio (movimenti nuovi e coordinati). 
Libera esplorazione

La libera esplorazione è una risposta del proprio corpo agli stimoli dell’ambiente.

Si sperimenta il modo in cui gli oggetti entrano in rapporto tra loro e già in questa fase si ha subito creatività perché ognuno vede e sperimenta le relazioni in modo diverso ed originale rispetto ad un altro:

è fondamentale partire dal movimento spontaneo come è pure importante educare al rispetto dello spazio motorio dell’altro.

Con i bambini bisogna sollecitare soprattutto situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.

Come agevolare il movimento divergente
MOVIMENTO CONVERGENTEMOVIMENTO DIVERGENTE
E’ meccanico, con tempi cadenzati e formule fisseE’ spontaneo, non è riducibile a tempi e a formule
Implica una successione precisa di azioni a ritmi regolariImplica una successione libera di azioni a ritmi diversi
E’ organizzato,  razionale, schematicoE’ naturale, emotivo, autentico
Permette di padroneggiare le azioni tecnichePermette di esplorare la creatività
Il mondo interno è separato dal mondo esternoIl mondo interno è unito al mondo esterno

La formazione di un clima che favorisca la massima naturalezza e il contatto con la creatività, in cui poter essere se stessi senza obblighi, è il modo giusto per agevolare il movimento divergente.

Möbius_strip
Un nastro di Möbius di carta da wikipedia

Il movimento divergente può essere pensato come il Nastro di Möbius, che ha una sola faccia senza un lato superiore ed uno inferiore, senza una  demarcazione tra interno ed esterno.

Il movimento convergente, invece, ha il tipo di superficie che siamo abituati a vedere, quella con due facce staccate, una davanti e l’altra dietro, per cui è possibile percorrerne una senza mai raggiungere l’altra se non attraversando il bordo che le unisce.

Conclusione

Il movimento divergente ha un’unica faccia e non ha bordi né punti di separazione, il dentro e il fuori sono sempre collegati.

Il corpo è il luogo fisico attraverso cui si concretizzano il pensiero e le emozioni. La nostra mente è in dialogo continuo con ogni tessuto del suo corpo.

di Pasquale Iezza

Il senso di una sconfitta

Il senso di una sconfitta

Hai presente il primo allenamento della settimana dopo che la domenica hai perso una partita?

Osserva bene i giocatori quando entrano in palestra.

Ciascuno ha la sua reazione, questo è chiaro. Ma se stai attento ai loro sguardi, potrai notare una di queste due reazioni:

  • La prima è di frustrazione, questo atteggiamento riguarda quelli che magari avevano un certo grado di aspettative sulla partita.
    • Il loro sguardo è basso, il morale pure, sembrano cani bastonati.
  • La seconda reazione è di rabbia, e riguarda la maggior parte.
    • Non vedono l’ora che si giochi di nuovo, perché hanno dentro di loro il sacro fuoco della vendetta (sportiva, s’intende), e desiderano dimostrare che la sconfitta della domenica precedente era solo un episodio e vogliono riscattarsi. 
rivincita
Il significato della sconfitta sta tutto dentro questa parola: riscatto.

Riscatto è un termine che ha a che fare direttamente con la motivazione, ovvero quella cosa che, da sola, è in grado di spostare montagne. Non c’è spinta più forte di questa, per migliorarsi.

Riscatto è una parola di fuoco. Contiene ogni elemento che è in grado di spingere i propri sforzi ad un livello inimmaginabile di prestazione.

Se un giocatore potesse attingere a questa forza anche dopo aver vinto, beh, nel mondo ci sarebbero tanti Kobe Bryant.

E invece di gente così ne nasce una ogni cinquant’anni.

E qui entriamo nella parte opposta del discorso:

gli atteggiamenti inconsci determinati da una vittoria.

È rarissimo che un giocatore che abbia vinto una o più partite di fila, abbia quella rabbia agonistica, quella giusta energia mentale (è di questo che stiamo parlando se non si è ancora capito) per affrontare la preparazione settimanale con lo spirito di chi chiede a sé stesso di arrivare sempre un passo avanti.

Certo, dirai, la vittoria ti regala una cosa impagabile, che consiste in quella sicurezza, quella freddezza e quella confidenza che danno maggiore fiducia nei propri mezzi, e che forse, se hai accumulato “self confidence”, quando la partita si fa decisiva, forse avrai anche un piccolo vantaggio nei confronti di chi, suo malgrado, ha più paura di rivedere il mostro, di chi teme che dentro quel baratro si possa sprofondare, una volta ancora.

Prendiamo il tennis.

Altro sport con una spiccata connotazione mentale.

Non ho le statistiche aggiornate, ma giurerei che, in un match con valori che sono pressappoco equivalenti da un punto di vista tecnico, il giocatore che vince il primo set, il 50% delle volte perde il secondo, e la ragione sta sempre dentro quelle due paroline magiche: motivazione e senso di riscatto.

Il giocatore che ha appena portato a casa la prima partita subisce un inconscio calo di tensione, una specie di impulsivo appagamento, mentre il giocatore che ha perso il primo set è costretto a raddoppiare gli sforzi per restare in partita.

Unisci magicamente questi elementi e il gioco è bello che fatto.

Uno a uno e palla a centro.

Non so se esiste una ricetta per evitare cali di tensione in caso di vittoria né per escludere quel senso di insicurezza che deriva da una sconfitta.

So però di sicuro che la sconfitta aiuta, eccome, a ripartire meglio, a farsi più domande, a indagare meglio sulla preparazione, a mettere in campo più energie, più attenzione per evitare il ripetersi di questo evento.

E tutto questo porta ad un innalzamento della preparazione finalizzata alla performance che coinvolge tutti: giocatori, staff, società.

Uno dei possibili rimedi sarebbe riuscire ad azzerare ogni contraccolpo psicologico derivante dal risultato e concentrarsi invece solo sulla prestazione.

Questa è l’unica àncora di salvezza per restare concentrati sul mezzo (allenarsi al meglio) e non sul fine (risultato). Ma è obiettivamente una cosa assai difficile da fare, per il cervello.

squadra che si allena

Non a caso, nel periodo in cui ho avuto il piacere di allenare, ripetevo spesso

che una squadra vincente è quella che si allena sempre con lo spirito di una squadra che ha perso“.

Ma dentro di me sapevo che dei semplici concetti non si tramutano in azione per il solo fatto di enunciarli.

di Dino De Angelis

Il movimento

Che cos’è il movimento?

Il prof. Pasquale Iezza regala, a tutti i nostri lettori, alcuni argomenti tratti dal suo libro “il movimento divergente” con il contributo del prof. Pino Palumbo, la dott.ssa Rosa Cipriano e del prof. Tiziano Megaro.

Saranno proposti, a puntate, alternandosi con i vari esperti della nostra piattaforma che hanno sposato, con grande generosità, la filosofia del nostro blog.

Il movimento è il modo più naturale che abbiamo per entrare in relazione con le cose che ci circondano.

Se si trovano in alto cerchiamo di…

arrivarci allungandoci o spiccando un salto, se sono in basso chinandoci con un piegamento, se sono vicine e davanti a noi camminando, se sono lontane e dobbiamo raggiungerle in fretta correndo.

Con il movimento instauriamo un dialogo con l’ambiente, ogni oggetto diventa accessibile, alla nostra portata.

Mettiamo un piede davanti all’altro ed usiamo una mano insieme all’altra per scoprire il mondo.

Il movimento ha la dinamicità dell’acqua che può essere solo contenuta in una forma, ma ha in più la forza di modificare con la sua energia creativa il contenitore.

Il movimento nello sport
Foto di Lukas

La nuova pedagogia del movimento divergente ha lo scopo di avviare un viaggio alla scoperta dell’intelligenza cinestetica, delle sue straordinarie potenzialità e dei suoi inesplorati sentieri.

Permette un collegamento tra il corpo, il mondo intorno a noi e le nostre emozioni.

Il movimento non ha confini e non deve avere frontiere, la sua ripartizione in punti ha solo lo scopo di condividere un’ipotesi di studio:

1) Il movimento automatico

Percorre le vie extrapiramidali e ci porta a dare una risposta meccanica, istintiva, agli stimoli ambientali.

  • Il midollo spinale è responsabile dei comportamenti automatici e stereotipati.
  • I riflessi spinali ci permettono una risposta quanto più rapida possibile in seguito a stimoli che segnalano situazioni potenzialmente pericolose per noi
    • se ad esempio la nostra mano è in contatto con una superficie bollente è fondamentale la reazione immediata dei muscoli senza aspettare l’elaborazione della corteccia cerebrale per evitare un’ustione;

2) Il movimento posturale 
  • Elabora le impercettibili informazioni provenienti dai propriocettori sensoriali e dal midollo spinale;
  • permette la conoscenza del nostro corpo nello spazio per arrivare a mantenere, attraverso i riflessi posturali, la nostra posizione eretta mentre siamo in piedi o camminiamo;
  • I propriocettori sono i sensori delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini e rilevano la tensione muscolare e la posizione delle articolazioni;

Il segnale che parte dai propriocettori viene trasmesso fino al midollo spinale dal quale si origina un altro impulso nervoso che permette la contrazione involontaria della muscolatura.

Il movimento decisionale
3) il movimento convergente

Responsabile del movimento volontario, è più complesso perché integra le informazioni provenienti dai livelli inferiori e da quelli superiori del cervello.

Tutti i movimenti volontari del corpo sono guidati dal cervello, una delle parti più coinvolte nel controllo è la corteccia motoria.

Per realizzare i movimenti diretti verso una meta, la porzione anteriore del lobo frontale del cervello deve prima ricevere le informazioni dagli altri lobi, da quello parietale sulla posizione del corpo nello spazio e da quello temporale sulla memorizzazione delle azioni passate.

Il movimento convergente richiede una elaborazione percettiva, percorre le vie piramidali e ci permette di svolgere azioni volontarie che ripetute con l’allenamento, con l’imitazione di un modello, con l’addestramento, ci specializzano in una disciplina sportiva spesso unilaterale che sviluppa competenze specifiche a discapito di altre abilità motorie.

4) il movimento divergente
  • E’ la manifestazione espressiva, originale, articolata e consapevole delle nostre energie interiori.
  • E’ il movimento attento al nostro mondo interno in armonia con quello esterno.
  • Risana, in questo modo, le vecchie scissioni corpo-mente, ragione – sentimento, pensieri-affetto.

I nostri movimenti volontari non si dissociano dai nostri impulsi profondi.

Il pensiero, il movimento, l’emozione si uniscono in un unico flusso coinvolgendo ogni parte del cervello, si mettono in collegamento il sistema extrapiramidale e quello piramidale che in realtà non sono mai separati.

Il movimento divergente crea connessioni ripristinando il senso di unità. Le connessioni stabiliscono i nessi tra le sensazioni, le emozioni, le immagini e il pensiero, compreso quello laterale.

I gesti non sono frammentati, staccati, robotizzati, divisi perché vivono l’esperienza corporea nella sua pienezza migliorando il nostro modo di comunicare.

Il movimento divergente ci fa esplorare tutte le possibili combinazioni delle azioni motorie attraverso il gioco, una delle attività più serie che esistano, ricordandoci che non abbiamo un corpo, come se fosse un’automobile acquistata da poco, ma che siamo un corpo. 

Il sistema motorio

si divide, partendo dal basso in:

Le aree motorie oltre a quella motoria vera e propria sono quelle delle regioni corticali premotorie e quelle dell’area motoria supplementare.

I movimenti di tipo riflesso si fermano ai livelli inferiori, al midollo spinale, senza arrivare alla corteccia.

A completare il controllo del movimento ci sono poi il cervelletto e i nuclei della base, tra i quali c’è Putamen, una sorta di supereroe tuttofare a forma di guscio di noce.

La corteccia motoria è quella parte del cervello che pianifica, controlla ed esegue i movimenti volontari del corpo dall’alto del centro operativo del lobo frontale.

I movimenti involontari e volontari sono sempre integrati e il movimento divergente permette il loro naturale collegamento. 

Il  movimento divergente fa così il suo ingresso nelle scienze pedagogiche (Il Movimento divergente, Pasquale Iezza, Aranblu editore, 2001), un ingresso fondamentale perché fecondo di prospettive didattiche e formative nel mondo della scuola e dello sport. 

E’ il movimento, apprendista meccanico, specializzato nelle giunzioni neuro-muscolari, nei cambi, nei circuiti e nei gangli di collegamento, ed ha un’officina con tutte le chiavi di accensione dei motoneuroni di qualsiasi cilindrata.

Ha facilitato nuove risposte a discipline sportive che sembravano codificate in modo permanente, basti solo pensare:

Diego Maradona
Diego Maradona con la maglia dell’Argentina

che a rivederla “scioglie il sangue nelle vene”.

video tratto dal film ” cosi parlo’ bellavista” (1984)

di Pasquale Iezza

Superallenamento

Periodizzazione – Superallenamento si…

ma programmato

Sottolineare quanto sia importante mantenere sotto controllo certi segnali, come la difficoltà a recuperare dopo una sessione di allenamento particolarmente dura, è di una importanza estrema.

I sintomi più evidenti sono:

  • irritazione muscolare che continua oltre le 48 ore dopo l’esercizio;
  • dolore cronico alle articolazioni;
  • sonno agitato e/o stanchezza dopo il sonno;
  • cambiamenti notevoli nelle normali funzioni del corpo;
  • mancanza di motivazione.

Se si nota qualcuno di questi, bisogna modificare:

  • l’intensità
  • la durata
  • la frequenza degli esercizi

e continuare ad osservare qualunque cambiamento.

In seguito a sedute di superallenamento è necessario inserire, in un programma di allenamento, un giorno o due alla settimana esclusivamente dedicati al riposo. 

Nel programma di periodizzazione è assolutamente previsto un paio di periodi di riposo “attivo “ che seguono la stagione pre – agonistica e la stagione regolare (o post – agonistica)

La periodizzazione
periodizzazione

E’ il programma pianificato di allenamento di un atleta o di una squadra durante tutto l’anno che culmina in un ottimale livello di condizionamento atletico o in una buona prestazione complessiva in un periodo prestabilito della stagione.

Nello specifico nel basket, che è uno sport in cui ogni partita conta, un allenamento stagionale teso a raggiungere il culmine della forma nei play – off, non è realistico.

Perciò un piano sistematico di allenamento fornisce delle variazioni:

  • Nell’ Intensità di allenamento (gradi di difficoltà dell’esercizio; la qualità del lavoro);
  • Nel volume (la quantità di lavoro);
  • Nella tecnica (abilità specifica al basket e capacità atletiche)

Le variazioni sono attuate per massimizzare l’effetto dell’allenamento e le prestazioni altamente positive.

Manipolando queste variabili, compreso l’allenamento della forza, è possibile preparare un piano efficace per la stagione da iniziare.

di Tiziano Megaro

L'armonia dell'assieme

L’armonia dell’assieme

“Continua la rubrica dedicata ai lettori che decidono di contribuire offrendo a tutta la nostra comunità la propria riflessione, opinione, idea su di un argomento a loro più vicino. Ci delizia con quest’articolo Virginia Abbagnale (ex atleta di canottaggio, insegnante di lettere e filosofia, attualmente giudice di canottaggio)”
Grazie per continuare a “rompere il ghiaccio”. T.M.

Il canottaggio (e non canoa!) ha tante specialità; la più bella, a mio parere, è l’8+.

8 con

Quasi 18 metri di lunghezza per 93 kili, otto vogatori con un lungo remo ciascuno e un timoniere. Chiedi ad un tecnico e questo ti risponderà, ma la verità è che l’ammiraglia è molto di più.

Chiunque ha visto questa barca in azione concorderà con me che si tratta di pura magia:

canottieri che si muovono all’unisono, le grida di incitamento del timoniere, i remi che volano sull’acqua, la pallina che fila via a velocità impossibile. La barca appare leggera come una piuma, veloce come una freccia, i vogatori sembrano un solo uomo e pare che non possa esserci nulla di più facile e naturale.

Sbagliato.

Dietro a questa meravigliosa visione ci sono tanto sudore e lavoro.

C’è la fatica fisica.

“Ora dopo ora, giorno dopo giorno, con il sole afoso che crepa il terreno, con il freddo che gli penetra nelle ossa o con la pioggia che lo acceca, il canottiere non conosce riposo né vacanza.

I giorni rossi sul calendario spariscono e, anzi, sono più faticosi dei neri, la sveglia suona all’alba. Senza sosta il nostro eroe corre, rema, fa pesi e remoergometro. I primi minuti sono facili, divertenti, ma poi inizia a mancargli il respiro, boccheggia disperato alla ricerca d’aria. Contrarre i muscoli è doloroso, un incendio che si propaga senza sosta nelle gambe e nelle braccia, un urlo di dolore si fa strada nella gola, la testa lo prega di smetterla con questa follia, lo supplica di fermarsi perché se farà ancora un altro movimento potrebbe frantumarsi in mille pezzi e non riuscire a ricomporsi.”

sudore e lavoro canottaggio

È qui che entra in gioco la testa.

Da fuori può sembrare che il canottaggio sia solo uno sport di forza e resistenza fisica ma la verità è che per migliorarsi il controllo mentale è imprescindibile.
Il corpo umano è creato per assicurarsi la sopravvivenza, per questo quando lo spingiamo ai limiti entra in atto un meccanismo di autoconservazione che lo porta a fermarsi.

Ehi, sei matto? Fermati, sei vicino alla zona di pericolo!, questo urla la testa.

Ma il canottiere che vuole migliorarsi non può cedere alla tentazione, al dolce richiamo della sirena che tenta di ammaliarlo, e sessione dopo sessione raggiunge il limite, sopporta il dolore e spinge l’asticella dell’autoconservazione un po’ più in là.

Bene, penserete, ecco allora quali sono gli ingredienti per ottenere la magia. E invece no, ne manca ancora uno; quale?, l’assieme.

Per chi fosse a digiuno di canottaggio, si tratta della parola che si usa quando i vogatori si muovono, appunto, tutti insieme.

Anche in questo caso sembra facile ma non è.

Ogni atleta ha una personalità e un ritmo di palata che lo caratterizza, che fa di lui un individuo unico e irripetibile, ma quando è in barca, soprattutto in un’ammiraglia, bisogna superare l’individualità e otto devono diventare uno.

Non è semplice: finché è in barca, il vogatore deve rinunciare alla parte più spontanea e profonda del suo essere, la deve rinchiudere in un angolino della sua testa e deve affidarsi al suo timoniere. Ripone le sue speranze, la sua forza, le sue paure, tutto se stesso nelle mani del compagno. Ci vuole coraggio, un vero e proprio atto di fede.

Ecco, ora finalmente la ricetta è pronta.

La barca lunga e veloce, gli uomini (e donne!) che si muovono come uno solo, la potenza che si sprigiona ad ogni “Via” del timoniere;

non sembra tutto ancora più magico?

di Virginia Abbagnale

Storia della preparazione atletica

Storia della preparazione atletica

Nuovo concetto di allenamento e suoi principi
Evoluzione preparazione fisica

La storia della preparazione atletica vede la sua comparsa, in modo sistematico, nel calcio intorno agli anni ’60; successivamente ha avuto una forte diffusione anche nelle altre discipline sportive.

La metodica di allenamento deriva…

dall’atletica leggera che, a quel tempo, era l’unico sport che aveva mutuato una cultura strutturata.

atletica-leggera

Questo intervento ha comportato un approccio aspecifico all’attività portando ad una stabilizzazione delle capacità degli atleti e ad una aumento del numero di infortuni.

Negli anni ’80 anche altri sport si affacciano ad un approccio “atletico “ ma con metodiche che nulla avevano a che fare con il modello prestativo.

Negli anni ’90, con la scoperta dei lavori di forza, anche per la pallacanestro, il preparatore ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato.

Ciò nonostante, le metodiche non erano ancora specifiche anzi derivavano dai body builders con le stesse conseguenze derivanti dall’applicazione dei metodi dell’atletica leggera.

Da pochi anni è iniziata una piccola rivoluzione nell’area della preparazione fisica con l’introduzione di un concetto più moderno: “L’ALLENAMENTO FUNZIONALE”.

Alcuni studiosi hanno dimostrato quanto siano importanti gli aspetti coordinativi del gesto specifico rispetto all’esclusivo lavoro di aumento della forza muscolare, attraverso esercizi che niente hanno a che fare con i movimenti tecnici o la posizione che un cestista assume in campo.

L’allenamento funzionale quindi affiancherà l’allenamento tecnico – tattico del cestista attraverso programmi personalizzati e specifici.

Allenamento funzionale
PRINCIPI DI ALLENAMENTO

L’allenamento nasce dal modello di prestazione tipico del cestista e si sviluppa seguendo dei criteri che tengono in considerazione i requisiti fisici dell’individuo e la sua volontà.

Modello prestativo:

  • Energetico (fonti energetiche maggiormente utilizzate)
  • Biomeccanico (gesto che viene svolto, con partciolare riferimento al rapporto degli arti e anche delle componenti cinematiche e dinamiche)
  • Neuromuscolare (Percentuali di forza impresse e tempo di applicazione)

I parametri che definiscono il modello prestativo sono:

  • Durate della gara
  • Presenza di variazioni
  • Intensità e durata delle variazioni
  • Frequenza del gesto
  • Tempo di applicazione del gesto
  • Adattamento
  • Periodizzazione e progressione

Oltre agli elementi aggiuntivi che sono il riposo e la nutrizione.

L’obiettivo finale dell’allenamento è la gara, oltre per lo scopo agonistico ma anche perché è fondamentale conoscere, osservare e appuntare il comportamento dell’atleta in fase di gara in quanto ci indica la strada da percorrere per programmare l’allenamento.

Gara

(cit e rif.. Prof. Roberto Colli e prof. Gianni Cedolini)