Importanza test di forza

IMPORTANZA DEI TEST DI FORZA

Per forza muscolare s’intende la capacità di un muscolo singolo o di un gruppo muscolare di vincere una resistenza.

La resistenza può essere costituita dal peso del proprio corpo, da un peso esterno, oppure da una forza che si oppone alla contrazione muscolare.

La fisica ci dice che la Forza è data dall’espressione tra una massa e la sua accelerazione (F=m*a) e che questo evento inneschi una serie di…

…reazioni a catena che dipendono da fattori quali:

Il prof. Carmelo Bosco sosteneva che la classificazione della forza deve avvenire attraverso l’analisi dei due elementi fondamentali che sono:

  • il carico (la massa)
  • la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione)
    • a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso e lo spostamento ottenuto.

L’identificazione del massimale è un preciso riferimento della quantità di forza esprimibile in un determinato movimento monoarticolare, multiarticolare o di un determinato gruppo muscolare.

Allenare la forza

L’allenamento della forza è importante per migliorare le prestazioni, per raggiungere equilibrio nelle riabilitazioni e riatletizzazioni  ed è  in grado di contrastare  efficacemente la perdita di massa muscolare producendo  risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici .

Stimola, inoltre, la capacità  neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari  e questo consente sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di  denervazione.

Atleta pallavolo

L’inattività con il passare degli anni aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.

Gli allenamenti della forza negli anziani e nei soggetti affetti da sindrome metabolica possono essere eseguiti in totale sicurezza.

Se ben programmati e  attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di  massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.

La valutazione

La valutazione della forza è indispensiabile al fine di poter eseguire un corretto approccio dell’allenamento basato su principi scientifici.

Una corretta valutazione dei livelli di forza permetterà di elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare:

La valutazione della forza clinico-funzionale

La valutazione della forza clininico – funzionale è di fondamentale importanza per identificare l’attitudine di un soggetto e per il monitoraggio degli adattamenti fisiologici all’esercizio fisico mettendo in evidenza le aree che necessitano di intervento e le modalità più idonee per attuarlo permette inoltre di impostare i giusti carichi di lavoro .

La coordinazione è importante soprattutto nella valutazione della forza dinamica massimale ed essa sarà sempre legata ad uno specifico movimento perché in  parte la forza è un’abilità.

Per questo quando si valuta un movimento va sempre presa in considerazione sia la parte quantitativa (il valore numerico estratto dalla prova) che quella qualitativa (la correttezza del gesto).

Se si elimina dalla valutazione l’attenzione alla correttezza tecnica del gesto si rischia di rendere la prova non valida e inoltre si espone la persona ad infortuni anche gravi.

Cos’è indispensabile per i test (obiettivo – soggetto – test)
  • una conoscenza approfondita del gesto ed esperienza nell’applicazione del test
  • una corretta valutazione della relazione
  • una capacità di osservazione delle fasi dell’esecuzione
  • una corretta interpretazione dei dati
  • un corretto incrocio dei dati con gli altri test

I test   devono analizzare le condizioni di partenza e in itinere.

Per avere efficacia devono essere:

  • ATTENDIBILI
    • riprodurre ciò che misurano,
  • VALIDI 
    • rispettare il significato predittivo scopo
  • OBIETTIVI
    • operatori diversi risultati analoghi
  • RIPRODUCIBILI
    • misurare stessa cosa e condizione
  • SPECIFICI
    • soggetto e tipo attività
  • TECNICI
    • mantenere costanti le variabili

Questo è il motivo perchè devono essere effettuati da professionisti che hanno esperienza nell’analisi tecnica del gesto proposto, nella capacità di osservazione delle dinamiche di esecuzione del gesto nonche’ di eventuali compensazioni che potrebbero inficiare il risultato finale.


Le regole per una buona valutazione sono semplici:
  • Sapere cosa valutare
  • Scegliere il metodo (test) giusto per la valutazione
  • Scegliere il mezzo (esercizio) giusto per la valutazione
  • archiviare i risultati
  • riassumerli sotto forma di grafici per avere una visione d’insieme dei progressi ottenuti

Secondo Bosco (2001) il test è specifico se riproduce e soddisfa le condizioni della prestazione in termini di coerenza biomeccanica, coordinativa e metabolica.

 Valutazione dei test di forza:
Nello specifico

La forza massima, si esprime quando si muove un carico, il più alto possibile, senza limitazioni di tempo e senza la possibilità di modularne la velocità di spostamento.

Quella esplosiva, anche se in modo improprio, si può definire come la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocità possibile.

L esplosivo-elastica, si esprime quando si vuole muovere un carico il più velocemente possibile e il movimento inizia con una fase eccentrica alla quale segue immediatamente quella concentrica

La forza esplosivo-elastico-riflessa, come quella elastica, si esprime in un doppio ciclo stiramento-accorciamento, ma in questo caso di ampiezza limitata e di velocità particolarmente elevata.

La resistenza alla forza veloce non è altro che la capacità di esprimere elevati sviluppi di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo

La resistenza muscolare è la capacità del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza prolungati per lungo tempo.

La valutazione può essere  in condizione di:
  • Forza espressa in situazione statica
  • Forza espressa in situazione dinamica – con o senza carico
I metodi di valutazione della forza: 
  • manuali TMM (test muscolare manuale)
  • pratici  in palestra a corpo libero o con uso di pesi liberi e macchine
  • strumentali basati sui dinamometri , cella di carico, accelerometro,  sistemi optoelettronici, videografici, handgrip, pedane

Il presupposto di ogni controllo efficace dell’allenamento è quello di disporre di valori affidabili di test (Bartonietz 1992) : 

Valutazione funzionale + Pianificazione dell’allenamento = CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO

I test costituiscono un controllo periodico molto efficace e grazie all’analisi dei loro risultati è possibile elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, mettendo in relazione la performance con le strategie di lavoro adottate.

di Davide Antoniella

Forza tridimensionale

La forza tridimensionale e funzionale negli sport di situazione

L’effettore finale del movimento è il sistema muscolare, che trova nelle sue unità funzionali, i sarcomeri, i protagonisti del suo accorciamento in toto, spiegabile grazie alla teoria dello scorrimento dei filamenti.

I sarcomeri in quanto singola unità, devono sommarsi tra loro per creare il substrato strutturale motorio.

Sistema muscolare

Deve far riflettere come a partire da un evento “banale” quale lo scorrimento di Actina e Miosina, possa derivare una variabilità gestuale estremamente complessa. Per cui la chiave dell’allenamento o della prevenzione di un evento traumatico, deve orientarsi ad ottimizzare tutto quello che precede e consegue la formazione dei ponti trasversali a livello del muscolo e non concentrarsi sul mero rinforzo locale.

A questo possiamo poi aggiungere la maggiore complessità degli sport situazionali, grazie all’interazione del soggetto in questione con gli eventuali compagni di squadra, con l’avversario/i, con le infinite possibilità di variabili legate al gioco e di tutto ciò che ne consegue.

La sommazione dei sarcomeri, da un punto di vista teorico, si effettua in duplice modalità. La sommazione in serie e la sommazione in parallelo.

Se si considera il comportamento di due sarcomeri e si valuta il risultato complessivo di questi, le caratteristiche del movimento derivato di tale organizzazione sarà peculiare.

La sommazione in parallelo porterà ad un quadro di caratteristiche orientate ad un’espressione di forza maggiore, la sommazione in serie darà vantaggio sulla velocità di accorciamento (1).

La forza che il muscolo può esprimere non dipende esclusivamente dall’attività muscolare “pura”, ma può avere man forte dalle strutture passive perimuscolari.

La forza generata dal tessuto contrattile può esprimersi grazia a una duplice modalità di trasmissione, la quale, può essere di tipo diretto o indiretto.

Per cui possiamo avere (2):
  • Trasmissione Miotendinea, che si esprime agli estremi del muscolo.
  • Trasmissione Miofasciale, che può avere luogo lungo tutta la lunghezza del sarcomero.

Considerando il modello dello scorrimento dei filamenti e che a livello tendineo il movimento autorizzato sarà una trazione longitudinale al ventre muscolare, all’interno del ventre stesso le forze in gioco saranno di tipo tridimensionale.

I responsabili strutturali di questo sistema accessorio a quello longitudinale possono essere riconducibili all’Epimisio, Perimisio ed Endomisio. Per cui la forza, oltre che nascere dal sistema esclusivamente attivo, può nascere, grazie alle intime relazioni strutturali, anche dallo stroma connettivale (3).

epimisio endomisio perimisio
epimisio, endomisio e perimisio

La forza espressa da un singolo sarcomero dipende dal grado di sovrapposizione dei filamenti di actina e miosina. Essa è maggiore a lunghezze intermedie e tende a diminuire a mano che ci allontana da questa lunghezza ottimale.

Sulla base di questo sistema ausiliario di trasmissione di forza, un antagonista muscolare può essere fondamentale per l’ottimizzazione della produzione di forza da parte un dato muscolo, in quanto elemento di stabilizzazione.

In base a tale discorso si può capire come la forza sia angolo e gesto specifica, e di come più ci si allontani dalle caratteristiche tecniche di riferimento, più sarà difficile che la capacità allenante di un dato esercizio possa essere utile al miglioramento della performance.

Questo potrebbe indurre a far credere che esercizi aspecifici o di isolamento abbiano poco senso nell’ambito degli sport di situazione, ovviamente è un’affermazione che va contestualizzata al livello del soggetto (4).

Più un atleta è specializzato e più sarà preponderante la ricerca di una relativa specificità

Negli atleti evoluti si favorirà sempre più un approccio tendente all’ottimizzazione coordinativa gestuale, più che del miglioramento di parametri fisiologici. La stessa considerazione può essere usata per gli esercizi multiarticolari, nei quali potrebbe esservi uno stimolo eccessivo per determinati distretti ed irrisorio per altri.

Anche in tal caso la risposta va cercata nelle esigenze del singolo tramite una valutazione delle esigenze (5).

Considerare il vissuto dell’individuo, i traumi, infortuni, postura dinamica, caratteristiche trasversali, unitamente alle richieste dello sport praticato, è un primo approccio da considerare come riferimento operativo. 

Atleta forza tridimenzionale
CONCLUSIONI

A partire da questo piccolo cappelletto introduttivo, i riferimenti da considerare per orientare il lavoro possono essere riassunti dai seguenti punti:

  • Colloquio conoscitivo dell’atleta. (Considerare il suo vissuto, il suo stile di vita, la storia dei traumi, le sue esigenze)
  • Valutazione posturale soprattutto dinamica.
  • Valutazione delle richieste sport-specifiche. (Soprattutto angoli di lavoro, tipologie di forza maggiormente necessari, tempi di applicazione della forza, traumatismi principali della disciplina svolta)
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Bibliografia

  • C.Bosco. La forza muscolare. Aspetti fisiologici ed applicazioni pratiche.
  • Huub Maas and Thomas G. Sandercock. Force Transmission between Synergistic SkeletalMuscles through Connective Tissue Linkage.
  • Huub Maasa, Guus C. Baana, Peter A. Huijing. Muscle force is determined also by muscle relative position: isolated effects.
  • Schoenfeld BJ, Contreras BM. Is functional training really functional? ACSM Certified News 2010.
  • Schoenfeld BJ, Contreras BM. Do single-joint exercises enhance functional fitness? Strength Cond J 2012.

Autori: Antonio Di Stasio e Dario Mirra

velocità 2

LA VELOCITÀ

NELLA PALLACANESTRO

I requisiti necessari per giocare a basket a livello competitivo superano di gran lunga quelli necessari ad eseguire le normali attività quotidiane e anche a quelli richiesti nella maggior parte degli altri sport.

Una buona condizione di base da sola non può essere sufficiente.

Una buona elasticità, un buon allenamento del core e la forza sono elementi essenziali per la pratica della pallacanestro, si rende necessario sviluppare anche qualità associate ad una elevata prestazione atletica come:

Tutte e quattro queste qualità atletiche sono in parte determinate dal proprio bagaglio genetico e qualunque inesperto telecronista di pallacanestro definirà “atleta naturale” quei giocatori un po’ più dotati nella media.

L’ereditarietà gioca però un ruolo minore rispetto a quello che comunemente si pensa.

Veramente troppi giocatori dotati geneticamente hanno permesso che quelle loro capacità si deteriorassero, mentre altri si sono spinti a limiti estremi del proprio potenziale atletico.

In altre parole se si vuole migliorare la propria velocità, potenza, agilità e coordinazione lo si può fare.

LA VELOCITA’

Velocità, rapidità e abilità nel saltare sono le qualità atletiche considerate più importanti nel basket.

I giocatori che mostrano movimenti eleganti, fluidi, agili ed esplosivi sul campo nel confronto degli avversari sono gli stessi che, generalmente, eccellono in questo sport.

Essi hanno sviluppato abilità superiori nei movimenti fondamentali che consentono loro di spostarsi dal punto A al punto B molto rapidamente.

Le componenti

La velocità ha due componenti di base:

  • la lunghezza del passo
    • (la distanza coperta da un solo passo)
  • la frequenza dell’andatura
    • (il numero di passi effettuati nell’unità di tempo)

La cadenza alla quale l’atleta muove le sue braccia e le sue gambe e la distanza che ogni andatura copre, determina la velocità di un atleta.

Idealmente un giocatore adotterà un alto livello di frequenza per accompagnare un’ampia andatura.

Questo risulta valido anche per movimenti diversi dallo sprint in linea retta, come ad esempio i movimenti laterali, gli arretramenti e i movimenti combinati della pallacanestro.

Tutti i giocatori hanno delle limitazioni personali che riguardano la velocità e il come muovono braccia e gambe.

Infatti sprinter di fama mondiale e corridori di medio livello sono sorprendentemente simili in termini di frequenza di andatura.

Dato per scontato che ogni atleta potrebbe migliorare la frequenza dell’andatura, da un punto di vista di risparmio del tempo, un maggiore progresso dello sviluppo della velocità viene ottenuto mettendo in evidenza il progredire di un’andatura “esplosiva”.

Importante assicurarsi, però, di non sacrificare la frequenza dell’andatura solo per aumentare la lunghezza del passo.

Se il più grande fattore di limitazione dello sviluppo della velocità è la lunghezza del passo, perché l’atleta allora non può correre semplicemente con un passo più lungo?

Credo che la risposta è che quello che l’atleta guadagna in lunghezza dell’andatura è controbilanciato da una perdita di efficienza nel movimento.

Chiunque può mettersi a correre con un passo più lungo, ma movimenti di scavalcamento, saltelli, oscillazioni e una frequenza ridotta di passi quasi sempre producono un’andatura a passo più lungo a scapito della velocità.

I tre punti chiave per migliorare la lunghezza dell’andatura sono:

  1. Aumentare la forza muscolare
  2. Migliorare l’elasticità delle articolazioni coinvolte nel movimento
  3. Migliorare la meccanica del movimento

Un giocatore non sviluppa la velocità semplicemente eseguendo movimenti veloci.

Conclusioni

Schemi di movimento fondamentali come il correre, il saltellare, lo schivare, il cambiare direzione, il saltare, il saltare in alto e il correre all’indietro sono comuni nel gioco del basket.

Una volta che si conosce l’importanza della specificità e si vuole sviluppare un’andatura più efficace ed ampia, c’è bisogno di includere un programma di esercitazioni ed attività tese al miglioramento della velocità e della rapidità nel piano di allenamento di un atleta, in modo da migliorare anche i movimenti specifici del basket ed incrementando l’appropriato sistema di energia nello stesso tempo.

In quest’articolo ho fatto riferimento ad appunti e concetti, in cui credo, di grandi preparatori fisici della NBA oltre che a teorie sperimentate di alcuni preparatori italiani.

di Tiziano Megaro

Functional training

Fin dai tempi antichi, l’uomo ha avvertito la necessità di migliorare le prestazioni fisiche nelle varie espressioni della psicomotricità.

Cenni storici

Poco prima della battaglia delle Termopili (480 A.C.) re Serse incaricò i suoi esploratori di recarsi di nascosto nell’accampamento degli spartani al fine di spiarne le mosse.

Gli esploratori riferirono al sovrano come gli spartani fossero quotidianamente impegnati ad allenare il proprio corpo con esercizi calistenici.

spartano-allenamento

Solo dopo che, nel corso della battaglia, i 300 spartani riuscirono a tenere testa agli oltre 120.000 soldati di Serse, fino all’arrivo delle altre forze greche, il sovrano comprese a proprie spese la ragione per cui il popolo greco desse una tale importanza all’esercizio fisico.

Agli antichi greci dobbiamo il principio che recita come per accrescere la propria forza sia necessario manipolare il sovraccarico, incrementandolo progressivamente.

La massima espressione del fisico “ideale” fa ancora oggi riferimento alle statue greche.
Esercizi propedeutici di corsa nell’antichità

Nelle terme e nelle ville romane sono stati rinvenuti mosaici raffiguranti diversi soggetti (anche donne), impegnati nell’allenamento contro resistenza, a testimonianza della diffusione di tale pratica nella quotidianità.

I gladiatori che si misuravano negli anfiteatri, passavano le loro giornate dedicandosi all’allenamento di forza e destrezza, unitamente a quello volto al perfezionamento delle tecniche di combattimento.

Nel medioevo, gran parte dell’addestramento degli aspiranti cavalieri era basato su esercizi a corpo libero e con sovraccarichi.

Nei secoli, si sono poi sviluppate diverse tecniche e discipline, dalla ginnastica artistica al sollevamento pesi, all’esercizio calistenico.

Dal secolo scorso si è visto il proliferare di attrezzature per l’allenamento isotonico e ha decretato l’esplosione di una serie di nuove tecnologie.

Stati du squilibrio

A seguito dei protocolli di potenziamento sviluppati con tali attrezzature, sono stati rilevati alcuni stati di squilibrio nello sviluppo muscolare tra:

  • i distretti agonisti
  • antagonisti
  • fissatori e stabilizzatori dell’articolazione (o delle articolazioni),

interessate da un determinato movimento.

È stato altresì evidenziato un allungamento delle tempistiche di “trasformazione” delle sessioni d’allenamento della forza.

Fatto dovuto al presupposto che tali allenamenti erano stati essenzialmente concepiti per il muscolo e non per il movimento.

Ecco che è nata così la necessità di:

ricollegare l’allenamento muscolare alla corretta cinematica del gesto.

La mobilità

Il controllo motorio è parte di un complesso sistema fisiologico con primo attore il SNC (Sistema Nervoso Centrale), che organizza regola e controlla il movimento, nella sua interezza.

Il SNC diviene efficiente in presenza di una mobilità controllata e di una stabilità dinamica.

Riconosce i movimenti, non i muscoli e non permette un movimento che non può controllare.

All funzionale

Prima di tutto viene la mobilità:

  • si imparano schemi motori, da semplici a via via più complessi.
  • si crea  la base  motoria con nuovi engrammi motori, (che sia un’atleta o una persona comune), poi  la stabilità al movimento.

Ciò ci deve perciò insegnare che il nostro sistema nervoso è, nel suo complesso, ottimizzato per gestire dei “gesti”.

Nello specifico movimenti frutto di un’intenzione e perciò finalizzati al conseguimento di un risultato.

L’allenamento funzionale risponde alla necessità di sfruttare appieno i guadagni ottenuti in termini di forza muscolare mediante:

  • miglioramento della coordinazione interdistrettuale;
  • esercitazioni complesse che impegnino attività tonico posturale;
  • equilibrio e movimento applicabili a tutte le età.

Questa precisazione si rende necessaria in quanto un protocollo di allenamento funzionale che non tragga spunto da un’attenta valutazione dei sistemi di controllo di postura, equilibrio e movimento.

Sarebbe, di fatto, un viaggio senza meta.

In caso di un’alterata funzione del sistema tonico posturale, non sarebbe possibile allenare (e quindi migliorare) un gesto,

Al contrario, si andrebbe ad allenare un gesto “compensato” (quindi sbagliato), con tutte le conseguenze del caso:

minore efficacia terminale, rischi di fenomeni da sovraccarico, ecc…

Il concetto di regioni interdipendenti si riferisce al concetto che limitazioni funzionali, apparentemente estranee, in zone anatomiche remote, possano contribuire o essere associate con il disturbo primario del paziente

Da un punto di vista neurofisiologico, l’allenamento funzionale è tutt’altro che una banalità

L’Allenamento Funzionale consiste nel somministrare al corpo stressor (fattore di stress – agente stressante) che vadano ad incrementare i diversi parametri fisiologici.

Il sistema non sarà colpito da un unico “lato”, ma facendo arrivare stimoli complessi a cascata.

Quindi, in tale contesto, ben vengano metodi che usino principi propri del:

con attrezzi vari purché lo stimolo sia teso ad aumentare tutti i parametri da un punto di vista salutistico, funzionale ed estetico.

FT - body building

Lo scopo dell’allenamento non è quello di allenare il singolo muscolo o la singola caratteristica (forza, resistenza, mobilità articolare, ecc.).

Il fine è quello di allenare movimenti complessi che includono in sé molteplici abilità.

Finalità del functrional training

Secondo il functional training  bisogna ragionare in termini di movimento del corpo, di catene cinetiche.

Significa, dunque, focalizzarsi sul far lavorare i vari muscoli in sincronia.

Nella realtà l’attrezzatura può essere molto semplice o complessa.

Infatti comprende tutto ciò che ci permette di individualizzare l’esercizio e renderlo funzionale all’obiettivo nel rispetto della:

  • biomeccanica
  • anatomia
  • fisiologia del soggetto.

La fantasia in questo caso la fa da padrona!

Conclusione

Ritengo tutti gli attrezzi:

  • semplici e complessi
  • di fortuna e fantasia

adatti all’allenamento funzionale a seconda del soggetto considerato.

Possiamo quindi dire che è la corretta applicazione che determina la loro collocazione nel functional training .

Anatomia, fisiologia, biomeccanica e tecniche di utilizzo forniscono una seria preparazione all’allenamento funzionale.

Davide Antoniella Functional training
Il preparatore atletico prof. Davide Antoniella

di Davide Antoniella

Allenamento donna

Triade della donna

Esercizio fisico amatoriale – agonistico

Aumenta l’interesse delle donne per queste discipline

Grazie ai cambiamenti sociali degli ultimi trent’anni, l’interesse da parte delle donne nei confronti dell’esercizio fisico, amatoriale e agonistico, e in particolare per le attività di tendenza come il CROSSFIT, il POWERLIFTING, la corsa ad ostacoli (SPARTAN RACE), risulta essere più coinvolgente.

Il più delle volte, le motivazioni che portano una donna ad iscriversi in palestra sono date da un fattore…

estetico o da un fattore competitivo estremo, solo secondariamente per stare bene o per motivi di salute.

Nonostante sia ben noto il ruolo benefico dell’esercizio nella promozione della salute fisica e mentale, l’attuale tendenza generale è volta a volerne aumentare considerevolmente, durata, frequenza ed intensità.

Talvolta però l’atleta, nella convinzione di migliorare le proprie prestazioni, eccede con l’esercizio fisico e scompensa con il ridotto introito alimentare, arrivando a sbilanciare il fabbisogno energetico fino a compromettere il normale funzionamento del ciclo mestruale.

Triade
Foto di Andrea Piacquadio
Cosa è la Triade?

Nel 1992 la Task Force on Women’s Issues of the American College of Sports Medicine, definisce la “Triade dell’atleta femminile” (TRIADE) la combinazione di:

  1. Bassa disponibilità di energia (con o senza disturbi del comportamento alimentare).
  2. Ridotta densità minerale ossea (BMD) manifestata con osteoporosi e osteopenia.
  3. Inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadico (HPG) e alterazione degli ormoni FSH e LH con conseguente disfunzione mestruale fino all’amenorrea vera e propria (FHA).

Viene definita “amenorrea delle atlete”, l’assenza di mestruazioni spontanee che si protrae per almeno 3 mesi.

Le amenorree delle atlete possono essere classificate in:

  • «Amenorree primitive», ovvero quando la donna non presenta la comparsa del menarca (prima mestruazione);
  • «Amenorree secondarie», nel caso in cui la mestruazione scompaia dopo un periodo più o meno lungo di flussi mestruali spontanei.
Davide-Antoniella-Functional-training
Il prof. Davide Antoniella
Vediamo differenze e cause delle amenorree delle atlete

L’amenorrea da esercizio fisico, assieme all’amenorrea da disturbi alimentari (come da bulimia e da anoressia nervosa), fa parte delle amenorree ipotalamiche funzionali.

Quest’ultime vanno differenziate dalle amenorree ipotalamiche da causa organica, che comprendono quelle secondarie a patologia tumorale, ischemica o flogistica.

Le cause più accreditate che possono determinare lo stato di amenorrea sono:

  • Inadeguata alimentazione.
  • Modificazioni ormonali dovute all’esercizio fisico, perché alterano la produzione di GnRH, importante “regolatore” del ciclo mestruale e di cortisolo (ormone dello stress).

La prevalenza di amenorrea tra le atlete non è ben documentata, ma è stimata tra il 5% e il 40% (2-3% della popolazione generale) a seconda del tipo di disciplina sportiva e del livello competitivo.

Gli sport più a rischio sono quelli che richiedono

intensità particolarmente elevata:

molta resistenza, come le gare di fondo:

oppure quelli come:

che invece richiedono un aspetto fisico particolarmente definito con bassissime percentuali di grasso.

Anche lo stress emotivo è associato all’amenorrea (FHA) ed è stato considerato sia causa sia effetto della condizione.

Donna in allenamento
Come si manifesta la Triade dell’atleta femminile?

Il primo campanello d’allarme solitamente riguarda l’alimentazione.

Il rapporto con il cibo ritenuto troppo calorico, diventa una vera e propria ossessione fino a manifestare, in alcuni casi, sintomi anoressici.

Dal punto di vista clinico, i sintomi più significativi della scarsa disponibilità di energia legata anche a questo atteggiamento, sono i suoi effetti sul ciclo mestruale e sulla salute delle ossa.

Com’è noto, l’esercizio fisico incentiva l’attività degli osteoblasti, ovvero le cellule che producono matrice ossea, ma la carenza di estrogeni ne peggiora la struttura trabecolare.

Barrack et al. (2010) hanno dimostrato come le atlete di endurance (40%) abbiano, infatti, una densità ossea più bassa rispetto alle ballerine o alle ginnaste (10%).

Molti sono anche gli studi che hanno evidenziato quanto la quantità di massa scheletrica acquisita durante l’adolescenza, sia uno dei fattori più importanti nel determinare l’osteoporosi e il rischio di fratture nel corso della vita.

Approssimativamente il 50% della massa ossea viene acquisita proprio in questo periodo;

l’aumento maggiore è tra 11 e 14 anni e solo a 18 anni le donne riescono a raggiungere il 95% della loro densità ossea (BMD) totale.

Il picco di massa ossea al collo del femore avviene all’età di 16 anni ma, nella colonna lombare, la massa ossea continua ad aumentare fino al terzo decennio di vita.

Durante i periodi di limitata disponibilità di combustibile, l’energia viene deviata o ripartita lontano dalla crescita e dalla riproduzione al fine di dare priorità ai compartimenti vitali per la sopravvivenza dell’individuo.

Questo dimostra l’enorme importanza di considerare l’allenamento in funzione delle fasi di crescita e di quanto sia fondamentale dosare attentamente l’attività motoria per quanto riguarda volume, intensità, tipo, recupero, progressione, frequenza e durata.

triade 2
Diversi studi hanno dimostrato come ci siano numerose conseguenze se questa condizione interessa un lungo periodo
  1. Aumentato rischio di infortuni muscolo-scheletrici
  2. Alterazioni cardio-circolatorie
  3. Fratture da stress
  4. Profilo lipidico anormale
  5. Disfunzioni endoteliali
  6. Perdita irreversibile di massa ossea
  7. Depressione
  8. Ansia
  9. Scarsa autostima
  10. Aumentata mortalità (Weiss Kelly et al. 2016)

La combinazione di questi fattori influirà inevitabilmente sulle prestazioni e sulla qualità della vita aumentando il rischio di lesioni, depressione, irritabilità, diminuendo coordinazione, forza muscolare e concentrazione

alterando lo sviluppo psico-fisico in fase di crescita e attivando processi degenerativi che a lungo termini porteranno ad aumentare il rischio delle malattie legate all’invecchiamento.

di Davide Antoniella

La potenza

La potenza nella Pallacanestro

La capacità di generare energia è di importanza cruciale per una prestazione atletica vincente.

Nel basket quando tutte le altre doti tra due giocatori sono all’incirca di pari livello, è il giocatore più potente che vince, di solito.

La formula per determinare la potenza è:

Potenza = forza x distanza / tempo

Ciò che questa formula significa in termini semplici è che

per diventare un giocatore di basket più potente bisogna esercitarlo ad una forza massima nel più breve lasso di tempo.

Bisogna ricordare che potenza è definita come la massima quantità di forza che un muscolo può generare nel tempo.

Se la forza ha un ruolo vitale nell’equazione di potenza, ancora, alcuni allenatori e giocatori, commettono l’errore di confondere la forza con la potenza ed erroneamente giudicano la potenza in base alla quantità di peso che un giocatore può sollevare in palestra.

Questo non è un’unità di misura della potenza, ma piuttosto un indicatore della forza assoluta ed è di poco valore se non è subito trasferibile al campo di basket.

Per contro un atleta potente è in grado di unire la forza massimale con la velocità di movimento.

La forza esplosiva è anche chiamata dinamica o forza funzionale e dovrebbe essere lo scopo di ogni programma di allenamento di resistenza.

La pliometria

L’allenamento pliometrico è un modo estremamente efficace per unire la velocità alla forza ed ha come risultato la forza dinamica (energia).

  • saltare in alto
  • saltellare
  • passare la palla medica
  • fare torsioni e piegamenti addominali

sono solo alcuni delle centinaia di esercizi pliometrici che aumentano la componente rapida dell’energia.

Gli adattamenti fisiologici associati all’allenamento pliometrico sono di natura neuromuscolare.

La pliometria utilizza la naturale tendenza elastica del muscolo ed il potenziamento riflesso per produrre una forza più grande.

Si potrebbe pensare ai principi della pliometria come a quelli di un elastico che viene tirato e poi rilasciato.

Mentre l’elastico è tirato l’energia è immagazzinata nelle proprietà elastiche della gomma. Quando la tensione viene allentata, l’energia è trasferita in una uguale e opposta reazione.

La pliometria facilita il caricamento di un muscolo, o di un gruppo di muscoli, inducendo una rapida estensione che provoca una risposta neurologica che produce una più vigorosa contrazione reattiva.

Il processo di sviluppo della potenza nel basket deve essere rivolto al miglioramento della velocità, della forza e della meccanica del movimento.

Miglioramento della velocità

Per incrementare tutte le capacità motorie (ad esempio tutti i movimenti in avanti, indietro, laterale e quello combinato) bisogna indirizzare gli sforzi verso lo sviluppo di una notevole lunghezza del passo pur mantenendo una rapida frequenza dello stesso.

Questo permetterà di coprire più terreno e di mantenere nello stesso tempo il proverbiale “passo rapido” che gli allenatori considerano una caratteristica importante dei grandi giocatori di basket.

La potenza è la capacità di esercitare una forza esplosiva che può essere esercitata:

  • dal petto
  • dalle spalle
  • dai tricipiti
  • quando si esegue un passaggio all’altezza del petto
    • oppure la temporanea contrazione dei muscoli, che permettono le articolazioni delle anche, delle ginocchia e delle spalle appena prima di un salto verticale.

La velocità con la quale i muscoli coinvolti sono in grado di contrarsi e di esercitare forza è direttamente proporzionale all’energia prodotta.

Velocità di esecuzione

In altre parole, più veloce è l’applicazione della forza, più grande è il potenziale per un aumento della potenza.

Un altro fattore è la quantità assoluta di massa o di peso che deve essere spostato.

Se si trasporta un peso eccessivo in forma di grasso extra, sarebbe molto conveniente elaborare un programma per la perdita del peso insieme ad uno specifico allenamento di potenza per aumentare la forza ed anche i tessuti muscolari dell’atleta in questione.

Con meno grassi e più muscoli si avrà il potenziale per effettuare movimenti in maniera più esplosiva.

Miglioramento della forza

La capacità di esercitare una forza in modo esplosivo – di muoversi con più potenza – richiede un’adeguate quantità di forza muscolare.

Di conseguenza, più grande è la forza dell’atleta, più grande è il potenziale per una aumento della produzione di forza.

La forza è importante per un giocatore di basket solo se si trasferisce subito sul campo da gioco.

E’ difficile ripetere in palestra i molti schemi di movimento che si eseguiranno durante una situazione di gioco o un allenamento.

L’allenamento di forza funzionale cerca di mettere in connessione il lavoro in palestra al campo di gioco.

I palloni medicinali, le piste ruotanti, i giubbotti zavorrati, lo step sono soltanto alcuni dei metodi alternativi di sovraccaricare il sistema nel tentativo di costruire la forza e la potenza in modo specifico per l’azione di basket.

Schemi di movimenti usati sul parquet come il correre all’indietro, lo sprintare, lo schivare lateralmente possono essere tutti migliorati sovraccaricando questi movimenti attraverso la pratica dei principi di allenamento della forza funzionale, inseriti nel programma di allenamento.

Conclusione

Usare i movimenti più efficaci per eseguire con successo una particolare abilità è essenziale per la realizzazione di una maggiore potenza.

Unendo velocità e forza alla corretta meccanica di movimento, la produzione di forza avrà miglioramenti apprezzabilissimi.

di Tiziano Megaro

Storia della preparazione atletica

Storia della preparazione atletica

Nuovo concetto di allenamento e suoi principi
Evoluzione preparazione fisica

La storia della preparazione atletica vede la sua comparsa, in modo sistematico, nel calcio intorno agli anni ’60; successivamente ha avuto una forte diffusione anche nelle altre discipline sportive.

La metodica di allenamento deriva…

dall’atletica leggera che, a quel tempo, era l’unico sport che aveva mutuato una cultura strutturata.

atletica-leggera

Questo intervento ha comportato un approccio aspecifico all’attività portando ad una stabilizzazione delle capacità degli atleti e ad una aumento del numero di infortuni.

Negli anni ’80 anche altri sport si affacciano ad un approccio “atletico “ ma con metodiche che nulla avevano a che fare con il modello prestativo.

Negli anni ’90, con la scoperta dei lavori di forza, anche per la pallacanestro, il preparatore ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato.

Ciò nonostante, le metodiche non erano ancora specifiche anzi derivavano dai body builders con le stesse conseguenze derivanti dall’applicazione dei metodi dell’atletica leggera.

Da pochi anni è iniziata una piccola rivoluzione nell’area della preparazione fisica con l’introduzione di un concetto più moderno: “L’ALLENAMENTO FUNZIONALE”.

Alcuni studiosi hanno dimostrato quanto siano importanti gli aspetti coordinativi del gesto specifico rispetto all’esclusivo lavoro di aumento della forza muscolare, attraverso esercizi che niente hanno a che fare con i movimenti tecnici o la posizione che un cestista assume in campo.

L’allenamento funzionale quindi affiancherà l’allenamento tecnico – tattico del cestista attraverso programmi personalizzati e specifici.

Allenamento funzionale
PRINCIPI DI ALLENAMENTO

L’allenamento nasce dal modello di prestazione tipico del cestista e si sviluppa seguendo dei criteri che tengono in considerazione i requisiti fisici dell’individuo e la sua volontà.

Modello prestativo:

  • Energetico (fonti energetiche maggiormente utilizzate)
  • Biomeccanico (gesto che viene svolto, con partciolare riferimento al rapporto degli arti e anche delle componenti cinematiche e dinamiche)
  • Neuromuscolare (Percentuali di forza impresse e tempo di applicazione)

I parametri che definiscono il modello prestativo sono:

  • Durate della gara
  • Presenza di variazioni
  • Intensità e durata delle variazioni
  • Frequenza del gesto
  • Tempo di applicazione del gesto
  • Adattamento
  • Periodizzazione e progressione

Oltre agli elementi aggiuntivi che sono il riposo e la nutrizione.

L’obiettivo finale dell’allenamento è la gara, oltre per lo scopo agonistico ma anche perché è fondamentale conoscere, osservare e appuntare il comportamento dell’atleta in fase di gara in quanto ci indica la strada da percorrere per programmare l’allenamento.

Gara

(cit e rif.. Prof. Roberto Colli e prof. Gianni Cedolini)

Fitness metabolico

Il fitness metabolico

La sedentarietà, insieme all’eccessivo apporto calorico, all’alimentazione spesso sbilanciata e all’accumulo di stress, ha portato a un aumento delle malattie definite del BENESSERE o SINDROME METABOLICA.

Per questo la sempre maggior attenzione da parte dei mass media verso i tragici eventi, che coinvolgono giovani e meno giovani, ha sensibilizzato la pubblica opinione.

Verso le patologie cardiovascolari quali cause di morte.

Il termine SINDROME METABOLICA descrive un insieme di…

…fattori di rischio metabolico che aumenta la possibilità di sviluppare malattie cardiache, ictus, diabete.

Fattori di rischio della sindrome metabolica

Un fattore molto importante per prevenire e curare la sindrome metabolica e molte patologie cardio-respiratorie è l’attività fisica.

È noto da tempo che l’esercizio fisico svolge un ruolo fondamentale nelle malattie cronico-degenerative.

La strategia fondamentale per salvaguardare lo stato di salute è basata sulla prescrizione d’attività fisica utile a migliorare l’efficienza cardio-respiratoria, la composizione corporea.

In altre parole è stato riscontrato il valore dell’attività fisica per quanto riguarda il miglioramento della forza.

E’ stato dimostrato, tramite dati sperimentali, che lo svolgimento di attività fisica regolare è associata a benefici per la salute

anche quando l’allenamento rimane invariato.

Dai dati forniti dal Dipartimento sulla Salute e i Servizi Americani, dalla Società Chirurgica di Atlanta, dai Centri di Cura e Prevenzione delle Malattie Croniche e da numerosi articoli emergono i seguenti benefici:

Regolare attività fisica
Foto di Amanjot AJS
BENEFICI PRODOTTI DA UNA REGOLARE ATTIVITÀ FISICA
  • Miglioramento della funzione cardiovascolare e respiratoria.
  • Aumento del consumo d’ossigeno a causa dell’adattamento centrale e periferico.
  • Minor periodo di ventilazione per raggiungere un’attività submassimale.
  • Ridotto consumo d’ossigeno miocardico per ottenere uno sforzo submassimale.
  • Valori di frequenza cardiaca e pressione arteriosa inferiore, in corrispondenza di sforzo submassimale.
  • Aumento della densità dei capillari nell’apparato muscolo scheletrico.
  • Aumentata soglia d’esercizio per la presenza del lattato in circolo.
  • Aumentata soglia d’esercizio per la comparsa di segni o sintomi patologici (angina, depressione tratto ST, claudicazione).
  • Riduzione dei fattori di rischio coronarici.
  • Ridotti valori di pressione sistolica/diastolica a riposo.
  • Aumentati livelli nel siero della lipoproteina HDL e ridotti livelli di trigliceridi.
  • Ridotta presenza di grassi nell’organismo, particolarmente intra-addominale.
  • Diminuita richiesta d’insulina, migliore tolleranza al glucosio.
  • Diminuita mortalità e morbilità.
  • Attività di Prevenzione primaria (interventi richiesti per prevenire disfunzioni cardiache).
  • Attività di Prevenzione secondaria (interventi da predisporre dopo una disfunzione cardiovascolare per prevenirne un’altra).

Un’intensa attività fisica è associata a diminuita incidenza di mortalità per cause coronariche e di comparsa di malattie cardiovascolari e coronariche, tumori del colon e diabete di tipo 2.

La morte per ragioni cardiovascolari, o per altre cause sopra elencate, è ridotta nei pazienti con infarto del miocardio che si sottopongono ad un programma di riabilitazione cardiaco mediante esercizi fisici.

In modo particolare se concomitante ad una riduzione dei fattori di rischio.

Gli stessi pazienti non mostrano, tuttavia, una riduzione del numero di reinfarti non mortali.

L’attività motoria produce anche altri benefici:
  • diminuita ansietà e depressione;
  • maggiore capacità di svolgere il lavoro e le attività ricreative;
  • aumentato senso del benessere.
benessere fisico
Foto di Marta Wave

A questi possiamo aggiungere:

  • diminuzione del grasso corporeo ;
  • ipertrofia muscolo scheletrico;
  • aumento del carico di rottura delle ossa, legamenti, tendini.

In assenza di patologie cardiovascolari significative, i rischi prodotti dall’esercizio fisico sono estremamente bassi.

Un ampio studio retrospettivo eseguito nei centri YMCA ha rivelato un caso di arresto cardiaco e un caso di morte rispettivamente ogni 2.253.267 e 2.897.057 ore di attività svolta.

Una recente pubblicazione conclude che approssimativamente 0,75 maschi e 0,13 femmine ogni 100.000 muoiono in un anno durante un’attività fisica.

Pertanto, l’incidenza delle complicazioni cardiovascolari durante l’attività fisica, è maggiore nelle persone con disturbi cardiovascolari rispetto a quelle sane.

Quindi, oggi, l’introduzione delle moderne procedure (rivascolarizzazioni, terapie farmacologiche) ha notevolmente ridotto la frequenza di eventi cardio-circolatori.

In Pazienti sottoposti a riabilitazione cardiaca una complicazione cardiovascolare importante si presenta ogni 60.000 ore.

E’ inoltre interessante notare come il rischio di complicazione non cambi nelle sessioni svolte nella mattinata, rispetto a quelle svolte nel pomeriggio.

Di seguito riporto una tabella del rischio di comparsa di complicazioni cardiovascolari.

CONDIZIONI ASSOCIATE ALLA COMPARSA DI COMPLICAZIONI CARDIOVASCOLARI

(Adattato da Haskell W.L. cardiovascular complications during exercise training of cardiac patients)

STATO CLINICO

  • Infarti molteplici di miocardio.
  • Ridotta frazione di eiezione ventricolo sinistro (< 30%).
  • Angina pectoris instabile o a riposo.
  • Importanti aritmie a riposo.
  • Lesione della coronarica discendente anteriore sinistra con una significativa occlusione (≥ 70%).
  • Aterosclerosi in molteplici vasi, evidenziata con angiografia.

PARTECIPAZIONE ALL’ATTIVITÀ FISICA

  • Mancata esecuzione di appropriate attività di riscaldamento e raffreddamento.
  • Superamento dei valori di frequenza cardiaca prescritta dai programmi.

Molte sono le ricerche di laboratorio, studi epidemiologici, che hanno dimostrato l’importanza dell’attività fisica associata ad uno stile di vita che miri alla salute, al benessere e alla riduzione dei fattori di rischio.

Oggi si sente parlare molto di Fitness Metabolico.

Gli esercizi di Fitness Metabolico sono esercizi tradizionali di facile esecuzione e monitoraggio, con la differenza che la tipologia, l’intensità, sono determinati da un’attenta analisi medica e bio-funzionale-articolare dell’istruttore per proporre programmi di allenamento altamente personalizzati con fasi cardiovascolari, di forza e endurance, di flessibilità e ludiche.

Il Fitness metabolico è prevenzione e benessere attraverso la pratica di una adeguata attività motoria e si occupa di creare una vera e propria cultura motoria e un corretto stile di vita.

È importante l’assoluto rispetto dei ruoli.

I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.

La prescrizione ottimale è determinata da una valutazione oggettiva della risposta all’esercizio del soggetto comprese le misurazioni della:

Però i protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido.

Bisogna evitare di applicare semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi.

L’istruttore eroga i protocolli, li spiega con linguaggio accessibile, misura i cambiamenti e li comunica al medico, stabilisce (su indicazioni mediche) gli obiettivi, gestisce l’attività di Counseling nei confronti del soggetto.

Allo stesso modo le proposte devono avere l’obiettivo di salvaguardare la salute, riducendo i rischi di malattie e garantendo la sicurezza durante lo svolgimento dell’esercizio.

Personalizzare il protocollo significa considerare: modalità, intensità, durata, frequenza e progressione dell’attività.

L’istruttore dovrà osservare:

  • Risposte fisiologiche e percettive all’esercizio.
  • Adattamenti all’allenamento fisico a seconda dell’intensità e della frequenza di svolgimento.
  • Controlli dei progressi valutando le risposte HR e RPE.
  • Il livello di gradimento affinchè le proposte soddisfino gli interessi, le capacità e i limiti individuali per non demotivare il soggetto.

I protocolli sono ispirati a gradualità e progressività secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con impegni minimi ma costanti e intensità commisurate alla fisiologia del soggetto.

Il Fitness Metabolico deve essere informazione, cultura, rapporti istituzionali.

L’obiettivo è:

  • Migliorare il livello di salute e benessere per milioni di persone.
  • Ridurre la spesa sanitaria nazionale attraverso un cambiamento di stile di vita.
  • Sviluppare il settore Fitness Metabolico formando operatori specializzati.

Le componenti da considerare nel Fitness Metabolico devono includere:

  • Composizione corporea
  • Efficienza cardio-respiratoria
  • Forza muscolare
  • Resistenza
  • Flessibilità
Il miglioramento di queste ultime tre componenti sono il risultato dell’applicazione di 2 principi fondamentali: sovraccarico e specificità’.

In particolare il sovraccarico stabilisce che affinchè un tessuto o un organo migliorino la loro funzione devono sopportare un carico di lavoro al quale normalmente non sono abituati.

Una prescrizione d’esercizio definisce l’intensità, la durata, e la frequenza d’allenamento ed è l’interazione di queste tre che determina il sovraccarico.

Il principio della specificità stabilisce che gli effetti dell’allenamento sono specifici dell’esercizio proposto e dei muscoli coinvolti.

Quindi un programma di fitness basato su una varietà e semplicità degli esercizi coinvolgerà un maggior numero di gruppi muscolari e porterà l’effetto su obiettivi adatti allo scopo del fitness metabolico.

In breve una volta formulata la prescrizione degli esercizi il programma si sviluppa nelle seguenti fasi:

  • Riscaldamento;
  • Attività cardiorespiratoria e forza;
  • Attività ricreativa (opzionale);
  • Defaticamento (raffreddamento-recupero).
RISCALDAMENTO

Riduce l’incidenza dei danni muscolo-scheletrici aumentando l’estensibilità del tessuto connettivo, migliorando l’efficienza delle articolazioni al movimento e alla funzione e aumentando la performance muscolare.

Diminuisce l’incidenza della depressione ischemica del segmento ST che può rappresentare una minaccia di aritmia ventricolare e di disfunzioni transienti globali del ventricolo sx conseguenti ad un esercizio intenso e improvviso.

ATTIVITA’ CARDIORESPIRATORIA E FORZA

Sviluppa l’efficienza cardio respiratoria e prevede dai 20’ ai 60’ di attività aerobica continua o intermittente.

Coinvolge grandi gruppi muscolari ed è ritmica e dinamica.

Questa fase è combinata salvo precise controindicazioni ad allenamento della forza per avere maggior effetti.

Per questi esercizi sono necessari test sub massimali.

Le indicazioni orientano ad utilizzare carichi non superiori al 35% del max per arti inferiori e del 50% per arti superiori.

Gli esercizi devono essere di facile esecuzione e di tipo monopodalico per evitare grossi carichi e sovraccaricare l’apparato cardio-circolatorio.

L’allenamento deve essere ritmico, svolto ad una velocità da moderata a bassa, coinvolgere una serie completa di movimenti e non modificare il ritmo della normale respirazione.

Esercizi condotti con espirazioni forzate, apnee, (manovra di VALSALVA) possono causare un aumento violento della pressione sanguigna sistolica e diastolica.

Occorre attenzione nell’allenamento dei movimenti eccentrici e isometrici rispetto ai concentrici.

FASE LUDICA

Deve essere piacevole, modificando regole dei giochi per diminuire la richiesta di abilità, di competizione, di costi energetici e di risposta della frequenza cardiaca.

DEFATICAMENTO

Prevede esercizi di bassa intensità (camminare, stretching o esercizi alternativi tipo yoga).

Deve facilitare gli adattamenti circolatori e riportare i valori vicino ai livelli di riposo

Aumenta il ritorno venoso, riducendo la possibilità di ipotensione post-esercizio e di capogiri, facilita la dissipazione del calore corporeo, promuove una più rapida eliminazione dell’acido lattico rispetto al recupero stazionario, combatte gli effetti potenziali e negativi dovuti all’aumento delle catecolamine nel plasma nel periodo che segue l’esercizio.

In particolare l’ultimo aspetto può ridurre l’incidenza, soprattutto nei pazienti con patologie cardiache, delle pericolose aritmie ventricolari.

Causa potenziale di morte cardiaca improvvisa.

Non defaticare significa aumentare le cause di complicazioni cardiovascolari causate da una diminuzione transitoria del ritorno venoso che potrebbe ridurre il flusso sanguigno coronarico.

In altre parole per i pazienti cardiopatici in riabilitazione è anche consigliato una fase di RECUPERO per normalizzare tutti i parametri (esercizi respiratori e rilassamento).

CONCLUSIONE

È importante considerare che la maggior parte degli effetti benefici ottenuti con l’allenamento recedono al livello a questo precedenti qualora intervenga un periodo di inattività che duri da 4 a 8 settimane con incidenze diverse sui vari miglioramenti ottenuti.

Sono fattori indispensabili per un corretto approccio funzionale:

l’individualizzazione del programma

la profonda conoscenza anatomo-fisiologica-biomeccanica delle metodiche di allenamento

laz collaborazione specialista motorio-medico

di Davide Antoniella

core in posturologia

UN CORE BEN ALLENATO IN POSTUROLOGIA

Il core è rappresentato dal complesso coxo-lombo-pelvico e costituisce il centro della catena cinetica da cui si dipartono tutti i movimenti e vengono trasmessi agli arti superiori ed inferiori.

La muscolatura del core può essere paragonata ad un…

…cilindro, di cui fanno parte muscoli stabilizzatori profondi e mobilizzatori esterni.

I muscoli stabilizzatori profondi sono le fondamenta del core

Costituiscono il/i:

  • muscolo trasverso dell’addome
  • l’obliquo interno dell’addome
  • multifido
  • quadrato dei lombi
  • diaframma
  • diaframma pelvico
  • medio gluteo.
I muscoli mobilizzatori esterni

Si caratterizzano per creare movimento e si attivano secondariamente agli stabilizzatori profondi e costituiscono il/i:

  • muscoli romboidi
  • muscolo trapezio
  • dentato anteriore
  • gran dorsale
  • retto dell’addome
  • l’obliquo esterno
  • muscolo erettore della colonna
  • grande gluteo
  • l’Ileo psoas
  • fascia toracolombare.
Importanza del core

Il  core è inteso come l’anello o il legame cinetico che congiunge le estremità superiori ed inferiori sarebbe quindi il motore centrale per un efficace funzione biomeccanica.

In tutti gli sport e nella vita quotidiana, la colonna vertebrale è coinvolta nell’equilibrio posturale, nel trasmettere l’azione e nel coordinare le attività tra gli arti superiori ed inferiori.

Il corretto utilizzo del core e il sostegno muscolare nella regione lombo pelvica riducono i carichi sui dischi intervertebrali e lo stress a livello delle articolazioni.

La stabilità del baricentro o del core offre una solida base di appoggio per le estremità superiori ed inferiori, permettendo così ai segmenti corporei di muoversi più o meno velocemente.

Per lo svolgimento di tale compito ha luogo l’attivazione pre-programmata dei muscoli locali.

Questo comporta l’instaurarsi di aggiustamenti posturali anticipatori, che collocano il corpo nella posizione migliore per affrontare gli squilibri creati dalla forza di gravità.

Oltre l’80% degli adulti ha sofferto di mal di schiena almeno una volta nella vita  .

Le ricerche dimostrano che gli individui affetti da una lombalgia cronica hanno una minore attivazione dei muscoli stabilizzatori profondi del core.

In particolare dei muscoli del:

  • trasverso dell’addome
  • obliquo interno dell’addome
  • pavimento pelvico
  • multifido
  • del diaframma
  • dell’erettore della colonna.
LA RICERCA SCIENTIFICA CI VIENE IN AIUTO CON UNO STUDIO TURCO (del 18/04/2017)

Studio degli effetti di un programma di esercizi di stabilizzazione toracica di 8 settimane su dolore alla schiena, allineamento spinale, influenza posturale e resistenza di base negli studenti universitari.

MATERIALI E METODI

Gli studenti universitari sono stati assegnati in modo casuale a gruppi di esercizi (n: 28) e di controllo (n: 25).

Il programma di esercizi è stato effettuato 3 giorni a settimana per 8 settimane. 

Il dolore posturale, l’allineamento spinale, l’influenza posturale e la resistenza core sono stati valutati tramite scala analogica visiva dopo 8 settomane di lavoro:

McGill
McGill – da www.mitchferniani.it
RISULTATI

Sono state osservate differenze per il dolore posturale:

  • la curvatura toracica e lombare
  • l’indice di stabilità dinamica (occhi chiusi)
  • i punteggi di resistenza core nel gruppo di esercizi tra il basale e la settimana 8

Tutti i parametri erano significativamente diversi rispetto a quelli di il gruppo di controllo

CONCLUSIONE

Il programma ha diminuito il dolore posturale, le curvature spinali e l’influenza posturale e aumentato la resistenza di base negli studenti universitari.

Il programma può essere efficace nel dolore posturale e nel disallineamento dei problemi della colonna vertebrale correlati alla debolezza del core e ai disturbi dell’equilibrio.

Come si allena?

Il core training deve contenere una combinazione di forza, flessibilità e controllo.

L’allenamento dev’essere, perciò, di carattere funzionale.

In sostanza l’obiettivo è provocare e mettere alla prova le capacità di risposta del “centro” del nostro corpo agli stimoli esterni.

Il tutto attraverso esercizi isometrici, statici o in movimento, e grazie anche all’utilizzo di attrezzi che sollecitino l’equilibrio e le capacità coordinative.

Partendo da esercizi molto semplici quanto efficaci, come ad esempio il plank, il side bridge (ponte laterale), il bird dog.

di Andrea Dipino

fitness

Fitness di base per il basket

BUONA FORMA CARDIORESIPRATORIA

Nello sport il livello della prestazione distingue un campione dal resto dei praticanti.

Nel basket quanto meglio un giocatore riesce a palleggiare, tirare e passare, tanto migliori saranno le sue possibilità di successo ma queste abilità specifiche caleranno se il giocatore avrà una scadente forma fisica.

Molti operatori della comunità sportiva (dirigenti, allenatori, giocatori) equiparano il condizionamento atletico con la buona forma fisica.

Componenti fisiche necessarie

Essere in forma fisicamente non è soltanto essenziale da un punto di vista medico.

fitness

Le seguenti componenti di fitness sono comunque importanti per un serio giocatore e nello specifico di basket:

Per un’atleta, però, mantenere una capacità fisica oltre gli standard abituali di salute e benessere è essenziale per assicurare una prestazione ad altro livello per un prolungato periodo di tempo.

Sfortunatamente molti  giocatori professionisti che sembrano essere in buona forma prestano pochissima attenzione alla propria salute fisica, mentale, sociale ed emozionale e poi si chiedono perche le loro carriere si sono abbreviate.

Mentre la buona forma fisica è un indicatore della salute complessiva, è il condizionamento atletico che determina il livello al quale le capacità specifiche di uno sport possono essere eseguite ed elevare tale livello.

Buona forma cardiorespiratoria

Una buona forma cardiorespiratoria si estrinseca nell’efficacia con la quale il cuore e i polmoni distribuiscono il sangue, l’ossigeno e le sostanze nutritive ai tessuti corporei attivi durante il lavoro fisico.

L’esercizio aerobico (con presenza di ossigeno) migliora la funzione cardiorespiratoria ed aiuta a prevenire le malattie cardiache.

L’allenamento aerobico può essere svolto attraverso una qualunque attività che richieda l’utilizzo continuo di grandi gruppi muscolari

  • camminare;
  • fare jogging;
  • nuotare;
  • andare in bicicletta;
  • sciare;
  • praticare il canottaggio

da 20 a 60 minuti, da 3 a 5 giorni alla settimana ad intensità moderata.

jogging
bici
nuotare
Sciare

Un tale programma di allenamento migliorerà o manterrà la propria buona forma cardiorespiratoria.

Un sistema cardiorespiratorio allenato efficacemente è capace di sostenere uno sforzo di bassa intensità per lungo tempo poiché è in grado di:

  • consumare una grande quantità di ossigeno;
  • di far circolare l’ossigeno;
  • di utilizzare in modo aerobico l’ossigeno come fonte di energia per un periodo prolungato.

Il basket, d’altra parte, richiede brevi ma intensi periodi di attività, così che i giocatori spendono moltissima energia ad un ritmo veloce.

Le corse anaerobiche (con assenza di ossigeno) sono un altro aspetto della buona forma cardiorespiratoria e forniscono energia per attività ad alta intensità, cosi i sistemi di energia anaerobica devono essere parimenti sviluppati.

Eppure perfino atleti con una eccellente forma anaerobica possono lavorare a pieno ritmo soltanto per un breve tempo prima di dover interrompere.

Qui subentra in gioco la condizione aerobica.

di Tiziano Megaro

Preparazione atletica nelle donne

Differenze nella Preparazione Atletica delle Donne

Terza parte (per la prima e la seconda parte clicca qui)

Per quanto riguarda la mobilità articolare le donne presentano un maggior sviluppo di essa e una migliore predisposizione al suo miglioramento perché posseggono minor massa muscolare e quindi minor tono.

Le diverse fasi ormonali influenzano la capacità di carico delle articolazioni, l’aumento degli estrogeni induce lassità legamentosa e diminuzione della stiffness dei tendini (Hewett 2000).

Nell’ovulazione invece una diminuzione degli estrogeni induce un…

… aumento della forza e una diminuzione della capacità di rilassamento muscolare.

Mobilità articolare
Foto di Angela Roma
Valutare la mobilità articolare e la capacità di carico in fase di crescita

In particolar modo gli estrogeni, possono influenzare la capacità di carico dell’articolazione, influenzando la capacità tensiva dei legamenti e dai tendini.

Gli estrogeni aumentano, in maniera transitoria, la lassità legamentosa, che può essere responsabile di una maggiore incidenza di infortuni e alcuni studi hanno rilevato che nei legamenti ci sono recettori per tali ormoni.

Nella fase di calo estrogenico, dopo l’ovulazione si è riscontrato

che può aumentare la forza e diminuire la capacità di rilassamento.

E’ importante sottolineare che nella donna l’andamento ormonale del ciclo può condizionare le capacità di prestazione, rendendo utile spesso una pianificazione degli allenamenti in considerazione delle diverse situazioni ormonali.

Nella prima fase del ciclo, le donne si trovano sotto l’influenza crescente degli estrogeni, che comportano un effetto anabolico, mentre nella seconda parte la dominanza è dei gestageni, che hanno una azione soprattutto catabolica.

Nell’allenamento è importante considerare i vari fattori che possono causare disturbi mestruali nelle atlete e che possono essere ricapitolati in:

  • intensità dell’esercizio fisico;
  • specificità dell’allenamento;
  • indice di massa corporeo (BMI) basso;
  • età precoce dell’inizio della pratica sportiva agonista;
  • basso introito calorico energetico.

L’interazione di fattori di carattere:

  • fisico
  • genetico
  • nutrizionale
  • ormonale
  • psicologico

contribuisce a modificare l’assetto ormonale della donna atleta e, dunque, la regolarità del ciclo mestruale.

La principale attenzione viene rivolta ad un andamento irregolare del ciclo mestruale, detto oligomenorrea, che si definisce come un intervallo tra 2 cicli > di 40 giorni, o la mancanza del flusso mestruale per un periodo di almeno 90 giorni, in questo caso si parla di amenorrea.

Il rom articolare da posturafacile.it
Mantenimento del ROM articolare

L’esercizio di intensità moderata non ha alcun effetto significativo sul regolare andamento dei cicli mestruali, mentre allenamento e attività agonistica intensi e pesanti possono indurre, in alcune atlete, amenorrea

(soppressione del flusso mestruale).

Le donne possono essere più soggette a una continua tachicardia che può dipendere dal malfunzionamento della tiroide o da bassi livelli di progesterone.

In questo caso gli attacchi sono più frequenti nella seconda parte del ciclo mestruale. Anche eccessivi livelli di adrenalina possono  scatenare tachicardia e ansia.

Il progesterone ha la caratteristica di trasmettere la calma, infatti la somministrazione di questo ormone può determinare la comparsa di sonnolenza.

Non a caso durante la gravidanza molte donne riferiscono uno stato di quiete e di tranquillità promosso proprio dall’aumento di progesterone. 

In più, il progesterone ha un leggero effetto sedativo che può causare degli stati di leggera depressione, soprattutto nel momento che precede le mestruazione.

Da una serie di studi è emerso che i sintomi della depressione e dell’ansia nella donna possono essere ridotti eseguendo con costanza un allenamento di forza.

Parte dei vantaggi psicologici associati a questo tipo di allenamento ha a che fare con il rilascio delle endorfine, ormoni che agiscono sul cervello e comportano un miglioramento dell’umore, una risposta immunitaria maggiore, una percezione alterata del dolore e una riduzione degli effetti dello stress (Thorén, P., Floras, J. S., Hoffmann, P., & Seals, D. R. 1990).

Mestruazioni: vantaggi per la salute e svantaggi per estetica

La maggior produzione femminile d’estrogeni comporta diversi vantaggi per la salute ma diversi svantaggi estetici.

Oltre alla differenza della % di grasso, il sistema cardiovascolare femminile è più protetto fino alla menopausa.

Gli estrogeni vasodilatano il letto venoso ed aumentano la permeabilità capillare.

Questo porta la donna a soffrire facilmente di ritenzione idrica e ad accumulare liquidi negli arti quando l’allenamento è eccessivo o non compensato correttamente dall’alimentazione.

Per quanto riguarda l’incidenza dell’attività fisica moderata sulle mestruazioni, non risulta avere degli  effetti significativi nel turbare il ciclo.

Conclusioni

Tuttavia è stato osservato che un pesante allenamento intensivamente condotto può indurre amenorrea, soprattutto in atlete dedite alle corse di resistenza e alla ginnastica.

L’amenorrea è temporanea e scevra di complicazioni se l’attività intensa viene cessata.

Alcune atlete possono essere predisposte ad andare incontro all’anemia da carenza di ferro, dovuta a eccessive perdite di sangue mestruale e all’adozione di un programma di allenamento fisico assai esigente.

Le complicazioni della gravidanza e del parto sono meno frequenti nelle atlete che nelle donne sedentarie.

La gravidanza, di per sé, non influisce negativamente sull’attività atletica o sulla prestazione di esercizio e viceversa.

Dopo il parto la prestazione ritorna ai livelli a questo precedenti, o addirittura li supera, entro uno o due anni.

Benché gli effetti della pillola anticoncezionale sull’esercizio fisico non siano ancora precisamente noti, è impressione generale che essa possa alterare la prestazione.

di Davide Antoniella

Superallenamento e riposo

Periodizzazione, superallenamento e riposo…

…ma programmato

L’importante nell’allenamento, ciò di cui l’atleta ha bisogno, non è solo l’attività sul campo e l’impegno fisico.

Per sostenere la filosofia dell’allenamento totale si ha la necessità, di considerare il riposo, una buona dieta ed una mentalità rivolta al raggiungimento di un’eccellente forma fisica.

Perché il corpo di un’atleta possa ricevere…

…benefici completi da un programma di allenamento, bisogna concedergli un adeguato riposo e un’ampia possibilità di recupero.

Non soltanto il riposo tra specifici esercizi all’interno di una seduta di allenamento, ma il riposo tra intere sedute di allenamento e quello tra fasi di allenamento (stagioni).

Per riposo non intendo riferirmi semplicemente al sonno, sebbene da 7 a 8 ore di sonno “notturno” sono caldamente raccomandate per la maggior parte degli atleti.

Il riposo

Il riposo riguarda anche quei giorni in cui non ci si allena, ci si allena ad intensità molto bassa o in modo piuttosto ibrido.

riposo

Ogni volta che si consente ad un sistema di energia o a un gruppo di muscoli altamente sollecitati di rilassarsi, ci si sta rilassando.

Bisogna sempre ricordare che l’adattamento fisico allo stress avviene durante il riposo.

E’ durante il riposo che il corpo si ricarica in preparazione ad uno sforzo successivo.

Così un adeguato riposo consente all’effetto dell’allenamento di essere “ottimizzato”.

Se si è dei fanatici dell’allenamento e non si permette al proprio corpo di recuperare tra le varie sessioni di allenamento:

si sperimenteranno spesso delle stasi e persino un declino del livello del proprio allenamento.

Come evitare queste battute d’arresto?

Non basta svolgere una lunga sequenza di esercizi ogni giorno, ma bisogna valutare l’efficacia di ogni esercitazione alla ricerca di eventuali sintomi di superallenamento.

Sottolineare quanto sia importante mantenere sotto controllo certi segnali, come la difficoltà a recuperare dopo una sessione di allenamento particolarmente dura, è di una importanza estrema.

I sintomi più evidenti sono:

  • irritazione muscolare che continua oltre le 48 ore dopo l’esercizio;
  • dolore cronico alle articolazioni;
  • sonno agitato e/o stanchezza dopo il sonno;
  • cambiamenti notevoli nelle normali funzioni del corpo;
  • mancanza di motivazione.

Se si nota qualcuno di questi, bisogna modificare:

  • l’intensità
  • la durata
  • la frequenza degli esercizi

e continuare ad osservare qualunque cambiamento.

In seguito a sedute di superallenamento è necessario inserire, in un programma di allenamento, un giorno o due alla settimana esclusivamente dedicati al riposo. 

Nel programma di periodizzazione è assolutamente previsto un paio di periodi di riposo “attivo “ che seguono la stagione pre – agonistica e la stagione regolare (o post – agonistica)

La periodizzazione
periodizzazione

E’ il programma pianificato di allenamento di un atleta o di una squadra durante tutto l’anno che culmina in un ottimale livello di condizionamento atletico o in una buona prestazione complessiva in un periodo prestabilito della stagione.

Nello specifico nel basket, che è uno sport in cui ogni partita conta, un allenamento stagionale teso a raggiungere il culmine della forma nei play – off, non è realistico.

Perciò un piano sistematico di allenamento fornisce delle variazioni:

  • Nell’ Intensità di allenamento (gradi di difficoltà dell’esercizio; la qualità del lavoro);
  • Nel volume (la quantità di lavoro);
  • Nella tecnica (abilità specifica al basket e capacità atletiche)

Le variazioni sono attuate per massimizzare l’effetto dell’allenamento e le prestazioni altamente positive.

Manipolando queste variabili, compreso l’allenamento della forza, è possibile preparare un piano efficace per la stagione da iniziare.

di Tiziano Megaro

Differenza preparazione atletica nelle donne

Differenza nella preparazione atletica delle donne

SECONDA PARTE

(la parima parte è possibile leggerla cliccando qui)

Benché la forza assoluta della donna rappresenti solo i due terzi di quella dell’uomo, la qualità delle fibre muscolari, per quanto concerne la capacità di erogare forza, è indipendente dal sesso.

In riferimento allo sviluppo della forza, gli incrementi relativi sono gli stessi, o perfino migliori, di quelli dell’uomo.

Le donne risultano avere muscoli più…

…deboli nel torace, nelle braccia e nelle spalle mentre la differenza e minore negli arti inferiori.

Gli uomini hanno maggiore potenza muscolare nelle gambe, espressa in kg, rispetto alle donne, quando il carico da spostare è basso.

La differenza scompare quando si usano carichi elevati (Bosco e coll.1995-1996).

Controllo dei R.O.M. articolari per una corretta applicazione degli esercizi di forza
Forza
  • La forza max isometrica è del 30% inferiore nella donna rispetto all’uomo
    • rapportata però alla massa magra comporta valori di forza uguali tra i 2 sessi. 
  • Quella (la forza) max aumenta nello stesso modo sia nell’uomo che nella donna
    • la differenza è che le donne dopo 7 settimane al massimo devono cambiare strategia di lavoro (Hakkinen).
  • La forza max è determinante nelle donne
    • in cui la correlazione tra forza max e forza esplosiva è elevata, più che negli uomini. (Hakkinen)

Il fenomeno  dell’ipertrofia a parità di lavoro è meno pronunciata nella donna, a causa dei suoi più bassi livelli di testosterone

Nella donna la forza massima è molto più legata alla sezione trasversale del muscolo, quindi molto più al fattore ipertrofia e deve continuare a stimolarlo e non abbandonarlo mai anche quando si fanno periodi dove si allenano maggiormente le qualità neuromuscolari.

Le caratteristiche contrattili dei muscoli del’uomo sono migliori di quelle della donna, come pure il controllo neuromuscolare e la capacità di coordinazione (Davies e coll.1986).

Estensori – flessori

Dopo la maturazione si ha un aumento del rapporto estensori/flessori cioè i muscoli flessori sono molto più deboli degli estensori.

Nelle giovani donne questo rapporto è molto più sbilanciato rispetto ai maschi della stessa età.

L’accelerazione di questo squilibrio avviene nei momenti immediatamente precedenti e immediatamente successivi all’apparizione del menarca.

Questa differenza si ripercuote in tutte le attività esplosive e di balzo.

Le bambine pre-puberi e post-puberi hanno negli atterraggi dai salti un minor piegamento e una maggiore adduzione. 

Questo determina l’elevato numero degli infortuni al ginocchio senza contatto fisico

Cause

La maggior parte di questi avvengono dopo atterraggio da salto in condizioni di ginocchio varo o valgo o nei cambi di direzione. 

La causa è di tipo NEUROMUSCOLARE:

  • diversa attivazione del quadricipite rispetto al bicipite femorale nelle donne
  • Ischiocrurali nettamente inferiori e in ritardo di attivazione.

L’’attivazione anticipata del quadricipite aumenta lo stress sul legamento crociato, non sufficientemente compensato dalla carenza di forza e dal ritardo di attivazione dei muscoli ischiocrurali. 

La co-contrazione protettiva di muscoli agonisti e antagonisti dipende dalla repentina attivazione neuromuscolare.

LASSITÀ LEGAMENTOSA e POCA STIFFNESS contrastano con la stabilità articolare

L’allenamento modifica le strategie di atterraggio in particolare aumenta la flessione del ginocchio e diminuisce le forze di reazione al suolo. (Hewett 1996)

L’allenamento della forza risulta inoltre di fondamentale importanza per il mantenimento dello stato di salute del sistema scheletrico

E’ stato dimostrato che gli stimoli meccanici ricevuti durante l’allenamento con sovraccarichi (e parzialmente anche durante altri tipi di allenamento) riescono a rallentare il processo di invecchiamento dello scheletro (McArdle W.D. et al. 1998).

In effetti, la fisiologica stimolazione meccanica indotta dall’esercizio, si rivela particolarmente utile nel limitare la perdita di matrice ossea, nel migliorare le strutture ossee e nello stimolare l’incremento della massa ossea stessa (Voloshin A.S. 2000).

La spiegazione del benefico effetto dell’esercizio fisico risiederebbe nel fatto che la struttura ossea sottoposta ad un alto livello di stress meccanico, come nel caso dell’esercizio con sovraccarichi, sarebbe in grado di sopprimere il meccanismo di rimodellamento osseo facilitandone in tal modo il processo conservativo (McArdle W.D. et al. 1998).

Gli studiosi, infatti, sono tutti concordi nello stabilire che l’elemento essenziale della morfogenesi di un osso sta nelle stimolazioni meccaniche alle quali è sottoposto (Voloshin A.S. 2000), particolarmente nelle alternanze di pressione, riposo e trazione (Valobra G.N. 2000).

Dati e conclusioni

Per quanto riguarda i dati di cui disponiamo finora in merito all’allenamento sportivo indicano che la frequenza, la durata e l’intensità di questo hanno effetti simili in entrambi i sessi.

In altre parole possono essere indotte modificazioni fisiologiche e biochimiche comparabili, risultanti in un’accresciuta capacità di lavoro sia nell’uno che nell’altro sesso adottando programmi similari ma individualizzati.

Modello  da Behnke, “ Le maggiori differenze tra uomo e donna”
  1. Statura media inferiore di 7-11 cm
  2. Peso tessuto osseo inferiore di 4 kg, vale a dire del 12% – 15%3)
  3. Valori inferiori di emoglobina ematicaVo2 max minore, limitazione biochimica (capacità di usare l’ossigeno perprodurre energia)
  4. Metabolismo basale inferiore del 5% – 10% (consumo delle calorie a riposo)
  5. Minori mitocondri per miofibrilla (cellula muscolare)
  6. Meno massa corporea, in media – 11 kg – 13,5 kg
  7. Minore massa magra – 13 kg (ma la % è simile all’uomo)
  8. Meno muscolo – 11 kg (44,7% nell’uomo 36% nella donna)
  9. Più grasso + 4,5 kg – 7 kg rispetto all’uomo.

di Davide Antoniella

Stretching yes or not

Stretching: yes or not?

Con la fine della stagione agonistica, ma soprattutto con l’inizio delle preparazioni precampionato per moltissimi preparatori e sportivi, torna in gran voga l’ormai vecchio dibattito sulla valenza dello stretching.

Fa bene? fa male? Non fa niente?

Una risposta assoluta come “si” o “no” a questa domanda, non solo è sbagliata a priori, ma anche del tutto assurda.

Innanzitutto è bene ricordare che con la parola stretching, spesso si intendono esercitazioni molto diverse tra loro, che inducono adattamenti differenti.

Credo si possa ormai affermare, senza molti dubbi, che in sport che non richiedono una particolare mobilità articolare, lo stretching statico (il più diffuso e conosciuto) eseguito in maniera maniacale, sia, se non negativo, per lo meno inutile.

E’ evidente, però, che per atleti giovanissimi che si avvicinano a qualsiasi tipo di disciplina non deve essere vietato.

Giovani stretching
Foto di Ketut Subiyanto
GLi abitudinari e i vari esercizi di stretching

Non bisogna però dimenticare che “molti atleti” sono “affezionati” ai loro riti preventivi e preparatori.

Spesso i possibili effetti negativi indotti dal divieto brusco, può superare quelli indotti dal fare, appunto, lo stretching statico.

Diverse sono le tecniche di stretching, come:

Lo stretching balistico

Molto in voga negli anni passati, consisteva nell’arrivare in posizione di allungamento molleggiando sui muscoli tesi.

Si forzano le parti del corpo in posizioni che oltrepassano il normale range di movimento (ROM), utilizzando lo slancio di un movimento oscillante.

Si arriva cioè in posizione di massimo allungamento, e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.

Oggi questa metodologia è fortemente sconsigliata, perché si mettono a repentaglio l’integrità delle strutture muscolo-tendinee delle articolazioni interessate.

Lo stretching statico

E’ il più conosciuto.

Consiste nell’assumere lentamente una determinata posizione, diversa per ciascun muscolo o gruppo di muscoli, che va mantenuta per un periodo di tempo più o meno lungo.

Può essere attivo o passivo.

Quello Passivo differenzia dall’attivo, per l’intervento di altre persone o attrezzi che aiutano a raggiungere la posizione.

Lo stretching dinamico

Consiste nell’allungare un certo gruppo muscolare con oscillazioni e movimenti controllati.

L’escursione aumenta progressivamente fino a raggiungere il grado desiderato, per poi aumentare anche la rapidità del gesto.

Stretching dinamico
Stretching dinamico – da running studio
PNF “facilitazione propriocettiva neuromuscolare” o Isometrico

Esistono varie tipologie di stretching PNF, ma il più utilizzato consiste nell’allungare e contrarre la muscolatura durante la fase di stretching e approfittare della stanchezza della muscolatura che è stata contratta pochi secondi prima, per allungarsi sempre di più.

Quindi

Dire che lo stretching fa bene a priori, è sbagliato. Dire che lo stretching va evitato come la peste, è sbagliato.

Siamo dei professionisti con un bagaglio culturale che spazia dall’anatomia umana, alla fisiologia, biochimica, biomeccanico.

Pertanto siamo tenuti a conoscere nello specifico gli adattamenti indotti da tutte le diverse metodiche di stretching, e solo attraverso questa conoscenza saremo in grado di utilizzarle al meglio in base alla programmazione specifica per obiettivi.

Esempio

Molte tecniche di stretching statico, di cui oggi si parla tanto male, trovano un largo e positivo utilizzo in discipline che richiedono una grande mobilità articolare come la ginnastica artistica o il nuoto sincronizzato e la prevenzione ai traumi in quasi tutti gli sport.

Quindi, come già detto in tante riunioni tecniche e dibattiti in forum specializzati, avere conoscenze non vuol dire applicarle in modo indiscriminato senza rielaborarle alla luce delle proprie esperienze, degli anni di lavoro, di osservazione e di valutazione.

Un monito ai colleghi educatori – istruttori – preparatori fisici

Cerchiamo e continuiamo ad avere un approccio personale alle cose e di rielaborare le proprie conoscenze in modo elastico e funzionale: i libri e i testi non sono bibbie ma strumenti di notevole aiuto per permetterci di approfondire e studiare.

Vi invito infine a leggere alcune interessanti pubblicazioni sull’argomento del Prof. Gilles Cometti, un cardine nel nostro ambito.

Gilles Cometti
Gilles Cometti al lavoro con un atleta – da performancelab
Conclusione

Per quanto mi riguarda dedicare qualche minuto alla pratica dell’allungamento, in base alla mia esperienza pratica, ai miei approfondimenti ed alle mie continue partecipazioni a clinic specialistici,

va a completare quella che viene chiamata “programmazione ordinaria”.

di Tiziano Megaro


Differenza preparazione donne

Differenze nella preparazione atletica delle donne

Prima Parte

In media, la donna è più bassa e più leggera, con una maggior percentuale di tessuto adiposo e una minor massa muscolare, rispetto all’uomo.

Mediamente un uomo possiede dal 10 al 20% di massa grassa mentre una donna…

…dal 15 al 25%.

Rapporto tra massa magra e grassa

Questo si rispecchia anche nell’utilizzo del glucosio e ne deriva un’importante ruolo dell’allenamento nell’indirizzare questo substrato energetico verso il tessuto adiposo o i muscoli.

Pertanto, entrambi, possiedono dei recettori per il glucosio di tipo GLUT-4, dipendenti dall’insulina, quando questa viene stimolata il glucosio viene indirizzato in questi tessuti.

Nelle donne, in cui la massa grassa è maggiore, tenderà ad andare verso il tessuto adiposo.

Per questo, un allenamento della forza innanzitutto aumenta la densità dei recettori GLUT-4 nel tessuto muscolare richiamando glucosio ed inoltre migliora a lungo andare la composizione corporea andando a variare il rapporto tra massa magra e grassa in favore alla magra.

Classificazioni

Body fat percentages for males and females and their classification

(Percentuali di grasso corporeo per maschi e femmine e loro classificazione)

MalesFemalesRating
5-108-15Athletic
11-1416-23Good
15-2024-30Acceptable
21-2431-36Overweight
>24>37Obese

(Tieni presente che queste sono solo stime grezze. Il termine atletico in questo contesto si riferisce agli sport dove il basso contenuto di grasso corporeo è un vantaggio)

Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)

AgeUp to 3030-5050+
Females14-21%15-23%16-25%
Males9-15%11-17%12-19%

Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)

SportMaleFemaleSportMaleFemale
Baseball12-15%12-18%Rowing6-14%12-18%
Basketball6-12%20-27%Shot Putters16-20%20-28%
Body building5-8%10-15%Skiing (X country)7-12%16-22%
Cycling5-15%15-20%Sprinters8-10%12-20%
Football (Backs)9-12%No dataSoccer10-18%13-18%
Football (Linemen)15-19%No dataSwimming9-12%14-24%
Gymnastics5-12%10-16%Tennis12-16%16-24%
High/long Jumpers7-12%10-18%Triathlon5-12%10-15%
Ice/field Hockey8-15%12-18%Volleyball11-14%16-25%
Marathon running5-11%10-15%Weightlifters9-16%No data
Racquetball8-13%15-22%Wrestlers5-16%No data

Alcune delle differenze di prestazione tra uomini e donne si spiegano  proprio in ragione di queste differenze di composizione e di dimensioni corporee.

Tale convinzione trova conferma nel fatto che nei ragazzi e nelle ragazze prepuberi le differenze di prestazione e quelle di dimensione corporea sono minime.

Concentrazione muscolare

Le donne hanno una concentrazione muscolare di ATP (Adenosina trifosfato) + PC uguale a quella degli uomini, ma a causa della loro minor massa muscolare, i loro depositi complessivi di questi fosfageni sono più esigui.

Tuttavia, le prestazioni femminili sulle distanze più brevi (esempio 100 metri), nelle quali il sistema ATP + PC  costituisce la più importante fonte di energia, si avvicinano a quelle maschili.

La capacità di resistenza alla fatica di un muscolo è un indicatore della capacità di recupero e può differire.

In generale, i muscoli maschili sono soggetti maggiormente a fatica, rispetto alle donne.

Le differenze

Studi condotti sui muscoli flessori del gomito ed estensori del ginocchio, mostrano una significativa perdita di attivazione dell’unità motorie nei maschi rispetto le femmine in seguito a un affaticamento protratto nel tempo.

Negli studi, la forza scende al 93% del massimo nelle donne, contro l 80% negli uomini dopo 1 minuto di esercizio.

Le donne hanno una resistenza alla fatica di circa 15 minuti, mentre gli uomini circa 8 minuti e dopo aver raggiunto l’esaurimento, il recupero avviene più velocemente nelle donne.

La fatica sembra anche essere muscolo-specifica, come evidenziato da analisi sia sul bicipite femorale che sui muscoli estensori della zona lombare.

Nelle donne la stanchezza è simile in entrambi i gruppi muscolari, mentre gli uomini subiscono un affaticamento maggiore nella zona lombare rispetto al bicipite femorale.

Queste differenze possono essere dovute al:

maggiore numero di fibre di tipo I nelle donne, che caratterizzate dal metabolismo ossidativo lento, offrono maggiore resistenza.

K. M. Haizlip, B. C. Harrison, and L. A. Leinwand

Le donne tendono ad avere più bassi livelli di acido lattico nel sangue, in seguito ad un esercizio massimale, rispetto agli uomini.

Quindi, anche in questo caso, uno dei motivi di questo fenomeno risiede nella minor massa muscolare femminile.

La massima potenza aerobica (VO2 MAX) della donna è inferiore a quella dell’uomo.

La differenza sembra essere dovuta soprattutto a fattori inerenti alle dimensioni corporee, ivi compresi una minor dotazione di emoglobina, un volume di sangue circolante inferiore e un più piccolo volume cardiaco.

Ciò è confermato dal fatto che le differenze di VO2 MAX sono irrilevanti tra ragazzi e ragazze, cioè nell’età in cui anche le differenze di dimensione corporee sono minime.

Il sesso è anch’esso un fattore che può influenzare lEPOC, Excess Postexercise Oxygen Consumption, (volgarmente detto “afterburn”), traducibile in italiano come Consumo di Ossigeno in Eccesso Post-allenamento.

E’ l’indice di misurazione dell’aumento del consumo di ossigeno a seguito della intensa attività, destinato a soddisfare il “debito di ossigeno” del corpo).

La ricerca dimostra che il dispendio energetico delle donne, a riposo e durante l’esercizio, varia con la fase mestruale.

In genere, il dispendio energetico a riposo è più basso una settimana prima dell’ovulazione e il più alto durante i 14 giorni di fase luteale dopo l’ovulazione, quindi di conseguenza influendo sull’EPOC. (Fox,Bowers,Foss)

Conclusione

Per quanto riguarda le prestazioni della donna si avvicinano di più a quelle dell’uomo nel nuoto piuttosto che nella corsa e nei salti.

Nella corsa sono più vicine a quelle degli uomini negli sprint, mentre nel nuoto nelle attività di resistenza.

Nelle prestazioni di corsa di resistenza, essendo costretta ad usare l’intero suo peso corporeo, la donna si trova in evidente svantaggio nei riguardi del VO2 MAX

Le specialità nelle quali i risultati femminili sono i peggiori in confronto ai maschi, sono quelle che prevedono tempi di prestazione tra 1 e 4 minuti, quindi in quelle specialità che richiedono un forte impegno del sistema dell’acido lattico.

Continua…

di Davide Antoniella

Smettere di allenarsi

Cosa succede quando smetti di allenarti?

Se ti alleni tutto l’anno, può capitare che un giorno salti una sessione di allenamento, ma se salti 2-3 settimane di seguito cosa succede?

Se smetti di allenarti per più di una settimana, inizierai a sperimentare gli effetti del “Detraining”, un fenomeno nel quale si perdono i benefici dell’allenamento e di conseguenza la…

…sospensione prolungata degli allenamenti riduce il livello della tua preparazione fisica.

La perdita della “forma fisica” dipende da molteplici fattori:

  •   il livello di allenamento
    • Più sei allenato, più tempo impiegherai per andare “fuori forma”. 
I cambiamenti

Quando smetti di allenarti avvengono in te molti cambiamenti fisiologici e inizi a perdere:

  • i progressi cardio-vascolari che avevi ottenuto (ad esempio il cuore inizia a perdere la sua capacità di gestire volumi aumentati di sangue e l’abilità a pompare sangue più efficientemente);
  • l’abilità del corpo di utilizzare i carboidrati come “carburante” e la migliorata capacità muscolare di utilizzare l’ossigeno
    • cioè cala il volume massimo di ossigeno consumato in un minuto (V02 max);
  • i miglioramenti acquisiti sulla pressione del sangue, sui livelli di colesterolo e di glicemia e se facevi allenamenti di forza, il tuo volume muscolare, la tua forza e la resistenza si ridimensioneranno;
  • in 2-4 settimane la maggior parte delle capacità aerobiche guadagnate in 2-3 mesi di allenamento;
  • la forza, la potenza e la resistenza muscolare e sebbene la forza possa essere mantenuta fino alle 3-4 settimane di inattività, la potenza e la resistenza potrebbero ridursi significativamente.
Gestisci meglio il Detraining

Il “Detraining” ha effetti negativi sulla composizione corporea ed è associato all’aumento di peso e alla diminuzione del metabolismo basale.

Diversi fattori possono contribuire all’aumento del grasso corporeo quando smetti di allenarti.

Quando perdi massa muscolare il tuo fabbisogno calorico diminuisce in contemporaneoa anche il metabolismo basale perché i tuoi muscoli riducono la capacità di bruciare calorie.

Inoltre, non stai più bruciando la stessa quantità di calorie perché ti stai allenando di meno,

quindi se non adatti il tuo piano alimentare le calorie in più che introduci saranno immagazzinate nel corpo come grassi e di conseguenza aumenterai di peso.

E dopo?

E’ difficile prevedere quanto tempo ci vorrà per ritornare al tuo livello di forma fisica precedente e una cosa che giocherà sicuramente in tuo favore è la tua “memoria muscolare”.

I tuoi muscoli hanno delle cellule speciali che “ricordano” i movimenti che facevi durante l’allenamento, quindi quando tornerai ad allenarti dopo un lungo periodo di stop, riacquisterai la tua forma fisica più velocemente.

Però ti consiglio di:

  • ricominciare ad allenarti in maniera “soft” per evitare infortuni;
  • aspettare 3-4 settimane prima di arrivare a seguire i tuoi allenamenti abituali;
  • avere pazienza e perseveranza e credere che ritornerai più forte di prima.

Resilienza!

di Maurizio Mondoni

Test sportivo

Test organico e baropodometrico

Come servizio innovativo della corsa per prevenire infortuni e migliorare le performance

Per una corretta programmazione degli allenamenti di tipo organico è di fondamentale importanza effettuare test incrementali che permettano di identificare il punto ZERO (livello di partenza), ricercando:…

Il test

Il test organico combinato, con esame dinamico baropodometrico al tapis roulant, permette di ottenere una valutazione simultanea dei parametri fisiologici:

Dopo un’attenta anamnesi personale, un analisi degli sport praticati, dei traumi subiti e le operazioni alle articolazioni a cui si è stati sottoposti, si prosegue con la valutazione:

  • posturale attraverso test specifici di allineamento;
  • flessibilità e forza muscolare degli arti inferiori e del bacino
    • in piedi, da fermi o in movimento.

Successivamente viene effettuata una ripresa video su un tapis roulant dotato di sensori sensibili alla pressione.

test 1 corsa

È importante combinare il test organico all’esame baropodometrico  sia con sportivi che con amatori e con chiunque effettua attività organica, compreso i bambini.

test 2
Il tapis roulant baropodometrico

Il tapis roulant baropodometrico rivestito di sensori sotto il tappeto di camminamento, consente una accurata analisi delle pressioni plantari.

Rileva la distribuzione del carico a terra durante le fasi della camminata e della corsa in condizione di comfort e di incremento di intensità, esaminando come l’apparato locomotore compie ogni singolo movimento nella sua dinamicità.

L’utilizzo di telecamere sincronizzate consente anche una dettagliata valutazione dell’atteggiamento posturale durante il movimento mettendo in evidenza come si sposa il peso, l’appoggio e i tempi di carico durante la camminata.

Davide a lavoro
Il prof. Davide Antoniella presso il suo studio

Si evidenzia la percentuale di appoggio sull’avampiede e sul retropiede ed eventuali casi di pronazione e supinazione.

Finalità del test

Questo test permette di fare delle valutazioni anatomiche e funzionali del piede e di altri distretti corporei ad esso connessi.

Permette, inoltre, di:

L’esame pertanto è utile nel descrivere la morfologia, la funzione e disfunzione del piede e dei segmenti corporei ad esso interconnessi (caviglia, ginocchio, anca)

L’esame si rivela utile prima, dopo e durante la fase riabilitativa.

Il piano di lavoro programmato per l’attività organica, qualsiasi obiettivo si abbia, sottopone le  strutture osteomuscolari e articolari a continui sovraccarichi per la ripetitività del gesto atletico;

soprattutto se quest’ultimo non viene eseguito nella maniera corretta o se vengono utilizzate calzature non specifiche.

Se il soggetto non distribuisce in modo corretto il proprio baricentro, le pressioni all’interno del piede e tra un piede e l’altro o se non ha una buona mobilità può provocare danni alle articolazioni.

Il programma seppur basato su test organici precisi    sarà del tutto inefficace se non supportato da una corretta analisi baropodometrica, perché può attivare le disfunzioni più comuni di un podista:

test 3

L’esame  combinato con le altre valutazioni ,  potrà pertanto fornire elementi importanti riguardo  sovraccarichi anatomici e funzionali, idoneità della calzature sportive ed eventualmente delle ortesi plantari testandone l’idoneità.

L’esame baropodometrico eseguito in questa maniera diventa una gait analysis ovvero la valutazione della biomeccanica dell’apparato locomotore.

Conclusioni

Correre con la consapevolezza di farlo nel modo corretto, dal punto di vista della postura e della dinamica, indossando la tipologia di calzatura più idonea, è fondamentale per prevenire gli infortuni e correggere le cause dei propri disturbi.

Tale valutazione ha quindi e soprattutto una funzione preventiva permettendo di  poter personalizzare il programma di allenamento, gli esercizi propriocettivi  e di stretching dei diversi distretti muscolari in modo funzionale.

In oltre si affina la tecnica, migliorando  il  passo,   evitando lesioni muscolari e osteoarticolari e

permettendo di migliorare la performance sportiva per raggiungere gli obiettivi nel modo più corretto, protettivo, tutelativo, cautelativo possibile.

di Davide Antoniella

Il movimento

Che cos’è il movimento?

Il prof. Pasquale Iezza regala, a tutti i nostri lettori, alcuni argomenti tratti dal suo libro “il movimento divergente” con il contributo del prof. Pino Palumbo, la dott.ssa Rosa Cipriano e del prof. Tiziano Megaro.

Saranno proposti, a puntate, alternandosi con i vari esperti della nostra piattaforma che hanno sposato, con grande generosità, la filosofia del nostro blog.

Il movimento è il modo più naturale che abbiamo per entrare in relazione con le cose che ci circondano.

Se si trovano in alto cerchiamo di…

arrivarci allungandoci o spiccando un salto, se sono in basso chinandoci con un piegamento, se sono vicine e davanti a noi camminando, se sono lontane e dobbiamo raggiungerle in fretta correndo.

Con il movimento instauriamo un dialogo con l’ambiente, ogni oggetto diventa accessibile, alla nostra portata.

Mettiamo un piede davanti all’altro ed usiamo una mano insieme all’altra per scoprire il mondo.

Il movimento ha la dinamicità dell’acqua che può essere solo contenuta in una forma, ma ha in più la forza di modificare con la sua energia creativa il contenitore.

Il movimento nello sport
Foto di Lukas

La nuova pedagogia del movimento divergente ha lo scopo di avviare un viaggio alla scoperta dell’intelligenza cinestetica, delle sue straordinarie potenzialità e dei suoi inesplorati sentieri.

Permette un collegamento tra il corpo, il mondo intorno a noi e le nostre emozioni.

Il movimento non ha confini e non deve avere frontiere, la sua ripartizione in punti ha solo lo scopo di condividere un’ipotesi di studio:

1) Il movimento automatico

Percorre le vie extrapiramidali e ci porta a dare una risposta meccanica, istintiva, agli stimoli ambientali.

  • Il midollo spinale è responsabile dei comportamenti automatici e stereotipati.
  • I riflessi spinali ci permettono una risposta quanto più rapida possibile in seguito a stimoli che segnalano situazioni potenzialmente pericolose per noi
    • se ad esempio la nostra mano è in contatto con una superficie bollente è fondamentale la reazione immediata dei muscoli senza aspettare l’elaborazione della corteccia cerebrale per evitare un’ustione;

2) Il movimento posturale 
  • Elabora le impercettibili informazioni provenienti dai propriocettori sensoriali e dal midollo spinale;
  • permette la conoscenza del nostro corpo nello spazio per arrivare a mantenere, attraverso i riflessi posturali, la nostra posizione eretta mentre siamo in piedi o camminiamo;
  • I propriocettori sono i sensori delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini e rilevano la tensione muscolare e la posizione delle articolazioni;

Il segnale che parte dai propriocettori viene trasmesso fino al midollo spinale dal quale si origina un altro impulso nervoso che permette la contrazione involontaria della muscolatura.

Il movimento decisionale
3) il movimento convergente

Responsabile del movimento volontario, è più complesso perché integra le informazioni provenienti dai livelli inferiori e da quelli superiori del cervello.

Tutti i movimenti volontari del corpo sono guidati dal cervello, una delle parti più coinvolte nel controllo è la corteccia motoria.

Per realizzare i movimenti diretti verso una meta, la porzione anteriore del lobo frontale del cervello deve prima ricevere le informazioni dagli altri lobi, da quello parietale sulla posizione del corpo nello spazio e da quello temporale sulla memorizzazione delle azioni passate.

Il movimento convergente richiede una elaborazione percettiva, percorre le vie piramidali e ci permette di svolgere azioni volontarie che ripetute con l’allenamento, con l’imitazione di un modello, con l’addestramento, ci specializzano in una disciplina sportiva spesso unilaterale che sviluppa competenze specifiche a discapito di altre abilità motorie.

4) il movimento divergente
  • E’ la manifestazione espressiva, originale, articolata e consapevole delle nostre energie interiori.
  • E’ il movimento attento al nostro mondo interno in armonia con quello esterno.
  • Risana, in questo modo, le vecchie scissioni corpo-mente, ragione – sentimento, pensieri-affetto.

I nostri movimenti volontari non si dissociano dai nostri impulsi profondi.

Il pensiero, il movimento, l’emozione si uniscono in un unico flusso coinvolgendo ogni parte del cervello, si mettono in collegamento il sistema extrapiramidale e quello piramidale che in realtà non sono mai separati.

Il movimento divergente crea connessioni ripristinando il senso di unità. Le connessioni stabiliscono i nessi tra le sensazioni, le emozioni, le immagini e il pensiero, compreso quello laterale.

I gesti non sono frammentati, staccati, robotizzati, divisi perché vivono l’esperienza corporea nella sua pienezza migliorando il nostro modo di comunicare.

Il movimento divergente ci fa esplorare tutte le possibili combinazioni delle azioni motorie attraverso il gioco, una delle attività più serie che esistano, ricordandoci che non abbiamo un corpo, come se fosse un’automobile acquistata da poco, ma che siamo un corpo. 

Il sistema motorio

si divide, partendo dal basso in:

Le aree motorie oltre a quella motoria vera e propria sono quelle delle regioni corticali premotorie e quelle dell’area motoria supplementare.

I movimenti di tipo riflesso si fermano ai livelli inferiori, al midollo spinale, senza arrivare alla corteccia.

A completare il controllo del movimento ci sono poi il cervelletto e i nuclei della base, tra i quali c’è Putamen, una sorta di supereroe tuttofare a forma di guscio di noce.

La corteccia motoria è quella parte del cervello che pianifica, controlla ed esegue i movimenti volontari del corpo dall’alto del centro operativo del lobo frontale.

I movimenti involontari e volontari sono sempre integrati e il movimento divergente permette il loro naturale collegamento. 

Il  movimento divergente fa così il suo ingresso nelle scienze pedagogiche (Il Movimento divergente, Pasquale Iezza, Aranblu editore, 2001), un ingresso fondamentale perché fecondo di prospettive didattiche e formative nel mondo della scuola e dello sport. 

E’ il movimento, apprendista meccanico, specializzato nelle giunzioni neuro-muscolari, nei cambi, nei circuiti e nei gangli di collegamento, ed ha un’officina con tutte le chiavi di accensione dei motoneuroni di qualsiasi cilindrata.

Ha facilitato nuove risposte a discipline sportive che sembravano codificate in modo permanente, basti solo pensare:

Diego Maradona
Diego Maradona con la maglia dell’Argentina

che a rivederla “scioglie il sangue nelle vene”.

video tratto dal film ” cosi parlo’ bellavista” (1984)

di Pasquale Iezza

Superallenamento

Periodizzazione – Superallenamento si…

ma programmato

Sottolineare quanto sia importante mantenere sotto controllo certi segnali, come la difficoltà a recuperare dopo una sessione di allenamento particolarmente dura, è di una importanza estrema.

I sintomi più evidenti sono:

  • irritazione muscolare che continua oltre le 48 ore dopo l’esercizio;
  • dolore cronico alle articolazioni;
  • sonno agitato e/o stanchezza dopo il sonno;
  • cambiamenti notevoli nelle normali funzioni del corpo;
  • mancanza di motivazione.

Se si nota qualcuno di questi, bisogna modificare:

  • l’intensità
  • la durata
  • la frequenza degli esercizi

e continuare ad osservare qualunque cambiamento.

In seguito a sedute di superallenamento è necessario inserire, in un programma di allenamento, un giorno o due alla settimana esclusivamente dedicati al riposo. 

Nel programma di periodizzazione è assolutamente previsto un paio di periodi di riposo “attivo “ che seguono la stagione pre – agonistica e la stagione regolare (o post – agonistica)

La periodizzazione
periodizzazione

E’ il programma pianificato di allenamento di un atleta o di una squadra durante tutto l’anno che culmina in un ottimale livello di condizionamento atletico o in una buona prestazione complessiva in un periodo prestabilito della stagione.

Nello specifico nel basket, che è uno sport in cui ogni partita conta, un allenamento stagionale teso a raggiungere il culmine della forma nei play – off, non è realistico.

Perciò un piano sistematico di allenamento fornisce delle variazioni:

  • Nell’ Intensità di allenamento (gradi di difficoltà dell’esercizio; la qualità del lavoro);
  • Nel volume (la quantità di lavoro);
  • Nella tecnica (abilità specifica al basket e capacità atletiche)

Le variazioni sono attuate per massimizzare l’effetto dell’allenamento e le prestazioni altamente positive.

Manipolando queste variabili, compreso l’allenamento della forza, è possibile preparare un piano efficace per la stagione da iniziare.

di Tiziano Megaro

tipi di mobilità articolare

La mobilità nei giocatori

Prevenzione dei traumi e delle lesioni da sport

“La mobilità articolare è la capacità e la qualità dell’atleta che gli permette di eseguire movimenti con grande ampiezza di oscillazione in una o più articolazioni con le proprie forze o grazie all’intervento di forze esterne”

Un concetto con lo stesso significato di mobilità articolare è quello di flessibilità.

L’articolarità e la capacità di allungamento vanno considerati invece componenti della mobilità articolare e quindi due concetti subordinati ad essa.

La mobilità articolare è un presupposto elementare per un’esecuzione qualitativamente e quantitativamente migliore di un movimento. La sua formazione ottimale, rispetto alle esigenze…

della pallacanestro, svolge un’azione positiva complessa sullo sviluppo dei fattori fisici della prestazione (forza, rapidità, ecc.) o delle abilità motorie di tipo sportivo (ad esempio i vari fondamentali tecnici). Inoltre influisce sullo sfruttamento completo del potenziale di prestazione esistente, sulla preparazione di allenamento e, in misura notevole, sulla prevenzione degli infortuni strettamente correlata con essa. Si tratta di funzioni molto importanti per il gioco della pallacanestro.

Se viene migliorata la mobilità articolare i movimenti possono essere eseguiti con maggiore forza e rapidità, perché viene opposta una minore resistenza da parte dei muscoli antagonisti.

Nella pallacanestro troviamo un tipo di sollecitazione che è caratterizzato, per la maggior parte, da brevi scatti, improvvisi cambi di direzione, arresti, salti, passaggi e tiri. Si tratta di movimenti molto dinamici, spesso aciclici, che esigono non soltanto una muscolatura molto potente, ma anche un’elevata elasticità e capacità di allungamento e rilassamento dei muscoli interessati, qualità che garantiscono una buona tollerabilità del carico e sono un elemento di prevenzione degli infortuni.

L’efficacia dell’allenamento della mobilità articolare per la prevenzione degli infortuni si può ricavare da tutta una serie di studi (cfr. Moller – Schober).

Secondo i su citati studiosi una buona rielaborazione del carico, tra gli altri fattori, è caratterizzata da una capacità individuale ottimale di rilassamento muscolare, che ad esempio viene influenzata positivamente dallo stretching.

Perciò una misura importante, ed indispensabile, di ogni preparazione immediata all’allenamento o alla gara, è rappresentata da un addestramento della mobilità articolare diretto a migliorare l’elasticità e la capacità di allungamento e di rilassamento.

Se si considera che il giocatore di pallacanestro mostra una tendenza alla formazione di squilibri muscolari il lavoro sulla mobilità articolare, integrato nell’allenamento indirizzato ad allungare i muscoli accorciati, rappresenta un’importante misura di prevenzione che impedisce l’insorgere di processi degenerativi a livello articolare e che si formano stereotipi motori sbagliati od alterati.

Un’efficace prevenzione degli infortuni, con azione sia a breve che a lungo termine, offre la possibilità di sfruttare completamente il potenziale individuale di prestazione e favorisce un migliore atteggiamento verso l’allenamento: se gli atleti non incorrono in infortuni per lunghi periodi di tempo possono sfruttare il loro potenziale in quanto si allenano regolarmente, senza interruzioni, e possono così sviluppare senza condizionamenti negativi la loro capacità di prestazione.

Gli atleti che non hanno problemi muscolari, di legamenti e di tendini, mostrano un atteggiamento mentale positivo verso un allenamento duro ed a lungo termine.

L’atleta eternamente infortunato, alla fine, comincia a dubitare che il suo duro lavoro d’allenamento paghi, visto che ogni volta deve ricominciare da capo, e diventa sempre più incline alla rassegnazione, a tutto discapito della sua motivazione verso l’allenamento.

Allenare in modo ottimale la mobilità articolare è possibile solo se si conoscono sufficientemente le sue basi anatomiche e fisiologiche.