I vari insegnamenti devono comunicare maggiormente tra di loro e non restare chiuse nel loro compartimento stagno.
Il tecnicismo, la specializzazione, il pensiero convergente, il ripetere meccanicamente cose già apprese, non ci permette di seguire un percorso diverso.
Lo sviluppo del pensiero divergente arricchisce le nostre competenze comunicative e la nostra efficacia espressiva
Spesso il pensiero divergente è usato come sinonimo di creatività ma la capacità di creare è qualcosa di più complesso in quanto in essa intervengono fattori socio-culturali ed altri aspetti della personalità non solo cognitivi ma anche affettivi ed emotivi.
E’ certo però che il pensiero divergente indica la giusta direzione da seguire per arrivare al nucleo centrale della creatività in quanto i suoi tratti caratteristici sono:
la fluidità
facilita lo spostamento di un’idea da un luogo all’altro e da una produzione all’altra;
la flessibilità
un pensiero elastico, capace di piegarsi, di adattarsi alle differenti situazioni;
l’originalità
che non dipende e non ha somiglianza con esempi, modelli ed idee precostituiti, convenzionali, ed ha quindi una sua novità, un suo carattere proprio;
l’elaborazione
l’insieme delle operazioni (l’associazione delle idee, l’astrazione, l’immaginazione costruttiva e riproduttiva, il giudizio, il ragionamento, ecc…), con le quali organizziamo e trasformiamo il materiale fornito dall’esperienza.
Il percorso specifico
I tratti tipici del pensiero divergente sono gli stessi della dimensione della creatività ecco perché per diversi autori il pensiero divergente indica il pensiero creativo.
Le nuove strade non escludono le vecchie, ma si possono unire con esse illuminando alcuni tratti del circuito cerebrale, rendendo così, il traffico più vario e veloce.
Percorrere una strada in un solo senso di marcia non permette il confronto e la scelta e questo ostacola la possibilità di essere divergenti.
La creatività non è una capacità di pochi artisti, pittori, musicisti, inventori, scienziati, ma è una possibilità per tutti, ognuno è in grado di trovare nuove e diverse associazioni tra le cose ogni giorno.
La creatività è una dote innata che tutti posseggono ma che non in tutti si manifesta immediatamente ed istintivamente.
Aiuta molto educare i bambini fin da piccolissimi alla ricerca personale, alla flessibilità, alla liberazione della creatività, perché loro, in particolare dagli zero ai tre anni, hanno una mente assorbente, “superassorbente”.
Si è dovuto aspettare l’arrivo di Maria Montessori che ha creato una “casa dei bambini”, un luogo di rivelazione e di espressione del bambino mediante:
una disciplina attiva che lo abitui ad essere padrone di sé, a sapersi imporre il limite dell’interesse collettivo e la forma delle buone maniere materiali;
la consapevolezza che il bambino ha un’intensa vita psichica, inconscia e subconscia e che è tanto grande nella sua piccolezza, è capace di intenzione e di pensiero, di azioni pratiche e creative;
la sua mente è assorbente, ma non come la spugna che lascia passare l’acqua e non la trattiene.
La mente del bambino, invece, arriva ad assorbire ed a conservare molte e difficili cose:
il linguaggio
le abitudini
i sentimenti
per cui occorre saper utilizzare questa forza creativa e inconscia.
Il movimento è essenziale alla vita; e l’educazione non può concepirsi come moderatrice o, peggio, inibitrice del movimento, ma solo come un aiuto a bene spendere le energie, e a lasciarle sviluppare normalmente”. “L’attività motrice, perciò, deve avere uno scopo ed essere connessa con l’attività psichica. Esiste una stretta relazione tra il movimento e l’intelligenza avida di imparare. I bambini disordinati nei loro movimenti non sono soltanto bambini che non hanno imparato a muoversi: sono soprattutto bambini dalla mente denutrita, che soffrono di fame mentale.
La curiosità del bambino è il vero motore dell’apprendimento e questa curiosità nasce dalla stimolazione, dalla motivazione e non dall’ esigenza di riempire la sua mente con informazioni che spesso non capisce e che fa fatica a ricordare.
Conclusione
La scuola è impegnata in una costante, continua, inarrestabile, ricerca per individuare le formule organizzative e gli interventi educativi più efficaci affinché i bambini possano svincolarsi dalla dipendenza delle cose già fatte, già pronte, ed aprirsi a nuove possibilità capaci di evolvere in un percorso che è sempre dinamico.
Foto di Max Fischer
Conoscere significa stabilire nessi, collegamenti, connessioni, essere capaci di fare sintesi in un mare di informazioni e questa capacità può essere insegnata solo a scuola e bisogna farlo il prima possibile.
I bambini devono essere educati fin dal momento della nascita, nei primi anni di vita, per alcuni neuro scienziati entro i tre anni si formano le sue modalità cognitive ed emotive che gli permetteranno di conoscere il mondo e di relazionarsi agli altri.
E’ il movimento che non deriva da una precisa ripartizione temporale esterna:…
uno spezzettamento in esercizi cadenzati in due, quattro e otto tempi;
una successione precisa di azioni divise da eseguire a ritmi regolari con un esperto da imitare a specchio;
è un movimento libero, spontaneo, nel quale la motricità non perde mai la sua originalità e la sua spinta emotiva.
Fa emergere il nostro potenziale creativo e favorisce l’integrazione armoniosa con se stessi e la relazione con gli altri.
Per movimento divergente intendo indicare un movimento che implica fluidità, flessibilità e originalità, mantenendosi quando più possibile naturale ed elastico.
Il “movimento convergente”, invece, è caratterizzato dalla riproduzione di prassi e meccanismi motori precedentemente acquisiti e dell’adattamento, più o meno meccanico, di queste a nuove situazioni.
Come per il pensiero così pure per il movimento è bene che si esplorino dei circuiti nuovi, allontanandosi da quelli noti in modo che ci sia la completa realizzazione delle possibilità espressive dell’individuo.
Dico volutamente possibilità e non potenzialità:
perché la potenzialità mi ricorda un rapporto di forza, di produttività, di legame, di mancanza di libertà.
Differenze tra movimento divergente e convergente
Il movimento divergente è un processo flessibile, è una personale modalità di interazione dell’interno con l’esterno, le parole che si associano ad esso sono:
elasticità;
scioltezza;
leggerezza;
curiosità;
novità;
la chiave della sua messa in moto è la creatività.
Foto di Gustavo Fring
E’ un viaggio verso l’ignoto, un ignoto che però è più vicino di quanto si possa pensare, ci appartiene, sta dentro ognuno di noi.
Il movimento convergente è un processo schematico e le parole che si associano ad esso sono:
rigidità
pesantezza
indifferenza
ripetizione
la chiave della sua messa in moto è l’automatismo.
Con i movimenti convergenti si arriva a padroneggiare precise azioni tecniche che sono poi applicabili alle discipline sportive, basti pensare ai fondamentali.
Con i movimenti divergenti si stimola l’aspetto creativo proprio di ogni persona permettendo così una più consapevole ed attiva integrazione del corpo con la mente e le emozioni, obiettivo principale della didattica enattiva.
Lasciare il corpo libero di esplorare tutte le possibilità del movimento, di trovare attraverso spontanee prove ed errori l’adattamento migliore, l’aggiustamento globale adeguato, è necessario.
Questo permette ai bambini di esplorare strade che nessuno prima aveva tracciato e di progredire:
a livello cognitivo (flessibilità e creatività del pensiero)
a livello motorio (movimenti nuovi e coordinati).
La libera esplorazione è una risposta del proprio corpo agli stimoli dell’ambiente.
Si sperimenta il modo in cui gli oggetti entrano in rapporto tra loro e già in questa fase si ha subito creatività perché ognuno vede e sperimenta le relazioni in modo diverso ed originale rispetto ad un altro:
è fondamentale partire dal movimento spontaneo come è pure importante educare al rispetto dello spazio motorio dell’altro.
Con i bambini bisogna sollecitare soprattutto situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.
Come agevolare il movimento divergente
MOVIMENTO CONVERGENTE
MOVIMENTO DIVERGENTE
E’ meccanico, con tempi cadenzati e formule fisse
E’ spontaneo, non è riducibile a tempi e a formule
Implica una successione precisa di azioni a ritmi regolari
Implica una successione libera di azioni a ritmi diversi
E’ organizzato, razionale, schematico
E’ naturale, emotivo, autentico
Permette di padroneggiare le azioni tecniche
Permette di esplorare la creatività
Il mondo interno è separato dal mondo esterno
Il mondo interno è unito al mondo esterno
La formazione di un clima che favorisca la massima naturalezza e il contatto con la creatività, in cui poter essere se stessi senza obblighi, è il modo giusto per agevolare il movimento divergente.
Un nastro di Möbius di carta da wikipedia
Il movimento divergente può essere pensato come il Nastro di Möbius, che ha una sola faccia senza un lato superiore ed uno inferiore, senza una demarcazione tra interno ed esterno.
Il movimento convergente, invece, ha il tipo di superficie che siamo abituati a vedere, quella con due facce staccate, una davanti e l’altra dietro, per cui è possibile percorrerne una senza mai raggiungere l’altra se non attraversando il bordo che le unisce.
Conclusione
Il movimento divergente ha un’unica faccia e non ha bordi né punti di separazione, il dentro e il fuori sono sempre collegati.
Il corpo è il luogo fisico attraverso cui si concretizzano il pensiero e le emozioni. La nostra mente è in dialogo continuo con ogni tessuto del suo corpo.
Saranno proposti, a puntate, alternandosi con i vari esperti della nostra piattaforma che hanno sposato, con grande generosità, la filosofia del nostro blog.
Il movimento è il modo più naturale che abbiamo per entrare in relazione con le cose che ci circondano.
Se si trovano in alto cerchiamo di…
arrivarci allungandoci o spiccando un salto, se sono in basso chinandoci con un piegamento, se sono vicine e davanti a noi camminando, se sono lontane e dobbiamo raggiungerle in fretta correndo.
Con il movimento instauriamo un dialogo con l’ambiente, ogni oggetto diventa accessibile, alla nostra portata.
Mettiamo un piede davanti all’altro ed usiamo una mano insieme all’altra per scoprire il mondo.
Il movimento ha la dinamicità dell’acqua che può essere solo contenuta in una forma, ma ha in più la forza di modificare con la sua energia creativa il contenitore.
Foto di Lukas
La nuova pedagogia del movimento divergente ha lo scopo di avviare un viaggio alla scoperta dell’intelligenza cinestetica, delle sue straordinarie potenzialità e dei suoi inesplorati sentieri.
Permette un collegamento tra il corpo, il mondo intorno a noi e le nostre emozioni.
Il movimento non ha confini e non deve avere frontiere, la sua ripartizione in punti ha solo lo scopo di condividere un’ipotesi di studio:
1) Il movimento automatico
Percorre le vie extrapiramidali e ci porta a dare una risposta meccanica, istintiva, agli stimoli ambientali.
Il midollo spinale è responsabile dei comportamenti automatici e stereotipati.
I riflessi spinali ci permettono una risposta quanto più rapida possibile in seguito a stimoli che segnalano situazioni potenzialmente pericolose per noi
se ad esempio la nostra mano è in contatto con una superficie bollente è fondamentale la reazione immediata dei muscoli senza aspettare l’elaborazione della corteccia cerebrale per evitare un’ustione;
2) Il movimento posturale
Elabora le impercettibili informazioni provenienti dai propriocettori sensoriali e dal midollo spinale;
permette la conoscenza del nostro corpo nello spazio per arrivare a mantenere, attraverso i riflessi posturali, la nostra posizione eretta mentre siamo in piedi o camminiamo;
I propriocettori sono i sensori delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini e rilevano la tensione muscolare e la posizione delle articolazioni;
Il segnale che parte dai propriocettori viene trasmesso fino al midollo spinale dal quale si origina un altro impulso nervoso che permette la contrazione involontaria della muscolatura.
3) il movimento convergente
Responsabile del movimento volontario, è più complesso perché integra le informazioni provenienti dai livelli inferiori e da quelli superiori del cervello.
Tutti i movimenti volontari del corpo sono guidati dal cervello, una delle parti più coinvolte nel controllo è la corteccia motoria.
Per realizzare i movimenti diretti verso una meta, la porzione anteriore del lobo frontale del cervello deve prima ricevere le informazioni dagli altri lobi, da quello parietale sulla posizione del corpo nello spazio e da quello temporale sulla memorizzazione delle azioni passate.
Il movimento convergente richiede una elaborazione percettiva, percorre le vie piramidali e ci permette di svolgere azioni volontarie che ripetute con l’allenamento, con l’imitazione di un modello, con l’addestramento, ci specializzano in una disciplina sportiva spesso unilaterale che sviluppa competenze specifiche a discapito di altre abilità motorie.
4) il movimento divergente
E’ la manifestazione espressiva, originale, articolata e consapevole delle nostre energie interiori.
E’ il movimento attento al nostro mondo interno in armonia con quello esterno.
Risana, in questo modo, le vecchie scissioni corpo-mente, ragione – sentimento, pensieri-affetto.
I nostri movimenti volontari non si dissociano dai nostri impulsi profondi.
Il pensiero, il movimento, l’emozione si uniscono in un unico flusso coinvolgendo ogni parte del cervello, si mettono in collegamento il sistema extrapiramidale e quello piramidale che in realtà non sono mai separati.
Il movimento divergente crea connessioni ripristinando il senso di unità. Le connessioni stabiliscono i nessi tra le sensazioni, le emozioni, le immagini e il pensiero, compreso quello laterale.
I gesti non sono frammentati, staccati, robotizzati, divisi perché vivono l’esperienza corporea nella sua pienezza migliorando il nostro modo di comunicare.
Il movimento divergente ci fa esplorare tutte le possibili combinazioni delle azioni motorie attraverso il gioco, una delle attività più serie che esistano, ricordandoci che non abbiamo un corpo, come se fosse un’automobile acquistata da poco, ma che siamo un corpo.
Le aree motorie oltre a quella motoria vera e propria sono quelle delle regioni corticali premotorie e quelle dell’area motoria supplementare.
I movimenti di tipo riflesso si fermano ai livelli inferiori, al midollo spinale, senza arrivare alla corteccia.
A completare il controllo del movimento ci sono poi il cervelletto e i nuclei della base, tra i quali c’è Putamen, una sorta di supereroe tuttofare a forma di guscio di noce.
La corteccia motoria è quella parte del cervello che pianifica, controlla ed esegue i movimenti volontari del corpo dall’alto del centro operativo del lobo frontale.
I movimenti involontari e volontari sono sempre integrati e il movimento divergente permette il loro naturale collegamento.
Il movimento divergente fa così il suo ingresso nelle scienze pedagogiche (Il Movimento divergente, Pasquale Iezza, Aranblu editore, 2001), un ingresso fondamentale perché fecondo di prospettive didattiche e formative nel mondo della scuola e dello sport.
E’ il movimento, apprendista meccanico, specializzato nelle giunzioni neuro-muscolari, nei cambi, nei circuiti e nei gangli di collegamento, ed ha un’officina con tutte le chiavi di accensione dei motoneuroni di qualsiasi cilindrata.
Ha facilitato nuove risposte a discipline sportive che sembravano codificate in modo permanente, basti solo pensare:
Proseguendo nel percorso intrapreso per trattare, sempre per sommi capi, le doti atletiche da allenare per diventare un giocatore completo, in questo caso di basket, parliamo della coordinazione e degli schemi motori fondamentali.
Spesso la coordinazione è ritenuta “un equivalente dell’agilità, essa è la capacità di sincronizzare tutte le componenti e le doti atletiche dell’individuo”.
La coordinazione e gli schemi motori fondamentali implica il concetto di sinergia. Un esempio che mi ha colpito nel mio percorso di studi ed in particolare sulla coordinazione è stato quello fatto dal quotatissimo prof. Isaia Di Cesare (scomparso qualche anno fa).
“Se si considera un atleta che voglia imparare a fare il giocoliere usando 3 palle, senza adeguate istruzioni prima, l’atleta probabilmente non riuscirebbe a far roteare simultaneamente tutte le 3 palle in aria.
Invece bisogna mostrargli come viene eseguito questo esercizio con una breve dimostrazione (anche in maniera rallentata ma in modo didatticamente chiaro); in seguito s’insegnerà a gettare in aria una sola pallina, seguita poi dalla seconda, una volta che l’esercizio con la prima sia stato imparato.
Questa progressione graduale continuerà finché l’atleta non sarà in grado di eseguire il gioco delle tre palline”.
Con questa metodologia quando si deve insegnare un movimento o un’azione e aderire cosi al concetto di sinergia, bisogna:
Mostrare e far capire l’intero movimento;
Scomporre il movimento nelle sue parti;
Padroneggiare ogni singola parte dell’intero movimento;
Riassemblare le parti per creare un movimento completo e migliorato.
Far allenare alla coordinazione di movimento consente l’armoniosa integrazione di tutti i movimenti in un’azione fluida, controllata ed efficace. Praticando ogni movimento, o meglio ancora, ogni parte di esso, l’atleta intensificherà molto lo sforzo totale.
Attività del gioco sport Pallarmonica – Lettere (Na) 2017/2018
Tutto ciò serve a capire che l’agilità e la coordinazione possono essere apprese. Un atleta può migliorare efficacemente le proprie prestazioni e diminuire il rischio d’infortunio semplicemente migliorando agilità e coordinazione.
La prossima volta che guarderete una partita di pallacanestro vi invito ad osservare le schiacciate, i passaggi da dietro la schiena ed i tiri da 3 punti e fate uno sforzo per seguire le tracce dei movimenti di un giocatore, meglio ancora se si ha la possibilità di vederlo a rallentatore, prendendo nota come un giocatore si sposta da un punto A ad un punto B.
Se si osserva attentamente vedrete i fondamentali movimenti come:
saltare, operare i rimbalzi, correre, schivare e caracollare (volteggiare) in avanti, indietro e di lato.
Gli schemi motori fondamentali sono esercizi evolutivi che i bambini imparano da subito e che saranno utili come movimenti fondamentali per più avanzate e specifiche capacità sportive.
L’abilità a muoversi in modo efficace ed esplosivo è essenziale per una prestazione vincente nel basket. Gli atleti naturali eseguono questi fondamentali schemi di movimento con un alto grado di profitto.
Tali giocatori sono notevolmente esplosivi, ma i loro movimenti in campo sembrano fluidi e senza sforzo. Questo perché gli allenamenti specifici sono continui e costanti.
Per la maggior parte degli esercizi in campo, come per la pallacanestro, richiedono movimenti come lo sprintare, gli spostamenti laterali di forza (scivolamenti), gli spostamenti indietro o difensivi, il correre indietreggiando, ed una gran varietà di salti.
Bisogna quindi allenare questi movimenti sostituendo quelli generali ad altri analitici, modificando continuamente la sequenza per mettere alla prova la capacità atletica di adattamento ad un costante mutevole stress fisico dell’atleta.
Capacità di prestazione del giocatore di pallacanestro
La prestazione di gara o la capacità di prestazione del giocatore di pallacanestro (o sport similiare) viene formata da molteplici abilità, capacità e qualità che si condizionano reciprocamente e che sono interdipendenti.
Un modello strutturale ridotto delle componenti della condizione fisica del giocatore di pallacanestro è delineato dalla seguente struttura:…
Modello strutturale ridotto delle componenti della condizione fisica del giocatore di pallacanestro
La reciproca dipendenza per una capacità ottimale di gioco, soprattutto dei presupposti condizionali, tecnici e tattici è messa in evidenza da questa citazione:
“Un comportamento ottimale in gara ha come presupposto un atteggiamento tattico ottimale dell’atleta, però un piano tattico è realizzabile solo se si posseggono basi tecniche adeguate ad esso, i corrispondenti presupposti condizionali ed adeguate capacità intellettuali e volitive….”. (Cfr. Weineck)
L’allenamento fisico – atletico del giocatore di pallacanestro si deve orientare, per prima cosa, sulle esigenze determinate della partita.
Nei giochi sportivi la formazione nella fanciullezza e nell’adolescenza richiede un processo di sviluppo della capacità di gioco di lunga durata.
Nei primi anni di tale processo…
…troviamo, in primo piano, lo sviluppo della rapidità, della coordinazione e del comportamento tecnico – tattico durante il gioco.
Se si vuole garantire la capacità di carico in questa fase andrebbe evitata qualsiasi specializzazione precoce e assicurare uno sviluppo multilaterale della muscolatura.
A tale scopo si espongono:
le particolarità del controllo dell’allenamento;
alcuni fattori che possono alterare lo stato di salute e la capacità di carico;
le misure di prevenzione in alcuni giochi sportivi di invasione come tra gli altri la pallacanestro.
Nei giochi sportivi d’invasione, un inizio precoce della costruzione della prestazione è giustificato dalla necessità di realizzare un notevole processo di apprendimento il cui scopo è rendere possibile la realizzazione della grande varietà di prestazioni motorie richieste in questo tipo di sport.
Obiettivi
L’allenamento giovanile si pone, soprattutto, l’obiettivo di sviluppare le abilità e le capacità tecnico – tattiche necessarie in questi giochi sportivi.
Le numerose richieste che si pongono alle prestazioni sportive del giocatore sono caratterizzate:
Dalla necessità di sviluppo della capacità di prestazione individuale;
Da attività che si svolgono nel contesto di una squadra tenendo conto dell’avversario
Dalla situazione di gioco in continuo cambiamento che debbono essere realizzate con grande rapidità per un lungo periodo di tempo.
Per questa ragione, se, si vogliono realizzare notevoli prestazioni sportive in questi sport, oltre a capacità organico – muscolari specifiche (rapidità, forza, resistenza), sono importanti quelle funzioni psichiche e nervose che notoriamente presentano i periodi più favorevoli al loro sviluppo nell’età evolutiva:
infanzia,
preadolescenza
adolescenza.
Facilitazioni neuronali
Gli importanti presupposti tecnico – tattici necessari in questi sport si consolidano attraverso facilitazioni neuronali tra le quali debbono essere citate:
Le funzioni degli organi di senso che permettono di percepire e di elaborare rapidamente e con precisione gli stimoli esterni;
Il controllo neuromuscolare preciso ed efficace dei movimenti, adeguato alla situazione delle azione e delle reazioni di gioco
(Cit. Gudrun Frohner – )
L’Autrice, Gudrun Fröhnerdocente presso l’Istituto di Scienze Applicate all’Allenamento di Lipsia, è attualmente una delle maggiori esperte in campo mondiale delle problematiche legate alla capacità di carico dei bambini e dei giovani atleti.)
L’adattamento alle condizione concrete del gioco e le prese di decisione per le azioni successive richiedono uno sviluppo molto elevato delle capacità di reazione, delle capacità di trasformazione dei movimenti e di anticipazione.
Alla base della possibilità di reagire rapidamente durante la partita, e, quindi, come garanzia sia della prestazione sportiva sia della capacità di carico, troviamo uno stato di freschezza fisica e nervosa.
Le conseguenze dei carichi inappropriati
Le cause principali delle conseguenze di carichi inappropriati e di traumi che debbono essere evitate sono rappresentate da:
pattern errati di movimento;
da un ristabilimento insufficiente;
da comportamenti scorretti di gioco.
Anche ciò richiede una costruzione a lungo termine (processo di apprendimento) della prestazione di gioco.
I carichi e le sollecitazioni che esigono questo tipo di giochi sportivi (cosiddetti d’invasione) in linea di principio corrispondono a quelle degli sport di rimando (tennis, pallavolo), tuttavia esistono differenze notevoli.
Foto di Karolina Grabowska
Conclusioni
Tali differenze riguardano non soltanto le diversità delle tecniche sportive che permettono di trattare la palla ma, anche, in generale, le differenti attività muscolari – generalmente molto rapide e mutevoli.
Devono essere eseguite per un lungo periodo di tempo – e il continuo ripetersi di situazioni di contatto e di lotta con l’avversario di gioco.
Come servizio innovativo della corsa per prevenire infortuni e migliorare le performance
Per una corretta programmazione degli allenamenti di tipo organico è di fondamentale importanza effettuare test incrementali che permettano di identificare il punto ZERO (livello di partenza), ricercando:…
Il test organico combinato, con esame dinamico baropodometrico al tapis roulant, permette di ottenere una valutazione simultanea dei parametri fisiologici:
e valutare i possibili problemi che potrebbero sorgere quando si cammina e/o corre .
Dopo un’attenta anamnesi personale, un analisi degli sport praticati, dei traumi subiti e le operazioni alle articolazioni a cui si è stati sottoposti, si prosegue con la valutazione:
Successivamente viene effettuata una ripresa video su un tapis roulant dotato di sensori sensibili alla pressione.
È importante combinare il test organico all’esame baropodometrico sia con sportivi che con amatori e con chiunque effettua attività organica, compreso i bambini.
Il tapis roulant baropodometrico
Il tapis roulant baropodometrico rivestito di sensori sotto il tappeto di camminamento, consente una accurata analisi delle pressioni plantari.
Rileva la distribuzione del carico a terra durante le fasi della camminata e della corsa in condizione di comfort e di incremento di intensità, esaminando come l’apparato locomotore compie ogni singolo movimento nella sua dinamicità.
L’utilizzo di telecamere sincronizzate consente anche una dettagliata valutazione dell’atteggiamento posturale durante il movimento mettendo in evidenza come si sposa il peso, l’appoggio e i tempi di carico durante la camminata.
una postura errata, ma anche disturbi correlati a patologie organiche e di tipo vascolare.
L’esame pertanto è utile nel descrivere la morfologia, la funzione e disfunzione del piede e dei segmenti corporei ad esso interconnessi (caviglia, ginocchio, anca)
L’esame si rivela utile prima, dopo e durante la fase riabilitativa.
Il piano di lavoro programmato per l’attività organica, qualsiasi obiettivo si abbia, sottopone le strutture osteomuscolari e articolari a continui sovraccarichi per la ripetitività del gesto atletico;
soprattutto se quest’ultimo non viene eseguito nella maniera corretta o se vengono utilizzate calzature non specifiche.
Se il soggetto non distribuisce in modo corretto il proprio baricentro, le pressioni all’interno del piede e tra un piede e l’altro o se non ha una buona mobilità può provocare danni alle articolazioni.
Il programma seppur basato su test organici precisi sarà del tutto inefficace se non supportato da una corretta analisi baropodometrica, perché può attivare le disfunzioni più comuni di un podista:
L’esame combinato con le altre valutazioni , potrà pertanto fornire elementi importanti riguardo sovraccarichi anatomici e funzionali, idoneità della calzature sportive ed eventualmente delle ortesi plantari testandone l’idoneità.
L’esame baropodometrico eseguito in questa maniera diventa una gait analysis ovvero la valutazione della biomeccanica dell’apparato locomotore.
Conclusioni
Correre con la consapevolezza di farlo nel modo corretto, dal punto di vista della postura e della dinamica, indossando la tipologia di calzatura più idonea, è fondamentale per prevenire gli infortuni e correggere le cause dei propri disturbi.
Tale valutazione ha quindi e soprattutto una funzione preventiva permettendo di poter personalizzare il programma di allenamento, gli esercizi propriocettivi e di stretching dei diversi distretti muscolari in modo funzionale.
In oltre si affina la tecnica, migliorando il passo, evitando lesioni muscolari e osteoarticolari e
permettendo di migliorare la performance sportiva per raggiungere gli obiettivi nel modo più corretto, protettivo, tutelativo, cautelativo possibile.
(iniziamo con l’ultimo articolo che DAVIDE aveva preparato per noi)
La sedentarietà, insieme all’eccessivo apporto calorico, all’alimentazione spesso sbilanciata e all’accumulo di stress, ha portato a un aumento delle malattie definite del BENESSERE o SINDROME METABOLICA.
Per questo la sempre maggior attenzione da parte dei mass media verso i tragici eventi, che coinvolgono giovani e meno giovani, ha sensibilizzato la pubblica opinione.
Un fattore molto importante per prevenire e curare la sindrome metabolica e molte patologie cardio-respiratorie è l’attività fisica.
È noto da tempo che l’esercizio fisico svolge un ruolo fondamentale nelle malattie cronico-degenerative.
La strategia fondamentale per salvaguardare lo stato di salute è basata sulla prescrizione d’attività fisica utile a migliorare l’efficienza cardio-respiratoria, la composizione corporea.
In altre parole è stato riscontrato il valore dell’attività fisica per quanto riguarda il miglioramento della forza.
E’ stato dimostrato, tramite dati sperimentali, che lo svolgimento di attività fisica regolare è associata a benefici per la salute
anche quando l’allenamento rimane invariato.
Dai dati forniti dal Dipartimento sulla Salute e i Servizi Americani, dalla Società Chirurgica di Atlanta, dai Centri di Cura e Prevenzione delle Malattie Croniche e da numerosi articoli emergono i seguenti benefici:
Attività di Prevenzione primaria (interventi richiesti per prevenire disfunzioni cardiache).
Attività di Prevenzione secondaria (interventi da predisporre dopo una disfunzione cardiovascolare per prevenirne un’altra).
Un’intensa attività fisica è associata a diminuita incidenza di mortalità per cause coronariche e di comparsa di malattie cardiovascolari e coronariche, tumori del colon e diabete di tipo 2.
La morte per ragioni cardiovascolari, o per altre cause sopra elencate, è ridotta nei pazienti con infarto del miocardio che si sottopongono ad un programma di riabilitazione cardiaco mediante esercizi fisici.
In modo particolare se concomitante ad una riduzione dei fattori di rischio.
Gli stessi pazienti non mostrano, tuttavia, una riduzione del numero di reinfarti non mortali.
L’attività motoria produce anche altri benefici:
diminuita ansietà e depressione;
maggiore capacità di svolgere il lavoro e le attività ricreative;
aumentato senso del benessere.
Foto di Marta Wave
A questi possiamo aggiungere:
diminuzione del grasso corporeo ;
ipertrofia muscolo scheletrico;
aumento del carico di rottura delle ossa, legamenti, tendini.
In assenza di patologie cardiovascolari significative, i rischi prodotti dall’esercizio fisico sono estremamente bassi.
Un ampio studio retrospettivo eseguito nei centri YMCA ha rivelato un caso di arresto cardiaco e un caso di morte rispettivamente ogni 2.253.267 e 2.897.057 ore di attività svolta.
Una recente pubblicazione conclude che approssimativamente 0,75 maschi e 0,13 femmine ogni 100.000 muoiono in un anno durante un’attività fisica.
Pertanto, l’incidenza delle complicazioni cardiovascolari durante l’attività fisica, è maggiore nelle persone con disturbi cardiovascolari rispetto a quelle sane.
Quindi, oggi, l’introduzione delle moderne procedure (rivascolarizzazioni, terapie farmacologiche) ha notevolmente ridotto la frequenza di eventi cardio-circolatori.
In Pazienti sottoposti a riabilitazione cardiaca una complicazione cardiovascolare importante si presenta ogni 60.000 ore.
E’ inoltre interessante notare come il rischio di complicazione non cambi nelle sessioni svolte nella mattinata, rispetto a quelle svolte nel pomeriggio.
Di seguito riporto una tabella del rischio di comparsa di complicazioni cardiovascolari.
CONDIZIONI ASSOCIATE ALLA COMPARSA DI COMPLICAZIONI CARDIOVASCOLARI
(Adattato da Haskell W.L. cardiovascular complications during exercise training of cardiac patients)
STATO CLINICO
Infarti molteplici di miocardio.
Ridotta frazione di eiezione ventricolo sinistro (< 30%).
Angina pectoris instabile o a riposo.
Importanti aritmie a riposo.
Lesione della coronarica discendente anteriore sinistra con una significativa occlusione (≥ 70%).
Aterosclerosi in molteplici vasi, evidenziata con angiografia.
PARTECIPAZIONE ALL’ATTIVITÀ FISICA
Mancata esecuzione di appropriate attività di riscaldamento e raffreddamento.
Superamento dei valori di frequenza cardiaca prescritta dai programmi.
Molte sono le ricerche di laboratorio, studi epidemiologici, che hanno dimostrato l’importanza dell’attività fisica associata ad uno stile di vita che miri alla salute, al benessere e alla riduzione dei fattori di rischio.
Oggi si sente parlare molto di Fitness Metabolico.
Gli esercizi di Fitness Metabolico sono esercizi tradizionali di facile esecuzione e monitoraggio, con la differenza che la tipologia, l’intensità, sono determinati da un’attenta analisi medica e bio-funzionale-articolare dell’istruttore per proporre programmi di allenamento altamente personalizzati con fasi cardiovascolari, di forza e endurance, di flessibilità e ludiche.
Il Fitness metabolico è prevenzione e benessere attraverso la pratica di una adeguata attività motoria e si occupa di creare una vera e propria cultura motoria e un corretto stile di vita.
È importante l’assoluto rispetto dei ruoli.
I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.
VO2 misurata direttamente o stimata mediante un test da sforzo incrementale
dei parametri di forza stimati con test sub massimali.
Però i protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido.
Bisogna evitare di applicare semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi.
L’istruttore eroga i protocolli, li spiega con linguaggio accessibile, misura i cambiamenti e li comunica al medico, stabilisce (su indicazioni mediche) gli obiettivi, gestisce l’attività di Counseling nei confronti del soggetto.
Allo stesso modo le proposte devono avere l’obiettivo di salvaguardare la salute, riducendo i rischi di malattie e garantendo la sicurezza durante lo svolgimento dell’esercizio.
Personalizzare il protocollo significa considerare: modalità, intensità, durata, frequenza e progressione dell’attività.
L’istruttore dovrà osservare:
Risposte fisiologiche e percettive all’esercizio.
Adattamenti all’allenamento fisico a seconda dell’intensità e della frequenza di svolgimento.
Controlli dei progressi valutando le risposte HR e RPE.
Il livello di gradimento affinchè le proposte soddisfino gli interessi, le capacità e i limiti individuali per non demotivare il soggetto.
I protocolli sono ispirati a gradualità e progressività secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con impegni minimi ma costanti e intensità commisurate alla fisiologia del soggetto.
Il Fitness Metabolico deve essere informazione, cultura, rapporti istituzionali.
L’obiettivo è:
Migliorare il livello di salute e benessere per milioni di persone.
Ridurre la spesa sanitaria nazionale attraverso un cambiamento di stile di vita.
Sviluppare il settore Fitness Metabolico formando operatori specializzati.
Le componenti da considerare nel Fitness Metabolico devono includere:
Composizione corporea
Efficienza cardio-respiratoria
Forza muscolare
Resistenza
Flessibilità
Il miglioramento di queste ultime tre componenti sono il risultato dell’applicazione di 2 principi fondamentali: sovraccarico e specificità’.
In particolare il sovraccarico stabilisce che affinchè un tessuto o un organo migliorino la loro funzione devono sopportare un carico di lavoro al quale normalmente non sono abituati.
Una prescrizione d’esercizio definisce l’intensità, la durata, e la frequenza d’allenamento ed è l’interazione di queste tre che determina il sovraccarico.
Il principio della specificità stabilisce che gli effetti dell’allenamento sono specifici dell’esercizio proposto e dei muscoli coinvolti.
Quindi un programma di fitness basato su una varietà e semplicità degli esercizi coinvolgerà un maggior numero di gruppi muscolari e porterà l’effetto su obiettivi adatti allo scopo del fitness metabolico.
In breve una volta formulata la prescrizione degli esercizi il programma si sviluppa nelle seguenti fasi:
Riduce l’incidenza dei danni muscolo-scheletrici aumentando l’estensibilità del tessuto connettivo, migliorando l’efficienza delle articolazioni al movimento e alla funzione e aumentando la performance muscolare.
Diminuisce l’incidenza della depressione ischemica del segmento ST che può rappresentare una minaccia di aritmia ventricolare e di disfunzioni transienti globali del ventricolo sx conseguenti ad un esercizio intenso e improvviso.
Sviluppa l’efficienza cardio respiratoria e prevede dai 20’ ai 60’ di attività aerobica continua o intermittente.
Coinvolge grandi gruppi muscolari ed è ritmica e dinamica.
Questa fase è combinata salvo precise controindicazioni ad allenamento della forza per avere maggior effetti.
Per questi esercizi sono necessari test sub massimali.
Le indicazioni orientano ad utilizzare carichi non superiori al 35% del max per arti inferiori e del 50% per arti superiori.
Gli esercizi devono essere di facile esecuzione e di tipo monopodalico per evitare grossi carichi e sovraccaricare l’apparato cardio-circolatorio.
L’allenamento deve essere ritmico, svolto ad una velocità da moderata a bassa, coinvolgere una serie completa di movimenti e non modificare il ritmo della normale respirazione.
Esercizi condotti con espirazioni forzate, apnee, (manovra di VALSALVA) possono causare un aumento violento della pressione sanguigna sistolica e diastolica.
Occorre attenzione nell’allenamento dei movimenti eccentrici e isometrici rispetto ai concentrici.
FASE LUDICA
Deve essere piacevole, modificando regole dei giochi per diminuire la richiesta di abilità, di competizione, di costi energetici e di risposta della frequenza cardiaca.
DEFATICAMENTO
Prevede esercizi di bassa intensità (camminare, stretching o esercizi alternativi tipo yoga).
Deve facilitare gli adattamenti circolatori e riportare i valori vicino ai livelli di riposo
Aumenta il ritorno venoso, riducendo la possibilità di ipotensione post-esercizio e di capogiri, facilita la dissipazione del calore corporeo, promuove una più rapida eliminazione dell’acido lattico rispetto al recupero stazionario, combatte gli effetti potenziali e negativi dovuti all’aumento delle catecolamine nel plasma nel periodo che segue l’esercizio.
In particolare l’ultimo aspetto può ridurre l’incidenza, soprattutto nei pazienti con patologie cardiache, delle pericolose aritmie ventricolari.
Causa potenziale di morte cardiaca improvvisa.
Non defaticare significa aumentare le cause di complicazioni cardiovascolari causate da una diminuzione transitoria del ritorno venoso che potrebbe ridurre il flusso sanguigno coronarico.
In altre parole per i pazienti cardiopatici in riabilitazione è anche consigliato una fase di RECUPERO per normalizzare tutti i parametri (esercizi respiratori e rilassamento).
È importante considerare che la maggior parte degli effetti benefici ottenuti con l’allenamento recedono al livello a questo precedenti qualora intervenga un periodo di inattività che duri da 4 a 8 settimane con incidenze diverse sui vari miglioramenti ottenuti.
Sono fattori indispensabili per un corretto approccio funzionale:
l’individualizzazione del programma la profonda conoscenza anatomo-fisiologica-biomeccanica delle metodiche di allenamento laz collaborazione specialista motorio-medico
IN ITALIA A LIVELLO GIOVANILE SI PRATICA POCA ATTIVITA’ SPORTIVA E L’ABBANDONO AUMENTA
In Italia, a 18 anni, meno di 1 adolescente su 3 pratica qualche attività sportiva o fisica e i tassi di sedentarietà sono da record.
Il problema è…
…il cosiddetto “drop out” (abbandono precoce) che inizia già a 11 anni:
a 15 anni meno di un ragazzo su 2 pratica attività sportiva continuativa,
a 18 la pratica poco più di uno su 3 e i tassi di sedentarietà nel nostro Paese sono tripli rispetto a quelli delle altre nazioni europee.
Per non parlare della Scuola Primaria dove il movimento
è un passatempo, un hobby ……. non un’esigenza!
Dopo la Scuola Primaria
Dopo la Scuola Primaria i ragazzi italiani cominciano ad allontanarsi dalla pratica sportiva continuativa e ingrossano le fila dei sedentari.
A maggior ragione da marzo 2020 con la pandemia, che ha fatto crollare il gioco, il movimento, l’E.F. e ha aumentato di fatto la sedentarietà con conseguente aumento di peso, noia e ……. è meglio rimanere nella “bolla” di casa” e giocare con:
Foto di Lukas
lo smartphone
il telefonino
la TV
Lo spartiacque
E se finora l’età spartiacque era quella tra i 14 e i 15 anni, negli ultimi anni si è osservato che il trend negativo comincia già a 10- 11 anni.
Infatti tra il 2018 e il 2019 la quota di ragazzi/e praticanti un’attività sportiva in modo continuativo è diminuita nella fascia d’età 11-14 anni, passando dal 53% al 60,4%, percentuale che tra i 15 e i 17 anni diventa del 52,5% e si assesta al 40,7%, tra i 18 e i 19 anni:
una parabola discendente preoccupante con il crescere dell’età!
Non abbiamo i dati dal 2020, ma sicuramente la percentuale è aumentata di sicuro!
L’abbandono e la sedentarietà
Preoccupante non è solo l’abbandono della pratica sportiva in età preadolescenziale e adolescenziale, ma quello che è pericoloso è l’elevato numero di sedentari assoluti, di coloro che non praticano nessuno sport, né alcuna attività fisica e questo fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, in una percentuale che va dal 28% (tra i 15 e 17 anni) al 36% (tra i 18 e i 19 anni).
Per non parlare dei bambini!
Le nuove tecnologie
I sociologi, gli psicologi, i pediatri non hanno dubbi sui colpevoli del divorzio tra adolescenti e sport: le nuove tecnologie!
Infatti i giovani d’oggi trascorrono dalle 3 alle 4 ore al giorno davanti a uno schermo TV, computer o smartphone che sia.
Ma questo non basta a spiegare perché il tasso di sedentarietà degli adolescenti italiani sia più che triplo rispetto a quello dei loro coetanei europei (24,6% contro 7% nella fascia di età 15-24 anni), che non sono da meno dei ragazzi italiani nell’uso di tecnologie digitali, né per abilità né per tempo trascorso.
Foto di Kindel Media
Alcune indagini svolte a “random” tra i giovani adolescenti in alcune città italiane, hanno evidenziato due principali motivi di abbandono sportivo:
uno legato all’eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5%);
l’altro riconducibile alle modalità di svolgimento dell’attività fisica.
Perché?
Queste le risposte relative all’indagine svolta: perchè
“fare sport è venuto a noia” (65,4%);
“costa troppa fatica” (24,4%);
costa troppo in termini economici (32%);
“gli Istruttori e gli Allenatori sono troppo esigenti”
e non sanno insegnare (19,4%).
Cosa bisogna fare?
Per riavvicinare gli adolescenti all’attività fisica e sportiva, bisogna offrire loro nuovi stimoli.
L’agonismo esasperato dei giorni nostri, le aspettative e le pressioni eccessive dei genitori e degli Allenatori, rischiano di allontanare i giovani dallo sport.
Occorre valorizzare di più l’attività fisica anche non strutturata e la pratica sportiva non agonistica e questa è una sfida che deve coinvolgere anche le Società Sportive.
E partire anche dai bambini?
E riscoprire la Multilateralità e il “giocare a tutto” e poi scegliere?
La Scuola
Ma il ruolo centrale di questa valorizzazione spetta alla SCUOLA, soprattutto in quella secondaria inferiore e superiore.
Foto di Yan Krukov
Lo sport a scuola dovrebbe essere favorito ed incentivato, mentre oggi è considerato una perdita di tempo che toglie spazio ad altre attività più importanti.
L’Educazione Fisica è parte integrante dello sviluppo psicofisico degli adolescenti:
lo sanno bene Paesi come la Francia che dedicano a questa attività il 15% dell’orario complessivo scolastico, percentuale che scende al 7% per gli studenti italiani.
Circa un terzo dei Paesi europei sta lavorando oggi a riforme che riguardano l’Educazione Fisica con interventi di vario tipo volti ad aumentare l’orario minimo, diversificare l’offerta, promuovere la formazione di coloro che la insegnano.
Per non parlare della Scuola Primaria e della “non importanza” dell’E.F. nel contesto delle altre Educazioni!
E in Italia?
Due ore di E.F. (scusate Scienze Motorie!) nella Scuola Secondaria di 1° e di 2° grado, poco o niente di Educazione Fisica (così giustamente si chiama) nella Scuola Primaria, niente nella Scuola d’Infanzia.
Con la fine della stagione agonistica, ma soprattutto con l’inizio delle preparazioni precampionato per moltissimi preparatori e sportivi, torna in gran voga l’ormai vecchio dibattito sulla valenza dello stretching.
Fa bene? fa male? Non fa niente?
Una risposta assoluta come “si” o “no” a questa domanda, non solo è sbagliata a priori, ma anche del tutto assurda.
Innanzitutto è bene ricordare che con la parola stretching, spesso si intendono esercitazioni molto diverse tra loro, che inducono adattamenti differenti.
Credo si possa ormai affermare, senza molti dubbi, che in sport che non richiedono una particolare mobilità articolare, lo stretching statico (il più diffuso e conosciuto) eseguito in maniera maniacale, sia, se non negativo, per lo meno inutile.
E’ evidente, però, che per atleti giovanissimi che si avvicinano a qualsiasi tipo di disciplina non deve essere vietato.
Foto di Ketut Subiyanto
GLi abitudinari e i vari esercizi di stretching
Non bisogna però dimenticare che “molti atleti” sono “affezionati” ai loro riti preventivi e preparatori.
Spesso i possibili effetti negativi indotti dal divieto brusco, può superare quelli indotti dal fare, appunto, lo stretching statico.
Molto in voga negli anni passati, consisteva nell’arrivare in posizione di allungamento molleggiando sui muscoli tesi.
Si forzano le parti del corpo in posizioni che oltrepassano il normale range di movimento (ROM), utilizzando lo slancio di un movimento oscillante.
Si arriva cioè in posizione di massimo allungamento, e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.
Oggi questa metodologia è fortemente sconsigliata, perché si mettono a repentaglio l’integrità delle strutture muscolo-tendinee delle articolazioni interessate.
Lo stretching statico
E’ il più conosciuto.
Consiste nell’assumere lentamente una determinata posizione, diversa per ciascun muscolo o gruppo di muscoli, che va mantenuta per un periodo di tempo più o meno lungo.
Può essere attivo o passivo.
Quello Passivo differenzia dall’attivo, per l’intervento di altre persone o attrezzi che aiutano a raggiungere la posizione.
Lo stretching dinamico
Consiste nell’allungare un certo gruppo muscolare con oscillazioni e movimenti controllati.
L’escursione aumenta progressivamente fino a raggiungere il grado desiderato, per poi aumentare anche la rapidità del gesto.
Esistono varie tipologie di stretching PNF, ma il più utilizzato consiste nell’allungare e contrarre la muscolatura durante la fase di stretching e approfittare della stanchezza della muscolatura che è stata contratta pochi secondi prima, per allungarsi sempre di più.
Quindi
Dire che lo stretching fa bene a priori, è sbagliato. Dire che lo stretching va evitato come la peste, è sbagliato.
Pertanto siamo tenuti a conoscere nello specifico gli adattamenti indotti da tutte le diverse metodiche di stretching, e solo attraverso questa conoscenza saremo in grado di utilizzarle al meglio in base alla programmazione specifica per obiettivi.
Esempio
Molte tecniche di stretching statico, di cui oggi si parla tanto male, trovano un largo e positivo utilizzo in discipline che richiedono una grande mobilità articolare come la ginnastica artistica o il nuoto sincronizzato e la prevenzione ai traumi in quasi tutti gli sport.
Quindi, come già detto in tante riunioni tecniche e dibattiti in forum specializzati, avere conoscenze non vuol dire applicarle in modo indiscriminato senza rielaborarle alla luce delle proprie esperienze, degli anni di lavoro, di osservazione e di valutazione.
Un monito ai colleghi educatori – istruttori – preparatori fisici
Cerchiamo e continuiamo ad avere un approccio personale alle cose e di rielaborare le proprie conoscenze in modo elastico e funzionale: i libri e i testi non sono bibbie ma strumenti di notevole aiuto per permetterci di approfondire e studiare.
Vi invito infine a leggere alcune interessanti pubblicazioni sull’argomento del Prof. Gilles Cometti, un cardine nel nostro ambito.
Gilles Cometti al lavoro con un atleta – da performancelab
Conclusione
Per quanto mi riguarda dedicare qualche minuto alla pratica dell’allungamento, in base alla mia esperienza pratica, ai miei approfondimenti ed alle mie continue partecipazioni a clinic specialistici,
va a completare quella che viene chiamata “programmazione ordinaria”.
“Ogni bambino possiede delle capacità (DNA, esperienze,…..) e in base alle sue capacità è in grado di sviluppare delle competenze e se tu, Istruttore, vuoi migliorare le sue competenze, devi metterlo in condizione di aumentare le sue conoscenze”.
Un bambino pensa e esegue in base alle proprie conoscenze e alle proprie capacità, altrimenti non diventerà mai compente e abile nell’eseguire un gesto o un movimento.
Ora si parla di apprendimento cognitivo, ma prima che apprendimento era?
Il cognitivismo esisteva già dal 1981 e ancora prima! Mi ricordo che dal 1981 parlavo di tassonomia, di conoscenze, di capacità e di competenze.
Insegno in Università Cattolica (Scienze della Formazione) da oltre 35 anni e ricordo agli addetti ai lavori che i progetti devono essere scientificamente codificati (con un gruppo di controllo) e non astratti!
Oggi si parla di neuroscienze, ma prima non si lavorava sulla lateralità, sulle funzioni dei due emisferi, sullo spazio, sul tempo?
Mi sembra il gioco delle “tre carte”!
Molti bambini non:
conoscono che cosa possono fare con il proprio corpo
quindi è importante aumentare la conoscenza degli schemi motori di base e posturali;
conoscono lo spazio
quindi è importante educare lo “spazio topologico”, migliorando le conoscenze spaziali;
prendono delle decisioni
quindi è importante fornire loro delle conoscenze relative al “making”;
sono in grado di modificare una iniziativa presa inizialmente
quindi dobbiamo migliorare le conoscenze alternative;
padroneggiano determinati movimenti con la palla
quindi “manualità” e aumento dei gesti di manipolazione
più conoscenze un bambino possiede più è in grado di “gestire” il movimento;
conoscono “i fondamentali individuali”
quindi sarebbe opportuno aumentare le conoscenze sui fondamentali.
Dopo la velocità, continuiamo il nostro viaggio trattando un’altra dote atletica necessaria per diventare un giocatore di basket quantomeno completo.
Un sistema per muoversi più liberamente con maggiore agilità e velocità è quello di sviluppare una buona elasticità.
Inoltre, la capacità di fornire…
…prestazioni senza timori di infortunio si risolve in azioni più poderose.
Cosa origina la potenza?
Il livello di estensione di una banda elastica stabilisce la quantità di energia immagazzinata e la possibilità di emissione di forza.
Per il muscolo non è l’estensione, ma piuttosto la velocità dell’allungamento che determina l’originarsi della potenza.
Quando però un muscolo è allungato fino ai suoi limiti estremi, l’essere in grado di resistere ai rigori di questo allungamento massimale ed eseguire un movimento di grande potenza senza infortunarsi è molto importante per una resistenza e produttività a lungo termine.
L’ampliamento della gamma di movimenti è un fattore molto importante per diventare un atleta completo.
L’importanza dell’agilità
Strettamente collegata con l’equilibrio, l’agilità è necessaria agli atleti per regolare gli spostamenti del centro di gravità mentre in velocità variano le posizioni del corpo.
Foto di Tima Miroshnichenko
L’agilità è la capacità di cambiare direzione senza diminuire la velocità.
Un esempio
Immaginiamo un uomo alto circa 2 metri, di 115 Kg, che può sollevare 180 Kg da seduto e 500 Kg in piedi, che ci sprinta in piena velocità davanti a noi e che improvvisamente devia a razzo verso destra o verso sinistra apparentemente senza diminuire il passo.
La maggior parte dei giocatori deve decelerare considerevolmente per assumere un po’ di controllo prima di un rapido cambio di direzione.
Ridurre la decelerazione è un fattore chiave per migliorare l’agilità.
La capacità di cambiare direzione rapidamente spiega in larga misura perché in atletica i saltatori possono balzare così in alto.
Il saltatore, in questo caso, stabilisce la sua velocità durante l’approccio al salto e poi trasferisce questa velocità orizzontale in sollevamento verticale nei due rapidi passi prima del punto di battuta.
Queste stesse caratteristiche possono essere inserite nei movimenti sul campo di basket.
Conclusione
Bisogna includere degli esercizi che richiedono veloci cambi di direzione nello schema quotidiano di allenamento:
con l’allenamento frequente a cambiare direzione con movimenti in avanti, indietro, laterali e verticali, si migliorerà l’agilità dell’atleta.
Prossimamaente tenteremo d’illustrare – presentare esercizi dediti al miglioramento di questa dote atletica con la speranza di avere uno scambio con i tanti lettori del nostro blog.
“Non la verità di cui ci si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi determina il valore dell’individuo…L’illusione del possesso rende pigri e presuntuosi; solo la ricerca tiene desti e insonni”.
La ricerca scientifica attribuisce una stretta relazione tra il corpo e la psiche, l’uno non esiste senza l’altra.
E’ una crudeltà separare ciò che è unito per natura ma, nonostante questo, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti nella scuola italiana si muovono pochissimo. Ed è così che…
…si creano dei corti circuiti nell’apprendimento, a volte irreparabili.
L’animazione alla divergenza restituisce il corpo al movimento e il movimento alla psiche.
Il sistema scolastico, se vuole veramente formare la persona nella sua interezza, non può più rinunciare all’educazione motoria delegandola alle società sportive.
La socializzazione dei bambini nella scuola dell’infanzia si facilita con la corretta comunicazione non verbale dell’insegnante fatta di sorrisi e gesti accoglienti e si misura dall’ampiezza dell’apertura delle braccia che vogliono dire con chiarezza:
sei il benvenuto in questa scuola!
da informa giovani Ancona
Tutto parte da un dialogo centrato sul movimento.
L’insegnante è il digitus pueri, indica ai bambini la strada giusta da seguire cercando di fargli evitare buche, scivoloni e sbandamenti.
Nella scuola primaria, allo stesso modo, l’educazione motoria deve essere promossa per insegnare comportamenti organizzati, finalizzati e regolati, capaci di indirizzare l’istintiva esuberanza dei bambini.
Gli studenti imparano a stare meglio insieme vivendo negli spazi laboratoriali, allontanandosi ogni tanto dalla staticità dei banchi.
Le stesse attività considerate “di testa” come la lettura e la scrittura sono apprendimenti complessi che necessitano “del corpo”, dell’integrità delle aree motorie.
Per saper leggere è necessaria una buona organizzazione spazio-temporale e per saper scrivere una corretta postura e una coordinazione oculo-manuale, sono poi indispensabili una equilibrata lateralizzazione, un controllo neuromuscolare, un senso del ritmo, in sintesi:
Quando il laboratorio linguistico si incontra con quello motorio i risultati sono straordinari:
una corretta educazione motoria di base,
una buona percezione del proprio corpo
permettono al bambino di controllare, coordinare ed equilibrare i gesti motori per avviarsi ad un sereno apprendimento della lettura e della scrittura.
Legge e poi scrive, prima e meglio, il bambino che pratica un’attività motoria.
Le fasi del progetto di ricerca-azione prevedono:
un’analisi dei bisogni e delle esigenze di formazione in relazione al contesto scolastico;
l’individuazione dei traguardi, degli obiettivi e dei risultati di apprendimento;
la pianificazione delle attività, dell’ambiente di apprendimento, della gestione del gruppo, delle scelte didattiche;
la realizzazione dell’attività progettata e suddivisa in fasi di sviluppo;
il monitoraggio e la verifica del processo di apprendimento;
la documentazione e la valutazione dei risultati.
Il processo di insegnamento-apprendimento sarà basato su un approccio ludico che dia voce all’energia vitale positiva degli allievi capace di attivare e sostenere la loro maturazione e la loro socializzazione.
I docenti devono costantemente vivificare questa energia con la proposta di attività piacevoli, divertenti e, nello stesso tempo, formative.
Imparare giocando
Diventa sempre più necessario realizzare una “scuola ludica” nella quale il tradizionale schema di “imparare con fatica” si trasformi in “fare con piacere” e “apprendere con gioia”.
In tal modo la scuola può porre davvero l’alunno al centro del suo processo di formazione perché crea le condizioni ideali affinché ciascuno diventi attore della propria crescita, evidenziando le sue caratteristiche, le sue preferenze o, per dirla con Gardner, le sue intelligenze dominanti.
Una scuola così intesa apre percorsi educativi di grande interesse perché gli strumenti:
della conoscenza,
le abilità tecniche,
le competenze
vengono conquistate attraverso azioni di ricerca, di libera espressione creativa, di personale valutazione critica e non mediante l’azione ripetitiva e l’atteggiamento passivo di chi deve solo ascoltare per ripetere ciò che ha appreso.
La stessa dinamica educativa che, da sempre, ha caratterizzato un particolare modello di scuola caratterizzato da:
spiegazione,
approfondimento,
interrogazione,
valutazione
trova, così, le sue spinte di azione in:
identificazione di un problema,
ricerca degli elementi necessari per risolverlo,
valutazione dei risultati raggiunti
per l’assunzione concorde di un nuovo problema da affrontare.
Conclusioni
La società a tecnologia avanzata e a rapido sviluppo delle conoscenze nella quale viviamo pone alla scuola sfide continue che non possono essere ignorate trincerandosi nel valore della tradizione e nella visione quasi mistica dell’educazione.
La scuola dove configurarsi sempre più come un laboratorio ludico, dove ogni alunno possa fare le proprie esperienze nel confronto e, perché no, anche nello scontro con i compagni, ma sempre
in un clima di rispetto reciproco e di collaborazione.
…la lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”.
E’ un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione, produco il mio:…
“motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.
Il motionstorming è una tecnica che facilita la creazione di movimenti divergenti e quindi deve essere inserita in un programma di creatività motoria.
Il procedimento
Si forma un gruppo di 10-12 ragazzi, disposti in cerchio, coordinati da un insegnante.
Si parte da un movimento libero di un ragazzo, sul quale si innestano i movimenti degli altri.
La durata di ogni seduta sarà di circa un’ora.
Il ragazzo da cui si parte va al centro del cerchio ed esegue su un materassino un movimento libero, gli altri ragazzi, dopo un’attenta osservazione ed una ripetizione del movimento, producono azioni collegate a quello che hanno visto e vissuto.
I ragazzi si alzano a turno ed eseguono un movimento richiamato da quello del compagno.
L’insegnante deve stabilire un clima in cui ognuno possa esprimersi liberamente.
Nel gruppo ognuno dà il suo contributo creativo e trae spunti che possono arricchirlo individualmente.
Una volta completato il giro del gruppo l’insegnante, che ha annotato tutti i movimenti, cerca di vedere insieme ai ragazzi i punti di unione che si possono trovare tra di essi, in modo tale che si riesca a lavorare nella seconda fase su un campo più determinato.
Alla fine uscirà il movimento del gruppo, un’azione che tutti condivideranno, da eseguire coralmente.
Foto di Aissa Bouabellou
La variante
Dall’esecuzione collettiva, poi, si può pensare di creare un gioco, un’attività che coinvolga tutti.
In questa fase non c’è la regola di alzarsi uno alla volta, ma più persone possono sperimentare e condividere i propri movimenti, si creeranno così dei piccoli gruppi spontanei.
I movimenti prodotti da ognuno non vanno mai giudicati ed inibiti ma utilizzati, ripetuti, per crearne altri.
Per ogni movimento ci sarà un tempo determinato in modo che tutti possano esprimersi.
I gesti spezzati nella loro semplicità, vengono di nuovo uniti per comporre un originale mosaico di movimenti, più complessi e articolati, il movimento di ognuno si dilata e aiuta a strutturare il movimento del gruppo.
E’ un cammino progressivo verso se stessi e gli altri.
Conclusione
Questa fondamentale svolta ha portato a cercare nel movimento divergente l’equilibrio tra i due inquilini:
La divergenza fa confluire nella creatività il pensiero e l’emozione ed alla fine si determina nell’unione il giusto equilibrio dell’apparato fisico con quello psichico ed emotivo, del corpo con la mente.
L’importanza di un check-up a 360° e la creazione di un documento che accompagni il soggetto durante le attività con un costante monitoraggio di ogni fase di crescita, di pianificazione coordinata e mirata degli allenamenti, dell’alimentazione e delle necessità rilevate, permette…
La sintesi dei dati emersi dal check-up, una volta analizzati e comparati tra loro dagli specialisti coinvolti, rappresenterà uno strumento per salvaguardare lo sviluppo armonico, individuare le capacità attitudinali e mirare agli obiettivi prefissati.
Queste informazioni servono a redigere un report personalizzato in cui vengono messe in evidenza le risposte ottenute e le aree che necessitano di un eventualeintervento:
preventivo
migliorativo
terapeutico
L’azione
L’intervento è multi-modale ed integrato e si compone di elementi medici, motori e psicologici e deve essere affidato a un team esperto in grado di seguire qualsiasi persona non come un insieme di sintomi, organi, obiettivi tra loro scollegati.
Il check-up per troppo tempo è stato considerato utile solo per sportivi agonisti, già meno con sportivi amatoriali e pochissimo con frequentatori di palestre e assolutamente evitato con persone normali.
Il movimento non provoca così automaticamente benefici, ma in conseguenza di atteggiamenti sbagliati:
alcool e fumo
alimentazione sbilanciata
stress
cattiva gestione degli allenamenti nello sport agonistico di alto livello o amatoriale
causa anche danni e patologie cardiovascolari, cronico-degenerative, autoimmunitarie.
Foto di EVG Culture
Affinché sia conseguito l’obiettivo della salute potenziata è indispensabile che l’attività fisica sia il più possibile personalizzata in modo da basarsi sulle caratteristiche del soggetto.
Inoltre, deve essere superata l’idea che a un maggior volume di attività fisica corrisponda maggior beneficio.
Infatti, durante un allenamento l’organismo è sottoposto a uno stress che per essere positivo e comportare dei benefici fisiologici e di composizione corporea, deve essere equilibrato alle capacità soggettive e anche al riposo, durante il quale le modificazioni avvengono.
Spesso si ritiene anche erroneamente che lo sport amatoriale sia il meno pericoloso in quando dovrebbe richiedere bassi livelli di attività, mentre da molti viene praticato senza controlli, con carichi elevati, in età avanzate alzando enormemente gli effetti negativi e i rischi.
L’anti-aging ha introdotto il concetto di check-up anti-aging e fonda il suo programma sulla comprensione delle origini evoluzionistiche dell’invecchiamento.
Sostiene, infatti, che
il cosiddetto normale invecchiamento è un processo attraverso il quale la salute viene inesorabilmente compromessa, rendendo il soggetto più suscettibile alle malattie croniche.
Sostiene inoltre che
la vera salute non è semplicemente l’assenza di malattia, ma piuttosto la presenza di un benessere fisico, mentale ed emozionale.
Il proposito
L’obiettivo di questa nuova branca della medicina è quindi quello di fornire strategie scientificamente validate per frenare il processo dell’invecchiamento, per prevenire le malattie croniche e ottimizzare la qualità della salute.
E’ possibile stabilire quanto si sta realmente invecchiando e quale sia la corrispondenza tra la propria età anagrafica e l’età biologica.
Conoscere il proprio orologio biologico, entrare nella diagnostica precoce nonché il grado di alterazione dei markers biologici dell’invecchiamento, per elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, che consentirà di migliorare la funzionalità dei sistemi dell’organismo e di rallentare, entro certi limiti, sono alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento.
Foto di Daniel Torobekov
Nello specifico
L’esercizio fisico equilibrato può essere considerato una vera e propria terapia.
La proprietà spiccatamente pleiotropiche sarà in grado cioè di andare a incidere contemporaneamente, sia in campo preventivo che terapeutico, su numerosi fattori di rischio o aspetti patologici.
E’ fondamentale analizzare e conoscere approfonditamente gli effetti dell’allenamento sul corpo umano per poter poi applicare la corretta attività fisica.
Da questo emerge la necessità di un check-up, condotto da seri professionisti esperti, che deve prevedere analisi mediche, sportive e psicologiche per elaborare corretti protocolli personalizzati a seconda delle necessità e degli obiettivi da raggiungere.
I medici fanno la diagnosi e dettano le indicazioni per applicare protocolli motori corretti.
La prescrizione ottimale è determinata da una valutazione oggettiva:
della VO2 misurata indirettamente o direttamente mediante test da sforzo incrementale
dei parametri di forza stimati con test submassimali.
Foto di Chokniti Khongchum
I protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido, applicando semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi, ma analizzando a fondo i risultati e incrociando i dati e le conclusioni dei vari specialisti.
La valutazione medica può comprendere:
Compilazione di questionari
Anamnesi completa
Esame fisico
ECG a riposo a 12 derivazioni
Pressione del sangue a riposo (anche con variazione di posizioni)
All’Istruttore spetterà il compito di erogare i protocolli, spiegarli con linguaggio accessibile, misurare i cambiamenti e comunicarli al medico, stabilire (con il medico) gli obiettivi, gestire l’attività di counseling.
Ruolo e valutazione dell’istruttore
Può comprendere:
Anamnesi per raccogliere dati e avere informazioni da integrare e confrontare con quelle mediche
Antropometria e plicometria da integrazione e comparazione di analisi clinica strumentale della composizione corporea e tomografica della bioimpedenza cellulare
Analisi posturale con semplici sistemi di valutazione globale e analitica solo quando la globalità indica un malfunzionamento
Esame della funzionalità dell’apparato locomotore e della locomozione con semplici test biomeccanici e di mobilità articolare
R.O.M. (Range Of Motion) articolari e test di mobilità articolare e funzionalità articolare generali con studio biomeccanico degli esercizi e delle posture in relazione al soggetto
Test submassimali organici e di forza all’aperto e in palestra per calcolare frequenza cardiaca, consumo di ossigeno, soglie, squilibri muscolari, valori di forza, confronti delle modalità di attivazione nervosa dei diversi muscoli coinvolti nel movimento e monitorare i cambiamenti e miglioramenti.
Foto di RF._.studio
Conclusioni
La specificità dei test e le varie strumentazioni sono utilizzate a secondo delle necessità individuali per poter applicare al meglio i protocolli di allenamento nel rispetto delle esigenze morfo-bio-strutturali evitando infortuni, sovraccarichi e con il massimo gradimento del soggetto.
Questo si intende per applicazione di protocolli studiati e individualizzati frutto di un attenta analisi dei dati forniti da un check up fatto da esperti nei vari settori.
L’educazione dei bambini è un compito che spetta a tutti, alle famiglie, alla comunità, alla scuola, allo Stato, è un’educazione quindi integrata dove ognuno è responsabile allo stesso modo.
L’educazione dei bambini è il compito più nobile che ogni persona ha se vuole sentirsi uomo.
Non esiste un metodo perfetto, IL METODO, quel metodo da applicare ad ogni situazione e in ogni classe, capace di…
…risolvere ogni problema, altrimenti basterebbe un libretto delle istruzioni tradotto nelle varie lingue del mondo.
Avere un metodo serve però per facilitare il lavoro degli insegnanti, degli educaotori sportivi e per indicargli delle strategie in grado di motivare i bambini e i ragazzi allo studio e alla ricerca.
Si riporta tutto a schemi predefiniti e a regole precostituite, mentre invece alla base ci deve essere la disponibilità dell’insegnante a sperimentare, a scegliere non una nuova metodologia ma un nuovo modo di verificare, di fare vera, la sua pratica didattica.
La didattica enattiva dall’inglese to enact significa “mettere in atto”.
Una sorta di “mente incorporata”, una mente assorbente in continuo collegamento con le sensazioni che provengono dal mondo esterno e che la rendono attiva ed interattiva.
Il processo enattivo è quel profondo gioco di scambio tra interno ed esterno attraverso il quale l’atto cognitivo non è scindibile dall’atto esperienziale e dalla risonanza emotiva.
Il sentimento è conoscenza, l’educazione emotivo-sentimentale serve ad incanalare le nostre pulsioni naturali, istintuali, nel comportamento consapevole che ci permetterà di scegliere tra il bene e il male, tra ciò che è grave e ciò che non lo è.
si contestualizzano e accentuano la motivazione ad un apprendere pragmatico, per cui il “sapere” e il “saper fare” confluiscono positivamente nel “saper essere”, e le “conoscenze” e le “abilità” si realizzano nelle “competenze”.
Oltre l’acquisizione
La costruzione delle competenze è proprio la possibilità di utilizzare le conoscenze e le abilità per poterle trasferire da un dominio all’altro in modo da impostare e risolvere un problema.
Pensiero, emozione e movimento pagano in parti uguali l’affitto al nostro corpo, la coabitazione non è forzata ma necessaria e piacevole.
Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.
Nella didattica enattiva l’essenziale di ogni apprendimento non è l’acquisizione:
di conoscenze
l’accumulo di abilità
lo sviluppo di capacità
ma è la possibilità di usare quello che è stato appreso per risolvere situazioni nuove e concrete.
La didattica privilegiata, in tal senso, è di tipo laboratoriale “per problemi”, “per situazioni autentiche”, improntata all’operatività che porterà ad essere curiosi di ogni novità.
Facendo si impara prima e meglio:
se poi il fare diventa un co-fare, un collaborare allora l’apprendimento sarà più piacevole e più simile ad un’esperienza di sport di squadra.
Il gruppo è chiamato a “risolvere un problema” impegnandosi in un progetto nel quale ognuno coopera secondo le proprie potenzialità e attitudini.
In questo contesto lo studente non solo diventa l’attore del processo conoscitivo, ma si abitua anche a comunicare, a confrontarsi e ad organizzare con gli altri.
La didattica enattiva saldando la corporeità con i processi mentali avvia una didattica per competenze che vede gli insegnamenti scolastici finalmente interconnesse in modo da attivare un insegnamento trasversale e in rete e non più lineare e sequenziale.
Mente e corpo formano un tutt’uno che consente un “insegnamento in situazione” in cui le funzioni manipolative, rappresentative e simboliche vengono apprese attraverso una sperimentazione continua che ogni alunno fa nella sua vita di relazione con i compagni e con l’insegnante e nel contatto attivo con le cose.
Ogni cosa ha la sua importanza, questa è stata l’intuizione delle sorelle Agazzi che con le loro cianfrusaglie, costituite da tutto il materiale occasionale che i bambini raccoglievano per strada e tenevano in tasca perché suscitava il loro interesse, organizzavano le attività didattiche.
I bambini scelgono a volte gli oggetti più impensati che stimolano la loro inventiva.
E’ inutile dar loro degli attrezzi già precostituiti.
Ricordo di un bambino che con i tappi di sughero, solo perché il sughero gli ricordava il sugo buonissimo della mamma, aveva inventato una bellissima storia alla corte del re Ragù dove il ballo preferito era la salsa.
La didattica enattiva trova la sua migliore realizzazione nella metodologia della ricerca-azione, intesa come una ricerca per l’azione, per cui il tema viene avvertito come problema in modo che crei una tensione ad apprendere.
Un’altra metodologia efficace legata ai principi della didattica enattiva è il coaching.
Un metodo finalizzato al miglioramento delle prestazioni e al raggiungimento di obiettivi di maggior valore tramite la scoperta e lo sviluppo delle potenzialità personali.
Affidandosi al “coach” lo studente che ha delle potenzialità latenti impara a scoprirle e ad utilizzarle.
Foto di cottonbro
Il coach, quindi, è un facilitatore del cambiamento, una persona che stimola e indirizza le energie dello studente e lo aiuta a prendere consapevolezza delle sue intelligenze.
La tenerezza
La didattica enattiva per potersi realizzare fa leva sull’unica qualità indispensabile per un educatore, una dote naturale che non si può acquistare né acquisire in nessun corso di formazione: la tenerezza.
In una delle ultime lettere che Vincent van Gogh scrisse al fratello Theo si legge:
«Voglio che la gente dica delle mie opere: “sente profondamente, sente con tenerezza.».
Sentire con tenerezza è probabilmente il testamento spirituale ed artistico del grande pittore olandese.
Non è un sentire con l’orecchio, Vincent se ne taglierà uno in una sua crisi depressiva per poi donarlo ad una cameriera di una casa di prostitute, ma è un sentire con un orecchio interno, incorporato, un terzo orecchio, capace di percepire le nostre sensazioni profonde per poi arrivare a sentire quelle degli altri.
Un’interazione funzionale con l’ambiente e con lo stato d’animo di chi ci sta vicino e chiede disperatamente senza parole il nostro aiuto.
E’ necessario imparare ad esercitare la tenerezza soprattutto quando si lavora con i bambini, con i ragazzi, con gli adolescenti in via di formazione per sentire quello che loro sentono.
Questa empatia permette di essere antenne di ciò che stanno vivendo, di essere collegati con le loro emozioni per cercare di camminargli a fianco senza essere visti come importuni invasori.
La testimonianza
Platone nel Simposio tesse un bellissimo elogio alla tenerezza dicendo che Eros stabilisce la sua dimora nell’anima degli uomini, ma non in tutte indiscriminatamente: se ne incontra una caratterizzata dalla durezza, si allontana, mentre se si imbatte in un’anima caratterizzata dalla tenerezza vi si trattiene.
Siccome dunque è sempre a contatto, con i piedi e con tutto il resto, con quello che vi è di più tenero tra le cose tenere, Eros è il più tenero degli esseri. Simile tende al simile.
Gli studenti vivono nel periodo della pubertà una fase erotica per cui vanno appassionati, ogni insegnante può imparare a camminare e a fermarsi su questo terreno tenero, e non c’è niente di più tenero, di più delicato, di più fragile e di più bello dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti in formazione.
cambiare i nostri castelli mentali pieni di idee negative
di forze distruttive, di tensioni accumulate, di passati troppo presenti,
costruire una vita serena ed equilibrata valutando le cose con ottimismo e col giusto umorismo
avere relazioni fiduciose con gli altri compensando i piaceri con i doveri
svolgere attività stimolanti e fantasiose
ritrovare la semplicità nelle cose per una sana gioia di vivere.
Con i bambini bisogna scegliere la dimensione organizzativa che dia spazio alle situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.
Dopo ogni movimento il cervello non è più lo stesso, nel suo interno alcuni neuroni si svegliano e questo lo arricchisce di nuova vita.
Esplorare
L’esplorazione di nuove azioni motorie ci darà altre possibilità di esistenza, allargherà le nostre conoscenze sul mondo, ci aprirà ad una maggiore scelta tra i comportamenti ed alla fine tutto questo ci porterà alla nostra coscienza autentica, ci farà toccare la libertà.
Non c’è nessun movimento che si può comprendere fino in fondo se non lo si vive completamente.
Una persona che non esplora il suo corpo in tutti i suoi movimenti non si conoscerà mai a fondo.
Se all’improvviso si svegliano un certo numero di cellule nervose del cervello esse potranno finalmente vivere, destandosi dallo stato di letargo nel quale le abbiamo confinate.
La mattina, appena ci alziamo dal letto, possiamo partire dal semplice spazzolarci i denti con la mano che di solito non si usa.
Ricordiamoci che non ci sono gesti sbagliati, goffi, e neanche giusti e perfetti, perché tutti i movimenti hanno significati e sviluppi imprevedibili.
La lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”, (è un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione), produco il mio
“motionstorming”, una tempesta, questa volta, di movimenti.
Parlando della pallacanestro di area FIBA si possano individuare alcuni turning points, ovvero alcuni cambiamenti regolamentari che hanno notevolmente cambiato il GIOCO.
La conseguenza è che ne sono state modificati gli approcci tecnici e tattici delle varie squadre e giocatori, nonché le strategie nella costruzione delle squadre.
Vediamo…
…quali sono, a mio avviso, quelli più determinanti.
Le modifiche nel tempo
1984 introduzione del tiro da 3 punti;
2004 il passaggio per i campionati FIBA dalla regola dei 30 secondi a quella dei 24 secondi.
Infatti, mentre in NBA, dopo un primo periodo in cui non vi erano limiti di tempo per concludere un’azione di attacco, nella stagione 1954/55 si decise immediatamente per i 24 secondi.
Nei paesi Europei, ma più in generale in quelli di area FIBA, ci fu prima il limite dei 30 secondi per poi adeguarsi alla regola NBA;
2010 arretramento linea dei tre punti alla distanza di 6,75 mt e modifica delle dimensioni dell’area dei 3 secondi;
2014 reset del cronometro a 14 secondi dopo un rimbalzo offensivo;
2018 l’introduzione del concetto “passo zero”
ovvero la possibilità di compiere, in determinate circostanze, un passo senza mettere la palla a terra che non rientri nel conto per il fischio della violazione di passi.
Tralasciando per ora, ne parleremo magari nei prossimi articoli, i significativi effetti degli altri cambiamenti regolamentari (alla lista precedente aggiungerei anche l’introduzione dello “SMILE”).
Le conseguenze del cambiamento del limite di tempo
In queste righe vorrei sottolineare come il cambiamento del limite di tempo per l’azione offensiva abbia influenzato a tal punto la pallacanestro “moderna” da pensare ad un vero e proprio spartiacque!
Le conseguenze sono state diverse e di grande impatto.
Parto proprio da quest’ultimo aspetto per condividere con voi alcune mie riflessioni.
La mia passione per questo sport è nata ben prima del 2004, quando le squadre erano composte da un quintetto base ben definito ed una panchina in cui era facile identificare il sesto uomo.
Quest’ultimo poteva tranquillamente far parte dello starting five, ma uscendo dal “pino” aveva un impatto sulla partita ancora maggiore tale da cambiarla.
Foto di cottonbro
Il resto dei panchinari (il roster era di 10 giocatori) era soprattuto giocatori di ruolo (Role Player) con compiti ben specifici, spesso con mansioni chiaramente difensive, con l’obiettivo di far rifiatare il titolare e di supporto anche morale per i primi cinque.
In seguito l’evoluzione della pallacanestro ha influenzato la costruzione del roster.
Con la riduzione di ben 6 secondi per concludere un attacco, si è visto notevolmente velocizzare il gioco con una diminuzione dei tempi di esecuzione sia fisici che mentali, tale da richiedere sforzi più intensi con conseguenti riposi brevi ma più frequenti.
Ecco la necessità di avere 12 giocatori, ma soprattutto aumentare le cosiddette rotazioni e avere un maggior apporto dai giocatori definiti rincalzi.
Nasce anche una vera e propria nuova definizione, quella di “SECOND UNIT”, cioè quintetti che iniziano la partita subentrando, ma che hanno la possibilità di giocare diversi minuti e quindi essere determinanti.
Ovviamente parte tutto da un concetto di tempo ridotto, ma non è solo una questione fisica:
non invadendo competenze altrui, non credo di essere smentito dicendo che i lavori di endurance in pres-season sono stati sempre di più sostituiti da lavori più intensi e anaerobici e da una maggiore attenzione allo sviluppo della resistenza veloce.
Infatti essendo uno sport di situazioni, l’aspetto tecnico ha risentito in maniera importante di questo cambiamento.
Analizziamo più nel dettaglio alcuni effetti
COSTRUZIONE GIOCATORI
In giro per i campi europei, a tutti i livelli, si vedono sempre più dei veri atleti.
Giocatori che potrebbero competere in qualsiasi disciplina di atletica leggera per le loro capacità anche purtroppo a scapito di una tecnica e una conoscenza dei fondamentali non precisa.
Questo è il vero obiettivo dei nostri settori giovanili, ovvero formare giocatori che sappiano abbinare a doti fisiche e atletiche di primo livello una tecnica altrettanto eccellente.
Come?
Prima insegnando in maniera precisa il gesto, aumentando solo in seguito la velocità di esecuzione e di pensiero!
Sì di pensiero, perché il tempo per leggere la situazione e prendere una decisione si è notevolmente accorciato!
E’ fondamentale avere una tecnica che ci permetta di avere un rilascio della palla efficace ed efficiente, con la palla che esce dalle mani con la giusta rotazione e parabola, con la corretta coordinazione piedi, gambe, braccia e mani.
Ciò è possibile con ripetizioni e una metodologia di allenamento che gli allenatori ben conoscono.
E’ necessario, però, che, una volta acquisita la tecnica, essa venga eseguita in tempi rapidissimi.
Quanto tempo ha il giocatore per eseguire un tiro prima di essere ostacolato?
E quanto per mettere i piedi “a posto”?
Quanti tiri sono effettivamente liberi o senza la pressione del difensore?
Quanto tempo ha per decidere il tipo di tiro da effettuare in relazione alla situazione di gioco?
Pochissimo, sicuramente molto meno di quanto ne aveva con i 30 secondi a disposizione per concludere l’azione d’attacco.
Sicuramente ha meno libertà di movimento dovendo affrontare difese più atletiche che riempiono gli spazi molto più velocemente. (Basti pensare ai “CLOSE OUT”).
GIOCHI OFFENSIVI
Prima della variazione regolamentare era norma sviluppare giochi d’attacco nei cui primi secondi c’era soprattutto un movimento di palla non sempre accompagnato da quello dei giocatori, o comunque non tale da creare un vantaggio immediato da poter sfruttare andando a canestro o concludendo.
Il vero pericolo per le difese infatti arrivava negli ultimi secondi dell’azione
“la difesa deve lavorare il più tempo possibile”
Con i 24 secondi c’è stato uno sviluppo di set offensivi che dai primissimi istanti dell’azione permettono di mettere sotto pressione la difesa (concretizzare i vantaggi).
Alcuni consentono di raggiungere una conclusione dopo un solo passaggio e un movimento di un solo giocatore (si vedono sempre più isolamenti), altri hanno obiettivi chiari ed immediati che coinvolgono non tutti gli attaccanti (pensiamo a come nascono diversi pick&roll centrali).
Così come, (per necessità o per “pigrizia” di noi allenatori?), non è inusuale avere diverse chiamate dello stesso gioco a secondo del giocatore che vogliamo coinvolgere limitando, così, al minimo il tempo di esecuzione, ma anche la capacità di scelta dei nostri atleti.
Scelte che potrebbero rallentare l’esecuzione del gioco, con la conseguenza in questo caso, personale considerazione, di un impoverimento della qualità dell’attacco e del giocatore stesso.
Con un attacco pericoloso già nei primi secondi, con una ricerca sempre maggiore di attaccare in contropiede, attraverso anche transizioni offensive sempre più efficaci, è fondamentale avere giocatori in grado di passare da una fase all’altra immediatamente.
Da qui l’attenzione per le transizioni difensive e per costruire una mentalità difensiva che non sia passiva, ma anzi permetta di aggredire l’attacco nei primissimi metri del campo (con difese tutto campo, raddoppi, blitz sulla palla…)
In particolare le qualità atletiche di ormai tutti i giocatori, indipendentemente dai ruoli, e i meno secondi a disposizione dell’attacco, permettono di utilizzare cambi difensivi anche tra diversi ruoli.
Molto efficaci per spezzare il flusso in attacco e costringerlo a soluzioni rapide e meno efficaci, condizionato anche dalla SHOT CLOCK VIOLATION.
Le cosiddette SPECIAL PLAYS
Per le scelte difensive dette in precedenze, ma anche per gli ulteriori cambiamenti regolamentari (pensiamo il reset ai 14 secondi), non possono mancare nel playbook delle varie squadre quelle situazioni a gioco rotto o quelle rimesse, sia laterali che da fondo, per la ricerca di una conclusione veloce.
Ciò ha permesso una notevole specializzazione per queste chiamate “speciali”.
Conslusione
Il basket per sua natura e per come è stato ideato, è sempre incline ai cambiamenti, avvicinandosi a quelle che sono le richieste di modernità.
Si può tranquillamente affermare che sia uno sport “progressista”.
Così come lo devono essere tutti i suoi attori protagonisti, pronti ad adeguare la propria metodologia di lavoro, come abbiamo visto, sia dal punto di vista atletico che tecnico (non tralasciando il lavoro degli arbitri, a cui è richiesto di adattarsi ad un gioco più veloce e con più contatti).
In particolare con l’introduzione dei 24 secondi, il gioco ne ha sicuramente guadagnato in spettacolarità.
da Ufficio Stampa FIP prima partita in Italia di pallacanestro (8 giugno 1919)
Sicuramente risulta essere più moderno e fruibile per un pubblico sempre più alla ricerca della giocata spettacolare e poco amante dei tempi morti.
Possiamo senza dubbio riconoscere e affermare che esista una pallacanestro ante e una post 2004.
la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione)
a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso e lo spostamento ottenuto.
L’identificazione del massimale è un preciso riferimento della quantità di forza esprimibile in un determinato movimento monoarticolare, multiarticolare o di un determinato gruppo muscolare.
L’allenamento della forza è importante per migliorare le prestazioni, per raggiungere equilibrio nelle riabilitazioni e riatletizzazioni ed è in grado di contrastare efficacemente la perdita di massa muscolare producendo risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici .
Stimola, inoltre, la capacità neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari e questo consente sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di denervazione.
L’inattività con il passare degli anni aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.
Gli allenamenti della forza negli anziani e nei soggetti affetti da sindrome metabolica possono essere eseguiti in totale sicurezza.
Se ben programmati e attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.
La valutazione
La valutazione della forza è indispensiabile al fine di poter eseguire un corretto approccio dell’allenamento basato su principi scientifici.
Una corretta valutazione dei livelli di forza permetterà di elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare:
di rallentare, entro certi limiti, alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento e alle patologie
La valutazione della forza clinico-funzionale
La valutazione della forza clininico – funzionale è di fondamentale importanza per identificare l’attitudine di un soggetto e per il monitoraggio degli adattamenti fisiologici all’esercizio fisico mettendo in evidenza le aree che necessitano di intervento e le modalità più idonee per attuarlo permette inoltre di impostare i giusti carichi di lavoro .
La coordinazione è importante soprattutto nella valutazione della forza dinamica massimale ed essa sarà sempre legata ad uno specifico movimento perché in parte la forza è un’abilità.
Per questo quando si valuta un movimento va sempre presa in considerazione sia la parte quantitativa (il valore numerico estratto dalla prova) che quella qualitativa (la correttezza del gesto).
Se si elimina dalla valutazione l’attenzione alla correttezza tecnica del gesto si rischia di rendere la prova non valida e inoltre si espone la persona ad infortuni anche gravi.
Cos’è indispensabile per i test (obiettivo – soggetto – test)
una conoscenza approfondita del gesto ed esperienza nell’applicazione del test
una corretta valutazione della relazione
una capacità di osservazione delle fasi dell’esecuzione
una corretta interpretazione dei dati
un corretto incrocio dei dati con gli altri test
I test devono analizzare le condizioni di partenza e in itinere.
Per avere efficacia devono essere:
ATTENDIBILI
riprodurre ciò che misurano,
VALIDI
rispettare il significato predittivo scopo
OBIETTIVI
operatori diversi risultati analoghi
RIPRODUCIBILI
misurare stessa cosa e condizione
SPECIFICI
soggetto e tipo attività
TECNICI
mantenere costanti le variabili
Questo è il motivo perchè devono essere effettuati da professionisti che hanno esperienza nell’analisi tecnica del gesto proposto, nella capacità di osservazione delle dinamiche di esecuzione del gesto nonche’ di eventuali compensazioni che potrebbero inficiare il risultato finale.
Le regole per una buona valutazione sono semplici:
Sapere cosa valutare
Scegliere il metodo (test) giusto per la valutazione
Scegliere il mezzo (esercizio) giusto per la valutazione
archiviare i risultati
riassumerli sotto forma di grafici per avere una visione d’insieme dei progressi ottenuti
Secondo Bosco (2001) il test è specifico se riproduce e soddisfa le condizioni della prestazione in termini di coerenza biomeccanica, coordinativa e metabolica.
La forza massima, si esprime quando si muove un carico, il più alto possibile, senza limitazioni di tempo e senza la possibilità di modularne la velocità di spostamento.
Quella esplosiva, anche se in modo improprio, si può definire come la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocità possibile.
L‘ esplosivo-elastica, si esprime quando si vuole muovere un carico il più velocemente possibile e il movimento inizia con una fase eccentrica alla quale segue immediatamente quella concentrica
La forza esplosivo-elastico-riflessa, come quella elastica, si esprime in un doppio ciclo stiramento-accorciamento, ma in questo caso di ampiezza limitata e di velocità particolarmente elevata.
La resistenza alla forza veloce non è altro che la capacità di esprimere elevati sviluppi di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo
La resistenza muscolare è la capacità del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza prolungati per lungo tempo.
Forza espressa in situazione dinamica – con o senza carico
I metodi di valutazione della forza:
manuali TMM (test muscolare manuale)
pratici in palestra a corpo libero o con uso di pesi liberi e macchine
strumentali basati sui dinamometri , cella di carico, accelerometro, sistemi optoelettronici, videografici, handgrip, pedane
Il presupposto di ogni controllo efficace dell’allenamento è quello di disporre di valori affidabili di test (Bartonietz 1992) :
Valutazione funzionale + Pianificazione dell’allenamento = CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO
I test costituiscono un controllo periodico molto efficace e grazie all’analisi dei loro risultati è possibile elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, mettendo in relazione la performance con le strategie di lavoro adottate.
La creatività, per il pediatra e psicoanalista britannico Donald Woods Winnicott, è “energia fondamentale e di base che guida lo sviluppo di una persona”.
E’ una potenzialità di tutti e quindi una meta per tutti.
Ognuno ha un potenziale creativo che può essere risvegliato con gli stimoli adeguati e nell’ambiente giusto.
Albert Einstein affermava che per arrivare alla soluzione di un problema si deve cambiare il modo di pensarlo.
Relazione stretta tra corpo, movimento e creatività.
Chi crea, chi si muove, si mette in azione e questo lo fa stare in contatto con il suo mondo interiore procurandogli gioia e consapevolezza.
E’ molto difficile dire con precisione che cos’è la creatività ed in quale parte del cervello risiede.
Foto di Kaboompics.com
Ogni studioso, in base all’indirizzo scientifico seguito, dà un’interpretazione diversa, per cui la ricerca è ancora aperta.
Un punto su cui i teorici sono però d’accordo è che la creatività è una delle qualità più importanti dell’essere umano.
E’ lo slancio vitale che ci permette di esprimerci in mille modi diversi, senza di essa, la persona non potrebbe esplorare il mondo nelle pienezza delle proprie possibilità, ma sarebbe dominato:
che porterebbero inevitabilmente alla morte della soggettività.
Un individuo creativo è colui il quale dà un’impronta personale alla propria vita, inserito nel mondo lo capisce, si adatta ad esso ed è in grado di modificarlo.
Ognuno può lasciare la propria traccia perché tutti siamo persone creative, ogni soggetto è portatore di novità:
basta solo avere un atteggiamento aperto e disponibile alle novità e circondarsi di oggetti gialli perché dicono che aiuta.
Foto di Will Mu
Nello specifico
La creatività è un’attività molto complessa che è determinata dall’attivazione simultanea di tante aree, può partire:
da un pensiero
da uno stimolo esterno
da una sensazione
da un’intuizione
da un movimento
da un’emozione
che non possono mai essere completamente separati.
La sua unicità sta proprio nella pluralità dei circuiti nervosi intimamente connessi.
Le aree cerebrali coinvolte sono numerose con una maggiore prevalenza di quelle dell’emisfero destro che è pieno di cellule nervose emotive, intuitive e con talento artistico che vivono per strada suonando, dipingendo, scolpendo ed inventando giorno per giorno un modo di vivere.
L’emisfero sinistro ricco di neuroni bravi in matematica, che parlano e ragionano logicamente, calcolando tutto, ha un preciso ruolo nei processi creativi.
Il corpo calloso è il ponte di collegamento tra i due emisferi che quindi, sostanzialmente, non sono separati.
Foto di meo
Conclusione
Immaginare due cervelli divisi ognuno con una sua precisa funzione è quindi sbagliato perché attraverso la tangenziale del corpo calloso a doppio senso e ad otto corsie viaggiano tutte le informazioni possibili.
Lo scambio di notizie, i collegamenti, con i nuclei diencefalici e con il sistema limbico sono talmente continui e frequenti che alla fine non si ha più una reale separazione tra il razionale e l’artistico, tra l’emozione e il pensiero, tra i movimenti divergenti e convergenti.
I due emisferi in realtà fanno parte di un unico grande raccordo.
Nell’articolo precedente ho trattato quella parte del lavoro di noi allenatori che riguarda la diffusione e la condivisione dei giochi avversari, le varie modalità in cui avvengono, gli obiettivi che ci prefiggiamo di ottenere e la collocazione temporale all’interno di una settimana lavorativa.
Come detto più volte, proposte molto soggettive.
In questo nuovo contributo vorrei porre l’attenzione, invece, sull’importanza che assumono le caratteristiche individuali dei giocatori avversari.
Individual skills / Stats
Buona parte, infatti, delle informazioni degli avversari che lo staff tecnico trasmette alla propria squadra, riguardano le cosiddette individual skills accompagnate dalle “stats”.
Le prime rappresentano non solo ciò che il giocatore “sa fare”:
quindi i suoi pregi e i suoi difetti dal punto di vista tecnico;
il suo ruolo tattico
“ma anche”:
ciò che egli rappresenta per la propria squadra;
se è un punto di riferimento in attacco o in difesa;
Ovviamente la visione delle partite è altrettanto importante come quando bisogna redigere il playbook della squadra avversaria ed è facilmente intuibile che, in questo caso, il numero delle partite visionate è di fondamentale importanza.
Poche potrebbero dare false indicazioni (fake news), mentre un numero adeguato ci permette di avere maggiore certezza nello scegliere cosa condividere con i propri atleti dei futuri avversari.
Spesso gioca un aspetto fondamentale la conoscenza diretta del giocatore e, se non è possibile riscontrarla all’interno dello staff, ecco che ritornano d’aiuto le telefonate fatte, magari, in passato con altri colleghi che ci permettono di aggiungere anche delle note caratteriali al profilo dell’avversario.
Le seconde, ovvero le statistiche, nel basket moderno acquistano anno dopo anno, stagione dopo stagione, sempre più rilevanza.
Esse sono, non solo di supporto al giudizio circa l’efficacia, ma, grazie ai dati numerosi ed approfonditi che siamo mi grado di ricavare dai vari siti specializzati, anche indicative circa le abitudini dei singoli giocatori.
Esempio
oggi di un avversario possiamo sapere, con un’elevata accuratezza:
quante volte attacca il ferro con la mano destra;
quante con la sinistra;
in che percentuale utilizza quel tipo di conclusione
se è in uscita dal lato destro piuttosto che sinistro
cosa fa dopo un blocco
cosa preferisce fare negli ultimi secondi dell’azione e così via!
Tutto merito della famosa arte di scoutizzare una partita.
Vi sono colleghi all’interno degli staff tecnici che si sono specializzati in questo compito.
Il report
Ritorniamo ora al materiale che si sceglie di condividere con la propria squadra.
Come per i giochi avversari, non c’è una regola valida per tutti e per tutte le situazioni.
Ogni staff ha le sue regole e abitudini, riporto le mie.
Nell’organizzare le informazioni da trasmettere alla squadra parto da una quasi certezza:
la prima voce del report che i giocatori vanno a guardare sono le stats degli avversari, in particolare dei giocatori che immaginano di dover marcare!
Ed è questo il motivo per cui è fondamentale la scelta e la modalità dei “numeri” che si propongono.
Essi devono essere di supporto e non dare cattive indicazioni, meglio non fornirli se non siamo sicuri di ciò che evidenziamo!
Dobbiamo avere chiaro in mente il messaggio che vogliamo condividere e l’obiettivo che vogliamo raggiungere.
Inutile sottolineare le buone percentuali di un giocatore da tre punti
se i suoi tentativi non sono significativi
Al contrario, è un errore non mettere in guardia sulla pericolosità di un tiratore che in carriera ha avuto sempre alte percentuali
magari meno fino a quel punto della stagione e quindi riportare anche i dati delle altre annate oltre a quella attuale.
Il sapere quali sono le soluzioni più efficaci a seguito di un preciso movimento o di uno schema, hanno più valenza di una “fredda” media aritmetica.
Il tutto deve essere coerente con le indicazioni che diamo per presentare le caratteristiche di un giocatore avversario e con le immagini che nelle varie riunioni presentiamo alla squadra.
non credo sia un messaggio chiaro riportare clip in cui un giocatore mostra una skill che statisticamente non è un dato significativo.
Organizzazione del report
Le indicazioni scritte preferisco siano dei flash, molto sintetiche, in stile linguaggio sms, devono catturare l’attenzione di una generazione abituata a vedere video più che leggere.
Le clips devono essere mirate, di ogni singolo giocatore.
Devono:
mostrare le caratteristiche principali, legate alle statistiche;
più brevi possibile
giusto il tempo d’ individuare il giocatore e di capire in che contesto tecnico e tattico si sviluppano;
mostrare anche i punti deboli
che messaggio diamo alla squadra se mostriamo solo canestri di un avversario?!.
Influenza della categoria del campionato
In un campionato di medio livello troveremo giocatori con qualità e difetti ben riconoscibili su cui speculare e dove la conoscenza specifica di ogni avversario può veramente fare la differenza e indirizzare il risultato di una partita.
Diverso il discorso quando il livello sale.
In questo caso dovremo confrontarci con giocatori dal talento elevato con un bagaglio tecnico importante e completo, magari roster molto lunghi e con infinite possibilità.
Nel primo caso credo che il tempo da dedicare al trasferimento delle informazioni individuali debba coprire una fetta importante del lavoro di uno staff.
Credo sia importante coinvolgere i singoli giocatori informandoli il prima possibile dei propri diretti avversari, farlo nei primissimi giorni della settimana dedicati alla squadra avversaria, anche prima dei riferimenti agli schemi.
Nel secondo caso, invece, si parla di limitare la pericolosità di un avversario, magari necessita di un lavoro di squadra piuttosto che singolo, non si parlerà più di speculare sui difetti, ma bensì di accorgimenti tattici, di una difesa di squadra e quindi di collaborazioni.
Foto di Wallace Chuck
É opportuno, quindi, informare e coinvolgere tutta la squadra, operare delle scelte di cui siano consapevoli tutti i giocatori dedicandovi del tempo sul campo importante.
Conclusione
In ogni caso, alla base di qualsiasi ragionamento e programmazione, non bisogna mai dimenticare che la pallacanestro è un Gioco di squadra, per il sottoscritto la più alta espressione.
Non si vincerà o perderà mai per un solo giocatore, ma ricordare, invece, che il valore di un gruppo coeso è sempre superiore alla somma dei valori dei singoli giocatori.